17 aprile 2020
Tags : Antonino Cannavacciuolo
Biografia di Antonino Cannavacciuolo
Antonino Cannavacciuolo, nato a Vico Equense, piccola città della penisola sorrentina, il 16 aprile 1975 (45 anni). Cuoco • «Il Bud Spencer della ristorazione italiana» (Alessandra Menzan, Libero, 1/2/2016) • Dal 2013 presenta Cucine da incubo (su Fox Life fino al 2016, poi sul Nove). Dal 2015 è giudice di MasterChef (Sky Uno) • In cucina da quando ha tredici anni. Gestisce assieme alla moglie Villa Crespi, albergo e ristorante di lusso, sul lago d’Orta, in provincia di Novara: due stelle Michelin, tre forchette della guida Gambero Rosso, quattro cappelli della guida Espresso. Dopo il successo in tivù ha aperto due nuovi ristoranti a prezzi più abbordabili, uno a Novara, uno a Torino • «Se la specialità di Cracco è l’uovo, quella di Cannavacciuolo è il cazziatone intimidatorio. Se non cucini bene, lui forse ti mena. Se non sali la pasta, lui non lancia il piatto, lancia te. E sì, il concetto è metaforico, ma fino a un certo punto. Basta guardare il suo mitico Cucine da incubo per realizzare che Cannavacciuolo è famoso tanto per i suoi paccheri che per le sue pacche sulle spalle assestate al ristoratore di turno con una forza propulsiva pari a quella dell’elica a poppa di una nave Msc crociere» (Selvaggia Lucarelli, Il Fatto Quotidiano, 20/12/2015) • «L’uomo è proprio come appare in tv: grande, grosso, con i capelli così neri che sembrano lustrati col lucido da scarpe» (Licia Granello, la Repubblica, 27/2/2016) • «Mole pavarottesca» (Alessandra Comazzi, La Stampa 30/5/2014) • «Nome e aspetto irsuto da brigante campano» (Aldo Cazzullo, Corriere della Sera, 7/1/2017) • Un metro e novantuno per 140 chili, aria burbera, occhi verdi. Italiano smozzicato: «È che traduco dal napoletano. Io penso e sogno in napoletano. Parlo italiano come uno di voi parla inglese; e mi capita di sbagliare qualche parola» • «Cavalca l’onda maestosa della notorietà con la sicurezza di un campione di surf, in equilibrio perfetto tra abilità e gigioneria. Governa tutto con il piglio del condottiero: il relais, gli impegni televisivi, i rapporti con gli sponsor, la divulgazione con la Cannavacciuolo Academy» (Granello) • «Che differenza c’è tra chef e cuoco? “Lo chef è anche il proprietario del ristorante in cui lavora, e quindi deve saperne di economia, strategie, rapporti con il personale...”» (Ilaria Infante, Focus Junior, 7/3/2017) • «In Cucine da incubo la vediamo spesso nei panni del burbero, che cazzia i ristoratori. È così davvero o è il suo personaggio? “In realtà ci sono anche momenti di dolcezza, di riso, di emozioni. Cannavacciuolo è entrambe le cose: sono la persona più buona al mondo, ma non mi devi far girare i coglioni”» (Silvia D’Onghia, il Fatto Quotidiano 30/5/2015).
Titoli di testa «“Lei è emozionato?”. No. “Io sì. Molto. Mi emoziono sempre quando vedo il Maestro” Tra quanto arriva? “Quando vuole lui, quando decide... Lei è scettico, vero?”. Curioso, direi. “Dal vivo è molto più bello, la televisione lo gonfia un po’. E poi…”. E poi? “Beh, si accorgerà che il Maestro non è solo un genio in cucina: è anche un uomo speciale...” (Gaetano detto “Mimì” ha 32 anni e gestisce una trattoria sulla via Domitiana, un po’ prima di Mondragone: ora si siede tra altri osti e aspiranti chef arrivati da ogni regione d’Italia, tra camerieri e studenti delle scuole alberghiere e da tutti riceve complimenti e pacche sulle spalle, hai fatto bene a dire quelle cose sul Maestro, bravo, se le merita proprio, così come noi ci meritiamo lui, i biglietti erano un po’ cari, ma santo cielo che giornata pazzesca ci aspetta adesso). Il palco è stato allestito sotto la tribuna Monte Mario dello stadio Olimpico. I fornelli, la credenza con i pacchi di pasta, l’olio, il barattolo del sale, una grossa affettatrice rossa ed è lì, da dietro l’affettatrice, che all’improvviso compare il Maestro» (Fabrizio Roncone, Corriere della Sera, 20/4/2016).
