Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  giugno 22 Lunedì calendario

Biografia di Fabio Volo


Fabio Volo, nato a Calcinate, in provincia di Bergamo, il 23 giugno 1972 (48 anni). Cantante. Dj. Presentatore radiofonico e televisivo. Scrittore. Attore. Doppiatore • «Discendente da una stirpe di panettieri» (Michele Masneri, Il Foglio, 2/5/2020) • «L’ex signor Bonetti» (Andrea Scanzi, Malcom Pagani, il Fatto Quotidiano, 23/10/2011) • «Perché ha cambiato cognome? “Quando arrivai a Milano scrissi una canzone che si chiamava Volo. E a Radio Capital ero diventato “Fabio della canzone Volo”. A quel punto Cecchetto mi disse: chiamati Volo che è meglio di Bonetti» (Antonio Gnoli, la Repubblica, 12/12/2011) • Ha registrato sei canzoni e recitato in dodici film • Dal 2000 tutte le mattine e il martedì sera conduce Il Volo del mattino su Radio Deejay • In tivù, tra le altre cose, ha presentato: Le Iene (Italia 1, 1998-2001, poi di nuovo nel 2016); Candid Camera (Italia 1, 1999-2000), Volo in diretta (Rai 3, 2012-2013) e, tra gli ospiti fissi di Fabio Fazio, Che tempo che fa (Rai 3, poi Rai 1, dal 2014 al 2018) • Pur avendo la terza media come titolo di studio, tra il 2000 e il 2019 ha scritto dieci libri, che si sono rivelati un grandissimo successo di pubblico e hanno venduto milioni di copie • «I problemi con la lingua italiana li ha elevati a stile narrativo» (Andrea Scanzi) • «È il gradino letterario sotto il bacio Perugina» (Simon Francesco Di Rupo) • «Il vocabolario dell’italiano medio non è da laureati in Lettere. Volo lo capiscono, me no» (Antonio Pennacchi) • «Una volta c’era la freudiana invidia del pene, oggi nel demi-monde della triste letteratura italiana c’è l’invidia di Fabio Volo. Non c’è scrittore con la puzza sotto al naso che non si senta superiore a Fabio Volo. Appena Volo schizza in classifica (sempre), schizza la rabbia nei cervellini degli autori italiani» (Massimiliano Parente, Il Giornale, 3/12/2015) • «Fa leva su una modestia così ostentata da apparire studiatissima […] Forse il segreto è lì. Il suo successo è l’elogio della normalità furba, dell’ex iena mai stato carogna, del prestigiatore che promulga un’idea vaga - e quindi rassicurante - di amore globalizzato. Non è brutto e non è bello, ma in lui anche l’alopecia diventa chioma» (Andrea Scanzi, Malcom Pagani, il Fatto Quotidiano, 23/10/2011) • «L’aspetto più simpatico di Volo è che vive nell’indeterminatezza temporale. È un ex a tutti gli effetti (ex panettiere, ex iena, ex cantante, ex giovane) che non si rassegna a un nuovo stato professionale. Fa l’intrattenitore radiofonico, l’attore, lo scrittore, il cazzaro. Senza mai scegliere, sempre sapientemente sospeso fra la genialità e l’improntitudine, fra la curiosità e la paraculaggine» (Aldo Grasso, Corriere della Sera, 5/4/2007) • Ha detto: «Non sono specialista di niente. Faccio tante cose insieme perché non so farne una in particolare, e mi dico che imparerò strada facendo. Ma soprattutto se ne va male una mi restano le altre» (a Raffaella Silipo) • «Sono ciccione. Sono goffo, un anti sex symbol per eccellenza. Sono anche pigro» • «Quando sento la parola “studiare” scappo. Mi piace molto di più giocare».
Titoli di testa «“Sai cosa stai osservando? La versione laica del corpo di Cristo”. Di norma, Fabio Volo frequenta la normalità dell’assurdo, ma ora, mentre ti guarda e con la destra firma la 640esima copia consecutiva del suo libro, sembra serissimo. Da circa tre ore sorride senza soste e ha una parola di speranza per ogni credente. Sono in duemila. Lo aspettano dalla tarda mattinata. Un fiume di bambine, uomini e donne che, ordinatamente, occupano per centinaia di metri i marciapiedi romani di un giorno feriale [… ] Con i commessi sconvolti: “Mai visto niente del genere” e i fedeli in attesa dell’ostia. Il Papa è in alto, veste in jeans e maglietta blu, faceva il panettiere e adesso vende copie a milioni» (Scanzi e Pagani).
