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 2020  aprile 23 Giovedì calendario

Biografia di Gino Strada


Gino Strada, nato a Sesto San Giovanni il 21 aprile 1948 (72 anni). Medico. Attivista. Fondatore di Emergency • «C’è chi lo considera un santo laico e chi non sopporta la sua radicalità pacifista di ultra-sinistra» (Vittorio Zincone, 7, 13/7/2018) • «Vociante demagogo della carità. L’unico operatore umanitario al mondo capace di produrre più chiacchiere che opere di bene» (Il Foglio, 18/12/2001) • «È un comunista dalla cervice all’alluce» (Giancarlo Perna, il Giornale, 13/4/2010) • «Un medico integerrimo ma di confuse idee» (Silvio Berlusconi) • «Un estremista, che mette sullo stesso piano democrazie occidentali e terroristi» (Carlo Giovanardi) • «Il suo pacifismo è una grande operazione di marketing e perciò tutt’altro che velleitario, una macchina per produrre consenso e sostegno, nazionale e internazionale, anche finanziario, alla propria opera di “chirurgo di guerra”, ovunque ci sia una guerra, indipendentemente da chi la combatta e perché. Egli è animato dalla stessa, grande ambizione personale di tutti i predicatori e i facitori del bene di tutti i tempi. Una sorta di madre Teresa di Calcutta, un po’ più chiacchierona. In versione laica, egli assomiglia a quei capitalisti-filantropi, meno chiacchieroni, che in passato hanno finanziato e fatto finanziare dai loro amici la costruzione di ospedali, case di riposo e quant’altro. Lui i soldi, di suo, non li ha. Per indurre gli altri a impegnarsi, ci mette la sua opera di chirurgo e la sua predicazione pacifista. Conosco gente che, pur non condividendo una sua sola parola, lo ha finanziato e continua a finanziarlo» (Piero Ostellino, Corriere della Sera, 16/11/2002) • «Come si fa a non rispettare uno come Gino Strada, che dall’87 ha operato decine di migliaia di persone dal corpo devastato sui fronti di guerra dell’Iraq, dell’Afghanistan, della Cambogia o della Sierra Leone con quel coraggio dei visionari che spinse lo stesso Clemente Mimun, allora direttore del Tg2, mille miglia da lui lontano politicamente, a definirlo “un eroe italiano”? Come si fa a non essere orgogliosi di essere cittadini di un Paese che, oltre ai medici che si facevano coprire di regali e tangenti […] ha prodotto un chirurgo vero e perbene come lui, che pur essendo uno dei migliori allievi del professor Vittorio Staudacher e pur potendo diventare miliardario e avere barche e piscina, si vanta di non “aver mai fatto in tutta la vita una sola visita a pagamento”? Come si fa a non inchinarsi davanti a un uomo che, certo, è finito anche al Costanzo Show e nella classifica dei best-sellers e magari va pure a presentare qualche libro con Cochi (ex Cochi&Renato), ma ha passato e passa gran parte del suo tempo lontano dai riflettori, assediato dal fango o dalla siccità, dal gelo o dal caldo infernale, in ospedali fuori dal mondo dove è chiamato ogni giorno, per la povertà dei mezzi e la penuria del sangue per le trasfusioni, a scegliere “in pochi istanti chi operare e chi no” reggendo al trauma del “ferito che ti guarda negli occhi e tu devi dirgli: ‘No, opero prima l’altro’ accumulando un rimorso che non puoi lavar via”?» (Gian Antonio Stella) • «Dicono che lei sia un pacifista utopista... “Utopista va bene: secoli fa, era utopia abolire la schiavitù. Pacifista, no: lo sono anche i parlamentari che poi votano per le guerre”. Sergio Romano scrisse: Emergency fa del bene, ma non è neutrale. “Nessuno può essere neutrale. Non puoi esserlo, su un treno in corsa. Come fai a esserlo in Iraq? Però non siamo neanche di sinistra: scegliamo la vita, la giustizia, l’uguaglianza”» (Francesco Battistini, Corriere della Sera, 27/1/2019) • «Medico, attivista, filantropo. Lei ha vissuto tante vite. Quale etichetta le piace di più? “Mi considero un chirurgo. È quello che so fare meglio e che ho fatto la maggior parte della mia vita. Ho passato trent’anni a operare. Poi anche un chirurgo può avere una sua idea sul mondo e sulla società. Sono un essere umano”» (Andrea Fioravanti, Linkiesta, 26/6/2019).
