13 luglio 2020
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Biografia di Teddy Reno
Teddy Reno, nato a Trieste l’11 luglio 1926 (94 anni). Cantante. Attore. Produttore discografico. Uno dei più famosi personaggi del mondo dello spettacolo italiano negli anni Cinquanta • «Il Frank Sinatra d’Italia» • «Su Wikipedia la sua discografia - da notare: parziale – è un elenco alto almeno trenta centimetri di 33 giri, 78 giri, 45 giri, Ep e Cd, alcuni editi in Italia, altri soltanto all’estero. Ci sono i rifacimenti di brani classici napoletani e di hit internazionali, canzoni come Piccolissima serenata, Malafemmina, Trieste mia, Chella là» (Lorenza Castagneri, La Stampa, 11/6/2016) • «Intanto per me Teddy Reno è stato, è e sarà sempre il nipote dei fratelli Capone (“il giovanotto è studente che studia, che si deve prendere una laura…”) in Totò, Peppino e la malafemmina (1956). Quello che canta in napoletano e s’innamora della ballerina Marisa e la redime […]. Solo in seguito ho scoperto che è triestino, che si chiama Ferruccio Merk Ricordi (1926), grande amico di Lelio Luttazzi e che tra il 1957 e il 1960 ha realizzato per la Rai alcuni programmi che contengono i prodromi del talk show. Poi c’è la storia di Ariccia e del Festival degli Sconosciuti: un talent prima dei talent, da cui sono usciti Baglioni, Montesano, Dino, Edoardo Vianello e… Rita Pavone» (Aldo Grasso, Corriere della Sera, 11/4/2017) • Famoso per la sua storia d’amore proprio con Rita Pavone, che sposò in seconde nozze nel 1968 nonostante lei fosse più giovane di diciotto anni e lui avesse già un figlio dalla prima moglie. «Ai tempi creò uno scandalo enorme. I giornali in quegli anni crearono un caso, la Rai quasi li “censurò”» (Paolo Giordano, Il Giornale, 21/9/2015) • «Tutto ciò che ho fatto, scusi l’immodestia, l’ho fatto bene, ed è una grave colpa. Di me ne hanno dette di tutti i colori, compreso che, sposando Rita, ho appeso il cappello. Desidero mettere le carte in tavola: niente di più falso».
Titoli di testa Berlusconi lo citò durante un comizio a Trieste. «“Venendo qui, guardando il mare, mi è tornata in mente una canzone di Teddy Reno. Allora ho telefonato ad Apicella e gli ho detto: ‘Mariano, vedi di procurarti la musica di Trieste mia’”. “Oooooh!”, sospirano gli spettatori, risarciti dalle coccole del grande affabulatore anche per i vistosi vuoti negli spalti del Palatrieste sui quali compaiono, orrore!, perfino dei sinistrorsi col cartello “Go home!”. E lui affonda: “Trieste mia che nostalgia / mi go lontan de ti / son vagabondo / girà gò el mondo / ma penso sempre a ti…”» (Gian Antonio Stella, Corriere della Sera, 22/4/2006).