Vita «Nato nel 1972 in provincia di Bergamo ed emigrato in fasce in quella di Brescia» (Michele Brambilla, TuttoLibri, La Stampa 9/11/2013) • Figlio di un panettiere. «Non tutti hanno avuto le stesse possibilità. Mio papà leggeva Quattroruote e mia mamma Grazia: quindi non è che io sia stato stimolato a prendere in mano i Fratelli Karamazov» (a Michele Brambilla, TuttoLibri, La Stampa 9/11/2013) • «Sai, non sono Gassman che racconta “Io da ragazzino aprivo la porta e vedevo Pasolini”. Io aprivo la porta e vedevo mio zio» (a Selvaggia Lucarelli, Il Fatto Quotidiano, 16/12/2015) • Fabio da piccolo vuole fare il prete: «Poi a 13 anni c’è stata l’esplosione di ormoni e sono impazzito» • Fabio abbandona la scuola e va a lavorare assieme al padre. «Quando lavoravo al forno di mio padre facevo i panini a forma di cuore per le ragazze e qualche volta funzionava» • «Stavo al forno, dovevo alzarmi alle cinque di mattina e dunque andare a letto tardi la sera era un casino. Ma Arbore non lo perdevo» • «A un certo punto ho cominciato a leggere: avevo 17-18 anni, un po’ tardi, ma i libri hanno comunque cambiato la mia vita. Il mio destino era segnato: lavorare nella panetteria di papà, vivere in provincia. Leggere mi ha dato la forza di imparare ad accettarmi e mi ha fatto sentire meno solo: ritrovavo, nei personaggi dei romanzi, qualcosa di me, e mi è venuta la voglia di tentare l’avventura». I primi autori sono stati Hermann Hesse e Richard Bach. «Poi sono venuti García Márquez, Philip Roth e uno scrittore che amo particolarmente, Romain Gary, quello de La vita davanti a sé. Il fatto di aver abbandonato la scuola però mi penalizza. Ho sempre l’impressione, nelle mie letture, che mi manchino le basi, un metodo» • «I miei genitori mi dissero: fa’ qualcosa che ti fa star bene, basta che fai qualcosa. In realtà neppure io sapevo esattamente che cosa volevo fare» (a Brambilla) • «Quel che mi ha spinto a iniziare il mio lavoro, la vita che faccio, non era il fuoco sacro. Mai avuto. Non sono come l’artista che dice dove devi andare, che ti racconta il contesto sociale con una certa illuminazione. La cosa che mi ha spinto era il riscatto sociale. Ero destinato a una vita assegnata, ero di quella casta, con quel titolo di studio, venivo da quella famiglia… meno della borghesia diciamo. E tutte le volte che ho alzato la testa qualcuno mi faceva notare che dovevo stare zitto» (a Giuli) • A 19 anni, finalmente, prende la grande decisione e va a vivere da solo. «“Per un po’ sono rimasto a Brescia […] cercando lavoro nei bar e nelle discoteche. Poi ho iniziato a cantare e siccome ero anche bravino è arrivato il primo contratto con una casa discografica; poi la radio e a seguire tutto il resto” Sapeva già allora cosa voleva fare da grande? “Per niente. Non sapevo suonare uno strumento, non conoscevo le lingue. Nessuna idea chiara. Solo una grande determinazione” […] “Ricordo che arrivare a Milano fu un passo importante. Ma all´inizio tendevo a imitare come si vestivano e parlavano certe persone che avevo cominciato a frequentare. Però non mi piaceva. Mi sono sempre sentito inadatto, fuori posto”» (Gnoli) • «Quando ho iniziato in radio Cecchetto mi mise a fare la pianta: mi disse di mettermi in un angolo e ascoltare. Dopo un po’ mi fece fare delle prove che non andavano in onda. Quando fui preso alle Iene all’inizio non andavano così bene, ma insistettero per tre anni. Adesso vai in onda tre mesi: o fai risultato o fai flop» (a Renato Franco, Corriere della Sera, 22/9/2018) • «“Ero ancora a Radio Capital tipo 20 anni fa. Una volta ho fatto una battuta dopo due mesi che ero in onda. Esco dalla diretta, c’era ancora il fax, sai quello col rotolo che non si interrompeva mai come la carta igienica. Era tutto srotolato per gli insulti che mi erano arrivati” La prima shitstorm via fax della storia. “Uh. Faceva impressione” Ma che avevi detto si può sapere? “La sera prima ero andato a cena sui Navigli, c’era un amico gay che aveva fatto una di quelle battute che però possono fare solo i gay su loro stessi. Cioè, io posso parlar male dei bresciani perché sono