Titoli di testa «Il nostro Paese, nonostante quello che dice la Costituzione, è in guerra da anni. La cosa viene sottaciuta o si usano paroloni come peacekeeping e azioni di pace, ma la realtà è ben diversa. Siamo stati coinvolti in diversi conflitti: in Iraq, Afghanistan, pure in Yemen abbiamo lo zampino» (a Fioravanti).
Vita «Nato nella rossa Sesto San Giovanni, è l’unigenito di Mario, operaio alla Breda, e di Pina, operaia della Osva» (Perna) • «Ha studiato Medicina nella Milano sessantottina. “Diciamo che, finita l’esperienza nel Movimento Studentesco, mi sono messo a studiare sul serio. La politica allora ti fagocitava: ogni sabato c’era da organizzare un corteo”. Lei è nato a Sesto San Giovanni, la Stalingrado d’Italia. “Mio padre e mia madre erano operai. Ma da ragazzino non ho mai partecipato alla vita politico-culturale di Sesto. L’impegno è nato alla Statale di Milano. Prima pensavo ad andare bene a scuola, a giocare a pallone e a dare qualche occhiata alle ragazze. A quindici anni ho conosciuto Teresa, che poi ho sposato nel 1971”. Teresa è Teresa Sarti, co-fondatrice di Emergency. “Aveva due anni più di me”» (Zincone) • Alla Statale Strada diventa uno dei capetti dei sessantottini milanesi. Mario Capanna: «Era una persona molto acuta, generosa e altruista» • Si laurea a trent’anni, nel 1978. Poi si specializza in chirurgia d’urgenza negli Stati Uniti, e viene assunto al nosocomio di Rho. «Ha lavorato con Christiaan Barnard... “Elegantissimo, con la sua Mercedes, ma ormai operava poco per l’artrosi alle mani. I miei modelli furono Staudacher e Parenzan”. E la chirurgia di guerra chi gliela insegnò? “Era un’attività di nicchia. La faceva la Croce rossa. E i militari, che però erano proprio un altro mondo”» (Battistini) • «“Nella chirurgia di guerra non c’è un intervento difficile. Ci sono situazioni difficili perché per definizione non sai cosa trovi in una zona di conflitto. Devi esserti fatto un’esperienza nel saper trattare tutte le regioni del corpo in base a certe priorità. Assomiglia per certi aspetti alla chirurgia d’urgenza. Per altri no perché c’è un’altra variabile”. Quale? “Il fatto che i pazienti vengano colpiti da schegge, bombe, proiettili, mine. Tutte cose che non sono sterili, ma sporche. Nella chirurgia di guerra è fondamentale rimuovere tutti i tessuti che sono poco vitali e ormai morti perché se non li rimuovi si trasformano in ascessi e infezioni”» (Fioravanti) • Negli anni 80 Strada entra nella Croce rossa e viene subito mandato al fronte. «Nel ’91, guerra del Golfo, i militari chiesero a Ginevra d’andare in Bahrein. Avevano allestito un ospedale da 5 mila posti letto. Vuoto. Mandammo 101 chirurghi inglesi. Ma fecero un solo intervento: a un mignolo» (Battistini). Lavora in Etiopia, Thailandia, Gibuti, Somalia, Perù, Bosnia-Erzegovina. Si innamora di Kabul • «“Questo è uscito pazzo dall’Afghanistan”, pensarono gli amici e anche la moglie Teresa quando Gino Strada, in una cena di Natale del 1993, tra il panettone e lo spumante, nella sua casa di Milano, in via Bronzetti, propose loro di fondare Emergency: “Ragazzi, dobbiamo fare qualcosa contro la guerra vigliacca, la guerra delle mine anti-uomo. Dobbiamo mettere su un’organizzazione piccola, agile, indipendente, per curare le vittime civili, i bambini, le donne, i contadini, che mi arrivano sul tavolo operatorio”» (Strano) • «Come fu la prima riunione, nel 1994? “A casa mia a Milano, fino a ore tarde. Carlo