Vita Figlio di Giorgio, ingegnere triestino, aristocratico, per lungo tempo direttore della società Arrigoni, e di Paola Sanguineti Sacerdote, ebrea romana, della famiglia proprietaria dell’azienda • Il vero cognome di famiglia è Merk Von Merkenstein, ma sotto il regime glielo cambiano in Ricordi • Da bambino è un ammiratore di Totò. Nel 1935, suo padre telefona al direttore del Teatro Politeama di Trieste, che è un suo amico, e gli chiede di farglielo incontrare. «Vidi lo spettacolo. Al termine gli fui presentato, come il figlio dell’ingegner Merk-Ricordi. Totò mi accarezzò. Chiese cosa sapessi fare. Cantai Celeste Aida, una romanza classica dall’Aida di Giuseppe Verdi. Totò si commosse e mi abbracciò» (ad Andrea De Grandi, la Voce di New York, 3/9/2018) • Ferruccio canta bene. Nel 1938 partecipa a un concorso per dilettanti a Rimini. Ha appena dodici anni • Dopo l’8 settembre la situazione si fa brutta per la famiglia Ricordi: la signora Paola è ebrea. «I fascisti le davano la caccia. Noi scappammo» • Nell’estate 1944 vanno a Milano Marittima, sotto falso nome. Poi si trasferiscono a Codigoro, nel ferrarese, dove hanno un’azienda agricola. «A quei tempi l’Italia era tappezzata dai manifesti del maresciallo Kesserling, comandante in capo delle forze tedesche del Mediterraneo. I suoi ordini erano chiari: chi fosse stato trovato “in ascoltazione delle radio anglo-americane” era fucilato sul posto. Ma nella nostra azienda ero libero…» (a De Grandi) • A un certo punto le Brigate Nere arrivano per catturare la signora Paola. Non la trovano, ma Ferruccio e Giorgio finiscono in carcere • Quando arrivano gli alleati, si unisce a un’orchestra al seguito delle truppe. «Girammo per tutta Europa e il nord Africa: ricordo che suonammo, nel Natale del 1946 a Berlino, a poche centinaia di metri dal bunker dove si era suicidato Hitler, e fu una serata incredibile» (a Ernesto Assante) • «Ero cresciuto ascoltando di nascosto la radio degli alleati così, quando arrivarono gli americani io già conoscevo tutte le canzoni di Sinatra, Perry Como, Bing Crosby, dell’orchestra di Glenn Miller, e avevo un buon accento inglese. L’unica cosa che dovetti cambiare era il nome, il mio in inglese era impronunciabile» (alla Castagneri) • Il nome lo ruba al direttore d’orchestra, tale Teddy Foster. Quando il gruppo attraversa un fiume in Germania gli viene l’idea per il cognome. Nasce così Teddy Reno • «Studiava con successo legge quando vinse un concorso radiofonico, incominciando una carriera che lo doveva portare ad un successo strepitoso» (Corriere d’Informazione, 18-19/3/1955) • Nel 1948 apre una casa discografica sua: la CGD, Compagnia generale del disco. Sede a Milano, nella galleria del Corso, dove hanno avuto gli uffici Verdi, Puccini e Mascagni. «Per oltre un decennio produsse dischi, soprattutto suoi, diventando il più quotato “cantante confidenziale degli anni Cinquanta”» (Alberto Macchiavello, Corriere della Sera, 16/3/1969) • Diventa anche uno dei primi idoli delle ragazzine. «Come contestare che il mondo cammini verso forme collettivistiche, se tale orientamento non rimane circoscritto alla vita materiale, ma comincia a invadere anche la sfera sentimentale: per esser precisi, va contagiando perfino quel sentimento tipicamente personale e geloso che è l’amore? Ormai le fanciulle prendono le “cottarelle” giovanili non più individualmente, ma a squadre intere» (Alberto Cerretto, Corriere d’Informazione, 21-22/8/1953) • È famoso in Italia e all’estero. Conosce anche Frank Sinatra, che aveva appena divorziato da Nancy Barbato per sposare l’attrice Ava Gardner, donna bellissima. «Gli ammiratori di Frank non gli perdonarono questo tradimento