9 settembre 2020
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Biografia di Beyoncé
Beyoncé, nata a Houston, in Texas, il 4 settembre 1981 (39 anni) • «Queen B» • Cantante pop. Una delle più ricche d’America. Una delle più importanti sul mercato discografico mondiale • «Star internazionale della musica e moglie dell’altrettanto galattico rapper/discografico/imprenditore Jay Z» (Luca Dondoni, La Stampa, 17/8/2017) • «Sono i loro Al Bano e Romina» (Michele Masneri, Il Foglio, 10/7/2018) • Ventiquattro premi Grammy. Quattro World Music Award. Venti album pubblicati. Più di 100 milioni di dischi venduti • «Pur non rappresentando una novità da un punto di vista strettamente musicale e inserendosi anzi nella ormai consolidata tradizione statunitense di pop star femminili, B. si è distinta in virtù di una innegabile dote canora e di un non meno evidente fascino personale, ingredienti che, coniugati a una sapiente gestione del successo commerciale, le hanno permesso di diventare un punto di raccordo tra diverse generazioni di cantanti soul» (Treccani) • Tra i suoi maggiori successi: Crazy in love (2003), If I Were A Boy (2008), Halo (2008), Single Ladies (Put a Ring on It) (2008), Love on top (2011), Partition (2013), Formation (2016), Sorry (2016), Hold up (2016) • «Ogni singola parola che esce dalla sua bocca è banale. Avete visto il suo film di propaganda documentario? Quello con un paio di scene in cui finge di essere vulnerabile e guarda fisso in camera con i suoi capelli perfetti e le lacrime che le scendono dagli occhi da pesce lesso dicendo, “La mia vita è un viaggio. Fisso un obiettivo e faccio di tutto per raggiungerlo, per poi passare a un altro. E i miei obiettivi erano avere fiducia in me stessa e crescere come persona”? È come se avesse imparato a esprimersi da un comunicato stampa» (Jamie Lee Curtis Taete, Vice, 20/4/2013).
Titoli di testa «Gentile Beyoncé, sono un vostro follower. Ne avete 270 milioni, se però tutti fanno come me dovrebbero essere meno: infatti vi seguo con dieci nomi diversi. Ma che importa, siete bellissima. E anche tutte le vostre canzoni lo sono» (Maurizio Milani).
Vita Il suo vero nome è Beyoncé Giselle Knowles. Famiglia benestante. Genitori di colore, ma alto-borghesi • Suo padre, Mathew Knowles, è dirigente alla Xerox, lavora nella divisione che fornisce attrezzature mediche agli ospedali, incassa stipendi a sei zeri • Sua madre, Tina Knowles, è proprietaria di Head Liners, uno dei più famosi saloni di bellezza di Houston. «Nel 1981, Tina Knowles era incinta del suo primo pargolo quando si rese conto che il proprio cognome, Beyince, stava morendo. Tina è la più giovane di sette fratelli, ma solo uno dei suoi fratelli ha avuto un figlio maschio. “Ho pensato: oddio, stanno finendo i Beyinces” dice Tina. Così ha dato alla figlia una variante del suo nome da nubile» (Touré, Rolling Stones, 4/9/2019) • La famiglia di lei la trova un’idea strampalata. Nonno Lumis Beyince, un creolo che vive a New Orleans e parla francese, non è convinto: «La bambina ce l’avrà con te». Tina però non vuole sentire ragioni • Beyoncé cresce timida e silenziosa, frequenta una scuola cattolica. In prima elementare, miss Darlette Johnson, un’insegnante di danza, la spinge a iscriversi al talent show della scuola. Lei si vergogna e, all’inizio, non vuole salire sul palco. «Ero terrorizzata, ma quando è partita la musica è scattato qualcosa». I suoi genitori sono entrambi tra il pubblico. Racconta Tina: «Ci siamo guardati e ci siamo chiesti: ma è davvero lei?». Quella bambina timida, sul palco, si trasforma. Alla fine della canzone tutti la applaudono. «Ho pensato: oddio, ma è fantastico! E ho capito che volevo diventare una cantante» • Il padre capisce che Beyoncé ha potenzialità. La iscrive a tutti i talent show della zona, lei ne vince trentacinque. Vuole insegnarle a cantare e a ballare al tempo stesso e, per tenerla in allenamento, la costringe a correre un miglio al giorno cantando. Le organizza un complessino con altre bambine: le GirlsTyme. Piano piano la musica assorbe tutta