Garbagnati, una ventina d’amici, non tanti medici (erano scettici). E la mia adorata Teresa, che sarebbe diventata insostituibile. Ci fu una cena al Tempio d’Oro, in viale Monza. Raccogliemmo 12 milioni di lire, ma volevamo cominciare dal genocidio in Ruanda e non bastavano. Ne servivano 250. Io dissi: beh, ragazzi, firmiamo dieci milioni di cambiali a testa... Per fortuna venni invitato da Costanzo e, puf, la tv è questa cosa qui: in un paio di mesi, arrivarono 850 milioni. Gente che mi suonava al campanello di casa, ricordo una busta con dentro duemila lire spillate”. È vero che litigò con la Croce rossa? “Quella italiana non esiste. Ma della Croce rossa di Ginevra ho gran stima. Avevo girato per loro, dall’Etiopia al Perù. Solo che a un certo punto s’erano disimpegnati dalla chirurgia di guerra. Che è difficile, costosa, rischiosa”. E il nome? “Lo scelsi io. Era l’aggettivo all’inizio d’Emergency-Life Support for Civilian War Victims. Troppo lungo: l’aggettivo diventò sostantivo”» (Battistini) • «Il primo presidio? “In Ruanda. Era appena cominciato il genocidio. Partimmo per Kigali e ci sistemammo nell’ospedale principale, che era stato devastato”» (Zincone) • «Gli esperti d’Africa ricordano come Strada avesse il chiodo fisso “di sostituire la neonata Emergency alla Croce rossa”, ma ben presto fu costretto a lasciare il paese perché era arrivato ai ferri corti con il nuovo regime tutsi. In Kurdistan fonda il primo ospedale, ma il vero terreno d’azione e battaglia di Emergency diventerà ben presto l’Afghanistan. Strada arriva nella valle del Panshjir quando è ancora vivo Ahmad Shah Massoud, che sarà l’ultimo baluardo contro i talebani. Ad Hanaba fonda un ospedale e i suoi medici cominciano a occuparsi anche dei prigionieri di guerra, compresi i jihadisti legati ad al Qaida catturati dai mujaheddin di Massoud. A Kabul apre un altro ospedale, sotto il regno dei talebani, e un giorno un gruppo di scalmanati della polizia religiosa fa irruzione a colpi di frusta, perché le donne non sono nettamente separate dagli uomini» (Il Foglio, 24/3/2007) • «“Tra l’altro, lo sa che il primo incontro tra un politico italiano e un talebano in Afghanistan l’ho organizzato io?” Chi era il politico? “Ugo Intini. Sottosegretario agli Esteri, con Lamberto Dini ministro. All’epoca il dossier della Farnesina era composto da due paginette striminzite. Molti parlamentari non sapevano nemmeno dove fosse l’Afghanistan. Io chiedevo: ‘Ma avete rapporti con l’Alleanza del Nord? Qualcuno di voi parla con Massoud?’ […] Un funzionario mi disse: ‘Massoud è un fantasma irraggiungibile’. Allora presi il telefono e lo chiamai. Massoud era un mio grande amico, veniva spesso a prendere il tè a casa mia”» (Zincone) • Strada diventa popolare con il suo primo libro Pappagalli verdi, sulle mine antiuomo, che vende 600 mila copie: «Il nome è stato coniato dai vecchi afgani per indicare le mine giocattolo, che venivano lanciate da elicotteri nemici sui villaggi e scendevano a terra volteggiando nel cielo come uccelli. Una volta a terra questi strani giocattoli-uccelli vengono raccolti dai bambini, destinatari primi di queste armi vergognose» (Mario Lancisi) • «L’Italia è entrata in guerra il 7 ottobre del 2001. […] Al Tg1 l’anchorman Davide Sassoli, oggi europarlamentare europeo, annunciò che le nostre portaerei erano al largo delle coste afghane. Ma c’è un problema: l’Afghanistan non ha il mare. Ecco, era questo il livello di conoscenza