e smisero immediatamente di comprare i suoi dischi. Per lavorare Sinatra accettò di esibirsi nei teatri italiani […] grazie al mio direttore artistico, Lelio Luttazzi, la mia CGD in Italia era già market leader. Un giorno, nel 1952, telefona Ladislao Sugar che si occupava della distribuzione dei miei dischi. Insiste perché incontri una persona. Cercai di rinviare. Poi accettai. Dopo mezz’ora la mia segretaria, Giancarla Mandelli, sorella di quella Mariuccia che in seguito diventerà la famosa stilista di moda Krizia, mi annuncia una visita. Rimango sbalordito. L’ospite mi previene. Si presenta: ‘Yes, I am Frank Sinatra’. Era il mio idolo. Conservo ancora la foto di quell’incontro» (a De Grandi) • Teddy accompagna Frank nelle sue serate per i teatri italiani. Una tappa gli rimane in mente. «Roma: Teatro Sistina. Ero in terza fila. Posto centrale. Vedevo benissimo Sinatra. Entrò in scena a ritmo di swing. Sorrideva al pubblico e cantava la sua I’ve got you under my skin. La sala era in delirio. Una persona seduta davanti a me urlò: “A Frankie: piuttosto facce vede’ la Ava Gardner!”. Non riuscii a trattenermi. Afferrai il tizio per la giacca. Lo rimproverai: “Si vergogni. Esca subito da questo teatro”. Il pubblico applaudì il mio intervento. L’incivile uscì dalla sala sommerso dai fischi. Sinatra, dal palco, vide e comprese tutto. Apprezzò il mio gesto. Da allora siamo rimasti grandi amici» (a Grandi) • «Metà anni Cinquanta. Mi esibivo a Roma, in un locale di Via Veneto. Il direttore mi avverte che in sala era presente Totò. Era un mio ammiratore. Mi conosceva con il nome d’arte: Teddy Reno. Alla fine dello spettacolo lo avvicinai. Iniziai a cantare Celeste Aida. Rimase come fulminato. Ricordò immediatamente di avermi incontrato da bambino. Si commosse. Mi invitò a partecipare ad un suo film, da girare a Napoli. Io non sapevo cantare in napoletano. Non ti preoccupare, mi rispose: ti insegnerò io» (a De Grandi) • Totò lo catechizza: «Il napoletano non è un dialetto, ma una lingua» • «La prima cosa che mi scrisse su un foglietto fu “aggio perduto ‘ o suonno” e io da buon triestino la cantai alla lettera, con tutte le consonanti e le vocali. Totò mi fermò e mi disse: “Noi napoletani siamo pigri, sfumiamo… quindi non diciamo suonno, ma suonn”. Capii al volo la lezione. Dopo una quindicina di giorni di studio il Principe mi disse che ero pronto per il film» • Teddy parte per Napoli. Si tratta di Totò, Peppino e la Malafemmina • «Non c’era un copione rigido, ma un canovaccio con libertà di improvvisare e, quasi sempre, le battute migliori nascevano così. Ricordo su tutte la scena nella quale Peppino, che teneva i soldi nascosti in una scatola e veniva derubato regolarmente da suo fratello Totò, conta le banconote e si accorge che mancano e chiede: “Ma come io avevo un milione e mi ritrovo 700mila lire” e Totò prontissimo risponde “La moneta si svaluta. È l’inflazione” […] è diventata un cult» (a Franco Insardà, il Dubbio, 26/4/2017) • «Le scene erano ambientate nelle vicinanze di un ristorante: La Bersagliera, locale storico, ancor oggi in attività. Contemporaneamente, nello stesso quartiere veniva girata un’altra pellicola. Era inevitabile che gli attori dei due film si incontrassero. Notai una donna molto giovane. Bellissima. Ma teneva tutti alla larga. Ne fui attratto. Non capivo perché. Le altre con me ci stavano: ma questa attrice mi ignorava. Una sera decido di invitarla a cena, al termine della giornata di riprese. Lei accetta. Qualcosa andò storto. Sul set del mio film si guastò una cinepresa. Ritardai di un’ora. Corsi al ristorante. Lei era già andata. Volevo vederla comunque. La cercai in albergo. Erano ormai