20 luglio 2020
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Biografia di Maurizio Gasparri
Maurizio Gasparri, nato a Roma il 18 luglio 1956 (64 anni). Uomo politico. Senatore della Repubblica (dal 2008). Già vicepresidente del Senato (dal 2013 al 2018). Già sottosegretario del ministero dell’interno (dal 1994 al 1995, con il Berlusconi I) e ministro delle comunicazioni (dal 2001 al 2005, con il Berlusconi II). Eletto alla Camera nel 1992 (Msi), 1994, 1996, 2001, 2006 (An); al Senato nel 2008 (An, poi confluito nel Pdl), 2013 (Pdl), 2018 (Forza Italia) • «Il colonnello Gasparri» • «L’uomo che per capire se è fresco bisogna guardargli l’occhio» (Luciana Littizzetto) • «È la persona che più di ogni altra rappresenta il tentativo di intrecciare il berlusconismo pop con l’antica identità missina» (Valerio Zincone, Magazine, 3/2009) • «Dice le stesse cose di Silvio Berlusconi, solo che le dice con accento romanesco» (Guido Quaranta, L’Espresso, 12/8/2014) • Autore della contestatissima Legge Gasparri sul riassetto del sistema radiotelevisivo (terza “legge sistema” dopo la Mammì del 1990 e la Maccanico 1997) • «Sembra lo scemo del villaggio. Ha una faccia così poco intelligente, poverino, e un labbro così pendulo, che viene voglia di pagargli una plastica» (Oriana Fallaci, Oriana Fallaci intervista sé stessa – L’Apocalisse, Rizzoli, Milano 2004) • «Uno su cui la satira si esercita con amorevole perfidia (grandiosa l’imitazione di Neri Marcorè)» (Aldo Grasso, Corriere della Sera, 25/8/2013) • «Non c’è nessuno che intervenga come lui, è l’interventista principe del nostro Parlamento. Come un cane da tartufi, se fiuta la presenza di una telecamera accesa o di un taccuino aperto, si dedica subito allo scavo pur di rilasciare una dichiarazione, di solito insipida, l’eco di se stesso» (Aldo Grasso, Corriere della Sera, 28/10/2012) • Lui dice di sé: «Sono rigorosamente di destra, legge e ordine, ma del fascismo non me ne importa niente. Quando ero sottosegretario all’Interno un questore mi regalò un ritratto di Mussolini. Io gli dissi: “Che ci faccio?”».
Titoli di testa «Ha mai fatto il saluto romano? “Una volta, al cimitero Verano, 15 anni fa [nel 1987, ndr], il 28 ottobre, per la commemorazione dei morti della Marcia su Roma”. Le piace? “Dal punto di vista igienico è meglio della stretta di mano”. Questa è originale. “Mi tocca stringere centinaia di mani, sudate, calde, sporche. E al Sud, addirittura il bacio. Il saluto romano è più pulito. Dovrebbero imporlo le Asl, per evitare contagi”» (Claudio Sabelli Fioretti, Sette, 10/5/2002).
Vita «Quando ha cominciato a fare politica? “Presto. Mio padre era carabiniere…”.
Lo è anche suo fratello, è un generale.
“Io sono il carabiniere mancato, eheh» (Zincone) • «Sono nato e cresciuto in caserma, sono andato fin da bambino alle parate militari» (a Sabelli Fioretti) • I suoi miti sono De Gaulle, Salazar, il dittatore portoghese e i colonnelli greci. «“Poi mi sono reso conto che le dittature sono una cosa tristissima”.
Per fortuna.
”Ehi, a undici anni credevo pure che esistesse Biancaneve!”» (Zincone) • «Eravate emarginati anche dalle ragazze?
“Fidanzate solo di destra. Ricordo la mia prima passione. Avevo sei anni, si chiamava Daniela Grossi, figlia di un ufficiale dei carabinieri”.
La prima fidanzata vera?
“Rossella, militante missina. Poi mia moglie Amina, militante missina”
Una ragazza di sinistra l’ha mai avuta?
“Come potevo? Anche le vacanze le facevamo fra noi. A me piaceva fare l’organizzatore. La mattina appendevo l’ordine di servizio: ‘Domani si va a Capo Vaticano. Dopodomani bagno in spiaggia. Stasera musica’”.
Che musica ascoltavate? “I gruppi nostri. Gli Amici del vento, gli Zpm. E molto Battisti”» (Sabelli Fioretti) • Prende la maturità classica al Tasso. Si iscrive al Movimento sociale proprio durante il liceo. «Ne parla sempre come di un’esperienza traumatica.
“Cinque anni di trincea. L’unico di destra. Cacciato fisicamente dalla classe. Spintonato”.