dell’Afghanistan. E non è cambiato molto. L’Italia non aveva nessun rapporto con i talebani perché non sapeva nemmeno che esistessero. Il nostro Paese è entrato in guerra perché è una colonia degli Stati Uniti d’America. Sono i padroni del mondo» (Fioravanti) • Quando gli americani iniziano a bombardare il Paese, Strada raggiunge il Panshjir a dorso di mulo. «Abile nel preparare il ragù e la pizza, spesso la serve agli amici di passaggio con l’aggiunta del “nero” afghano. La leggenda vuole che Giulietto Chiesa abbia avuto un collasso assaggiando la pizza drogata» (Il Foglio, 24/3/2007) • Sono gli anni di Bush figlio, sembra che ora l’America voglia intervenire anche in Iraq. Lui protesta: «Io sono contro la guerra senza se e senza ma» • «Ho visto che molti dicono: “No alla guerra a meno che l’Onu non l’autorizzi...”. Per Onu si intende il Consiglio di sicurezza dell’Onu. I cinque stati membri permanenti del Consiglio di sicurezza e con diritto di veto sono i produttori dell’85 per cento degli armamenti che esistono al mondo» • «Cosa sarebbe successo se le potenze avessero lasciato fare Hitler? “Le potenze occidentali hanno lasciato fare Hitler. La guerra è scoppiata nel ‘39. Precedentemente Hitler aveva annesso l’Austria, la Renania, era entrato nelle zone smilitarizzate, aveva riarmato la Germania violando l’armistizio, aveva negli anni Venti tentato un colpo di Stato, eccetera eccetera. C’erano state mille occasioni per fermarlo, ma non conveniva a nessuno. Il riarmo della Germania fu un grande affare per tutti...” Dunque se Saddam è come Hitler, prima si interviene per fermarlo e meglio è. Saddam Hussein è come Hitler? “Guarda, se si facesse un referendum mondiale, e si chiedesse ai sei miliardi di cittadini che popolano il mondo in chi vedono il pericolo di un nuovo Hitler, so con certezza chi vincerebbe il referendum: lo vincerebbe George W. Bush. Non è così? Del resto chi è oggi più di chiunque altro al mondo mette a rischio la sicurezza internazionale? Quel guerrafondaio, petroliere, figlio di petroliere guerrafondaio, che è George W. Bush. I paesi più pericolosi per il mondo, in questo momento, sono tre: al primo posto gli Stati Uniti, al secondo Israele, al terzo la Russia […] Lei non fa nessuna distinzione tra uso della forza e terrorismo? “Il terrorismo è la forma moderna della guerra. È stato terrorismo l’uso dei gas in Russia, che hanno ucciso gente inerme in un teatro, lo è stato l’uso del napalm, i bombardamenti contro i nicaraguensi, le bombe a Tel Aviv dei palestinesi e le rappresaglie israeliane. È terrorismo anche l’embargo contro l’Iraq. La guerra, fino al primo conflitto mondiale, produceva l’85% delle vittime tra i militari. Nella seconda mondiale cambiò tutto: il 65% delle vittime fu tra i civili. Ora siamo arrivati a percentuali ancora più alte: 9 morti su dieci sono tra la popolazione civile. In Afghanistan, nei bombardamenti americani, secondo le stime più ottimiste sono morti cinquemila civili. Le vittime tra i soldati saranno state alcune decine, al massimo qualche centinaia» (Piero Sansonetti, l’Unità, 9/1/2003) • Strada diventa un personaggio controverso. «Medico coraggioso e ideologo ributtante» (Perna) • In parlamento il ministro Pisanu lo definisce: «Un violento verbale». L’allora segretario dei Ds: «Noi non siamo per un pacifismo alla Strada» • «Ogni tanto qualcuno dice: “io sono pacifista, ma non sono pacifista alla Gino Strada”. Com’è il pacifismo di Strada? “Non