1 giugno 2020
Tags : Giorgio Cagnotto
Biografia di Giorgio Cagnotto
Giorgio Cagnotto, nato a Torino il 2 giugno 1947 (73 anni). Campione di tuffi. Dopo Klaus Dibiasi, il più grande tuffatore italiano di tutti i tempi • «Il signor Trampolino, il torinese dei carpiati, l’uomo che ha fatto la storia dei tuffi per almeno tre lustri, da metà anni Sessanta a fine anni Settanta: lui ha fatto la storia e il suo amico e rivale Klaus Dibiasi ne ha incarnato la leggenda» • «Di statura piccola ma forte, agile e molto coordinato, Cagnotto ha conseguito i suoi maggiori successi dal trampolino di 3 m, ma nella sua collezione non mancano medaglie vinte dalla piattaforma» (Treccani) • Campione d’Europa nel 1970, arrivò terzo ai mondiali del 1978. Alle Olimpiadi vinse due medaglie d’argento (a Monaco nel 1972 e a Montreal nel 1976) e due di bronzo (sempre a Monaco e a Mosca nel 1980) • Ritiratosi dalle competizioni nel 1981, dal 2000 è diventato tecnico federale della nazionale italiana • È il padre della tuffatrice Tania Cagnotto • «Spirito giovanile, sempre con la battuta pronta» (Marco Marangoni, Alto Adige, 2/6/2007) • Coriaceo e sempre puntale • «È piccolo, scattante, pieno di energia. Sempre in movimento, con gli occhi, con le mani, con le gambe. È un atleta ancora adesso» (Gian Luca Favetto, la Repubblica, 10/4/2008).
Titoli di testa «“Senza passato non puoi avere futuro” sorride. “Bisogna avere grandi ali e radici profonde. Io ho radici profonde. So da dove vengo”. Da dove? “Da Turin, Piemont, Dosset e Barbera”» (Favetto).
Vita «Un ragazzo di Borgo San Paolo, nato in via Caraglio alla fine della guerra» • «La storia data all’inizio degli anni Cinquanta, quando nella sua Torino c’erano molti tuffatori bravi, da Lino Quattrin a Marisa Zambrini a Laura Conter, e facevano capo ideologicamente a un volatore anteguerra, Renzo Rustichelli detto il Rustica, l’omologo a Torino dell’americano a Roma Alberto Sordi, piemontese speaking e California dreaming. Il Rustica ormai vecchio per far gare chiudeva le riunioni col suo numero, cioè volava in acqua vestito da clown dal lucernario della piscina comunale coperta, lanciando un grido di finto terrore, ed in braccio teneva un bambinetto che si prendeva tanti applausi. Il bambinetto era Franco/Giorgio Cagnotto, lì per via dello zio che era Quattrin, il quale aveva deciso che se uno non comincia a volare in acqua da bambinetto poi si prende strane paure. Molti anni dopo, nel pieno della sua grande carriera di campione di tuffi, Giorgio (ormai sparito Franco) ci diceva che quei voli da bambinetto lo avevano segnato, nel senso che sempre aveva preferito il trampolino da 3 metri alla piattaforma da 10, frequentata sì ma con qualche timore» (Gian Paolo Ormezzano) • Il primo tuffo non lo ricorda. «In piscina si va per gradi. La prima sensazione fortissima, come se avessi conquistato il mondo, risale a prima del primo tuffo, a quando imparavo a nuotare. La prima volta che ho conquistato il mondo è quando ho fatto la prima vasca completa da solo» (Favetto) • Comincia con le prime gare a otto anni, allenato dallo zio. D’inverno si allena per un paio d’ore tre volte a settimana. D’estate, ogni giorno è in piscina. «Le prime volte che salivo su un trampolino avevo paura, e poi ero superstizioso, volevo mettere sempre lo stesso costume, ero convinto che potesse farmi vincere» • «Tempi in cui c’era una Federnuoto povera e allegra corte dei miracoli: l’allenatore dei tuffi, un tedesco, aveva perso in guerra una gamba, il capo ufficio-stampa sempre in guerra un braccio, il segretario era senza un occhio, idem il capo dei giudici di gara. Dibiasi e Cagnotto dominavano Olimpiadi ed Europei, i colleghi stranieri ci chiedevano quanti facevano tuffi in Italia, noi dicevamo due, “due milioni?”, no due, Dibiasi e Cagnotto» (Gian Paolo Ormezzano) • «Facevamo 3 gare all’anno, il tuffo era il puro gesto atletico, trascorrevo le vacanze estive nella piscina scoperta alla Monumentale di Torino, giocavo tutto il giorno con gli amici, poi allenamento con lo zio […] I tuffi umoristici a Montecatini facevano impazzire gli americani, che show quando arrivava Fred Buscaglione con una Cadillac rosa dello stesso colore della camicia. Io ero la mascotte, lo show cominciava a mezzanotte, ma io facevo tuffi seri, era tutto un misto di allenamenti e divertimenti. Non c’erano i telefonini o i tablet in cui potevi rivederti subito