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 2020  giugno 29 Lunedì calendario

Biografia di Lionel Messi detto Leo


Lionel Messi detto Leo, nato a Rosario, in Argentina, il 24 giugno 1987 (33 anni). Calciatore. Numero 10. Dal 2000 gioca nel Barcellona • Detto «la pulce» per via della statura • «Quando arrivò in Catalogna aveva tredici anni e il fisico di un bambino di otto, condannato a restare un uomo alto come Vittorio Emanuele III: sotto il metro e mezzo. Massicce cure di ormoni l’hanno fatto crescere di statura. Il genio invece è cresciuto da sé. Oggi non c’è al mondo un calciatore che ne possieda altrettanto» (Marco Ansaldo, La Stampa, 9/3/2012) • Ha vinto dieci campionati spagnoli (2005, 2006, 2009, 2010, 2011, 2013, 2015, 2016, 2018, 2019), otto supercoppe di Spagna (2005, 2006, 2009, 2010, 2011, 2013), sei coppe di Spagna (2009, 2012, 2015, 2016, 2017, 2018), quattro coppe dei Campioni (2006, 2009, 2011, 2015), tre supercoppe Uefa (2009, 2011, 2015), tre coppe del mondo per club (2009, 2011, 2015) • Con lui l’Argentina è arrivata seconda ai mondiali (a Rio 2016) • Unico calciatore nella storia ad aver vinto sei volte il Pallone d’oro. Unico ad averlo vinto per quattro volte consecutive. Unico ad aver fatto gol per diciannove partite di fila in un campionato professionistico europeo. Secondo la rivista Forbes è il giocatore più pagato al mondo • «Vedere giocare Messi è meglio che fare sesso» (Diego Armando Maradona) • «Io e Messi siamo diversi come una Ferrari e una Porsche» (Cristiano Ronaldo) • «Cristiano è il migliore sulla terra, Messi è un extraterrestre» (Gerard Piqué) • «A vederlo giocare vien da pensare che non sia proprio un uomo. Sembra una macchina telecomandata» (Pierangelo Sapegno, Oggi 13/5/2015) • «È un mostro, e pure un uomo. Un genio e un peccatore. Il talento che abbaglia e l’altra faccia della luna, nero notte. È il migliore al mondo, è un trascinatore di folle, e anche un principino bizzoso, o un sedizioso da spogliatoio. Segna gol indimenticabili e serve assist a compagni che in alcuni casi ama di un amore sincero, ma intanto ha già fatto pollice verso a tre allenatori del Barça, Guardiola e Luis Enrique compresi. È golpe e lione, squalo e cerbiatto. Marito devoto, padre amorevole, però geloso in modo lancinante della popolarità altrui, come lo fu di Ibrahimovic che infatti durò poco, o di Cristiano Ronaldo, che detesta, pienamente ricambiato. Ha un ingaggio da 20 milioni all’anno e un nugolo di sponsor, ma ogni tanto si dimentica di pagare le tasse» (Andrea Sorrentino, la Repubblica, 1/6/2015) • «Non è uno che spreca molte parole. Il giorno che gli consegnarono il primo Pallone d’Oro gli chiesero se parlava inglese. “No”. “Beh, dica solo thank you allora”. “No”. Non disse niente davvero. Ma la notte fece le 4 del mattino giocando alla Playstation con i figli di Crespo» (Sapegno) • «Non ha il tipico carattere argentino» (la giornalista connazionale Cecilia Guardati) • Lui ha detto: «Sono sempre stato il più piccolo. In campo non do ordini a nessuno. Se devo dire qualcosa, cerco di farlo con il pallone. Non sono uno che parla molto. Parlo quando ho la palla».
Titoli di testa «Gerard Piqué, suo compagno di squadra nel Barcellona, dice che non vorrebbe mai essere nei panni di sua moglie quando perde una partita: “Sta muto per giorni interi, e non si capisce bene se è disperato o arrabbiato, perché è impossibile farlo parlare”» (Sapegno).