le undici e mezza di sera» (a De Grandi) • «Lei era già in camera, l’ho fatta chiamare al telefono per chiederle di vederci, mi ha risposto che doveva dormire perché il giorno dopo avrebbe dovuto girare una scena con De Sica. Ho insistito per vederla almeno per un minuto e alla fine lei mi ha fatto salire in camera. Mi ha accolto con un bacino amichevole sulla guancia. Ho pensato: “È fatta”. Ci siamo messi a parlare sul letto per un po’ di tempo dei film che stavamo girando e quando io ho tentato qualche avance per concludere la serata in bellezza, lei mi ha detto in napoletano “che te si mis dint’a capa”. Con quella frase gelò i miei bollori: mi rimane il ricordo di due ore trascorse a letto con Sophia Loren a parlare…» (a Insardà) • La Malafemmina riscuote un grandissimo successo. Teddy diventa famoso anche come attore. Gira una ventina di film, lavora con Lina Wertmüller e Sergio Corbucci • Poi, durante una vacanza a Riccione, conosce Vania Protti, studentessa di architettura, figlia di un produttore cinematografico, anche lei di madre ebrea. Un mese e mezzo dopo avrebbe dovuto sposare il suo fidanzato. «Teddy mi mandò un cesto di fiori alto due metri, iniziò a cercarmi a casa, mollai il fidanzato per telefono, in due minuti». Nel 1957 si sposano per procura a Ciudad Juarez, in Messico, poi vanno in luna di miele a Montecarlo. Scrive il Corriere della Sera: «La giovane sposa desidera trasformarsi in una buona massaia. Il cinema non la tenta, e nemmeno la televisione. La scorsa estate Negulesco voleva scritturarla, ma Vania rifiutò. “Penso di poter essere felice — ha detto — in casa mia, accanto a mio marito”» (6/2/1953) • Tempo dodici mesi e Vania gli dà un figlio, Francesco, ma il matrimonio dura poco. Già nel 1960 sono separati. «Non avevamo punti d’incontro, la separazione fu traumatica perché lui era un personaggio pubblico, però tra noi è sempre rimasto un rapporto splendido, siamo ancora legatissimi» • La vita di Teddy però ha un’altra svolta. «Era il 1962, abitavo ad Ariccia, nei Castelli romani, famosa per la porchetta e la sua sagra, ero assessore alla Cultura e mi inventai il “Festival degli sconosciuti”. È stato il primo talent show e in giuria avevo fatto venire Totò, Alberto Sordi, Peppino De Filippo, Gina Lollobrigida, Anita Ekberg» (a Insardà) • Il suo slogan è «Perdete la s» • «Mi incuriosì una voce particolare, diversa dalle altre […] Decisi a tutti i costi di invitarla. Torinese, a sei anni già si esibiva nei locali, accompagnata dai genitori. La invitammo. Rispose la madre. Era commossa di ricevere una telefonata dal famoso Teddy Reno. Ma rifiutò. Piangendo, mi confessò di non poter pagare il viaggio alla figlia. Decisi subito: pagai tutto di tasca mia. Nella serata finale, presentai questa ragazza a cinquemila spettatori. Si esibiva accompagnata dall’orchestra del maestro Bruno Canfora, famosissimo direttore dei varietà televisivi RAI. Lei entrò in scena senza alcuna esitazione. Anzi: diede istruzioni al maestro Canfora. Alberto Sordi fu immediatamente conquistato dalla sua professionalità: “anvedi sta’ regazzina: dà istruzioni persino ar maestro Canfora!”