11 maggio 2020
Tags : Gian Carlo Caselli
Biografia di Giancarlo Caselli
Giancarlo Caselli, nato ad Alessandria il 9 maggio 1939 (81 anni). Magistrato • «Testimone, anzi protagonista della storia d’Italia» (Lirio Abbate e Paolo Biondani, L’Espresso, 3/1/2014) • «Ha legato la sua carriera prima alle indagini sulle Br, poi alla scelta di andare a Palermo dopo gli omicidi di Falcone e Borsellino. Per raccoglierne l’eredità» (Francesca Bolino, la Repubblica, 2/2/2019) • «Si è esposto davanti alle due grandi minacce alla democrazia italiana: terrorismo e mafia» (Nando Dalla Chiesa) • Sotto scorta dal 1974, ha rischiato di morire ammazzato almeno quattro volte • Già giudice istruttore a Torino durante gli anni di piombo, già componente del Csm (eletto nelle liste di Magistratura democratica) dal 1986 al 1990, già presidente della corte d’Assise di Torino. Ha diretto per quasi sette anni la procura di Palermo ai tempi dei grandi processi contro la mafia. È stato capo del Dipartimento amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia (da cui dipende la polizia carceraria) a Roma e rappresentante italiano all’Eurojust a Bruxelles. Nel 2001 tornò a Torino, nel 2008 divenne procuratore capo. È in pensione dal 2013 • Famoso per aver raccolto la testimonianza di Patrizio Peci, che segnò l’inizio della fine del terrorismo rosso. Famoso anche per aver coordinato le istruttorie contro Giulio Andreotti e Marcello Dell’Utri, il quale, dopo la condanna in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa, coniò il termine «casellismo» per indicare una lunga serie di processi di mafia sistematicamente smontati in sede dibattimentale («Se m’avessero assolto, sarebbe crollato tutto il castello del pentitismo, del casellismo») • «Se fosse così, il “casellismo” non avrebbe raccolto condanne nemmeno nei processi all’ala militare di Cosa Nostra: lì, invece, non ne ha mancata nemmeno una» (Saverio Lodato, Marco Travaglio) • Amico di don Luigi Ciotti, Andrea Camilleri e Marco Travaglio (con cui gioca a tennis) • Finì al centro del dibattito politico nel 2004, quando, candidatosi alla carica di procuratore nazionale antimafia, fu escluso con un provvedimento, la legge «anti-Caselli», fatto passare dal centrodestra. La carica andò a Pietro Grasso • «Caselli ha fallito il processo Andreotti, il che non è poca cosa, e ha allevato una generazione di fanatici, alla fine entrando in collisione con Violante, perché tra i due c’è una differenza di grado o di qualità; ma, se comparato a Grasso, Caselli è un capolavoro di tenuta, di consistenza, di convinzione personale, di perseveranza, non un esempio inquietante di ambiguità in ogni campo» (Giuliano Ferrara, Il Foglio, 19/3/2013) • Ha detto: «Faccio il magistrato che applica la legge, le mie convinzioni intellettuali, filosofiche, restano fuori dal mio lavoro» (a Enzo Siciliano, L’Espresso, 11/4/1999).
Titoli di testa «Mi hanno definito “toga rossa”, “comunista”, ma in altra epoca – durante gli anni di Piombo – mi sono preso anche del “fascista”. Eppure nel frattempo non sono cambiato».