Vita Antonino nasce alle sei di mattina. L’infermiera che per prima lo prende per braccio: «Questo bambino è nato con la camicia, da grande sarà molto fortunato». La zia Carmela: «Mamma mia, quanto è brutto!» • «Lei quando ha capito di volere fare il cuoco? “Sono nato in una famiglia in cui il cibo è sempre venuto al primo posto. Mio padre insegnava cucina e faceva lo chef, mia madre si è dedicata ai figli e alla casa. La prima ricetta di cui ho memoria è il ragù. Per me non era domenica se non avevo il profumo di ragù nelle narici. Eppure i miei genitori non volevano: ‘Tutto tranne che il cuoco’, mi dicevano. Volevano che facessi il dentista”» (Menzan) • La mamma Anna: «Era un bambino di cuore. Una volta a Natale la maestra aveva fatto fare dei lavoretti alla classe e ognuno aveva una candela. Una si ruppe e Tonino si offrì di prendere lui quella. Una volta, era al campetto di calcio, stava mangiando il panino con salame e si accorse che un suo amico più grande lo guardava: non si accontentò di dargliene un pezzo, venne a casa a prepararne un altro per lui. E un’altra volta comprò la carbonella a una vecchietta che neanche conosceva. È sempre stato buono…”» (a Elvira Serra, Corriere della Sera, 20/8/2018) • Sempre la mamma: «Nel cortile lui e la sorella Tina, di due anni più grande, stavano con le pentoline e il coltello e mi affettavano la verdura: patate, zucchine, quel che c’era…» • Antonino però è anche scapestrato: si azzuffa con la sorella («per punizione li cacciai fuori di casa e dissi che non avrebbero mangiato niente fino a sera»), marina la scuola, impenna con la Vespa («Ma mamma, fanno tutti il cavallo con la moto, solo io no!»). Quando torna a casa tardi la sera, la signora Anna lo costringe a dormire in macchina: «Per la precisione, dentro la mia vecchia 500 blu. Ancora non era grosso come adesso, però era sempre un ragazzo alto» • «Lui provò anche a intavolare una trattativa: “Mamma mi sono informato: è inutile che minacci di farmi trovare il materasso fuori di casa, perché non ho ancora 18 anni e non puoi cacciarmi”. Lei non si faceva intimidire: “E allora andiamo insieme dai carabinieri e chiediamogli a che ora è prevista la ritirata per un minorenne!”» (Serra) • «Certi figli se non li raddrizzi da piccoli, dopo non ci riesci più!» • «Da ragazzo studiavo nella scuola dove papà insegnava, e lavoravo nell’hotel dove cucinava: La Sonrisa, un cinque stelle a Sant’Antonio Abate, vicino a Pompei; quello dove adesso hanno ambientato Il boss delle cerimonie, la trasmissione tv di Real Time» (a Cazzullo) • «Sono andato a lavorare in cucina a 13 anni e mezzo. La notte tornavo a casa con spalle e braccia blu per le mazzate che mi rifilava uno chef. Mia mamma voleva protestare. Mio padre disse: “Se gliele ha date, significa che se le meritava”. Ora quello chef lo arresterebbero per maltrattamenti. A me è servito» (a Cazzullo) • «Il primo incarico fu aprire le uova: romperle, separare il tuorlo dall’albume, montarle per il gelato alla vaniglia. Aprivo 800 uova al giorno, per fare 50 contenitori di gelato da mettere sulla macedonia e le fragoline di bosco. Alla fine c’era da lavare la cucina, scopare per terra, svuotare il magazzino. Poi mi passarono ai prosciutti. Disossavo venti prosciutti al giorno per preparare i canapè: burro e acciughe, cremoso, uova e caviale, formaggi e, ovviamente, prosciutto. Decorati con il burro, la gelatina, la polverina, la fogliolina: una cosa maniacale, che ora non usa più» (ibidem) • «Io raccomando: costruitevi un curriculum inattaccabile. Cercate ristoranti di qualità, luoghi di eccellenza. Entrerete come ultima ruota del carro, guadagnando 800 euro al mese, e con