Menato?
“Mai in maniera gravissima”.
Ogni tanto la veemenza dei suoi interventi sembra figlia di un senso di rivincita rispetto a quel periodo.
“I compagni di classe di allora mi riconoscono coerenza. Sono l’unico che è rimasto politicamente nella parte in
cui era allora”.
Roma anni Settanta. Anni di piombo. Lei picchiava?
“Ero più uno da ciclostile. Quelli del servizio d’ordine guardavano dall’alto in basso noi dell’organizzazione. Anche Fini era più un intellettuale che uno d’azione”» (Zincone) • È ambizioso e iperattivo. È sempre in giro per l’Italia, dorme a casa degli amici. Lo chiamano Carrierino. «Io non sono un dirigente, sono un parente del partito» • «Le foto degli anni Settanta lo mostrano agitarsi parecchio ai cortei missini, ma imprigionato dentro un fisico talmente gracile da rendere difficile immaginarlo impegnato nel corpo a corpo con l’avversario. Già: la costituzione tutt’altro che robusta deve averlo fatto soffrire parecchio, in un ambientino come quello della destra romana, dove il culto del fisico era un valore fondante. Sicché, fin da ragazzo, a Gasparri non è rimasto altro modo di menare le mani che quello metaforico, attraverso la violenza verbale e l’insulto agli avversari, che non daranno soddisfazioni come le manganellate ma permettono al giovane Gasparri di distinguersi nel Fronte della Gioventù e nel Fuan, fino all’approdo al quotidiano di partito - il Secolo d’Italia - e alla cooptazione nel gruppone di quelli che un giorno sarebbero stati chiamati “i colonnelli di Fini”. Eletto così alla Camera nel 92, Gasparri si distingue quasi subito: è il primo aprile del 1993 quando, a suon di saluti romani e “Boia chi molla”, è tra gli urlatori che insultano i deputati davanti a Montecitorio, tra lanci di monetine, spintoni e slogan come “Ladri”, “Assassini”, “Ma quale immunità”. È il periodo di Mani Pulite e Gasparri è tra i più accesi sostenitori del pool di Milano» (Fabio Chiusi, L’Espresso, 21/12/2010) • Dice: «Di Pietro è meglio del Duce» •
«“Vedevo Di Pietro come Zorro”.
E invece?
“Era solo il suo assistente muto, Bernardo, quello che gli tiene fermo il cavallo”» (Sabelli Fioretti) • «Ospite di Costanzo, già nel 1994 dissi che Mussolini, Stalin e Churchill sono stati i tre protagonisti del Novecento, ma solo il terzo è riproponibile. Dopodiché Mussolini ancora attrae» (a Zincone) • Gasparri fa carriera. Nel primo governo Berlusconi è sottosegretario al Viminale. Nel 1995 coordinatore dell’esecutivo politico di AN. «Volevo fare il vice ministro degli Interni, fui convocato da Fini e Berlusconi e mi dissero che avevano
per me un incarico delicato. Le Comunicazioni, appunto. Risposi: “Obbedisco”» (ibidem) • Il 3 maggio 2004, dopo 130 sedute, 14 mila emendamenti, e persino un rinvio alle Camere del presidente Ciampi, la legge Gasparri è approvata. Tra le novità più discusse l’unificazione dei mercati televisivo ed editoriale della pubblicità attraverso il Sistema integrato di comunicazione per un monte totale di 25 miliardi di euro (prima erano 12). La legge prevede che ogni operatore non possa averne più del 20% (5 miliardi). Secondo Fedele Confalonieri (e secondo l’opposizione) «le prospettive di ricavi in più per Mediaset e Mondadori sono di uno o due miliardi». Replica di Gasparri: «Il divieto di combinare telecomunicazioni stampa e tivù è una cosa d’altri tempi. Io sono un futurista, un marinettiano, amo il moderno in tutte le sue espressioni nonostante una formazione tradizionalista e penso che il Paese meriti di gareggiare su scala europea e mondiale. Che non possa restare ancorato a precetti antindustriali». Tra le altre, l’introduzione della televisione digitale terrestre consentì a Retequattro di restare in onda (contro una sentenza della Corte Costituzionale) provocando l’intervento dell’Unione Europea con una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia • «Ha dato il nome a una legge filo-Mediaset.
“Questa è una leggenda. Se vuole le faccio uno schemino coi fatturati di Sky, Mediaset e Rai”.
No, grazie.
“Guardi, tutti quelli che mi hanno attaccato con violenza sulla legge Gasparri sono finiti male”.
È una minaccia?
