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 2020  aprile 23 Giovedì calendario

Biografia di Rossana Rossanda


Rossana Rossanda, nata a Pola il 23 aprile 1924 (96 anni) • «La ragazza del secolo scorso» • «Nella sua ricca vita è stata scrittrice, giornalista, partigiana, deputata, politica, fondatrice del giornale il manifesto» (Il Post) • «Diventò comunista tra Milano e Venezia nel 1943 mentre la repressione nazifascista contro i partigiani era feroce. “Li ho visti gli impiccati, il collo storto, le membra lunghe e abbandonate”, scrisse successivamente. Il viso di questa donna che adesso si muove su una sedia a rotelle sembra tuttora meno anziano di quanto è. In gran parte lo si deve a un aspetto: agli occhi di molti, li ha da sempre i capelli di un grigio argentato. Le si imbiancarono a 32 anni d’età, cambiarono di colore nel 1956. Successe durante i giorni dell’invasione sovietica dell’Ungheria» (Maurizio Caprara, Corriere della Sera, 9/6/2019) • Fino alla fine degli anni Sessanta fu dirigente del Pci. Chiamata da Togliatti, prima donna in Italia, a dirigere la Casa della cultura di Milano, nel periodo in cui fu deputata (1963-1968) si occupò in modo particolare dei problemi della scuola e della cultura. Nel 1969, dopo il XII Congresso nazionale del Pci (Bologna), promosse - insieme a Lucio Magri, Luigi Pintor e Aldo Natoli - la nascita della rivista il manifesto: il tentativo di rimettere in discussione la cultura politica del Pci, e di «uscire da sinistra» dallo stalinismo, si concluse con la radiazione dal partito • «Io sono stata tra i primi a criticare l’Unione Sovietica e per questo sono stata espulsa dal Pci, insieme agli altri compagni fondatori del manifesto. Fu un provvedimento giusto perché ormai non eravamo più d’accordo su niente. E poi non cademmo nel vuoto, ma nelle braccia del Movimento in un periodo di grande fermento sociale. Questo non toglie che quell’espulsione fu una delle mie grandi perdite. Tutta la mia vita ne è stata scandita» (ad Alessandro Giuli) • «Qui comincia anche l’avventura de il manifesto quotidiano, organo trasversale e più ragionevole della sinistra extraparlamentare […] Sebbene nel 1972 avesse dato vita al Pdup, Rossana – pur in bilico tra queste due posizioni - non rinunciò mai alla lotta e alla guida dell’opinione. È esattamente su questo crinale che si guadagna un prestigio e un’influenza destinati a durare a lungo. Fino al punto di farne un riferimento etico, soprattutto per le donne di sinistra […] Dopo essere stata a lungo direttrice del quotidiano abbandona per anni la politica attiva, fino all’ultimo clamoroso gesto, del 26 dicembre 2012, quando lascia definitivamente il giornale, a causa di un forte dissenso con la redazione. Temi: il mancato contrasto all’Europa finanziaria, l’abbandono del conflitto di classe e dei partiti. E poi: il mancato contrasto alle larghe intese di governo. “È stata una rottura generazionale”» (Bruno Gravagnuolo, l’Unità, 24/4/2014) • Giorgio Napolitano: «È una intellettuale di tutto rispetto, ma da trent’anni non siamo d’accordo su nulla» • Giorgio Bocca: «Rossana Rossanda, qualche tempo fa... (Bocca sobbalza sulla sedia) “Bella quella lì, pericolosa”. Perché? “Intellettuale di sinistra, molto intelligente, di fascino”» (Gabriella Colarusso, Lettera43, 24/4/2011) • Ha detto: «Nessuna delle mie idee aveva funzionato, troppo presto o troppo tardi che fosse» • «“Milioni di persone votavano a sinistra perché nel suo Dna c’era la difesa dei più deboli. Questo non lo pensa più nessuno”. Questa mutazione quando avviene? “Direi che inizia con il cambio del nome di Occhetto. Cambiare nome significa mutare la propria identità. Da allora di nomi ne hanno cambiati tre o quattro e ogni volta si sono allontanati un pezzetto dalla loro base. Veltroni è arrivato a dire che non era mai stato comunista”. Lei è ancora comunista? “Io sì”» (Concetto Vecchio, la Repubblica, 31 ottobre 2018).
Titoli di testa «Che cosa significa, oggi, non retoricamente, dirsi comunisti? “Significa essere leninisti. Mirare, cioè, alla distribuzione reale delle ricchezze e alla istituzione di regole condivise dai lavoratori”» (a Bruno Quaranta, La Stampa, 2/3/2018).