Vita Famiglia povera, i nonni facevano i contadini, il padre l’operaio • «“Sono nato ad Alessandria ma ho frequentato la prima e la seconda elementare a Vignale Monferrato, dove la mia famiglia si era stabilita per lavoro durante la guerra. E nel 1946 siamo tornati a Torino”. Dove siete andati ad abitare? “In via Vigone in un alloggio all’interno della fabbrica dove lavoravano i miei genitori. In seguito ci siamo trasferiti in via Borgone presso la sede principale della fabbrica”. Di cosa si occupava suo padre? “Era l’autista personale del padrone”» (Bolino) • Giancarlo fa la terza elementare all’istituto Cesare Battisti, poi, dalla quarta in avanti, le scuole dei salesiani • «“La celebre frase di don Bosco ‘l’educazione salesiana deve tendere a formare bravi cristiani e onesti cittadini’ è stata ed è ancora per me un principio fondamentale”. Dunque ha un grande debito di riconoscenza verso i salesiani? “Certo. E non solo etico e religioso. Poiché la mia famiglia era economicamente modesta, mi hanno consentito di proseguire gli studi e di frequentare il liceo, accettandomi a mezza retta. Forse il mio destino sarebbe stato diverso: avrei studiato in una scuola tecnica per poi entrare in Fiat, per esempio come operaio specializzato”» (Bolino) • Invece si iscrive al liceo Valsalice (lo stesso del cardinal Tarcisio Bertone e di Marco Travaglio). Maturità classica. Suo compagno di classe Ermis Segatti, che diventerà teologo • In quegli anni, invece, la fede di Giancarlo vacilla. «Durante la messa solenne di Pasqua, in chiesa, tutti gli alunni si alzavano per fare la comunione. Mentre io e altri due siamo rimasti fermi, immobili, seduti sulla panca». Pensano che i preti li puniranno, invece la cosa viene ignorata. «La grande capacità pedagogica dei salesiani consisteva nel fatto che ciascuno potesse maturare le sue convinzioni liberamente. Senza costrizione alcuna…”» • Diventa torinista. Un amico del padre, operaio come lui, uno che gira con l’Unità in tasca, porta Giancarlo allo stadio: «Vedendo lui, tifosissimo, associavo l’idea della squadra in quei calcisticamente difficili suoi anni Cinquanta alla lotta per sopravvivere, alla voglia e spesso alla necessità di essere contro, allo spirito comunque trasgressivo» • Nel 1964, con un po’ di ritardo, si laurea in Giurisprudenza. Per non gravare sulla famiglia fa lo studente-lavoratore. «E dove ha lavorato? “All’Olivetti come produttore. Vendevo macchine per scrivere, calcolatrici e mobili da ufficio. E, devo ammettere, vendevo molto bene…” Dopo la laurea cosa è accaduto? “Aspetti. Ho conosciuto l’amore…” Ah! Chi, dove? “Era il 1963. Nell’atrio del cinema Lux dove proiettavano Che fine ha fatto Baby Jane? con Bette Davis e Joan Crawford, allora considerato un grande film dell’orrore, ho incontrato Laura. Mi è stata presentata da amici comuni […] era una donna bellissima e intelligente. Si avvertivano in lei grande calma e serenità, qualità che sarebbero servite poi nel futuro, nel corso della nostra vita, complicata…”» (Bolino) • Dopo la laurea, Caselli fa il militare a Lecce, troppo lontano da Torino per approfittare della licenza e vedere la fidanzata: «Così lei, insieme a sua madre, hanno deciso di venirmi a trovare durante le vacanze estive a Santa Maria di Leuca. Scherzando le dico spesso che l’ho sposata per riconoscenza. Ma lei si arrabbia ancora e non gradisce l’ironia» • Le nozze vengono celebrate nel 1967, stesso anno in cui Giancarlo vince il concorso per entrare in magistratura. «Siamo andati ad abitare in via Domodossola. Lei insegnava matematica. Pensi, all’inizio della nostra vita matrimoniale il mio stipendio era nettamente inferiore a quello di Laura […] Poi le cose sono cambiate…» • Nel 1968 ha 29 anni, ma non si unisce alle contestazioni. «Sono sempre stato un secchione, a scuola e sul lavoro, e in quell’epoca cercavo di imparare presto e bene il mestiere di magistrato» • «Quando sono arrivati i figli? “Paolo nel 1970 e Stefano nel 1975. Anni, come sappiamo, molto delicati. I