. La sua canzone vinse. Annunciai il nome di questa debuttante, ormai non più sconosciuta: Rita Pavone» (a De Grandi) • «Aveva sedici anni […] da tempo cantava nelle balere senza sfondare. Vestiva malissimo, ricordo che portava una gonna larga, brutta, ed era pettinata anche peggio, i capelli lunghi e diritti. Ma aveva grosse qualità, io non ho fatto altro che metterle in risalto. Incominciai subito ad occuparmi di lei per colmare quel vuoto che, a mio parere, esisteva fra le cantanti di allora. Mancava una cantante giovanissima, simpatica, allegra, sbarazzina, insomma diversa dal cliché convenzionale. L’archetipo era Nilla Pizzi, tutti andavano in cerca di una copia della Pizzi, di una voce calda, passionale, io invece mi orientai in senso nettamente contrario e incontrai Rita. Pesava 45 chili, era alta 1.50, aveva le lentiggini e una carica alla nitroglicerina, cioè quanto occorreva» • Sette mesi dopo La partita di pallone ha già venduto mezzo milione di dischi • Nel 1963, alla vigilia di una tournée, Rita e Teddy denunciano un giornale del mattino di Roma: ha scritto che il loro legame non è solo professionale. «Il padre di Rita, signor Giovanni Pavone, molto amareggiato per la notizia apparsa su un noto quotidiano di Roma, il 27 aprile scorso, ha dichiarato che la notizia è assurda, ridicola e destituita da qualsiasi fondamento. Sua figlia - secondo il signor Pavone - sarebbe soltanto colpevole di essere pervenuta molto presto alla notorietà. Anche Teddy Reno ha fatto delle dichiarazioni. Per il popolare cantante, le voci insistenti su una relazione sentimentale fra lui e Rita Pavone sono sorte dopo il notevole successo avuto da Rita, giunta al traguardo della popolarità a “velocità supersonica”» (Corriere d’Informazione, 6,7/5/1963) • Racconta Rita: «Era un tipo diverso da quello che amavo. Mi faceva sesso Bruno Filippini, allora, ma di Ferruccio una voce mi diceva: “Con questo non finisce qua”» • Racconta lui: «Ricordo ancora il luogo in cui ci siamo scambiati il primo bacio: eravamo in una grotta mozzafiato, sull’Isola del Sale, al largo dell’Atlantico. Lei mi ha chiesto: “Quanto durerà?”. E io ho risposto: “Per quello che mi riguarda, tutta la vita”» (alla Castagneri) • A tutti quelli che gli dicono: «Sposi un maschiaccio», lui risponde: «Voi non la conoscete, io ho scoperto la sua femminilità» • «Teddy Reno, categorico: “Ci sposeremo entro 8 mesi”; Rita Pavone, più cauta: “A Teddy voglio un bene infinito. Ci sposeremo, è probabile, ma non voglio mettere limiti alla Provvidenza” […] Trovo Teddy Reno nella hall dell’hotel dei Castelli stamattina alle due e mezzo. Mi dice che è stato a Ciudad Juarez per vedere a che punto sia la pratica di annullamento del suo matrimonio con Vania Protti […] La pratica è a buon punto, ma una volta avvenuta la sentenza di annullamento del matrimonio, bisognerà ottenere la cancellazione della trascrizione che era stata fatta in Italia. Teddy Reno casca letteralmente dal sonno: ha volato tutta notte per essere qua, stasera, accanto a Rita. Si sono lasciati poco fa col bacio della buona notte dopo essere stati un’ora sulla panchina a dondolo, in giardino. C’era anche la mamma di Rita ed è ormai chiaro che fra il futuro genero e la suocera non ci saranno problemi: vanno già d’accordo. La cosa è diversa col suocero: Rita ieri sera ha detto: “A mio papà Teddy non è mai andato giù neanche quando i nostri rapporti erano solo di lavoro”. Teddy si spiega: l’ostilità di papà Pavone è un po’ la tipica gelosia del padre verso la figlia femmina […] e un po’, forse, antipatia personale. Però è ottimista: “Sono convinto che tutto, alla fine, si calmerà e poi un giorno anche lui riconoscerà che avevamo ragione noi. Ho quarant’anni, lei capisce che non vado in cerca di avventure. Uno, alla mia età, non fa una cosa come questa se non è proprio convinto. Rita è una ragazza straordinaria, affascinante, genuina, pulita, intelligente, non opportunista...”. Bisogna fermarlo, perché l’elenco delle doti di Rita non accenna a finire. Anzi gli passa quasi il sonno e mi dice come è nato tutto questo: è stato quando avevano litigato, qualche mese fa. Hanno improvvisamente capito che non potevano fare a meno l’uno dell’altra» (Macchiavello).