“Eheh… Ma no. La polemica vivace mi piace”» (Zincone) • «Ha una parola, un’invettiva, una dichiarazione su qualsiasi argomento. L’hanno chiamata “Vajont comunicativo”. “Parlo quando lo ritengo necessario”.
Praticamente sempre. Il suo staff racconta che lei chiama il suo ufficio alle 9 di mattina e attacca: “Be’, su che cosa interveniamo?” “Una volta ho chiamato Giampaolo Pansa, di cui ho grande stima, alle 8 di mattina per fargli i complimenti per un articolo. Mi ha detto: ‘Ma che vita fai?’” Suggerisce comunicati stampa persino dalle piste da sci “Ebbene sì”» (Zincone) • «Da un po’ di tempo sta dando il meglio di sé anche su Twitter, social sul quale è approdato con la grazia di un rinoceronte. Ormai le sue frasi celebri compongono una piccola antologia comica» (Grasso) • Diventa famoso per i suoi battibecchi su qualunque argomento: secondo un articolo, non esaustivo della rivista Wired, ha polemizzato con Giulia Innocenzi, Saccomanni, gli inglesi, Conchita Wurst, Barack Obama, i musulmani italiani, Fedez, Roberta Pinotti, Federica Mogherini, Luisella Costamagna, Alessandro Di Battista • Diventano famose anche le sue filastrocche • Per le elezioni comunali del 2015 a Roma: «Né Giachetti né grillini, / ma Meloni oppur Marchini. / Il casino nun lo vojo / pe’ salí sur Campidojo. / Se farà na discusione, / la faremo co’ le bone, / co’ primarie o secondarie, / più sostanza meno arie, / chi ce mette più umirtà / certamente vincerà. / Da divisi beccheremmo, / tutti uniti vinceremmo / La ricetta giusta c’è: / nun restate in campo in tre. / S’allargamo ai cittadini, / discutemo co’ Marchini, / valutamo bene er caso, / mo c’è pure Bertolaso / Se farà na selezione / p’evità la confusione, / chè stavorta li compagni / li mannamo a fa’ li bagni. / E così Renzi Matteo / fa la fine der babbeo» • Per il referendum costituzionale del 2016: «Su, votiamo tutti No / alla truffa non ci sto. / Renzi è chiaro che assai mente, / l’ha capito anche la gente. / Lascia lui bicamerale / un sistema che va male. / Resterà pure il Senato, / fanno fuor l’elettorato. / Nominati i senatori, / chiuse le urne agli elettori. / All’articolo settanta, / confusione ce n’è tanta. / Caos, dissensi, mille liti / sono certo garantiti. / Resteran poi le tenzoni / tra lo Stato e le Regioni. / La riforma va bocciata, / rifiutiam ‘sta cavolata. / Meglio il presidenzialismo, / che di Renzi il dirigismo. / Noi vogliamo gli elettori, / Renzi invece li fa fuori. / Noi vogliam la libertà, / Renzi mai ci batterà» • E per la manovra del primo governo Conto, nel 2018: «Il contratto giallo e verde / ogni giorno un pezzo perde / la pensione anticipata? / te la dan ma dimezzata! / e il reddito famoso / resta vago e misterioso /…Il Gigino trafelato / sarà presto licenziato / e alla gente resta il danno / di Di Maio e del suo inganno».
Vita privata Sposato con Amina Fiorillo dal 1983. «Cosa l’ha fatto innamorare? “Mmmh” Ci sarà una cosa che le ha fatto perdere la testa. “Tante, ma soprattutto il fatto che avessimo le stesse idee politiche. Siamo stati tutti e due dei militanti negli anni giovanili. D’estate facevamo le vacanze insieme, in una di queste è nato l’amore”» (Pierluigi Diaco, Novella 2000, 9/10/2008) • Una figlia: Gaia (n. 1997) • Assicura che, sotto elezioni, «il sesso per un politico diventa veramente una cosa secondaria».
Quattrini Da senatore ogni mese riceve un’indennità lorda di 11.555 euro (5.304,89 netti), una diaria di 3.500, un rimborso per le spese di mandato di 4.180 euro e 1.650 come rimborsi forfettari per telefonate e trasporti. Dal 2020 riceve pure la pensione da giornalista: anche se al Secolo d’Italia era in aspettativa dal 1992, aveva versato regolarmente contributi alla cassa dei giornalisti.