miei figli sono cresciuti in mezzo ai mitra e al filo spinato. Ho la scorta dal 1974 ed è in quegli anni che sono esplose le Br. Sono diventato uno dei giudici delle Br e di Prima Linea un po’ per caso”» (Bolino) • Nel ’73, Caselli istruisce i processi per due sequestri di persona: il sindacalista Bruno Labate e Ettore Amelio, capo del personale alla Fiat. Il 18 aprile 1974, quando, con la loro prima azione in grande stile, le Brigate Rosse sequestrano il procuratore di Genova Mario Sossi, gli passano pure quel fascicolo • In cambio della liberazione di Sossi, i brigatisti vogliono la scarcerazione di alcuni detenuti, considerati prigionieri politici. Il procuratore generale Francesco Coco si rifiuta di cedere al ricatto, Sossi viene liberato lo stesso, ma l’8 giugno 1976 Coco e due uomini della scorta vengono ammazzati in un agguato. «Il periodo più buio della nostra storia l’abbiamo vissuto negli anni Settanta» • Carassi, capo dell’ufficio giudici istruttori, nell’assegnare il fascicolo a Caselli, gli affianca altri due magistrati (Mario Griffey e Luciano Violante): «Se siete in tre e uccidono uno di voi gli altri possono andare avanti e i processi sono salvi» (è il primo pool di giudici istruttori, modello adottato poi da Antonio Caponnetto a Palermo, con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino). Al momento del processo i brigatisti non vogliono nemmeno gli avvocati d’ufficio e siccome il presidente dell’Ordine degli avvocati, Fulvio Croce, li nomina contro la loro volontà, lo ammazzano il 28 aprile 1978 • «Lo sbandamento nella società civile è tale che non si riesce a formare una giuria: sulla scrivania del presidente della corte si accumula una catasta di certificati di malattia, nessun cittadino accetta il rischio di fare il giudice popolare. Il processo resta sospeso per un anno, in quel momento sembra che i terroristi abbiano vinto. La città antifascista, capitale delle lotte operaie, è piegata» (a Biondani e Abbate) • Partendo dalla Fiat, la città si mobilita e il dibattimento può cominciare. Ma sempre in un clima tragico: il primo giorno i brigatisti uccidono il maresciallo Berardi, l’ultimo il commissario Antonio Esposito • Il 1° aprile 1980, Caselli raccoglie il pentimento di Patrizio Peci, capo della colonna torinese delle Br. «Avvertiti alle 6 del mattino, subito ci recammo […] a Cambiano, un comune della provincia torinese. Per 48 ore filate ci chiudiamo con Peci in una stanza della caserma del posto . Pochi panini e molti caffè, ma sempre dentro l’ufficio. Volevamo registrare tutto quel che Peci sapeva nel più breve tempo possibile, per poterlo “sviluppare” sfruttando al massimo il fattore sorpresa». Gli chiedono l’elenco completo dei militanti, i loro nomi di battaglia, per ogni attentato, l’elenco e il ruolo di chi vi ha preso parte e un disegno che indichi per ciascun componente del commando che armi aveva, la posizione e gli spostamenti. «Ogni foglio di verbale compilato veniva consegnato al generale dalla Chiesa che aspettava fuori come… un padre in attesa di un parto». I brigatisti, allora, sequestrano il fratello, Roberto Peci, lo torturano, lo fucilano, filmano l’esecuzione e mandano in giro la cassetta, come farà trent’anni più tardi Al Qaeda. Dopo Peci è la volta di Roberto Sandalo (Prima linea), che, tra gli altri, denuncia Marco Donat-Cattin, figlio del leader della sinistra Dc Carlo Donat-Cattin • «“L’attività di repressione e di indagine è stata molto importante. Ma non è stata l’unica. Furono decisive le decine e decine di assemblee che si tennero nelle parrocchie, nei luoghi di lavoro, nelle sedi di partito. Per spiegare che non ci trovavamo di fronte a Robin Hood ma a un gruppo di assassini. Bisognava rompere il muro di ambiguità dei “compagni che sbagliano”, i complici silenzi di certi intellettuali”. E funzionò? “Non fu facile ma alla fine i terroristi furono politicamente isolati ed entrarono in crisi”» (Paolo Griseri, la Repubblica, 6/9/2014) • Negli ultimi quattro anni a Torino, indaga sul traffico di droga e sulle ramificazioni della ’ndrangheta in Piemonte • Nel 1986 è eletto consigliere del Csm per Magistratura democratica, la corrente di sinistra • Nel ’90 torna a Torino, ma dopo l’omicidio di Falcone chiede di andare a Palermo • «“Uno dei miei figli ha chiamato mia moglie e le ha detto: ‘Mamma, davvero hanno ucciso anche Borsellino? E ora che succede? Papà andrà a Palermo?’