la vita sociale della ragazzina. Racconta Angela Beyince, sua cugina e assistente personale: «In pratica ogni suo amico, chiunque fosse, veniva reclutato per diventare un membro del gruppo» • Mathew Knowles stravede per la figlia. Un giorno, però, Beyoncé perde una gara di canto e scoppia a piangere. Lui decide di licenziarsi e di farle da agente a tempo pieno. Racconta Tina Knowles: «Pensavo che fosse un po’ impazzito. Dicevo: che faremo ora? Avevo un grosso salone di bellezza che generava dei bei soldi, ma eravamo abituati a due stipendi. Tutto d’un tratto ci siamo dovuti adattare a un altro stile di vita. Ma succede sempre così, qualunque cosa lui faccia. È molto passionale». Racconta lui: «Non mi è mai importato che i miei figli facessero musica. Se Beyoncé venisse da me e dicesse: “Papà, voglio fare il medico”, troverei un modo per acquistare un ospedale» • Mathew si iscrive a un corso in music business allo Houston Community College ma presto si rende conto che non c’è poi tutta questa differenza tra vendere equipaggiamento medico agli ospedali e vendere Beyoncé agli americani. «Quando ho iniziato questo lavoro ero già più preparato almeno del 75% dei manager che ci sono in giro, persone che non hanno la minima esperienza nel mondo del business e non sanno come muoversi dentro un’azienda. Venendo da quel mondo, ho capito subito come dovevo muovermi» • Quando Beyoncé ha tredici anni il padre fonda per lei un gruppo di ragazzine, le Destiny’s Child, e riesce a ottenere un contratto con la Elektra Record. La famiglia però comincia ad avere problemi economici e devono trasferirsi in una casa più piccola. Racconta Tina: «Non andavamo più d’accordo: mi sembrava che Matthew fosse ossessionato e che mi sarei dovuta trovare un altro lavoro per mantenere la famiglia». Racconta Mathew: «Avevo questa visione, e quando le cose non vanno subito come hai previsto, allora i tuoi amici iniziano a dirti, “Cos’ha che non va questo tipo?”, e tutto ciò non fa che aumentare la pressione ed è molto difficile. Tuo marito è concentrato sulla musica piuttosto che sul suo lavoro, e sul tavolo ci sono le bollette. C’è stato un momento in cui Tina pensava che avrei dovuto riconsiderare questo sogno, ma io non volevo mollare». Racconta Beyoncé: «Il gruppo era tutto. Quindi se il gruppo non aveva successo allora voleva dire che io avevo fallito, mi sentivo in colpa. Finché realizzai che mia madre possedeva uno dei migliori saloni di bellezza di Houston e mio padre aveva guadagnato tantissimo con il suo lavoro e aveva ancora i numeri per riuscire». Tina e Mathew si separano • Finalmente, quando Beyoncé ha ormai sedici anni, Mathew ottiene un contratto con la Columbia e le cose cominciano a ingranare. Le Destiny’s Child spopolano. Dicono che Beyoncé potrebbe essere la nuova Diana Ross. Racconta: «Ho fatto il liceo in casa perché a quei tempi avevo già un contratto musicale ed è stato piuttosto noioso. Appena avrò un po’ di tempo, mi piacerebbe andare al college, vorrei studiare arte» • «Amo ascoltare musica, dipingere, stare in famiglia. Sono anche molto religiosa, quando esco dalla chiesa mi sento rinvigorita. Penso che Dio abbia un piano per tutti noi, ma non puoi stare seduta ad aspettare che i miracoli accadano da soli. Devi volerli e lavorare duramente perché accadano» • Nel 2003 Crazy in love è un successo planetario. Il padre si sbarazza delle altre Destiny’s Child, alcune di loro gli fanno pure causa, ma poco importa. La canzone è un successo mondiale, Beyoncé diventa famosissima. Di lei parlano anche i giornali italiani. «Non ha niente della supersexy lolita da combattimento nella quale si trasforma durante i concerti. Ha un bel faccino, un’altezza media e forme non aggressive. Come fa a diventare qualcosa d’altro ogni volta che sale su un palcoscenico? “Non me ne rendo neanche più conto”» (Laura Putti, la Repubblica, 10/8/2003) • Dedica al papà due canzoni: Daddy e Sexy daddy. Nel video di Crazy in love duetta con Jay Z, all’epoca il rapper più famoso del mondo e si comincia a parlare di un loro fidanzamento.