orari terribili, come sono quelli della ristorazione. In pizzeria, magari di euro ne prendete 1800. È ovvio che a 20 anni un ragazzo voglia soldi in tasca, ma è lì che si fa la differenza. Quando avrete 35 anni e sarete da 15 in pizzeria, vi sentirete stanchi, non avrete imparato niente e nessuno vi vorrà più. Ma se avrete investito su voi stessi, e sarete diventati bravi, di euro ne potrete guadagnare 5 mila» (alla Comazzi) • «Imparare un mestiere è la cosa più importante, e l’unico modo è il lavoro. Ancora adesso io saprei disossare un maiale: filetto, controfiletto, cosciotto, ossa, il taglio per il bollito, quello per gli hamburger... Da ragazzino mi veniva la febbre per la fatica, e mio padre mi mandava a dormire in macchina; solo una volta mi portò in ospedale perché avevo le gambe gonfie appunto come prosciutti» (a Cazzullo) • «Si ricorda il suo primo piatto? “La prima volta ho preparato i biscotti di pasta frolla, ma il primo piatto pensato è stata una coscia di coniglio con gli scampi”» (D’Onghia) • «A 16 anni sono andato a Napoli, nelle cucine dell’hotel Vesuvio. Poi al San Vincenzo, tra Vico e Meta di Sorrento, da Giosuè Maresca. Qui le botte erano scherzose: una volta in tre prendemmo da parte Giosué e gliene restituimmo una buona parte. Per arrotondare facevo il falegname. A 19 anni sono partito militare, a Orvieto: ovviamente mi misero in cucina. Preparavo un buffet con un veliero di zucca, fiori fatti con i rapanelli, le salsicce fresche: anche gli ufficiali venivano a mangiare alla nostra mensa» (Cazzullo) • Sempre la mamma: «Il giorno che è partito militare, le tapparelle di casa sono rimaste abbassate a lutto. Quanto ho pianto. E quanto mi è costato! Tornava da Orvieto tutti i venerdì e ripartiva la domenica, con la borsa piena di provviste e qualche soldo che gli davo per mangiare la pizza con gli amici» • Finita la naja, va a lavorare sei mesi sul lago d’Orta. È una zona di ristoranti e grandi alberghi, suo padre vuole che impari il mestiere. Cannavacciuolo comincia in un albergo, ma poco dopo il gestore lo raccomanda al signor Primatesta, proprietario dell’Approdo, che ha bisogno di un giovane cuoco di partita. «Divenni amico della figlia del proprietario, Cinzia. Amici e basta, per due anni» (a Cazzullo) • Cinzia Primatesta: «Con Tony siamo diventati subito amici, poi lui è partito per fare esperienze in giro. Il legame rimase ma, certo, fui io a tenerlo stretto. Lo andavo a trovare sempre. Senza quella mia determinazione iniziale ci saremmo persi. Non eravamo proprio fidanzati ma quasi, c’era un po’ più di un’amicizia quando lui mi propose di prendere in gestione la Villa. Aveva in testa grandi idee» • È lei che gli consegna di non radersi più la barba. «Ho iniziato a farla crescere per sembrare più grande: avevo la faccia da ragazzino, non mi prendevano sul serio» (a Marianna Aprile, Oggi, 18/12/2013) • Quando si capisce che dal Nord non sarebbe più tornato per la mamma è un’altra tragedia. «Io andavo a un gruppo di preghiera a recitare il rosario e pregavo per farlo rientrare» (alla Serra) • «E così nel 1999, quando poco più che ventenni decidono di rilevare Villa Crespi (con l’aiuto iniziale della famiglia Primatesta), Cinzia e Tony lavorano per tre anni ininterrottamente dalla mattina alla sera. “Oggi solo qui siamo in 54 e nell’intero gruppo gestiamo 130 persone. Ma quando abbiamo aperto eravamo in 15 a fare tutto. Finivamo sempre oltre l’una di notte. Senza mai giorno di chiusura. Sono stati anni durissimi. Anche se sono contenta di essermi sacrificata tanto. Oggi posso godermi qualche soddisfazione. Comunque io sono nata e cresciuta in albergo, ero più preparata. Tony ha