Vita «A cinque anni persi la mia casa di Pola, una bella villa con giardino, perché mio padre, che faceva il notaio e aveva investito tutti i suoi denari nelle cave di pietra istriane, fu travolto dalla crisi del 1929» (ad Alessandro Giuli) • «Il rapporto con suo padre come è stato? “Era un uomo all’antica. Parlava greco e latino. Si laureò a Vienna. […] Il nostro rapporto, bello, lo rovinai con parole inutili. Con mia madre, più giovane di vent’anni, eravamo in sintonia. Sembravamo quasi sorelle. Si scappava in bicicletta per le stradine di Pola”. Dove lei è nata? “Sì, siamo gente di confine. Gente istriana, un po’ strana”» (Antonio Gnoli, la Repubblica, 1/2/2015) • «Prima che me ne andassi via, si parlava tedesco, sloveno, italiano, in una quotidianità plurilingue, ancora priva di tensioni etniche» (a Alessandra Longo) • «Non sono stata bella e non mi ci sono mai sentita. Del resto i modelli della mia giovinezza erano Greta Garbo e Norma Shearer, mentre io ero grassottella e con i capelli dritti» (a Stefania Rossini) • Studi classici al Manzoni di Milano • «La mia vera strada era quella di storica dell’arte, un interesse che mi sembrò totale finché non vinse quello per la politica» (a Giuli) • «Come è diventata comunista? “Scegliendo di esserlo. La Resistenza ha avuto un peso. Come lo ha avuto il mio professore di estetica e filosofia Antonio Banfi. Andai da lui, giuliva e incosciente. Mi dicono che lei è comunista, gli dissi. Mi osservò, incuriosito. E allarmato. Era il 1943. Poi mi suggerì una lista di libri da leggere. Tra cui Stato e rivoluzione di Lenin. Divenni comunista all’insaputa dei miei, soprattutto di mio padre. Quando lo scoprì si rivolse a me con durezza. Gli dissi che l’avrei rifatto cento volte. Avevo un tono cattivo, provocatorio. Mi guardò con stupore. Replicò freddamente: fino a quando non sarai indipendente dimentica il comunismo”. E lei? “Mi laureai in fretta. Poi cominciai a lavorare da Hoepli. Nella casa editrice, non lontano da San Babila, svolgevo lavoro redazionale, la sera frequentavo il partito”. Tra gli anni Quaranta e i Cinquanta era forte il richiamo allo stalinismo. Lei come lo visse? “Oggi parliamo di stalinismo. Allora non c’era questo riferimento. Il partito aveva una struttura verticale. E non è che si faceva quello che si voleva. Ma ero abbastanza libera. Sposai Rodolfo, il figlio di Banfi. Ho fatto la gavetta nel partito. Fino a quando nel 1956 entrai nella segreteria. Mi fu affidato il compito di rimettere in piedi la casa della cultura”. Lei è stata tra gli artefici di quella egemonia culturale oggi rimproverata ai comunisti. “Quale egemonia? Nelle università non ci facevano entrare”. Ma avevate le case editrici, il cinema, il teatro. “Avevamo soprattutto dei rapporti personali”. Ma anche una linea da osservare. “Togliatti era mentalmente molto più libero di quanto non si sia poi detto. A me il realismo sovietico faceva orrore. Cosa posso dirle? Non credo di essere mai stata stalinista. Non ho mai calpestato il prossimo”» (Gnoli) • Quando la scrittrice Anna Maria Ortese torna dall’Unione Sovietica, le descrive un Paese povero e malmesso. «Non ne fui contenta. Pensai che non avesse capito che il prezzo di una rivoluzione a volte è alto. Glielo dissi. Avvertii la sua delusione. Come un senso di infelicità che le mie parole le avevano provocato. Poi, improvvisamente, ci abbracciammo scoppiando a piangere» • A metà anni Cinquanta comincia ad avere ripensamenti: «Sa quando mi vennero i capelli bianchi? Nel 1956, durante l’invasione sovietica dell’Ungheria. Tutta quella vicenda si è coagulata nella mia mente attraverso una foto che mostrava un funzionario impiccato a un fanale, il volto scomposto, e sotto di lui alcuni operai della fabbrica in rivolta che ridevano. Mi dissi: ci odiano. Non i padroni, i nostri ci odiano. Avevo 32 anni e mi ritrovai di colpo sbiancata» (a Stefania Rossini) • «Nel 1963 è eletta alla Camera e nel dibattito sul “modello di sviluppo” – transizione al socialismo o programmazione riformista? – si schiera dalla parte di Ingrao e di