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 2020  giugno 16 Martedì calendario

Biografia di Giacomo Agostini


Giacomo Agostini, nato a Brescia il 16 giugno 1942 (78 anni). Campione di motociclismo • «L’uomo che ha vinto più di chiunque altro con le moto» • «Il re dei centauri» • «Ago» • «Pilota e sex symbol degli anni Settanta, altro che Instagram» (Massimo Calandri, Repubblica, 28/11/2019) • Campione del mondo della classe 500 nel 1966, 1967, 1968, 1969, 1970, 1971, 1972 (su M.V. Agusta) e 1975 (su Yamaha); campione del mondo della classe 350 nel 1968, 1969, 1970, 1971, 1972, 1973 (su M.V. Agusta) e 1974 (su Yamaha), vinse in tutto 123 Gran Premi. Detiene il primato di vittorie consecutive nella stessa classe (20, nella 500), di vittorie nello stesso anno (19, nel 1970). Neanche Valentino Rossi ha vinto tanto quanto lui • «Al rigore professionale ha saputo integrare il senso dell’innovazione tecnica e un fiuto per gli affari che all’epoca, e in un ambiente molto chiuso, risultavano ancora del tutto nuovi. Avendo compreso primo fra tutti l’importanza della sponsorizzazione, facendo pubblicità con il proprio abbigliamento avrebbe fatto fortuna, riuscendo anche a investire bene il proprio denaro» (Jean Boully) • Ha recitato in film e fotoromanzi • Silvio Berlusconi, incontrandolo una volta, gli strinse la mano: «Lei magari non sa chi sono, ma io non posso non riconoscere il grande Agostini» • Lui racconta: «Da bambino sognavo solo di salire su di una moto, poi di correre una gara. In Italia, all’estero. Vincere una corsa. Un campionato. Mi è riuscito tutto»
Titoli di testa «La motocicletta è come una donna, può tradirti da un momento all’altro. E se la ferisci, si vendicherà».
Vita «Se non avesse mai fatto il pilota che cos’avrebbe fatto? “Il pilota! La Val Camonica non è la Romagna, c’erano quattro moto in croce, la mia famiglia non aveva tradizione di moto. Eppure io l’ho sempre sentita dentro, forse fin da quando stavo nella pancia di mia mamma”» (Alessandro Pasini, Corriere della Sera, 18/5/2017) • Primo dei tre figli di Aurelio e Maria Vittoria, originari di Lovere, sul lago di Iseo. Famiglia agiata, il padre è segretario comunale a Cividate Camuno (Brescia) • Il primo giorno di scuola non riesce a ricordarselo («Però rammento, di quel mio primo anno tra i banchi, che “facevo il filo” a una compagna. Mi piaceva davvero tanto»), la prima volta in moto sì: «Sul Galletto di papà, quando lui andava a lavorare in macchina. Avrò avuto otto anni e in sella non toccavo per terra: mi aiutava la forma da scooter di quella Guzzi, mi sedevo sul tunnel dietro lo scudo. Quando invece papà andava in ufficio in moto, io entravo nella sua Giardinetta dal tetto apribile, e mettendo in contatto due fili avviavo il motore. Come un ladro!» • La sua prima moto è una Aquilotto Bianchi con trasmissione a rullo. «Avevo nove anni. Mi presentai davanti al negozio per ritirare quel regalo due ore prima dell’apertura. Una volta in sella, innamorato pazzo di quel motorino, girai tutto il giorno. Fu la prima fuga da casa. Non pensai ai miei genitori in attesa, sicuramente preoccupati. Arrivai soltanto a sera e furono botte» • Quando diventa più grande prende una Parilla 125 da fuoristrada e comincia a vincere tutte le gimcane degli oratori della Valcamonica. «Mi appostavo sui tracciati dove si allenavano i campioni del fuoristrada, poi mi mettevo alle loro spalle: loro aprivano il gas, ma non riuscivano a staccarmi. Si stupivano, mi chiedevano chi fossi. “Agostini Giacomo, posso seguirvi ancora?”