sofferto lo stress. E così è ingrassato - racconta -. Quando l’ho conosciuto pesava 82 chili per un metro e novanta di altezza. Era magro”. Antonino stava in cucina, all’inizio al piano meno uno, Cinzia gestiva la struttura e si occupava della sala. “Avevamo tanti clienti stranieri, lui era inizialmente chiuso e riservato, io ero i suoi occhi in sala”» (Isabella Fantigrossi, Corriere della Sera, 24/10/2018) • «“Lo chef è un mestiere durissimo”. Perché? “La competizione è massima. Oggi sei il migliore, domani sei incapace di cucinare. Come i calciatori […] non ho mai festeggiato un Capodanno, ho sempre lavorato. Non mi sono mai seduto a tavola con la famiglia a Natale. La Pasqua non so cosa sia. I giorni rossi nel calendario, che per tutti sono i festivi, per me significano giorni di fuoco”» (Menzan) • Nel 2003 Cinzia e Antonino si sposano. La mamma piange pure il giorno del matrimonio: «Eh, mia figlia e mio marito me lo dicono sempre che lui è il mio preferito. Ma che posso dire? I figli sono tutti uguali. Lui però è affettuoso, scherza, mi chiama tre volte al giorno… Se potessi tornare indietro ne farei quattro, di figli, non due!» • Nello stesso anno arriva la prima stella Michelin, nel 2007 la seconda. «Nel 2007 arriva anche la piccola Elisa e, lo scorso anno, Andrea. Biondissimi, con modi da inglesini ma lo stesso sguardo pungente del loro mediterraneo papà. Un contrasto che ripropone quello su cui si basa la cucina di Cannavacciuolo, un incontro tra i sapori di Vico Equense, dove lo chef è cresciuto, e il Piemonte, dove ha messo su radici, famiglia e un gruppo di lavoro di 40 persone» (Aprile) • «E poco dopo il successo, ambito, in tv. Merito anche di Cinzia. “Certo, ce l’ho praticamente portato io”, ricorda lei ridendo» (Fantigrossi).
Fama «Ma che è questo Masterchef?» • «Un giorno mi chiamano da MasterChef. Rispondo: grazie non mi interessa. Mi richiamano. Niente. La terza volta si spazientiscono, Almeno venga a sentire cosa abbiamo da proporle. La trasmissione comincia, ha successo, Cracco diventa il cuoco più famoso d’Italia. E Cinzia mi bacchetta, Vedi, potevi esserci tu. Ma io stavo bene dov’ero, ero concentrato sulla cucina, a caccia della terza stella Michelin, avevo appena comprato casa, aperto un posto bellissimo a Meta di Sorrento, sei camere e una terrazza da sogno» (alla Granello) • Cinzia: «Io lì non fui abbastanza pronta a convincerlo. Quando però da Endemol lo cercarono per proporgli Cucine da incubo, presi io la telefonata» • «Io manco sapevo di cosa parlavano, sono andato a cercare notizie su Internet. Volevano che andassi a fare un provino a Roma. Ho detto di no. E Cinzia, sempre lei!, mi dice: ma se vengono loro qui? Allora arrivano, mi visionano, mi dicono “le faremo sapere”. E io: invece facciamo così, voi dite a mia moglie che non vado bene e la chiudiamo qui» • Cinzia la pensa in un altro modo. Il loro ristorante non è a Milano, d’inverno rimane chiuso: devono farsi conoscere. «Nel 2012 avevamo fatto molti investimenti in azienda. È stato un anno duro, di grande stress. Dovevamo rientrare velocemente» • Quelli della Endemol cercano un cuoco con un certo piglio, Antonino li convince • «I tre anni che hanno sconvolto il mondo della famiglia Cannavacciuolo sono racchiusi in un numero: 1.700, ovvero il numero degli scontrini emessi il primo giorno di vita del Cafè Bistrò Cannavacciuolo a Novara. “A metà giornata, mi telefona la cassiera, disperata: Non ce la faccio più, c’è una fila allucinante e la gente si lamenta che aspetta venti minuti per bere un caffè!”» (Granello).
Divo «Gualtiero Marchesi diceva che gli bastava vedere come un ragazzo accendeva il fuoco sotto una pentola.