Lucio Magri. Una discussione che prosegue con l’XI congresso del 1967 e che si riaccende nel 1968, quando pubblica L’anno degli studenti. Tesi: gli studenti sono il battistrada di massa di una rivoluzione pacifica anticapitalistica. È la ripresa del dibattito sulla “transizione” che si ripropone, ma in un clima ben più favorevole dei primi anni 60. Lì inizia anche il dissenso col Pci, che si sostanzia di analisi e attacchi contro l’Urss e “il socialismo reale” (e anche di aperture di credito verso la Cina maoista). Il punto rimane sempre quello però: spinta di massa studenti/operai oltre il capitalismo? Oppure politica di alleanze riformista contro la destra, in una prospettiva di guida democratica dell’economia? Il risultato è la radiazione, nel segno del “centralismo democratico”, che nel Pci non consentiva correnti organizzate, e tantomeno contro la linea del gruppo dirigente» (Gravagnuolo) • «Come diceva Aldo Natoli al momento della radiazione dal Pci, “si può essere comunisti anche senza tessera”. Il paradosso è che gli eretici del manifesto, nell’arco di un paio di decenni, resteranno gli unici comunisti disposti a rivendicare la loro scelta mentre l’ortodossia comunista si è sciolta come neve al sole, sommersa dai mattoni di un muro che non aveva voluto scavalcare a tempo debito» (Loris Campetti, Il Fatto Quotidiano, 24/4/2014) • «“La sinistra non ha mai detto al suo popolo la verità su quello che accadeva nell’Europa dell’Est, e quando il comunismo è crollato sia la classe dirigente, sia i militanti si sono trovati sprovvisti degli strumenti per far fronte al trauma”. Lei che ricordo ha di quel giorno? “Non sono stata colta di sorpresa. Non ho pianto, né ho fatto cose del genere, se è questo che vuole sapere. Era chiaro da tempo che il sistema comunista aveva difficoltà serie. Prima c’era stata Praga, poi la Polonia. Non era difficile immaginare che non avrebbe più retto” Ma lei si è sentita felice o triste? “Mi son sentita felice. A lungo, ho sperato che il comunismo si ripulisse della parte più orribile di sé, che non era poca. E l’ho sperato anche dopo la caduta del Muro. Ma l’Occidente, invece, fremeva per spazzare via tutto, il buono e il cattivo che c’era”. Lei si considera ancora comunista? “Sì, mi considero, più precisamente, una comunista ortodossa”. Anche se è stata a lungo un’eretica? “Io credo che quella che lei chiama eresia sia, in realtà, ciò che io definisco ortodossia”. Cioè? “Mi riferisco al fatto che il nucleo del pensiero rivoluzionario di Marx non è stato mai realizzato davvero. La mia ortodossia fa riferimento a questa realtà. Il comunismo che abbiamo conosciuto è tutt’altra cosa. Pieno di cose orribili”» (Nicola Mirenzi, Huffington Post, 13/10/2019) • «Non mi pesa aver litigato con qualcuno, umanamente, faccio la pace subito. Io non faccio la pace con le idee, che è cosa molto diversa».
Vita privata Due matrimoni. Il primo, con Rodolfo Banfi, cinque anni più di lei, figlio del professore di Estetica che le aveva fatto conoscere il comunismo, una carriera in banca. Finì con un divorzio (lui morì nel 1992). Il secondo con Karol Kewes Karol, suo coetaneo, giornalista e scrittore polacco, naturalizzato francese, morto nel 2014. «Erano entrambi molto simpatici» • «Rimpiange di non avere avuto figli? “Sì. Adesso mi sentirei meno sola e soprattutto avrei la percezione di avere tramandato qualcosa di me”. Perché non li ha avuti? “Avevo molto da fare”» (Vecchio) • «Non ero assillata dal “perché non concepisco?”. Ho firmato l’appello che diceva: “Ho abortito anch’io”, ma non era vero, perché non mi sono mai trovata incinta».
Ultime Nel 2011 accompagnò in Svizzera Lucio Magri che andava a morire volontariamente: «un’esperienza terribile. Però è una scelta che rispetto, e capisco. Vivere per vivere non ha molto senso» • Per dodici anni ha vissuto a Parigi. Nel 2018 è tornata a Roma. «Non avevo più nessuno in Francia, qui a Roma i compagni di una vita non ci sono più, Lucio Magri, Luigi Pintor, Valentino Parlato sono tutti morti, e anche io sono molto vecchia ormai» (a Vecchio).