Vita Nato nell’ospedale Garibaldi di Rosario, in Argentina. Viene alla luce alle sei del mattino dopo un parto travagliato. Pesa 3 chili, misura 47 centimetri • Penultimo dei cinque figli di Jorge Horacio Messi, operaio in un’acciaieria, e Celia María Cuccittini, donna delle pulizie • Famiglia di origini marchigiane, abitano in calle Estado de Israel. «In casa parlavate italiano? “No. Però mio padre e mia madre qualche volta ricordavano i loro paesi d’origine, in Italia”» (Claudio Pollastri, Avvenire 12/12/2013) • «È accertato che Angelo, classe 1866, trisavolo del calciatore, partì da Recanati verso Buenos Aires con le grandi ondate migratorie dell’800: leggenda vuole che la nave, prima di toccare terra nell’altro capo del mondo, avesse fatto uno scalo proprio a Barcellona» (Lettera 43, 3/5/2019) • Ciononostante, lui non sa chi sia Giacomo Leopardi. «Non conosco quasi nulla neppure di Che Guevara, che pure è il mito di Rosario, la città argentina dove sono nato. E non amo neppure il tango: quando lo sento alla radio, cambio canale» • «Per il suo primo compleanno riceve in regalo dagli zii una maglietta del Newell’s Old Boys, l’imprinting che segnerà per sempre la vita del piccolo Leo» (Sky Sport) • «Appena inizia a camminare, viene investito da una bici e si rompe il polso sinistro. È fragilino. Dorme con il pallone tra i piedi, non vuole mai passarlo, né perdere. Bara a carte, non ama andare a scuola. La maestra elementare: “Non studiava tanto, giusto quello che bastava”» (Emanuela Audisio, la Repubblica, 5/6/2014) • «Lei che bambino era? “Un po’ piccolino. E da sempre innamorato del calcio, come tutti in Argentina. La prima partita? A cinque anni, contro quelli più grandi. Avevo fatto due gol”. L’aveva accompagnata suo padre? “No, mia nonna. Portava anche mio fratello Rodrigo. Lui era più bravo di me. Un incidente gli ha fermato la carriera”. Anche lei, in quanto a sfortuna, non ha scherzato... “A 11 anni mi consideravano già molto bravo. Ma all’improvviso avevo smesso di crescere. Colpa di un ormone, la somatotropina. Serviva una cura costosissima ma la mia famiglia era modesta, non povera, ma non poteva permettersi la cura della crescita”» (Pollastri) • «Gli diagnosticarono una forma di ipopituitarismo, e siccome le cure costavano tanto, 900 dollari al mese, nessuna squadra del suo Paese voleva caricarsi queste spese. Fu per questo che dei suoi cugini che vivono a Lleida, in Catalogna, andarono da Carles Rexach, il direttore sportivo del Barcellona, con un video in cui lui faceva la foca: 118 palleggi con l’arancia, 140 con una palla da tennis, 29 con una pallina da ping pong. Carles disse: “Ma questo è un giocatore?”. Andò lo stesso in Argentina, senza portarsi dietro niente, però, perché non era troppo convinto. Poi quando lo vide sul campo lo portò fuori al ristorante e gli fece subito firmare un contratto su un tovagliolo» (Sapegno) • ««Non so che fine abbia fatto, era solo un foglio» • «Il famoso contratto sul tovagliolo di carta? “Mai esistito. Quella è una leggenda giornalistica”. Qual era l’ingaggio? “Duemila euro al mese”» (Pollastri) • «Gli inizi nel vivaio del Barcellona non sono facili. È introverso, gli manca la mamma. Si frattura la tibia sinistra, lo zigomo destro, poi si sloga la caviglia scendendo le scale. Va solo nei ristoranti argentini e si rimpinza. Per il resto mangia male: pizza, arachidi con cioccolato, coca cola […] Victor Vazquez lo vede piangere a 15 anni. “Ho perso e non ho segnato”. Il primo tatuaggio, senza dirlo a nessuno: il viso della mamma sulla schiena con la scritta: educados para gañar» (Audisio) • La mamma, infatti, gli ha sempre detto: «Bisogna vincere, bambino mio» • Nel frattempo la cura ormonale dà i suoi frutti. «Una puntura al giorno… Ma era solo una puntura: non è vero che fossero dolorose» • «Questo lo sviluppo: a 10 anni è 1.27, a 11 è 1.32, a 12 è 1.48, oggi è 1.69, due centimetri più di Maradona» (Audisio) • «Che cosa l’ha aiutata a tenere duro, a farcela?