. E li bastonavo. Avevano moto più potenti della mia e io ero un ragazzino di nemmeno 14 anni, però non riuscivano a staccarmi» (Riders, 9/2010) • «Vincevo tutte le domeniche. Finivo sulle pagine dei giornali locali. Ero una piccola celebrità» • Il suo primo flirt è con una ragazza di Lovere. «Andavamo al cinema, nell’oscurità, con molta timidezza e incertezza facevo le mie avances. Ma se lei appena si muoveva mi ritiravo pensando non gradisse. E ricominciavo senza successo sino a fine film. Non riuscii a darle nemmeno un bacio. Ero troppo timido, forse anche un po’ “bortolo”» • «E la prima volta che ha fatto l’amore? “Lei era una donna meravigliosa. No, cioè... Proprio la prima volta non me la ricordo. Mi confondo perché “frequentavo” contemporaneamente sei ragazze. È che ero un po’ farfallone. La timidezza era sparita”» • Nel 1961, appena maggiorenne, Giacomo si iscrive alla sua prima vera gara. È la Trento-Bondone, ha una Morini 175. Arriva secondo. «Lei ha cominciato a 18 anni. Avesse cominciato prima, quanti Mondiali avrebbe oggi? “Ho avuto talmente tanto dalla vita che non posso permettermi di avere rimpianti. I miei non volevano che corressi e a 18 anni papà ha firmato l’autorizzazione  a correre soltanto grazie a un equivoco”. Quale? “Diceva: ‘non firmo la morte di mio figlio’, ma si consultò lo stesso con un amico notaio. Quello capì bicicletta anziché motocicletta e disse a papà: ‘firma dai, lo sport fa bene’” Papà in seguito che disse? “Zitto. Le vittorie hanno parlato per me. Lui veniva alle gare di nascosto, mai ai box”» (Pasini) • «Quando ho iniziato non mi fregava di niente altro» • «Prima delle gare mettevo i piedi in una bacinella d’acqua bollente, per scaldarmeli, e il casco me lo pulivo con una spugnetta ficcata dentro una pallina da tennis svuotata. Mangiavo e dormivo con i miei meccanici, eravamo una mezza dozzina di persone in tutto: ci si riposava sotto gli alberi, qualcuno portava pane e salame e si mangiava così, sull’erba. Erano tempi di grande imprese, ecco tutto» • «Andavo più forte degli altri perché ho assecondato un talento che mi ha dato madre natura. Magari molti altri lo avevano, ma devi avere anche il coraggio di credere nel tuo talento. Vuol dire che se scegli di provare a diventare il migliore devi sapere che non puoi fare tardi la sera, bere, avere ogni sera una donna diversa. Devi prenderti la responsabilità di credere nel tuo talento e di sacrificare molte cose per esso» (Riders) • Dice cha un professionista non deve avere distrazioni. «Da qui deriva la famosa astinenza pre-gara? Mica facile per un playboy come lei. “Quando ho capito che la moto era il mio mestiere ho scelto la professionalità: le fidanzate le tenevo fino al giovedì, poi stop. È servito: perché il talento da solo non basta mai”» (Pasini) • Diventato professionista, gestisce sempre da solo i propri interessi. «Qualche volta fu problematico, come quando dovetti dimettermi dalla Morini per passare alla MV, a fine 1964. Ero in profondo imbarazzo davanti al commendator Alfonso Morini che cercava di convincermi a restare con loro. Teneva in mano il blocchetto degli assegni, mi abbracciava, mi chiedeva incredulo se veramente volevo andare via. Io avevo un groppo alla gola nel “tradire” chi mi aveva dato la possibilità di emergere. Ma volevo assolutamente partecipare e vincere nel Mondiale. E con la Morini non sarebbe stato possibile» • Agostini diventa un campione. Il suo più grande rivale è Renzo Pasolini, un carattere opposto al suo. Agostini è bergamasco, principesco, freddo, calcolatore. Pasolini romagnolo, operaio, estroso. Lo provoca fumandogli in faccia, ma non riuscirà mai a vincere tanto quanto lui • Agostini diventa così popolare che lo prendono anche come attore i fotoromanzi • Il suo primo lavoro è del 1967, per la rivista Sogno. «Non la leggevo, era una pubblicazione per donne. Sul set per mettermi all’altezza dell’interprete, una ragazza tanto bella quanto alta, mi fecero salire su una cassetta della frutta... Dovevo dire “ti amo”. Era una situazione grottesca e non riuscivo a stare serio: ridevo. Mi sgridarono» • Lo fanno recitare, doppiato, anche in qualche film, come Amore Formula 2 di Mario Amendola, Bolidi sull’Asfalto – A tutta birra! di Bruno Corbucci. A un certo punto lo vuole persino Pietro Germi. «Rinunciai perché l’impegno, tre mesi sul set, coincideva con la stagione delle corse. Seppi che Germi ci rimase male» • «Lei è stato il più grande di tutti? “Sciocchezze. Ogni epoca ha il suo campione. Carlo Ubbiali, Mike