. In effetti, io pensavo di fare domanda…”. Ma? “Questa questione è stata ampiamente discussa in famiglia, con gli amici […], generando preoccupazione”. Cosa le hanno suggerito i suoi figli? “Uno dei due, dopo varie discussioni, forse anche esausto, mi ha detto: ‘Papà, in Italia siamo tutti bravi a dire cosa si deve fare, ma non altrettanto bravi a farlo davvero. Vuoi andare a Palermo? Vai’”» (Bolino) • «Ai funerali di Borsellino il vecchio giudice Caponnetto aveva detto sconsolato: è finito tutto. La nostra democrazia stava crollando sotto i colpi della mafia stragista» • Caselli arriva in Sicilia il 15 gennaio 1993, giorno dell’arresto di Totò Riina. È lui il primo a dargli del comunista • Il giudice Aldo Giubilaro, di Magistratura indipendente: «Non vorrei che il dottor Caselli dovesse interrogare un pentito con l’aiuto di un interprete per riuscire a capire non solo le parole, ma anche i gesti e gli sguardi che fanno parte del linguaggio mafioso» • «Non si è mai sentito come il funzionario sabaudo Chevalley che al tavolo del whist viene preso in mezzo perché non capisce la Sicilia del Gattopardo? “Andrea Camilleri, della cui amicizia mi onoro, ha detto sorridendo che la mia andata in Sicilia ha rappresentato il primo risarcimento dei Savoia dopo i danni dell’Unità d’Italia…”» (Cesare Martinetti, La Stampa, 20/12/2013) • Lo sistemano in un appartamento nel complesso detto Tre Torri, sede della Dia, alla Favorita. Quando va a Torino a trovare i suoi, la moglie gli prepara trippa e bollino, poi li surgela e lui si porta tutto in Sicilia in aereo. Vive sotto scorta. «Dalla finestra guardavo il Monte Pellegrino, l’ippodromo, le palme, respiravo la città da lì, cercando di sentirne la fisicità, ma il quotidiano, il gusto di una passeggiata era impossibile. Ero letteralmente impacchettato da quei ragazzi che rischiavano la vita per la mia e imponevano le regole: dovevi fare come volevano loro. Con gentilezza e rispetto decidevano per te. E tu obbedivi» (Marco Neirotti, La Stampa, 18/8/2004) • Rimane a Palermo per sei anni e mezzo. Valore dei beni mafiosi sequestrati sotto la sua direzione: oltre diecimila miliardi di lire; persone indagate: 89.655 (di cui 8.826 per fatti di mafia); rinviati a giudizio: 23.850 (di cui 3238 per mafia). Ergastoli inflitti in quel periodo: 647. Tra i latitanti arrestati: Leoluca Bagarella, Giovanni ed Enzo Brusca, Pietro Aglieri. «Ma dei miei anni a Palermo si ricordano soprattutto i processi a imputati “eccellenti”». Cioè Corrado Carnevale, alla fine assolto, il senatore Marcello Dell’Utri, Bruno Contrada, Calogero Mannino, soprattutto Andreotti • Il nome del senatore era stato fatto già da alcuni pentiti, Leonardo Messina, Gaspare Mutolo, Giuseppe Marchese. Quando Caselli si insedia a Palermo le dichiarazioni dei collaboratori diventano sempre più circostanziate, finché Tommaso Buscetta e Francesco Maria Mannoia, interrogati negli Usa nell’aprile 1993, indicano in Andreotti il referente nazionale di Cosa Nostra. Mannoia, secondo Caselli «preciso come una carabina», riferisce «di due incontri tra Stefano Bontate e Giulio Andreotti, aventi ad oggetto l’omicidio del presidente della regione Sicilia Piersanti Mattarella» (ammazzato il 6 gennaio 1980). Il 26 novembre Tommaso Buscetta aggiunge che l’omicidio del giornalista Mino Pecorelli (20 marzo 1979) era stato eseguito da Stefano Bontate e Gaetano Badalamenti, su richiesta dei cugini Salvo, ai quali a sua volta l’aveva chiesto Andreotti, «poiché quegli disturbava politicamente» • Rinviato a giudizio, il senatore è prosciolto definitivamente il 15 ottobre 2004: ritenuto responsabile di associazione a delinquere per il periodo precedente al 1980 (quando ancora non esisteva il reato di associazione mafiosa), la sentenza è però di non doversi procedere perché il reato è prescritto; assolto dall’accusa di associazione mafiosa per il periodo successivo, per insufficienza di prove. Per l’omicidio Pecorelli gli atti invece sono trasmessi per competenza a Perugia: Andreotti viene assolto in primo grado, condannato in secondo a 24 anni, e assolto dalla Cassazione (su richiesta dello stesso procuratore generale), il 30 ottobre 2003 • «“La Cassazione ha riconosciuto in via definitiva fino al 1980: Andreotti è stato colluso con Cosa Nostra. Cito la sentenza: ‘Il sen. Andreotti ha coltivato amichevoli relazioni con i boss mafiosi… li ha incontrati, ha interagito con essi… ha indicato il comportamento da tenere in relazione alla delicatissima questione Mattarella… ha omesso di denunziare le loro responsabilità…’. Per due volte Andreotti ha incontrato il boss Stefano Bontate e i suoi accoliti. Mattarella, onesto presidente della Regione, fu ucciso dalla mafia. Chi dice che io ho messo sotto processo la Dc mente sapendo di mentire”. Quel processo ha segnato la storia d’Italia e la sua vita, ed è passato agli archivi come il processo del bacio di un boss mafioso, Totò Riina, a un leader politico democratico riconosciuto nel mondo intero, Giulio Andreotti. Però di quel bacio non si è trovata nessuna prova. “Il bacio è stato riferito da un pentito, Balduccio Di Maggio, l’uomo che ha fatto arrestare il capo di Cosa Nostra Riina e che ha fornito una valanga di prove riscontrate per gli omicidi comuni e per mafiosi doc che è all’origine dei 650 ergastoli comminati a Palermo. Il particolare del bacio noi l’abbiamo portato come elemento di valutazione in processo. Non è stato riscontrato, ma nemmeno smentito”» (Martinetti)
Legge anti-Caselli Si era candidato alla nomina di procuratore nazionale antimafia (concorso bandito il 4 novembre 2004 dal Csm: i favoriti lui e Pietro Grasso, allora procuratore capo di Palermo), quando Pier Luigi Vigna, procuratore nazionale antimafia, in scadenza il 15 gennaio 2005, viene prorogato, con il “mille proroghe”, fino al compimento del settantaduesimo anno di età, cioè fino al giorno del suo compleanno (un codicillo prevede che il posto risulterà vacante solo a quella data). Viene di conseguenza annullato il concorso del Csm, e nel frattempo approvata la riforma Castelli dell’ordinamento giudiziario, che tra l’altro esclude dalle funzioni direttive degli uffici giudiziari i magistrati che abbiano più di 66 anni (cioè l’età che ormai avrà Caselli quando sarà decaduto Vigna). L’emendamento è presentato dal senatore Luigi Bobbio (An), che ammette: «Certo che la norma serve a escluderlo da quell’incarico. Non lo merita» • «Una bomba intelligente contro Caselli» (Guido Calvi, Ds) • «Non è stupefacente se, dopo la condanna di Marcello Dell’Utri, Caselli, capo della Procura di Palermo negli anni Novanta, venga visto come una bestia nera. Non è solo una punizione nei confronti del procuratore odiato dal governo, è anche il timore per le cose che sa, per quello che può ancora fare. È il rancore verso Caselli, che poi è il simbolo di una magistratura che non ha guardato in faccia nessuno» (Nando Dalla Chiesa, Margherita) • Il posto andò a Pietro Grasso con i voti dei laici del centrodestra e delle correnti moderate del Csm. Magistratura democratica si astiene e li accusa di essersi fatti influenzati dal governo • «Sono l’unico magistrato italiano al quale il Parlamento ha dedicato espressamente una legge. Una legge contra personam che mi ha espropriato di un diritto» • La legge sarà dichiarata incostituzionale il 20 giugno 2007, e Grasso commenterà serafico «Sono contento: quella era una legge che non ho condiviso» • «Quelli che hanno fatto una legge contra personam per impedirmi di diventare procuratore nazionale antimafia sono quelli che dicono che Andreotti è stato assolto» (Martinetti).