Diva «Arrivano gli anni ‘10, il mondo sta cambiando. Quello discografico e quello fuori. Mentre tutta la critica […] si affanna per trovare una “erede di Madonna” per il trono di nuova regina del pop, Beyoncé, semplicemente, costruisce un altro trono, un’altra reggia, un altro impero. Conscia del fatto che solo giocando un altro campionato si può diventare davvero regina. E lo fa intercettando tutti i sentimenti e le intuizioni giuste, perché Madonna è nata nel 1958, lei più di trent’anni dopo. E ha una sensibilità diversa nel vedere come vanno le cose: se Madonna bucava gli schermi di MTV, Bey scolpisce YouTube secondo le sue regole […] capisce che si può permettere di plasmare il mercato a suo piacimento […]. Non è più necessario pubblicare un disco ogni tre anni, seguito dal tour e dalla promozione canonica. Infatti inizia a pubblicare dischi a sorpresa, senza annunci o campagne stampa a precederli. Il primo è BEYONCÉ, 2013. Un visual album, cioè un film in cui ogni canzone nasce, alla pubblicazione, direttamente insieme al suo video, e il tutto è fruibile singolarmente (traccia per traccia) oppure nella sua interezza, album e film […] è un successo che riscrive le regole del gioco, perché siamo definitivamente nell’era del web diffuso e tutti vanno a vedersi le canzoni su YouTube, o su Vevo, mica si deve aspettare che passino in tv (quell’altro campionato, quell’altro trono di cui dicevamo)» (Alberto Scotti, Il Fatto Quotidiano, 2/8/2020) • Diventa famosissima. Le altre popstar che riescono a reggere il colpo in patria, come Taylor Swift, non hanno lo stesso successo internazionale; quelle che ce la fanno, come Rihanna e Lady Gaga, passano di moda prima di lei • Nel 2012 viene criticata pubblicamente in America perché in una pubblicità dell’Oréal per una crema sembra più bianca di quanto è in realtà, come se si vergognasse di essere afroamericana. È uno scivolone che non le ricapiterà più • Nel 2016 pubblica Lemonade, un nuovo visual album su Tidal, la piattaforma streaming del marito J-Z. Per annunciarlo, girano un video al museo del Louvre, noleggiato appositamente. Tutti si accorgono che c’è stata una metamorfosi. Dacché le sue erano canzoni pop, a volte soul, a volte funk, buone per fare da musica di sottofondo a un lounge bar o a un ascensore, ora parlano solo dell’orgoglio di essere nera e della rabbia perché i poliziotti bianchi sono razzisti o perché il marito l’ha tradita con un’altra. Nel video di Formation, al marito canta, «succhiami le palle», «ne ho abbastanza», «vaffanculo», e indossando abiti di Yves Saint-Laurent e Roberto Cavalli sfascia automobili con una mazza da baseball. «È un grande spettacolo, che mescola i pettegolezzi sulle celebrità alle apparizioni delle celebrità stesse, felici di stare nel disco (o nel film? o nella serie tv?) di Beyoncé sull’amore, l’emancipazione, la resistenza femminile, il razzismo, la rabbia, la schiavitù, la polizia, Malcolm X. Un romanzo in musica, un collage dei pezzi di una vita e di una formazione culturale, anche la sfilata glamour di ciò in cui si crede, e il tentativo per niente impacciato, per niente complessato, di essere qualcosa di più della più pagata cantante del mondo» (Annalena Benini, Il Foglio 27/4/2016) • Lei dichiara: «Recentemente ho fatto una ricerca per conoscere le mie origini, e ho scoperto che discendo da un latifondista che si è innamorato e poi sposato con una schiava. Solo quando ho capito tutto questo sono stata in grado di superare il dolore dei tradimenti di mio marito» • In America la prendono in giro e al Saturday Night Life va in onda lo sketch The Day Beyoncé turned black, il giorno il cui Beyoncé divenne nera • Parte per un tour mondiale. «Sullo schermone diviso per tre, tipo schermo Bloomberg, va in scena un interminabile musicarello delle vacanze: Beyonce e Jay Z che si incontrano, si acchiappano (The chase, The love), poi corna e disavventure, incazzatura di lei (Don’t hurt yourself), pentimento di lui (da 4:44) e il ricongiungimento familiare con Family Feud in duetto. Un riassuntone per chi si fosse messo in ascolto solo ora: i due si conoscono che lui ha già fatto a tempo a essere primario spacciatore, rapper, imprenditore delle discoteche e dell’abbigliamento, si amano, poi lui forse la tradisce, poi appunto si rimettono insieme. Tutto ha una canzone e un codice a barre, nel 2014 nel primo On the run tour c’è il primo filmino delle nozze esibito con parsimonia, nello stesso anno ecco il format delle botte nell’ascensore (Jay Z viene menato dalla sorella di Beyoncé in merito a supposte corna alla suddetta): seguono regolamenti di conti via album. Lei fa il disco di massimo successo Lemonade (2016) in cui racconta di una “Becky with the good hair”, che sarebbe la maliarda misteriosa. Lui risponde con 4:44, e dice che “abbiamo usato l’arte come terapia per salvare il nostro matrimonio”. Dopo tesi e antitesi, ecco la sintesi: pochi giorni fa il nuovo album della coppia, Everything is love. Insomma, Al Bano e Romina insegnano (Jay Z è anche vestito uguale al suo omologo pugliese, con un abituccio bianco candido tra i vari cambi)» (Masneri) • «La sua musica è marketing, e il suo marketing è attivismo. La prima a portare sul palco di un evento pop mondiale le parole di Chimamanda Ngozi Adichie, “Dovremmo tutti essere femministi”, è stata lei. Era il 2014, aveva appena ricevuto un premio agli Mtv Video Music Award e stava cantando un medley di sue canzoni con addosso un body Tom Ford ingioiellato. Poche settimane dopo, “Dovremmo essere tutti femministi” cominciò a riempire status, magliette, sfilate di moda, discorsi, interviste. Da istanza, teoria, pensiero, il femminismo si fece imperativo socioculturale e, soprattutto, etichetta identitaria. Dirsi femministe diventò cool. Un dato irrinunciabile ai fini della propria presentabilità sociale, una tessera di partito per il partito degli intoccabili. Soprattutto, il femminismo cominciò a far vendere. Più del sesso. La blackness di Beyoncé segue la medesima logica, punta a ottenere il medesimo risultato, ma in una scala più grande, più imponente e, a tratti, sembrerebbe persino più assoluta, quasi autoritaria» (Simonetta Sciandivasci, Il Foglio, 8/8/2020) • «Loro del resto sono i simboli del black power perentorio – Jay Z che da gangster diventa imprenditore e leggenda del rap, Beyoncé che canta al Coachella, prima donna nera. Loro, dicono i giornali, sono il vero black power perché a differenza dei tanti neri riluttanti (Obama, Whitney Houston, Oprah Winfrey) non hanno paura di esprimere in toto la negritudine» (Masneri) • «C’è il dubbio che niente di tutto questo sia vero e sia solo astutissima operazione di marketing: trasformarsi definitivamente (in fondo erano già famosi, e bravissimi) da persone a personaggi, mettersi a nudo non solo in senso fisico (gli hot pants di jeans indossati da Beyoncé per cantare Crazy in love sono un ottimo surrogato del Viagra), vendersi. Ma vendersi a caro prezzo, se si pensa che il biglietto nell’area Vip viene 161 euro e che il patrimonio dei due è stato calcolato essere superiore al miliardo di dollari. Il sospetto che qualcuno sospetti della loro sincerità, l’hanno avuto, visto che mentre salgono sul palco nel maxischermo appare la scritta This is real life, questa è vita vera. E tra le varie immagini della serata, mescolati a disegni psichedelici un po’ sparati, spiccano filmini (veri? falsi? boh) di vita famigliare, tipo quelli che una volta si facevano col Super8. Ma, a rinforzare i dubbi, c’è anche la precisione dello show, la perfezione di ogni dettaglio, la magniloquenza del concerto (è un caso che alla fine scorrano i titoli di coda, come in un film?). Tutto molto bello, tutto un po’ finto anche per questo. Bravi ma basta, insomma. Ah, in tutto questo ci sarebbe anche della musica. Ma sembra quasi un dettaglio» (Bolognini).