dopo l’uscita dall’acqua. Klaus aveva la cinepresa, ma dopo un mese ci scordavamo tutto. Io mi arrampicavo sui tetti e poi mi tuffavo da cornicione. Mi adeguavo. È stato bello» (Stefano Arcobelli, Gazzetta dello Sport, 2/6/2017) • «Sono entrato nel Gruppo sportivo Lancia. Poi ci sono anche andato a lavorare, nel reparto corse. Lavorare in fabbrica è stata la molla che mi ha spinto a impegnarmi totalmente con i tuffi, era meglio» • «Nel ‘64, a 17 anni, vince i campionati italiani dal trampolino. Comincia la sua avventura fra cielo e acqua, avvitamenti e salti mortali, potenza ed elasticità. Tutto da mostrare in due secondi. Tanto dura un tuffo. “Ore, giorni, settimane, mesi, anni di preparazione per dare il massimo in un secondo e otto decimi, un secondo e nove. E bisogna cominciare con il vincere la paura. Ecco, vincere la paura è gratificante. Poi quando riesci a sentirti padrone del tuo esercizio, allora il piacere è immenso”» (Favetto) • «Vincere la paura e raggiungere la perfezione in volo, in due secondi, è impagabile» • Comincia ad allenarsi a Bolzano, dove c’è una piscina meglio attrezzata, assieme all’amico Klaus Dibiasi. «Cagnotto e Klaus Dibiasi passano una parte della loro vita a testa in giù. Un tuffo dopo l’altro, una gara dopo l’altra, si abituano a vedere un mondo capovolto, che scompare veloce mentre volano verso l’acqua della piscina. Di tuffi ne fanno tanti, circa diecimila in un anno, anche ottanta al giorno nei periodi di allenamento più intensi, alla ricerca di una perfezione che soltanto loro (e pochi altri) sanno cogliere. Da anni Cagnotto e Dibiasi ci hanno abituati ai loro duelli. In Italia non hanno rivali, si ritrovano sempre ai primi due posti: dalla piattaforma è più bravo Klaus, dal trampolino Giorgio. Un duello continuo, monotono, cambia solo la piscina […] La loro storia ricorda quella di Agostini e Pasolini, che con la loro rivalità tengono vivo l’interesse di tutto uno sport. Anche in questo caso c’è uno dei due (Cagnotto) meno bello, meno personaggio dell’altro. Però Giorgio non ha (o dice di non avere) il “complesso” del rivale. “Siamo amici, amicissimi — dice — la rivalità finisce insieme con la gara. Fuori stiamo sempre assieme, ci alleniamo con gli stessi metodi, ci consigliamo a vicenda. Tra noi non c’è mai stato un litigio, passiamo assieme pure le vacanze. Klaus ha la mania della pesca subacquea, metterebbe le bombole al posto del cappotto, se potesse: adesso ha contagiato pure me, nei prossimi giorni andremo a pescare in Sardegna, voglio comperarmi un fucile nuovo...”. Klaus sorride, è meno loquace dell’amico, calmo quanto Giorgio è vivace. “Forse per questo andiamo tanto d’accordo” dice. Fuori gara, naturalmente, non parlano mai di tuffi e danno l’impressione di conoscersi a memoria: da oltre dieci anni girano il mondo e fanno tuffi, sempre più difficili. Sono professionisti di fatto, ma senza i vantaggi finanziari dei calciatori o dei ciclisti. E per di più non hanno nemmeno la soddisfazione degli applausi, del tifo: “Quella del tuffatore è come una mania — osserva Dibiasi — Il sentire che un tuffo è riuscito alla perfezione è la vera, grande gioia che questo sport può dare”. Affiatati come fratelli, Giorgio e Klaus sono diversissimi per fisico e carattere. Giorgio (che ha 23 anni ed è di quattro mesi più vecchio dell’amico-rivale) è meno alto ma più allegro, Dibiasi più elegante ma meno disinvolto. E a tavola hanno gusti differenti: Cagnotto, da buon torinese, beve (quando può) barbera, Dibiasi sorseggia un chinotto anche sulla bistecca; Cagnotto non può stare senza pastasciutta (“Quando sono stato in Russia — ricorda — ho sofferto la fame, al ritorno ho mangiato spaghetti per una settimana intera”), Dibiasi adora i dolci, torte e gelati» (Antonio Tavarozzi , La Stampa, 13/8/1970) • Racconta Dibiasi: «Con lui ho condiviso allenamenti e successi avendo insieme conquistato nove medaglie nell’arco di cinque Olimpiadi. Senza avere sempre come misura il mio amico Cagnotto, vicino in tutte le gare, non so se i miei successi sarebbero stati gli stessi. L’uno era misura per l’altro anche nelle gare minori, e durante i duri periodi di allenamento ci si sosteneva a vicenda» • Nel 1970 vince l’oro agli europei • Ai Giochi di Monaco del 72 si fa vedere per la prima volta in pubblico con la fidanzata, Carmen Casteiner, altoatesina, anche lei tuffatrice, già campionessa italiana. Vince