Figli Franco (n. 1958), avuto dalla Trotti, è attore di teatro. Alessandro (n. 1969) e Giorgio (n. 1974), dalla Pavone, sono uno giornalista, l’altro cantante e musicista.
Politica «Come la Svizzera, dove vivo da anni, ho nella mia costituzione l’assoluta neutralità politica» • Fosse al potere rivoluzionerebbe Sanremo. «Via l’Auditel e gli ospiti, punterei solo su chi canta. Modello Maria De Filippi, che ha successo mandando alla ribalta degli sconosciuti. Farei il partito di Rifondazione Sanremista: dice che è un nome troppo di sinistra?».
Religione «Squilla il telefono di casa. Era un nostro ammiratore. Voleva farci i complimenti. Parlava un italiano perfetto, ma con forte accento spagnolo. Mia moglie, Rita Pavone, si incuriosì. La voce rispose che lavorava in Vaticano, tutto il giorno, che lo chiamavano Papa Francesco. Eravamo certi fosse uno scherzo. Ma la voce ricordò di avere assistito in Argentina ad uno spettacolo di Rita Pavone: il 26 febbraio 1964, al Luna Park di Buenos Aires. Rita si convinse e ne fu commossa» • Teddy e Rita erano molto popolari in Sudamerica. Il 14 febbraio 2014 il Papa li invitò in Vaticano: lei gli portò un proprio album, Sua Santità le chiese di autografarglielo.
Curiosità Nel 1999 scrisse una lettera alla Stanza di Montanelli. «La seguo con simpatia e ammirazione fin dalla fine degli anni ‘30 quando, allora tredicenne, leggevo avidamente le sue “storiche” corrispondenze dal fronte di guerra russo-finlandese». Voleva proporre di istituire una legge anti-maleducazione per i parlamentari. Indro gli rispose che basterebbe applicare il Galateo • La volta che suo figlio, che viveva a Ginevra, gli telefonò chiedendogli di raggiungerlo subito per una questione molto importante. «Con mia sorpresa ritrovai Sofia Loren. Ricordò la nostra mancata serata al Ristorante La Bersagliera di Napoli» • Le canzoni di oggi non gli piacciono. «Durano dalla sera al mattino perché vengono ballate dai ragazzi ma non restano nella storia» • Aveva un contratto per suonare all’Expo di Dubai del 2020, poi rinviata al 2021 per via del coronavirus • Per il suo novantesimo compleanno lui e la Pavone sono tornati all’isola del Sale • «Come si tiene in forma? “L’unica cosa che faccio, siccome non ho tempo di andare in palestra, sono dieci minuti di ginnastica ogni mattina dopo un bel bagno. Serve per le articolazioni e per tenere il cuore attivo” Mangia cose particolari? “Ah, io mangio tutto quello che fanno in casa: pastasciutta al pomodoro, carne, polli. Abbiamo una cuoca favolosa”. A che ora si sveglia? “In genere verso le 7.30 - 8, dipende. Perché quando ho dei pensieri mi addormento tardi”» (Serra) • «Oggi stranamente non sento nessuna incertezza nella mia voce, che incredibilmente sta migliorando. Voglio arrivare a 300 anni purché possa cantare come canto adesso» • «Ho continuato a frequentare Totò fino a quando si è ammalato seriamente. Lo chiamavo spesso e parlavo con Franca Faldini, perché lui non voleva sentire più nessuno. Mi è dispiaciuto moltissimo non andare al suo funerale perché ero all’estero per dei concerti. Con lui c’è stato un rapporto bellissimo, più di un’amicizia» (a Insardà) • Di tutte le novantasei pellicole di Totò la Malafemmina è quella che ha incassato più di tutti. «Di quel film sono l’unico rimasto vivo».
Titoli di coda «Sa che Berlusconi ha un timbro gradevole, carino?» (a Battistini).