Hailwood, Jim Redman, Valentino Rossi, Marc Marquez. Come si fa a dire chi è stato il migliore? Oggi tecnicamente sono stati fatti progressi incredibili. E c’è una grande pressione. Ma ai miei tempi c’era la paura: ogni due settimane vedevi un tuo collega morire» • «Ho visto morire tanti amici e non c’era nemmeno il tempo per piangere, la corsa ricominciava dopo pochi minuti» • «“Noi avevamo sempre la morte davanti agli occhi, bastava una scivolata. Al Tourist Trophy ogni anno perdevo 3-4 colleghi. Quando tornavo, mi sentivo un sopravvissuto di guerra. Ricordo certe albe insonni per la tensione il giorno della gara...”. Avevate giubbotti che oggi  noi usiamo per andare all’aperitivo. “Eravamo più fighi, ma le tute  di 900 grammi ve le raccomando... Una volta a Vallelunga sono  scivolato e sono rimasto letteralmente nudo”. E il gomito, se toccava terra, è perché stavate cadendo. “Oggi si fanno pieghe inimmaginabili, sei già quasi per terra, se scivoli l’impatto è meno traumatico. Merito delle gomme che ti consentono tutto”» (Pasini) • «Il ricordo più brutto? “Nel 1972, alla sera, Gilberto Parlotti venne da me per aiutarlo a ripassare il percorso. Facemmo un giro in macchina. Il giorno dopò partì alle 10 del mattino e finì in un burrone, morendo. Non corsi più una gara all’Isola di Man: la conoscenza del tracciato era importante, ma i pericoli erano troppo elevati”» (Gianfranco Falletti, Corriere della Sera, 8/6/2002) • Nel 1977 decide di ritirarsi. Dopo, dice, sogna per giorni di essere ancora in pista. Si sveglia sempre sudato.
Pensione Alla fine degli anni Settanta gareggia anche in automobile, nella Formula Aurora, la attuale F.3000. «Fu un’esperienza poco positiva, forse non avevo una buona vettura, forse non ero abbastanza bravo. O magari ero anche troppo vecchio per iniziare da capo, quasi quarantenne» • Dal 1982, e per quindici stagioni, fu direttore sportivo della Yamaha, dal 1992 al 1995 della Cagiva. «Ho smesso di fare il team manager perché prima il team manager era proprietario della squadra, era sua responsabilità occuparsi di tutto, dal procurare le moto, agli sponsor, ai contratti ai piloti. Oggi invece è una figura diversa, pagato dalla casa e fa quello che gli viene detto di fare. Io ho sempre preferito non avere nessuno a cui dovevo rendere conto» • «Sogna mai di correre ancora? “Baratterei tutto quello che ho per tornare indietro di 40 anni. Se hai fatto sport ad alti livelli, non riuscirai più a provare la stessa gioia di una vittoria, dell’inno, italiano, dei tifosi felici. Qualcuno va persino in depressione, io quando ho smesso ho pianto tre giorni di fila”. E il quarto? “Me sono fatta una ragione. La vita va avanti. Ma ancora oggi, quando voglio staccare dai miei cantieri, vado in pista con una moto. E torno allegro”» (Pasini).
Casa «Abito a Bergamo perché sono nato a Brescia e poi sono venuto qui e ho tanti amici, interessi, parenti e tanti legami affettivi. Bergamo è tranquilla e vicino ai grandi aeroporti. Da qui posso arrivare ovunque molto velocemente. E poi restando qui, quando mi muovo, apprezzo di più i posti che vado a visitare. A Milano ho vissuto un anno, ma non fa per me. A Milano non ci sono orari, invece io credo che nella vita un po’ di regole bisogna averle... anche se al giorno d’oggi non le rispetta più nessuno».
Famiglia A Jerez, nel 1987, conosce una donna spagnola, ingaggiata come interprete. «La guardavo, bellissima, giovane. Lei nemmeno sapeva chi fosse Agostini. La sera ci invitarono a una tv di Siviglia per un’intervista a Lawson. Dissi: “Ci vado se portate anche quella ragazza”. Finimmo la serata a bere qualcosa insieme con un giornalista italiano, Maria e una sua amica. Tempo fa quel giornalista mi ha ricordato che salutandoci, mi disse “Giacomo, questa volta ci lasci le penne...”» • Nozze nel 1988 • Due figli: Vittoria (n. 1989), che ha aperto un lussuoso b&b di nome Villa Vittoria a Bergamo Alta, Piergiacomo (n. 1994), che ha studiato a Cambridge, ed ora è amministratore delegato della Agostini Investments.