saprei, bisogna chiedere a loro cosa intendono”. D’accordo, ma per lei cos’è il pacifismo? “La scelta della pace per me è una scelta etica e politica. Si basa sui valori e sul buon senso, sulla pratica, cioè sulle cose che ho visto nella mia vita. Io sono convinto che la guerra non sia mai un modo per risolvere i problemi ma sia un modo per ingrandirli. E che la guerra inneschi una spirale che nessuno poi riesce a spezzare”» (Sansonetti) • Nel 2003 partecipa alle grandi marce contro l’intervento in Iraq • «Il movimento pacifista è finito dopo che i politici del centrosinistra sono saltati sul carro. Poi sono andati al governo e hanno rifinanziato le missioni di guerra. Altra porcata in Libia dove sono andati a dare il pizzo ai torturatori che è come pagare i narcos. E l’hanno fatto con i soldi della cooperazione per gli aiuti umanitari» (Maurizio Giannatanasio, Corriere della Sera, 17/4/2018) • «In Iraq, andammo alla ventura con tre macchine da Milano. Prima di partire si parla con tutte le parti: guardate che non c’entriamo con la vostra guerra... Mai avuto un morto, facendo le corna. Ma la gestione della sicurezza dev’essere precisa» (Battistini) • «Libia, Palestina... Perché state alla larga? “I libici sono tosti, chiudemmo perché non arrivavano feriti di guerra, solo delinquenti locali. E ci pigliavano a sassate. Coi palestinesi ci ho provato, un ospedale a Ramallah. Andai dal ministro. Mi disse: ‘Ma voi avete 5 milioni da spendere? Sa, un posto letto vale 100mila dollari’. Arrivederci... Ho sempre pensato che una parte d’aiuti alla Palestina finisca altrove”. Paesi nel cuore? “L’Afghanistan. E il Sudan: non ci credeva nessuno che si potesse fare cardiochirurgia in uno Stato canaglia. C’era una rivista di sinistra, Aprile, con un solone della Cooperazione che mi spiegava di che cosa c’era davvero bisogno in Sudan... Perché? Gli africani non hanno bisogno d’essere operati al cuore? La salute non è solo un diritto degli europei. Qui hai la tac e la risonanza magnetica, lì due aspirine e vai? L’eguaglianza dev’essere nei contenuti, non solo nelle idee”. Trattate col dittatore Bashir... “Se un regime è oppressivo, la gente sta male. E noi ci andiamo. Quelli che noi chiamiamo dittatori, in Africa sono presidenti. E loro come dovrebbero chiamare i nostri “presidenti” Orbàn o Erdogan?”» (Battistini) • Nel 2019 Emergency compie venticinque anni: conta settantanove progetti in sette Paesi, 120 dipendenti e 9 milioni di persone curate • «Nessuno pensava a dimensioni simili. Anni lunghi, faticosi. Siamo cresciuti con la solidarietà della gente» (Battistini) • «Perché “Ong” è diventata una parolaccia per l’opinione pubblica? “L’impressione è che siamo in un periodo di grave crisi di valori nella società. Viviamo in un Paese dove stiamo assistendo, anzi ormai abbiamo assistito, alla nascita di una nuova forma molto pericolosa di fascismo. Chi aiuta oggi viene criminalizzato. Questa è una cosa enorme”. Perché? “Perché chi li criminalizza è un fascista, razzista e criminale”. Facciamo il nome: Matteo Salvini. Cosa pensa degli attacchi su Facebook che le ha riservato il ministro dell’Interno? “Possono dire quello che vogliono. Non credo che questo vada a minare quello che abbiamo fatto o la credibilità che Emergency si è costruita negli anni”» (Fioravanti) • «Ormai non mi ricordo più nemmeno il primo che ho operato per Emergency, sono passate oltre diecimila persone sotto i miei ferri» (a Fioravanti).