No Tav Schierato contro le frange estremistiche del movimento, dispose fermi, arresti e perquisizioni • Tale impegno gli è valso una lunga serie di attacchi, ingiurie e intimidazioni, ben rappresentati da slogan quali «Caselli boia speriamo che tu muoia», «Caselli come Ramelli» e persino «Caselli mafioso» • Nel 2013, dopo quarant’anni, abbandonò Magistratura democratica, dopo che lo scrittore Erri De Luca, da sempre vicinissimo ai No Tav, scrisse un brano per l’agenda 2014 dell’associazione in cui usava toni apologetici nei confronti del terrorismo degli anni di piombo: «Euridice alla lettera significa trovare giustizia. Orfeo va oltre il confine dei vivi per riportarla in terra. Ho conosciuto e fatto parte di una generazione politica appassionata di giustizia, perciò innamorata di lei al punto di imbracciare le armi per ottenerla. […] Cos’altro ha di meglio da fare una gioventù, se non scendere a liberare dai ceppi la sua Euridice? Chi della mia generazione si astenne, disertò. Gli altri fecero corpo con i poteri forti e costituiti e oggi sono la classe dirigente politica italiana. […] Povera è una generazione nuova che non s’innamora di Euridice e non la va a cercare anche all’inferno» • Caselli: «Mi preoccupa il ripetersi in certi ambienti intellettuali di oggi delle stesse ambiguità di allora di fronte alla violenza delle frange estreme. Mi preoccupa il ritorno, in sedicesimo, della stagione dei compagni che sbagliano» • De Luca: «Non è più un magistrato democratico».
Curiosità «Le è mai stato proposto di entrare in politica? “Molte volte, ma ho sempre restituito la proposta al mittente”» (Martinetti) • Il 15 aprile 2013 il suo nome fu il settimo tra i dieci più votati alle Quirinarie del Movimento 5 Stelle (1761 voti su 28.518) • Ghiotto di pesce spada • Non si separa mai dai Racconti di Čechov e da La montagna incantata di Thomas Mann («La tecnica non è sufficiente a formare un magistrato») • Don Ciotti: «Soltanto una volta gli ho visto quasi perdere il controllo. Eravamo alla partita di calcio dei suoi figli su un campetto di periferia. Si è accalorato al punto che sono dovuto scappare, prima di rischiare di essere coinvolto in una rissa» (a Niccolò Zancan, La Stampa, 12/11/2013) • «Per tanti della mia generazione fare i giudici fu la scoperta della Costituzione, come strumento potente per interpretare il proprio ruolo pubblico nel rispetto della legge e a vantaggio della comunità. Questa era la nostra rivoluzione. Un impulso morale, sì, civile, un’interpretazione della legge non burocratica ma che si fa carico anche del risultato, nel rispetto delle regole. E questo è stato l’obbiettivo della mia vita» (Martinetti).
Titoli di coda «Cos’ha pensato quando ha visto il film di Sorrentino su Andreotti dove lei viene rappresentato come un vanitoso sempre intento a spruzzarsi la lacca sui capelli? “Mah, non ho capito. Voleva denigrare l’azione della magistratura? Mi è sembrata la furbata di uno che dopo aver dato un colpo al cerchio - Andreotti - abbia voluto dare anche un colpetto alla botte”» (ibidem).