bresciano, non posso parlar male di Napoli, ci sta. Beh, l’ho ripetuta in radio ma con innocenza. Non hai idea di cosa mi hanno scritto” Me la dici questa battuta? “Nel locale non c’erano abbastanza sedie. Il mio amico disse: per noi gay basta girarla e ci sono 4 posti. E io l’ho ripetuta senza pensarci” Oggi saresti licenziato. “Fortuna che non c’erano i social. Però te lo giuro: saranno stati almeno 7/8 metri di fax”» (Selvaggia Lucarelli, Tpi, 10/6/2020) • «Quando ha iniziato a scrivere? “Scrivo da quando ero molto giovane, ma ho cominciato a pubblicare all´età di 28 anni. Avevo un quaderno su cui inventavo delle storie. Poi è accaduto di poterle indirizzare alla radio, alla televisione, nei romanzi. Ho una grande immaginazione. Pensare una cosa e realizzarla mi fa star bene”» (Gnoli) • «Il primo libro è stato più che altro un mettere insieme pensieri che avevo scritto nel corso degli anni. Non usavo il computer, usavo carta e penna, mi sembrava più romantico, mi sembrava più da scrittore.  C’è mancato poco che iniziassi a fumare la pipa […] Anche se avevo molti appunti in giro, non sapevo da che parte cominciare. Stavo ore a fissare il foglio: scrivevo e cancellavo, scrivevo e strappavo, come Woody Allen all’inizio di Manhattan. Succede ancora oggi e non solo con l’incipit ma anche nel bel mezzo della storia» • «Ti capita mai di guardarti dal di fuori e pensare a dove sei arrivato? “Sempre. Proprio qualche giorno fa facevo la scala di Radio Deejay e mi emozionavo pensando alla strada che ho fatto”» • «“Io per mia storia familiare ho sempre la sensazione di aver rubato qualcosa a qualcuno. O che… o che… quel qualcosa non me lo merito, non so. Vedi che mi incarto quando dico cose che mi toccano?”. Non ti incarti. “Come se dietro i traguardi che ho raggiunto, ci fosse una specie di inganno, a quasi 50 anni questa sensazione me la porto ancora dietro, ecco”. Cioè tu pensi di aver fregato tutti? “Di questo sono sicuro. Mi è chiaro. Scusa eh, eri figlio di, con 4 lauree e non sei riuscito a far niente. Arrivo io ignorante come pochi e mi prendo tutto, è chiaro che ho vinto”» (Lucarelli).
Vita privata «Non sono mai stato fidanzato nella mia vita, dai ventun anni a quando ho conosciuto la mia compagna a New York. Ho avuto una vita meravigliosa da single, mai storie reali» • Dal 2011 sta con l’islandese Johanna Hauksdottir. I due si sono conosciuti a New York, dove lui ha una casa e lei insegnava pilates. Non si sono mai sposati perché lui è contrario al matrimonio. «Cosa unisce un bresciano e un’islandese?
 “Il freddo, il lavoro, il lamentarsi il minimo necessario: poca filosofia, tanto pragmatismo”» (Renato Franco, Corriere della Sera, 23/4/2020) • Due figli: Sebastian (n. 2013), Gabriel (n. 2015).
Politica «Faccio fatica a vivere lo stile di vita che propone la destra, non posso essere leghista, né di An, né di Forza Italia. Ma faccio la stessa fatica a mettere una croce dove c’è Rutelli o dove c’è Prodi. Quando facevo il panettiere e avevo i debiti chiunque vincesse lo prendevo in quel posto, adesso che ho i soldi chiunque vinca sto a posto» • «Vuole candidarsi? “Prenderei pochissimi voti, neanche quello di mia moglie, non ha il certificato elettorale; però ogni tanto mi chiedono delle opinioni o eventuali simpatie” E… “Mi danno del qualunquista” Renzi e Farinetti hanno provato a sedurla. “In questi anni ho avuto accese discussioni, di persona, con Salvini, Berlusconi e lo stesso Renzi” Come mai con l’ex Cavaliere? “Era ospite prima di me da Fabio Fazio, a un certo punto spara un assioma clamoroso: ‘I figli degli stranieri tifano per i terroristi’. Finita la sua parte sono andato a bussare al suo camerino” Ha aperto? “È apparso con il suo atteggiamento complice, invece l’ho freddato con: ‘In televisione non può dire cazzate del genere. Deve utilizzare il carisma per aprire le menti, non per accecarle’. Risposta? “Spiazzato, non ha quasi risposto, ha sussurrato qualcosa. Non è abituato a sentirsi dire certe cose” Con Renzi su cosa ha litigato? “Lo ius soli: una sconfitta intollerabile, mi sono proprio irritato”» (Ferrucci).