Vita pubblica «Non penso proprio di candidarmi, non ho la tessera di alcun partito, anche se sui mezzi di informazione il mio nome è spesso associato a una sinistra in cui peraltro non mi riconosco anche perché sono anni che non voto» (Sabahi) • Nel 2012 firmò il manifesto Io ci sto di Antonio Ingroia • Nel 2017 criticò Minniti • «È vero che Renzi le propose di fare il ministro? “È circolata questa voce, ma non è così. I Cinque Stelle, invece, mi hanno contattato prima della formazione dell’ultimo governo”. Che cosa le hanno offerto? “Un ministero. Gli ho fatto notare che Emergency è una delle associazioni che loro definirono taxi del mare”. Nel 2013 lei è arrivato secondo alle Quirinarie del M5S, subito dopo Milena Gabanelli. “Credo che l’alleanza con Salvini decreterà la fine del M5S. I loro valori di riferimento sono gli statement della Casaleggio Associati. Gli altri, i ragazzi, non sanno nemmeno che cosa dicono. Comunque anche Walter Veltroni mi chiese di fare il ministro della Salute”. Declinò anche con lui. “Sì. Dico a tutti: se dovessi fare il ministro reintrodurrei la dicitura Ministero della Sanità Pubblica. Con me non ci sarebbero convenzioni con i privati. Non un euro. Io sono per una sanità pubblica, di alta qualità e totalmente gratuita. Per ri-costruirla non servirebbero nemmeno altri investimenti. Bisognerebbe smettere di rubare. Almeno trenta miliardi l’anno finiscono in profitto. Quando una struttura sanitaria che dovrebbe essere ospitale con chi soffre diventa un’azienda in cui si gioca con i rimborsi e il pagamento a prestazione, si mette in atto un crimine sociale”» (Zincone) • Nel 2018 disse che il governo del cambiamento era formato «metà da fascisti e metà da coglioni» • «Non credo che al prossimo giro, nel 2022, riproporranno la mia candidatura per il Quirinale, eh?» (a Fabrizio Caccia, Corriere della Sera, 19/10/2019).
Vita privata La moglie Teresa Sarti è morta nel 2009. È stata per anni presidente e anima di Emergency. «Senza di lei non credo che si sarebbe sviluppata. Era straordinaria nella capacità di coinvolgere le persone. Ovunque andasse a fare una conferenza nasceva un nostro gruppo» (a Zincone) • Una figlia, Cecilia. Un nipote, Leone. «Che padre è stato? Cecilia raccontò una volta che all’asilo le mandava le cartoline dal mondo, da adolescente lei le vietava la discoteca, da adulta ha imparato la sua ironia... “L’ironia e la discoteca, è vero. Ma non le mandavo solo cartoline dal mondo. C’inventavamo giochi, letture. All’asilo, sono andato anche a fare il buffone”» (Battistini).
Religione «Dio? “Non ne sento alcun bisogno. Penso che il significato delle cose stia nelle cose stesse, non al di fuori o al di sopra. Questo non m’ha precluso l’amicizia con don Gallo, Alex Zanotelli, don Ciotti, a parte qualche bestemmia che ogni tanto mi scappava. Mi piacerebbe incontrare Papa Bergoglio, parlare dell’abolizione della guerra”» (Battistini).
Vizi Fumatore • «La sera una canna ogni tanto me la faccio. Tanto ormai si trova in tabaccheria» (a Zincone).
Curiosità Interista • Favorevole al voto ai sedicenni • Propose le sedi in Sudan o Afghanistan di Emergency come luogo dove Silvio Berlusconi scontasse l’affidamento ai servizi sociali • Visto alla cerimonia degli Oscar 2013, per divulgare la causa di Emergency • Nel 2007 il Foglio scriveva che non correva buon sangue tra lui e Alberto Cairo, delegato della Croce rossa a Kabul • «Le amicizie d’una vita? “De André, Eco, Chomsky. Adesso, Renzo Piano. Quando morì Teresa, mi scrisse una lettera splendida. Gli telefonai a Parigi per ringraziarlo. Ci siamo chiamati per quattro anni senza vederci. Amicissimi, ma non sapevo nemmeno che faccia avesse”» (Battistini) • «È vero che non ha mai fatto pagare una sua prestazione medica? “Sì. Ne vado molto orgoglioso. Ho sempre e solo vissuto del mio stipendio”» (Zincone) • «Hanno dato il suo nome a un asteroide, il 248908 Gino Strada... “Una volta ho fatto i conti sulla superficie: potrebbe venirci fuori un bilocale. Un buon rifugio per il weekend. Però è a otto milioni di anni luce, un po’ lunga: ho ancora troppo da fare, qui”» (Battistini).
Titoli di coda «La chirurgia è la mia passione. Ho compiuto settant’anni, ma finché ce la faccio, opero».