Vita privata Tre figli: Blue Ivy (n. 2012) e i due gemelli Rumi e Sir (n. 2017) • Abitano in una villa di quasi tremila metri quadri a Los Angeles, comprensiva di: uno studio di registrazione, un teatro, un centro benessere, quattro piscine, un campo da basket, alloggi separati per il personale, una rimessa per 15 auto di lusso. Possiedono anche proprietà a New York, negli Hamptons, in Thailandia e alle Bahamas.
Curiosità Alta 1 metro e 68 • Ha detto di essere arrivata a pesare più di cento chili • Contraria alla depilazione • Prima dei concerti «vuole che la sua stanza abbia una temperatura di 25 gradi e sia profumata da candele alla rosa. Nel bagno ci devono essere quattro asciugamani bianchi nuovi, due per il viso e due per il corpo. Su una grande tavola coperta da una tovaglia bianca vuole trovare cosce, ali e petto di pollo marinati con aglio e pepe di Cayenna. Visto che ha firmato un lauto contratto con la Pepsi, intorno a lei non ci devono mai essere prodotti della Coca-Cola» (Vittorio Sabadin, La Stampa, 12/2/2016) • «È imparentata con Gustav Mahler: più precisamente è sua cugina di quarto grado. Alcuni parenti del compositore emigrarono negli Stati Uniti sul finire dell’Ottocento e uno di questi sposò un antenato di Beyoncé (è scritto nel libro Why Mahler, scritto da Norman Lebrecht)» (Francesco Tortora, corriere.it, 7/9/2011) • Nel 2018, dopo il Louvre, voleva noleggiare anche il Colosseo • Preoccupata che la figlia possa crescere complessata, con due genitori famosi, paga un tizio per insegnarle l’autostima • Durante la campagna elettorale del 2016 «un verso di Lemonade è stato citato da Hillary Clinton: I got hot sauce in my bag, porto la salsa piccante in borsa. Hillary lo fa; l’omaggio a Beyoncé è evidente; il team Clinton non aveva capito che la hot sauce della canzone è una mazza da baseball con cui spacca parabrezza e vetrine; o forse sì» (Maria Laura Rodotà) • Un professore di musica dell’università di Copenaghen le ha dedicato un intero esame • Una predicatrice americana s’è inventata la Bey Mass, una messa cristiana femminista che usa la sua vita e le sue canzoni come strumento per migliorare le condizioni delle donne nere • Ha un debole per la cioccolata e per il pollo fritto.
Titoli di coda «Il problema, con Beyoncé, è che lei da sempre è più interessante come personaggio pop che come cantante. Nell’era dell’immagine e dell’immagine ritoccata, Beyoncé è un corpo levigato e irraggiungibile che trasmette concetti, idee, emozioni al di là della musica. È la ragazza nera che non ha più intenzione di soffrire, di cantare il blues, di piangere. È il suo opposto, è l’imprenditrice che ha in mano il suo destino» (Piero Negri, La Stampa, 28/11/2011).