20 luglio 2020
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Biografia di Ali Khamenei
Ali Khamenei, nato a Mashhad, nell’allora impero persiano, il 17 luglio 1939 (81 anni). Uomo politico. Grande ayatollah. Imam. Guida Suprema della Repubblica islamica dell’Iran • «In Iran basta alzare lo sguardo per incontrare il suo. L’ayatollah Khamenei ti accoglie all’aeroporto e non ti lascia più. I suoi murales giganteggiano nelle strade. Le sue foto ti scrutano al bazaar, ti accompagnano in ogni ufficio, a scuola e al ristorante. La sua espressione severa ti è familiare. Ma la sua essenza è difficile da catturare. Nonostante i suoi trent’anni di vita pubblica Khamenei è una figura misteriosa, tanto ubiqua quanto inafferrabile» (Tatiana Boutourline, Il Foglio, 8/4/2009) • «Ha l’ultima parola su tutte le questioni di Stato e di fede» (Bill Keller e Michael Slackman, la Repubblica 16/6/2009) • «Ha poteri quasi smisurati e strumenti congrui. È comandante in capo delle Guardie rivoluzionarie, l’élite militare. Influenza il parlamento. Attraverso centinaia di “commissari religiosi” più potenti dei funzionari dello Stato controlla la magistratura, le Forze armate e soprattutto le potentissime bonyads, le Fondazioni filantropiche, colonna vertebrale del blocco sociale che non mai mollerà il regime» (Guido Rampoldi, Il Fatto Quotidiano, 8/2/2016) • «Vanta il titolo di sayyed, riservato ai discendenti del profeta Maometto» (Magdi Allam, la Repubblica, 6/6/1989) • Già uomo di fiducia dell’imam Khomeini, fu tra i fondatori del partito della rivoluzione islamica. Dopo la cacciata dello scià, divenne guida della preghiera del venerdì a Teheran, fu eletto parlamentare e nominato viceministro della Difesa. È stato eletto due volte alla presidenza della Repubblica, nel 1982 e nel 1982. Nel 1989 fu scelto dal Consiglio degli esperti per succedere a Khomeini • «È conosciuto per la politica conservatrice, antioccidentale e antisionista» (Treccani) • «È stato lui a fissare la produzione di energia dall’atomo come una priorità della repubblica islamica» (Luigi De Biase, il Foglio 4/1/2009) • Per descrivere il suo ruolo, ama dire: «Il governo agisce, io prego».
Titoli di testa «Leggere Khamenei non è facile» (Barack Obama).
Vita «Per capire Khamenei bisogna allontanarsi da Teheran e percorrere gli ottocentocinquanta chilometri che la separano dalle vie di Mashad. È nella città santa dei safavidi tra cupole d’oro e pellegrini che vive l’anima segreta di Khamenei. È a Mashad che Khamenei è nato e cresciuto, è Mashad che ha nutrito la sua fede e forgiato la sua visione del mondo ed è a Mashad che Khamenei continua a tornare in cerca di conferme» (Bouturline) • Mashad è una città santa perché è cresciuta attorno al santuario dell’imam Reza, ottavo imam degli sciiti. Khatami viene al mondo nei quartieri poveri. È il secondo di otto figli, suo padre è un mullah. «Abbiamo avuto una vita difficile A volte non avevamo niente da mangiare. Mia madre si dava da fare per portare qualcosa in tavola e spesso la cena era a base di pane e uvetta» • La casa ha soltanto una stanza. «Quando un ospite veniva a trovare mio padre, noi scendevamo nel seminterrato finché l’ospite non se ne andava» • Fin da piccolo frequenta una maktab, una scuola religiosa, poi entra in seminario. A diciannove anni si trasferisce a Qom, la seconda città santa dell’Iran, e comincia a studiare la legge islamica. Nel 1964, però, lascia gli studi. «Non riesce a compiere il cursus honorum che gli varrebbe il titolo di ayatollah, il “segno di dio”, la considerazione dei suoi pari e una schiera di seguaci» (Bouturline) • Secondo la sua biografia ufficiale, decide di tornare a Mashad quando viene a sapere che il padre, ormai