Malefatte Nel dicembre 2013 gli è stato notificato un avviso di conclusione delle indagini con l’accusa di peculato. Gasparri si sarebbe appropriato di 600 mila euro derivanti dai fondi del gruppo parlamentare del Pdl con i quali, nel marzo 2012, avrebbe pagato una polizza vita che vedeva come beneficiari, in caso di morte del senatore, i suoi eredi legittimi. In seguito aveva provveduto alla restituzione della somma al gruppo Pdl con due bonifici effettuati nel mese di febbraio e marzo del 2013. Rinviato a giudizio il 16 aprile 2014, è stato assolto il 6 aprile 2016 dal tribunale di Roma: «Il fatto non sussiste» • Querelato per ingiuria nel 2013 dall’economista Riccardo Puglisi, cui su twitter aveva scritto «Ignorante presuntuoso, mi fai vomitare», citato a giudizio dalla procura di Pavia nel 2015, è stato assolto dal giudice di pace dopo che il decreto legislativo 7/2016 aveva abrogato il reato di ingiuria trasformandolo in illecito civile. «Il fatto non costituisce più reato».
Religione A messa tutte le domeniche. «Sì, sono cattolico» • «Però di lei si dice che non è capace di perdonare. “Non so chi scriva di me queste cose. Le posso dire, però che non dimentico nulla. Se qualcuno si comporta male con me, me lo ricordo”» (Diaco).
Tifo Romanista. In collegamento telefonico con Un giorno da pecora, su Radio 1, ogni lunedì recita una Ode al campionato • «Se uno a Roma tocca Totti, / va a fini’ presto a cazzotti. / Nun s’attacca er Capitano, per lui il tempo passa invano. / Sì, lo so, s’è ’n po’ ‘nvecchiato, / da infortuni lui è provato / Spalletti hai esagerato, / e lo stadio te l’ha urlato. / Chiedi scusa tu ora a Totti, / tutti i lupi se so’ rotti. / Totti a Roma è sempre un re, / voi annegate in un bidè / Fa’ macello nunn’è er caso. / Ché s’encazza Bertolaso. / E Salvini fa casini, / inseguendo tipi fini. / E Meloni aspetta un pupo, / sarà certo un nuovo lupo. / E se poi gioca a pallone, / prende er posto der Pupone» • «Juve avanti a percussione / fa tre reti al Frosinone / Va Ronaldo sempre a segno / encomiabile il suo impegno / Mentre il Napoli domato / col Torino ha pareggiato… / Ma d’Icardi la compagna / piange in video e assai si lagna / che ridicoli teatrini / fatti sol per i quattrini / Che finisca sta cagnara / e si acquieti Wanda Nara!»
Curiosità Alto 1 metro e 74 • Il suo migliore amico è Ignazio La Russa, che ha detto: «Pare impossibile, ma mi fermano pensando che sia il senatore Gasparri e a Maurizio capita lo stesso» • Neri Marcorè una volta che lo incontrò per caso: «Mentre ci avvicinavamo, ho pensato che poteva accadere di tutto. Poi a un metro di distanza mi ha detto: “Aoh, te devo fa’ i complimenti, a casa mia s’ammazzano da ride quando me fai l’imitazione”» • «Lei che tv guarda?
“Porta a porta, il calcio e i vecchi film”.
E i reality?
”Ho provato a contrastarli da ministro. Ammetto la sconfitta, ma rimangono una schifezza”» (Zincone) • Il suo libro preferito è Il Signore degli Anelli • Gli piacciono Venditti, che conosce di persona, Battisti, Battiato, Laura Pausini, Gianna Nannini • Musicalmente, apprezza anche l’Internazionale. «Mi piacerebbe da morire avere come inno del partito l’inno dell’Urss, splendido e marziale. Una figata pazzesca, l’unico retaggio positivo del comunismo» • Grande appassionato delle figurine Panini • «Quand’è l’ultima volta che ha pianto? “Scusi? Non piango mai. Che le devo dire? A volte mi commuovo. In caso di morte, in occasioni del genere. Però…”. Però? “Mi commuovo veramente quando rivedo La vita è meravigliosa di Capra”. Questa è una notizia. “Guardi, io faccio una vita difficile. Mi occupo di politica. Conosco e incontro quotidianamente tante persone e molte di queste sono dei rompicoglioni. Ho un’agenda fittissima. Non ho certo tempo di raccontare il mio privato in giro. Vivo gioie e dolori, come tutti”. Non ha pianto neanche quando la Roma ha vinto lo scudetto? “Quella è stata solo gioia”. Va pure ai concerti? “Non ho tempo, ma per quelli di Baglioni lo trovo sempre. Ho anche una foto con lui”. Ma i suoi testi non sono un po’ troppo malinconici? “A me lui piace. L’autorizzo a scrivere che mi sento prima un fan di Baglioni, poi nel resto del tempo faccio e sono Gasparri”» (Diaco).
Titoli di coda «Non credo di essere antipatico. Di certo sono contrario all’idea di dover piacere a tutti. Faccio il politico, mica il comico».