Politica Trova la politica di oggi involgarita • Nel 2018 ha votato Liberi e Uguali • Dei grillini dice: «Non riesco a prenderli sul serio, non riesco a capirli. Mi dicono che molti di sinistra hanno votato per loro, ma i Cinquestelle, di sinistra, non hanno proprio niente» • Del Pd: «Ha smesso di essere anche l’erede malandato di quel che è stato ed è diventato una marmellata indigeribile». «Può cambiare qualcosa adesso che Renzi è uscito, portandosi via la parte più liberale… “Ma Renzi non ha niente di liberale” Perché? “Perché alimenta un’idea carismatica della leadership, oltre a essere un avventuriero”» (Mirenzi) • «E Salvini? “Salvini è insopportabile. Si comporta da padrone, anche nel proprio partito”. La Lega le ricorda la rigidità dei partiti comunisti? “Non saprei dire se hanno un elemento comune. So però che la Lega alimenta un culto dell’autorità che è orrendo”. Però è molto popolare. “Salvini ha un fiuto eccezionale per ciò che piace alla gente. E oggi alla gente piace avere la massima libertà di movimento per sé e la massima restrizione della libertà per gli altri. In particolar modo per i migranti, che farebbero affogare volentieri. È il peggio degli italiani ciò che Salvini riesce ad afferrare benissimo”. Ma perché se il popolo sta con la sinistra è buono, se sta con la destra è impresentabile? “Perché l’essere umano non è intagliato nella bontà, è un miscuglio di generosità ed egoismo, di violenza e carità, di ferocia e tenerezza. E la destra di Salvini utilizza gli elementi più orribili che sono presenti in ciascuno di noi, e dunque nel popolo”. Ma se questi sentimenti esistono non bisogna entrarci comunque in contatto? “No, perché il problema è nella selezione dei sentimenti. Prenda anche il cristianesimo. Dell’essere umano non esalta tutto, sceglie la capacità di amare, il sentimento che ‘move il sole e l’altre stelle’, come scrive Dante”» (ibidem) • «Può diventare Conte, un simbolo della sinistra? “Ma Conte, politicamente, è niente”» (ibidem).
Ambiente Ammette che quello del clima è un problema serio ma non le sta simpatica Greta Thunberg: «Trovo un po’ insopportabile che questa sedicenne vada all’Onu e punti il dito contro tutti, dando la colpa di ogni disastro a chi è venuto prima di lei. Da chi ha imparato le cose che dice se non da chi l’ha preceduta? Per questo, quando le ho sentito dire: “Non vi perdono”, in maniera così netta, senza fare nessuna distinzione, mi è venuta voglia di tagliare corto e ribattere: “Ma stai zitta, ragazzina”» (a Mirenzi).
Religione «Non ho più un’idea di Dio dall’età di 15 anni. Ma le religioni sono una grande cosa. Il cristianesimo è una grande cosa. Paolo o Agostino sono pensatori assoluti. Ho amato Dietrich Bonhoeffer. Straordinario il suo magistero. E il suo sacrificio» (Gnoli) • Concorda con Benedetto Croce sul dirsi cristiani.
Curiosità Con La ragazza del secolo scorso arrivò vicina a vincere lo Strega (150 voti su 370 contro i 177 del vincitore, Sandro Veronesi) • Dopo aver litigato con Alberto Bagnai, lui smise di scrivere per il manifesto • Alle ragazze di oggi dice: «Facciano l’amore quanto gli pare, se è una generazione che ne ha molto bisogno. Io non ho passato la vita saltando da un letto all’altro, a dir la verità, ma la sessualità secondo me deve essere assolutamente libera. Però non bisogna essere un oggetto da voyeur. Perché invece è questa la strada che vi stanno offrendo» (alla Gruber) • «Non sta sui social? “Li detesto. Voglio passare all’altro mondo senza aver dato un solo euro a Zuckerberg”» (Vecchio) • La storia dell’arte le piace ancora moltissimo. Per lei Santa Maria del Fiore è la chiesa più bella del mondo. «È il mio posto dell’anima» • Ha avuto un ictus • «Se non avesse fatto la funzionaria comunista e la giornalista cosa avrebbe voluto fare? “Ho una certa invidia per le mie amiche -  come Margarethe von Trotta  -  che hanno fatto cinema. In fondo i buoni film come i buoni libri restano. Il mio lavoro, ammesso che sia stato buono, è sparito. In ogni caso, quando si fa una cosa non se ne fa un’altra”» (Gnoli) • «Non credi di aver dato ad altri insegnamenti che non si disperdono? “Non mi pare di aver fatto niente di speciale”. Davvero? “Davverissimo”» (Caprara).
Titoli di coda «Come vive il presente, questo presente? “Come vuole che lo viva? Metà del mio corpo non risponde. E allora ne scopri le miserie. Provo a non essere insopportabile con chi mi sta vicino e penso che in ogni caso fino a 88 anni sono stata bene. Il bilancio, da questo punto di vista, è positivo. Mi dispiacerebbe morire per i libri che non avrò letto e i luoghi che non avrò visitato. Ma le confesso che non ho più nessun attaccamento alla vita”» (Gnoli).