vecchio, soffre di cataratta. «Questa notizia lo rattristò particolarmente, e vacillò tra il rimanere a Qom e continuare a studiare in questo grande centro o ritornare nella città di Mashhad e accudire suo padre. Alla fine, per compiacere Iddio, decise di recarsi a Mashhad e prendersi cura del genitore […] Il tempo comunque passò e mostrò che la scelta di questo brillante studente fu quella corretta e che la mano del destino lo aveva scelto per una sorte migliore e molto più elevata di quella che potesse pensare. Chi poteva immaginare in quei giorni che il saggio e prodigioso giovane di venticinque anni che, per compiacere Dio e servire i suoi genitori, aveva abbandonato Qom recandosi a Mashhad, sarebbe giunto venticinque anni dopo all’eminente posizione di Guida dei Musulmani?» (dal sito english.khamenei.ir) • Khamenei però ha anche interessi più mondani. «La politica irrompe precocemente a turbare i suoi studi già nel 1951 dopo un celebre discorso di Mojtaba Navab Safavi, leader dei fedayeen-e-islam che invoca già un “governo islamico” e tuona contro lo scià e l’imperialismo occidentale. Politico è il suo orientamento anche in seminario dove entra a far parte di cenacoli intellettuali molto più terreni che spirituali. È l’anticamera di una carriera tutta in ascesa, sempre più lontana dal pulpito e più vicina al potere» (Bouturline) • «Quando Khomeini lo volle con sé, aveva fama di religioso eterodosso, appassionato di poesia e di musica; portava un orologio da polso, all’epoca scandaloso per gli standard del clero scita» (Rampoldi) • Sono anni difficili per gli islamisti in Iran: Khamenei gira il Paese e parla dai pulpiti delle moschee, ma gli agenti della Savak, la polizia segreta dello scià, gli stanno addosso. È continuamente pedinato. Gli impediscono di tenere comizi. A un certo punto, per intimorirlo, irrompono in casa sua e gliela devastano. Tra il 1959 e il 1974 viene arrestato sei volte. Viene anche torturato • In carcere conosce Hushang Assadi, un giornalista comunista, perseguitato per le sue idee, che lo ricorda così: «Sedeva su un mucchio di coperte nell’angolo della cella. Era molto magro con una lunga barba nera. Si era fatto un turbante con la camicia. Quando la guardia carceraria chiuse la porta dietro di me, Khamenei sorrise e mi fece posto sulle coperte accanto a sé» • «La sera, rivolto verso una piccola finestra, sussurrava passaggi del Corano, recitava preghiere e benedizioni inframmezzate da un pianto amaro. Era un comportamento religioso che mi rincuorava. Quando mi lasciavo andare allo sconforto, Khamenei mi diceva: “Alzati Hushang, camminiamo”» • Asadi gli presta i suoi libri, compresa la letteratura occidentale, da Steinbeck a Sarte. Gli cede anche le sue sigarette. «Ognuno aveva diritto a una sigaretta al giorno e lui era un grande fumatore. Io non avevo quel vizio e quindi gli regalavo la mia. Lui divideva le sigarette in sei parti facendo attenzione che fossero tutte uguali. Era un tipo preciso, metodico» • I due diventano amici, fino a che, dopo tre mesi, li separano. «Tremava. Mi tolsi la giacca e gliela diedi. Ci abbracciammo e le nostre lacrime si mischiarono. Khamenei disse: “Nella Repubblica islamica nessuna lacrima solcherà il viso di un innocente”» • Nell’inverno del 1976, Khamenei è condannato a tre anni di confino nella città di Iranshahr, in una località semi-desertica al confine con il Pakistan • «Ma prima di terminare questo periodo, a metà del 1978, quando la lotta del popolo musulmano e rivoluzionario dell’Iran giunse al suo apice, fu liberato dall’esilio e ritornò a Mashhad. Qui si pose nelle prime fila della lotta popolare contro il sanguinoso regime Pahlavi e dopo quindici anni di valorosi e tenaci