Tatuaggi «Quanti tatuaggi hai? “In questo momento quattro, tra un mese cinque”. Ne hai fatti per i figli, come i calciatori? “No”. Quello al polso sembra una esse, pensavo fosse per Sebastian. “No. Questo è il secondo, l’ho fatto a 25 anni. A Riccione. Era settembre, aspettavo una commessa conosciuta durante l’estate, sono andato in spiaggia, pioveva, non sapevo che fare prima che uscisse dal negozio, in quello accanto c’era un tatuatore, lei usciva alle sei, erano le tre e mezza e mi son detto: sai che c’è, mi faccio un tatuaggio. Non so cosa significhi, ogni volta mi invento una storia diversa”» (Giuli).
Vizi Dice le parolacce • Ha ammesso di aver sniffato cocaina.
Curiosità È alto 1 metro e 74 • «Non lo dice, ma sa a memoria buona parte della Divina Commedia» (Brambilla) • Fa yoga. «Ho incontrato sciamani in Messico e in Amazzonia» • Va in palestra tre volte a settimana • Eugenio Scalfari una volta ha scritto su Repubblica: «Meglio un libro di Fabio Volo che un voto a Matteo Renzi» • Nel 2006, sempre su Repubblica, Michele Serra ha coniato il neologismo fabiovolide: «Giovane emulo di Fabio Volo capace di incarnare la tendenza giovanile del momento» (Treccani) • Torna poco a Brescia. Vive cinque o sei mesi l’anno a New York e a Parigi. «Là sono una persona, qui un personaggio» • «A me piace stare in casa, ci resto quasi sempre, che poi è anche uno dei motivi di noia della mia compagna» • «Non so niente di calcio né di automobili. Mi piace cucinare, e di fronte alla vetrina di un negozio di casalinghi comprerei tutto: ogni pentola, ogni scodella» (alla Jacobbi) • «Quando non lavoro, mi sveglio, prendo il caffè, mi rimetto a letto, leggo, ridormo, mangio e di nuovo crollo» • Ama scrivere nel tepore del risveglio dopo essersi lavato solo la faccia. «Se faccio la doccia scrivo meno. È successo che non mi sia lavato per alcuni giorni, ovviamente non sono uscito di casa. Lo so, fa abbastanza orrore, è come quando hai la febbre e ti lavi lo stretto necessario» • «Non mi piace McDonald’s: non butto giù le vetrine ma non vado a comprarmi il panino. Non mi piace Maria De Filippi, non la guardo. Non vado ospite di Costanzo anche se venderei centomila copie di più del mio libro. Non ho mai fatto pubblicità a un telefono o a una bibita anche se mi hanno offerto tanti soldi per farlo» • «Hai detto che non avresti mai fatto pubblicità. E invece sei lì che sorridi nello spot Vodafone. “Ci credevo. Prima del crollo di Berlusconi mi sembrava importante far capire in modo netto da che parte si stesse in questo paese. Ora mi pare non ci sia più questa necessità. E poi magari c’è un anno in cui ti fermi, non hai libri o programmi tv in uscita, la pubblicità ti permette di avere la tua entrata comunque” Ti avranno dato tanti soldi. “Tantissimi”» (Lucarelli, 2015) • «Com’è il suo rapporto con la morte? “Non ne ho paura, ma mi dispiace che si muoia. Non ho pensieri profondi. Fu un bene che mia nonna morisse, vista la sofferenza degli ultimi tempi. Ma considero un’ingiustizia l’interruzione improvvisa della vita. E non credo che ci sia un aldilà dove un giorno ci ritroveremo tutti”» (Gnoli).
Titoli di coda «Ha capito che anche una sola smorfia del mito crea fedeltà. La magnifica illusione di essere considerati davvero un Forrest Gump emerso dalla nebbia, nutre il miracolo. Il resto è cabaret […] Arrivano coppie mano nella mano. Lui va a nozze: “Se vi lasciate, riportamela”. O in versione solo lievemente rivista: “Torna anche da sola”. Ogni 20 minuti impugna il microfono e parla alle truppe: “Cazzo, non mollate. Grazie per tutta questa pazienza” […] Volo sa perfettamente cosa il suo pubblico desideri, ha una memoria di ferro e – quando dimentica – rimedia con la fantasia. Se incontra una fanciulla di Parma assicura di essere stato il giorno prima sul regionale Bologna-Modena. Con la studentessa americana improvvisa un “I love It”, con la turista parigina parla in francese. Una ragazza piange: “Grazie per tutto quello che fai”» (Scanzi e Pagani).