«La tecnica si impara, la dolcezza emotiva no. Se uno è ‘nu piezz’ ‘e mierd, trasmetterà nel piatto solo merda, te lo assicuro» (Vittorio Zincone, 7, 12/2018) • «Perché gli chef sono tutti considerati sexy? “Perché hanno a che fare con il cibo, che è la forza della vita. C’è da festeggiare qualcosa, dove si va? Al ristorante. Conosci una ragazza? La inviti a cena”. Lei guarda il modo di mangiare delle donne? “Certo. Da quello capisci tutto. Il cibo è un potente afrodisiaco, ma non è tanto per la pietanza in sé, quanto per il movimento che l’accompagna. Per esempio, più che ordinare un’ostrica conta il modo in cui la si avvicina alla bocca. Anche mangiare un panino appoggiati a un muretto può essere sexy”» (Fiamma Sanò, Grazia, 17/12/2015) • «Non uso e non mangio il wasabi. È decisamente troppo aggressivo per i miei gusti. Non lo voglio nemmeno vedere» • Ha abolito le bottiglie di plastica nella sua cucina, dice che occorre seguire l’esempio di Greta Thunberg • «Ogni volta che provo a mettermi a dieta, i ragazzi della cucina mi accolgono con un casatiello appena sformato, un calzone fritto. E io come faccio? Chilli song mascalzoni veri!» • La vulgata ora vuole che sia stato allievo di Gualtiero Marchesi, anche se lui lo negava: «Cannavacciuolo dice di avere lavorato con me, ma non mi risulta. Ha lavorato a Capri quando io non c’ero nemmeno, facevo una consulenza. Ma lasciamo perdere. La gente intelligente e colta non guarda quelle cose».
Giudizi «Quella di Cannavacciuolo è una cucina da televisione e da ufficio stampa, basata su idee stracotte come il connubio Nord e Sud a cui si devono gli agnolotti del plin con ragù napoletano, su frasi fatte del genere “tra innovazione e tradizione”, su trombonaggini tipo la “sinfonia di sorprendenti piaceri per il palato”. In contraddizione con l’essere grande e grosso, panciuto e barbuto oltre che ostentante virili, minacciosi coltelli, Cannavacciuolo non fa che abusare della femminea parola “emozioni”: sul sito, nel titolo del nuovo libro pubblicato addirittura da Einaudi, ovunque. Un concetto che non trova riscontro nemmeno nei piatti, tutti ben eseguiti (salvo l’anziano polpo alla luciana) però spesso talmente delicati da risultare flebili, di fronte ai quali non si può che rimanere impassibili» (Camillo Langone, Il Giornale, 12/3/2016) • «Cucine da incubo è un programma piacevole da vedere, un intrattenimento ben fatto, che dà l’impressione di essere meno finto rispetto al passato, sebbene il fatto che questo tipo di programmi siano molto scritti non importi più molto. Il factual ci ha abituato a una realtà che è sempre semi-costruita, l’importante è che racconti bene una storia avvincente» (Aldo Grasso, Corriere della Sera, 29/3/2016) • Heinz Beck, cuoco de La Pergola di Roma, tre stelle Michelin, ritenuto uno dei migliori al mondo: «Masterchef? Non l’ho mai visto, a quell’ora lavoro».
Epilogo Ora Villa Crespi rimane aperta anche l’inverno • Sua moglie è vegana, guida una Maserati nera e per ora esclude di sbarcare in televisione: «Mi piacerebbe, ma per ora di star in famiglia ne basta una» • Sua mamma: «Visto come è finito, ora sono contenta lo stesso…».
Titoli di coda «Il presentatore annuncia che c’è la pausa-pranzo. Mille e trecento persone lasciano la tribuna ed entrano nella pancia dell’Olimpico. Il biglietto per gli studenti delle scuole alberghiere costava 35 euro, gli altri hanno pagato tra i 77 e i 97 euro: e tutti hanno diritto a lanciarsi su un buffet fantozziano, una bolgia, un mischione da dove i più fortunati escono con un trancio di pizza al pomodoro. Lassù, però, ci sono tavoli apparecchiati. A chi sono destinati? Ai vip. Gente che per stare in prima fila e mangiare seduta a un tavolo ha pagato 247 euro. Vabbé. Però chissà cosa avrà preparato di buono il Maestro... “Nulla! Scherza? Il Maestro ha solo supervisionato il menù...”» (Roncone).