sforzi nel cammino di Dio, sopportando tante amarezze e difficoltà, alla fine poté assaporare il dolce frutto del sollevamento, della resistenza e della lotta: la vittoria della grande Rivoluzione Islamica dell’Iran, l’umiliante caduta del governo tiranno, la fine del dominio americano-sionista nel paese e la sovranità dell’Islam sul territorio» (sempre da english.khamenei.ir) • L’ayatollah Khomeini torna a Theran dall’esilio di Parigi. L’11 febbraio 1979 viene nominato un consiglio rivoluzionario, lui ne è un membro • «Pochi mesi dopo la rivoluzione che scacciò lo scià, i khomeinisti sterminarono migliaia di alleati laici, con processi-farsa che ricordarono i processi staliniani per arbitrarietà del giudizio. Khamenei ebbe un ruolo nella strage, e non dei minori, tanto che nel 1981 un’organizzazione armata comunista, i Mujahedden-i-khalq, tentò di ucciderlo. Accadde durante una conferenza-stampa. L’attentatore si fingeva giornalista, gli lasciò sotto il microfono un registratore imbottito di tritolo. Khamenei si salvò ma perse l’uso della mano destra» (Rampoldi) • Anche Asadi, il suo vecchio compagno di cella, ritorna in prigione e viene torturato di nuovo. Si salva solo ripudiando il comunismo e promettendo di diventare un buon musulmano • A Khatami, invece, gli ayatollah offrono la poltrona di presidente della repubblica. All’inizio dice di essere troppo cagionevole di salute. Poi però accetta: «Sono un individuo con molti difetti e mancanze, sono soltanto un piccolo seminarista» • Rimane in carica per dieci anni, quelli cruciali della guerra contro l’Iraq. Poi, a inizio giugno 1989, arriva il suo momento • Donne in chador nero, giovani barbuti, veterani, figli di martiri con il volto rigato di lacrime, si affollano nelle moschee listate a lutto. Adepti del partito di Dio si battono il corpo e il viso, come durante l’Ashura. Con la voce rotta dall’emozione, lo speaker della radio nazionale quasi sussurra la notizia: «Da Allah noi veniamo, ad Allah andiamo: l’imam Khomeini è morto» • La situazione può sfuggire di mano. In lizza per la successione ci sono anche Ahmad, il figlio di Khomeini, che non si accontenta del ruolo di presidente del parlamento e Ali Akbar Hashemi Rafsanjani, detto «lo squalo». Khamenei non ha lo stesso carisma del defunto leader, e, in realtà non è abbastanza edotto della legge coranica per meritarsi il titolo di Grande Ayatollah. Secondo i principi del khomeinismo, la Guida suprema dovrebbe essere scelta tra i più saggi dei giureconsulti. Invece, per evitare un vuoto di potere, dopo quattro ore di discussione, il 5 giugno 1989 gli 83 membri del Consiglio degli esperti modificano la costituzione e, con 49 voti favorevoli e 34 contrari, eleggono Khatami ai vertici del Paese • Il Grande ayatollah Montazeri sentenzia: «Inadeguato, illegittimo», ma ormai i giochi sono fatti • «Non sorprende quindi che, dopo aver assunto il potere, Khamenei abbia dovuto combattere ferocemente per mantenere la legittimità politica, l’eredità di Khomeini. Una dimostrazione di questo l’abbiamo avuta in occasione delle elezioni presidenziali 2009, quando la Guida Suprema e il corpo delle guardie della rivoluzione islamica […] soppressero brutalmente l’opposizione e l’Onda Verde nelle strade di Teheran. Khamenei si preoccupava non tanto della possibilità di una rivoluzione popolare contro la rielezione di Ahmadinejad, quanto piuttosto del rischio che i leader dell’opposizione rivendicassero di essere i legittimi eredi di Khomeini» (Robert Baer, Vanity Fair, 15/9/2010) • Negli anni, il suo potere va consolidandosi. Coabita con quattro presidenti: Rafsanijani, Khatami, Ahmadinejad e Rouhani. Eppure, dopo tre decadi al vertice della piramide del potere Khamenei