 “Soprattutto l’appoggio della mia famiglia, in ogni momento. E il desiderio di rincorrere un sogno”» (Grazia) • «Gli davano frullati di vitamine e lui li sputava perché gli facevano schifo. Solo Pep Guardiola, l’allenatore di quel Barcellona, riuscì a convincerlo: “Devi fare così. E basta”. Messi tacque. Ma lo fece. Gerard Piqué se lo ricorda bene la prima volta che lo vide in squadra: “Mi arrivava alla vita. Era muto. Gli chiesi: dove giochi? Enganche. E io: enganche?”. Significa “trequartista” in slang sudamericano. Non lo capiva nessuno. Era timido e si vergognava. Cesc Fabregas, altro suo compagno di squadra, adesso finito in Inghilterra, disse: “Aveva i capelli lunghi e stava zitto. Pensai: questo qua è tempo sprecato”» • «All’inizio pensavamo che fosse muto, poi, grazie alla playstation, scoprimmo che parlava...» (Cesc Fabregas) • Nel 2002 lo mandano in Italia per un provino con il Genoa, ma è troppo gracile e lo scartano: «Questo nanerottolo qua si rompe subito» • «Leo esordisce nel 2003, a 16 anni e 145 giorni, entra al 75’, con la maglia numero 14 di Cruijff in un’amichevole del Barcellona contro il Porto di Mourinho. Nel 2005 si trasferisce con il padre in una villetta di Castelldefels, accanto all’amico Pablo Zabaleta, argentino, e a Ronaldinho, brasiliano, con cui ha un buon rapporto, anche nelle avventure notturne. I referti medici, stagione 2007-2008, peggiorano: stiramento di un tendine della coscia destra, del bicipite femorale gamba sinistra, poi di nuovo strappo. Tante ricadute. Anche perché vuole sempre giocare, e si arrabbia se viene sostituito. In caso di sconfitta, peggio» (Audisio) • «Ronaldinho lo chiamava “hermanito”, fratellino. È con Dinho che Leo ha cominciato a essere qualcuno. Gli stava accanto, a sinistra o a destra. In mezzo Eto’o. Oggi è rimasto soltanto Lionel» (Beppe Di Corrado, Il Foglio, 6/12/2009) • «È il ritratto della felicità e della gioia quando si ritrova a segnare il primo gol con la maglia del Barcellona al Camp Nou. Era il 1° maggio del 2005 e quel pallonetto mancino all’Albacete, su assist di Ronaldinho, era l’incipit di una storia tanto leggendaria quanto unica» (Paolo Brusorio, La Stampa, 3/12/2019) • Ormai lo paragonano a Maradona. «Siete molto amici? “Lo sento spesso. Mi dà dei consigli” Beh, su certi argomenti non è un buon maestro... “So dove sbaglia e glielo dico in faccia”. Segue i suoi consigli anche sulla famiglia? “Ho sposato la ragazza che avevo incontrato a sei anni. In questo sono molto diverso da Diego” Che figlio è Lionel Messi? “Sono molto attaccato ai miei genitori. Che mi trattano ancora come un bambino” Dove abitano? “Mia madre non ha mai voluto lasciare la casa al Barrio dove sono nato” Un giorno ci tornerà? “Mi piacerebbe. Non l’ho mai dimenticato”» (Pollastri).