l’argento dal trampolino e il bronzo dalla piattaforma. «Sono state due bellissime medaglie, ma che rabbia pensarci adesso. Dai tre metri guidavo la gara fino all’ultimo tuffo, poi ho sbagliato il doppio e mezzo rovesciato raggruppato è l’oro è andato al sovietico Vladimir Vasin» • Il suo allenatore gli rimprovera le cagnottate: «Ero bravo, a rovinare gare all’ultimo tuffo» • Cagnotto continua a gareggiare per tutto il decennio. Nel 1980, alle Olimpiadi di Mosca, è il decano degli atleti italiani. Se l’Italia non avesse deciso di boicottare la cerimonia inaugurale allo stadio Lenin, in segno di protesta contro l’invasione sovietica dell’Afghanistan, il portabandiera sarebbe lui «Tra me e quello che viene dopo, voglio dire il più stagionato, l’australiano Grove, ci sono sei anni. In gara c’è un messicano di quindici anni più giovane. Non posso continuare a far la figura del nonnino...» • L’ultimo tuffo, dal trampolino, se lo ricorda benissimo: «Un salto mortale e mezzo rovesciato con due avvitamenti e mezzo. Si fa prima a farlo che a dirlo» • «Stavo per vincere la gara a 33 anni, ma al padrone di casa Alexander Portnov è stato concesso di ripetere l’ottavo ed ultimo salto che aveva sbagliato. Alla giuria ha detto di essere stato disturbato dai clamori che arrivano dalla vicina piscina del nuoto. I ricorsi sono fioccati, ma sono solo serviti a far posticipare di un giorno la premiazione». E così, dopo venticinque anni di gare, la sua carriera si conclude con un bronzo • «Quando mi ritirai dopo Mosca ’80 cominciai a farmi le ossa tra club e raduni, poi nel ’90 mi fermai a Bolzano» (Arcobelli).
Carmen «Un amore sbocciato tra trampolini e piattaforme» (Roberto Perrone, Corriere della Sera, 16/2/2007) • Si sposarono il 30 settembre 1984. Ebbero un’unica figlia.
Tania «Aspetto le coccole di mamma, perché papà è un po’ avaro, con me fa di più l’allenatore» (Tania Cagnotto) • «Si ricorda la prima volta di Tania in acqua? “Come no! Ho il ricordo di questa giornata in piscina a Canziano. Lei era piccola e camminava a malapena sul bordo della piscina dei tuffi. Poi, a un certo punto, è inciampata ed è caduta nella vasca. Io, preoccupatissima, mi sono affannata a prenderla, ma lei in acqua stava benone. È il suo elemento, da sempre”» (Carmen Castainer, Marzia Nicolini, iO Donna, 29/7/2015) • «Quando il tuo fantasma, lenzuolo bianco d’ordinanza con cerchi olimpici, torna indietro, dopo 40 anni, negli occhi di una figlia, le parole non servono. Un abbraccio e un silenzio pieno di cose dicono il necessario. Monaco 1972, Giorgio Cagnotto a 2,46 punti dall’oro. Londra 2012, Tania Cagnotto due legni a pochi centesimi dal bronzo. Difficile immaginare la vita riflettersi nei cocci di uno specchio più di così» (Elisa Chiari) • «No davvero, io non le avevo dato il permesso di tatuarsi i cerchi olimpici sul sedere. Quando ha compiuto diciott’anni lo ha fatto da sola» (Giorgio, parlando della figlia) • «Tania è più professionista di me, di cagnottate ne ha fatte poche. A volte mi rimprovera una vena di faciloneria».
Curiosità Alto 1 metro e 63 • Grande amico di Giuliano Gemma, che fu suo testimone di nozze • «A imitazione degli indigeni messicani ebbe anche il coraggio di tuffarsi dalla Quebrada di Acapulco, da un’altezza di circa 25 m» (Treccani) • Racconta che ai suoi tempi in certe piscine c’era così tanto cloro che i capelli diventavano verdi • Importò il gioco dello squash in Alto Adige, nel 1982, mentre ci giocava, gli finì una pallina in un occhio e dovettero operarlo • Una volta, sulle nevi del Sestriere, tentò di fare un salto mortale con gli sci, ma atterrò con la testa e il contraccolpo gli procurò il distacco della retina • Appassionato di danza, come la figlia Tania: «A entrambi piace ballare la salsa. Ed è capitato di incontrarci. Ma in quel caso è meglio che io cambi strada. Nessuna figlia gradisce il padre nella stessa discoteca» (a Panorama) • Tania parla con la madre in tedesco, con lui in italiano. Riferendosi a lui, lo chiama Giorgio, non papà.
Titoli di coda «Ci vuole passione per uno sport come il nostro, che sembra anacronistico nei confronti della società contemporanea, perché non c’è un ritorno economico adeguato rispetto alla fatica e all’impegno che richiede. Va contro l’ottimizzazione che il mondo oggi impone, poco lavoro e tanto profitto. Nella vita magari funziona. Nello sport no. Nei tuffi non è nemmeno immaginabile».