è ancora un uomo solo. «Il peccato originale della sua ascesa “politica” continua a tormentarlo. Khamenei allevia la solitudine affidandosi ad antichi rituali che ingabbiano in una cornice di gesti e parole l’ansia di una natura superstiziosa. Per accordare una benedizione assaggia un piatto e poi lascia che i suoi seguaci lo finiscano. Per prendere una decisione difficile apre a caso il Corano e legge la prima riga della pagina destra e interpreta il volere divino. Quando i dubbi lo attanagliano visita un moqaddas come Mohammed Taqi Bahjat, l’imam della moschea di Fatemiyeh a Qom […] e voci insistenti attribuiscono titubanze e contraddittori bizantinismi a una cura a base di oppio. Per chi in occidente si affanna a leggere le sue intenzioni […] Khamenei rappresenta un enigma. Nel maggio 2003 sentenziò che il conflitto tra Iran e Stati Uniti era “qualcosa di naturale e inevitabile”. Nel febbraio 2006 e nel maggio del 2007 ha vagheggiato l’idea di un dialogo con Washington, nel 2008 ha suggerito che “rompere con l’America è stata una delle nostre politiche più importanti, ma non abbiamo mai detto che le relazioni non saranno mai riallacciate”. Khamenei ha anche emesso una fatwa contro l’uso di armi nucleari. Ma rispondendo alla domanda di un fedele ha dichiarato che, nell’interesse della Repubblica islamica, una guerra offensiva può essere ordinata da un giureconsulto qualificato, cioè da lui. “Per conquistare l’indipendenza e un’autentica sovranità nazionale una nazione deve essere pronta a pagare un prezzo”. Se è ondivago con le parole, Khamenei non lo è nei convincimenti. “Marg bar Amrika” (morte all’America) è uno slogan che aderisce ancora come un guanto alle sue scelte ideali» (Boutourline).
Vita privata «Dei tanti misteri dell’ayatollah Ali Khamenei, quello di sua moglie è uno dei meglio custoditi. Sono sposati dal 1964, ma nessuno la conosce, Khojasteh è sempre stata la donna del mistero: non presenzia alle cerimonie ufficiali, non patrocina attività benefiche e nemmeno posa assieme al marito e ai figli nei ritratti di famiglia» (Boutourline) • Quattro figli maschi (Mojtaba, Moṣṭafā, Masʿūd, Maysam) e due femmine (Boshra, Hoda).
Curiosità È stato dato per moribondo diverse volte • «Si dice che abbia un appetito vorace per la trota e il caviale, che soffra di attacchi di depressione, che sia un appassionato collezionista di pregiati bastoni da passeggio, che due dei suoi palazzi – Niavaran e Vakilabad – siano dotati di bunker nucleari in cemento in grado di sopportare un attacco nucleare» (Meotti) • «Quando la nazionale di calcio batté gli Usa, esultò come un hooligan: “L’arrogante avversario assaggi la sconfitta!”» (Battistini) • Ha scritto un libro sulla distruzione di Israele • «Nel suo ufficio hanno luogo con cadenza regolare degli appuntamenti di poesia. Come la regina d’Inghilterra anche Khamenei ha i suoi poets laureates. Li ascolta in silenzio, con gli occhi socchiusi, poi inizia a commentare. I suoi aedi vengono incoraggiati a leggere tematiche etiche e religiose, sono accettate le virate verso l’epica, sempre tenendo presente che l’ispirazione deve piegarsi all’“efficienza”, onorare l’islam e i valori autenticamente iraniani» (Boutourline) • L’ayatollah Khomeini diceva di lui: «Non potete trovare nessuno come Agha Khamenei, così dedito all’Islam e tanto deciso nel servire il proprio popolo con tutto il cuore».
Titoli di coda Houshang Asadi, il suo ex compagno di cella, nel 2003 fuggì in Occidente e due anni dopo fondò Rooz, primo quotidiano iraniano solo on line e la cui redazione è formata da giornalisti suoi connazionali in esilio in Europa. Oggi racconta: «Sono l’unico al mondo ad aver visto le parti intime del grande ayatollah».