Vita privata «Nel 2011, per renderlo più umano, gli organizzarono una incredibile operazione di marketing inventandogli un flirt con una sedicente ballerina, Xoana Gonzalez, che avrebbe conosciuto a un mega party organizzato a Buenos Aires proprio da lui, in una serata bollente tra fiumi di alcol e cumbia. In realtà, Lionel Messi,è fidanzato da quando ha 19 anni con la stessa ragazza che conosceva da quando ne aveva 5, Antonella Roccuzzo, argentina come lui, di Rosario, ma di origini calabresi, figlia di un imprenditore nel ramo dei supermercati e di una casalinga, che vive con lui […] a 200 chilometri da Barcellona, in un sobborgo lontano dai riflettori, senza mai frequentare nessuno. Nessuno riesce neanche a fotografarli […] Lei appare solo al Camp Nou per le sue partite. Lo vuole lui perché dice che “è il mio talismano”» (Sapegno) • Lei con il calcio si annoia. «Magari torno a casa e le dico: ho fatto una tripletta ... Ma lei non mi presta attenzione. Non parliamo mai di football e anche io, in tv, non lo guardo per niente» • Sposati dal 2017 • Tre figli: Thiago (n. 2012), Mateo (n. 2015) e Ciro (n. 2018).
Impegno civico Ambasciatore dell’Unicef. Ha una fondazione con cui ha finanziato una scuola di calcio a Rosario, un parco giochi a Barcellona, la ricerca contro il mal de chagas, una malattia tropicale. È andato ad Haiti dopo il terremoto.
Malefatte Nel 2017 lui e il padre, che gli amministra i beni, furono condannati a 21 mesi di carcere da un tribunale spagnolo per aver evaso al fisco 4 milioni e 100 mila euro tra il 2007 e il 2009. Alla fine la pena fu commutata in una multa di 455 mila euro (aveva già restituito con gli interessi la cifra contestata nel 2013).
Religione Cattolico, ma poco praticante. «Non va mai a messa? “Poco. Ma Papa Francesco mi ha rafforzato nella fede. E poi si chiama Jorge, come mio padre”» (Pollastri).
Tatuaggi «S’è fatto tatuare tutto il braccio destro: ci sono la riproduzione dell’ornamento di una finestra della Sagrada Familia, un orologio, simbolo del tempo che passa, un fiore di loto a rappresentare le cose che crescono nei luoghi più aspri, una cartina del Sudamerica, una dell’Europa, e un rosario a forma della sua città, Rosario, appunto» (Sapegno)
Curiosità Adora le cotolette alla milanese, specie quelle di sua mamma • Dedica i gol alla nonna che da bambino lo portava a giocare • Suona la chitarra • Gli piacciono Ramazzotti, Ligabue e la Pausini • È mancino • Ha un cane chiamato l’incredibile Hulk • «Ha letto solo due libri in vita sua, senza neanche finirli: la Bibbia e la vita di Maradona» (Sapegno) «Non sono molto amico dei libri. Ma ho letto Cent’anni di solitudine. Gabriel García Márquez resta una guida» (Pollastri) • «Tanto calcio, e la scuola? “Ho fatto le elementari e il primo anno delle medie a Rosario, gli altri in Spagna. Mi mancano gli ultimi due anni delle superiori per andare all’università” Un giorno li farà? “Magari quando smetto col calcio. Non riuscivo a fare le due cose assieme”» (Pollastri) • Ha una polizza assicurativa per proteggere tibia e perone, valutati in 51 milioni. Paga 300 mila euro l’anno • Ha comprato l’isola di Sophia, a est di Itaca, in Grecia • Ha la cittadinanza italiana, che suo padre sfruttò per farlo ingaggiare dal Barcellona. A Recanati ha ancora un cugino di terzo grado, Leandro, falegname • Nessuno più lo chiama nano.
Titoli di testa «So che ho un dono, ogni giorno ringrazio Dio, ne approfitto e gioco come mi viene».