Religione «Credo in Dio, anche se ho dei dubbi sulla sua esistenza perché a volte si vedono delle cose che accadono e mi dico: ma come è possibile che siano potute succedere queste atrocità? Certo, io sono la persona meno indicata per dirlo perché se c’è un Dio, mi ha aiutato molto».
Vizi Non fumava, ma era sponsorizzato dalla Marlboro.
Curiosità È alto 1 metro e 69 • «Adoro la precisione perché odio cercare una camicia azzurra e dover aprire tutti i cassetti per trovarla. Io so che nel primo cassetto ho le camicie azzurre, nel secondo quelle verdi, e che le posso trovare anche a occhi chiusi» • Adora anche l’Emilia-Romagna • «Lo stile è importante. Perché è sintomo di rispetto nei confronti di chi è con te. Vedo colleghi che vengono alle premiazioni in pantaloni corti. Mi sembra poco rispettoso nei confronti di chi ti ospita» • Ha un’Audi Q5 • A Bergamo si muove con lo scooter, anche quando fa freddo e piove • Gli hanno dedicato un museo in via Quintino Alto 34. «Ma quale museo, non fatemi sentire vecchio! Diciamo piuttosto: una sala trofei» • Saragat lo ha fatto cavaliere, Ciampi commendatore • «I record sono fatti per essere battuti, anche se io me li tengo stretti e se restano miei sono più contento» • «Adesso la MotoGp è un’altra cosa: ci sono tecnologia, sponsor, eserciti di meccanici. Non dico sia peggio e meglio, ma ai miei tempi la passione era tutto» • «La grande differenza col presente sta tutta nel fatto che dividevamo molte cose. Magari non eravamo proprio amici, perché tra avversari l’amicizia vera e propria non può esserci, però andavamo a cena insieme, ci divertivamo. Oggi lei se li immagina Rossi, Capirossi e Biaggi che scherzano insieme intorno a un tavolo al ristorante. No, adesso provano, corrono e se ne vanno» (a Benedetto Ferrara, la Repubblica, 2/8/2005) • «Valentino Rossi è grande come Giacomo Agostini? “Il Giacomo Agostini del Duemila, questo sì. Per dire altre cose bisognerebbe risuscitare i piloti morti, ringiovanire i vecchi e correre tutti insieme. E poi sono cambiate troppe condizioni. Io vincevo in 350 scendevo dalla moto con le mani sanguinanti, risalivo in 500 e vincevo”» (a Corrado Zunino, la Repubblica, 20/4/2004) • «“Tutti i piloti pensano di essere sempre i migliori. E io non sono diverso dagli altri. Sarebbe interessante, una sfida con Valentino e Marquez. Però a quel punto farei scendere in pista anche Mike Hailwood. Un sogno di gara”. Chi la vince? “Se volete vi prometto che non arrivo ultimo. Ma è giusto un sogno. Non solo i piloti: anche il tempo va veloce. E purtroppo non lo puoi fermare”» (Calandri) • «Amo la vita e non vorrei mai morire. Sulla lapide scriverei: “Qui riposa Giacomo Agostini... Sei stato grande, un abbraccio”. Perché mi emoziono quando incontro la gente che mi dice: “Grazie per avermi fatto gioire”» • «Ho rischiato tante volte la vita, ma ero così innamorato di questo sport che non ci ho mai pensato. Ho fatto quello che ho sempre desiderato: correre. E ho avuto tutto. Sarei un vigliacco, se avessi dei rimpianti» • «I piloti non lo fanno mai, ma per una volta chiuda gli occhi. “Va bene. Mi metto a pensare che il nostro è uno sport che, comunque vada, finisce troppo presto. Allora sogno: di avere 40 anni di meno, e di tornare in pista”» (Calandri).
Titoli di coda «“Ogni tanto mi chiedono l’autografo dei bambini. Prima di farglielo chiedo loro di dire il mio nome, per sapere se sanno davvero chi sono. Sa, vista la mia età... Beh, la maggior parte azzecca”. E agli altri? “Glielo faccio lo stesso...”» (Pasini).