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 2020  aprile 10 Venerdì calendario

Biografia di Aldo Grasso


Aldo Grasso, nato a Sala delle Langhe, in provincia di Cuneo, il 10 aprile 1948 (72 anni). Il critico televisivo più conosciuto d’Italia, dal 1990 al Corriere della Sera • «Il pontefice della critica » (Mattia Feltri) • «Il professor televisione» (Maurizio Crippa) • «Non gli sfugge nulla. È l’occhio di falco del palinsesto» (Beppe Grillo) • Famoso per aver utilizzato le espressioni «morto di fama» per definire i concorrenti del Grande Fratello e «la compagnia di giro» per indicare gli ospiti di Porta a Porta • «Se su Google cercate “stroncato da Aldo Grasso”, viene fuori un elenco interminabile: da Santoro “che non ammette, per vergogna, di fare una tv simile a quella di Barbara D’Urso” a Maria De Filippi, “la burattinaia dei poveri Cristi”. Poi Floris, Giletti e Travaglio, Mara Venier e la Clerici, persino Minoli “che racconta la storia a sua immagine e somiglianza” e Saviano che si atteggia, coltiva il personaggio e promuove il suo libro come Bruno Vespa”» (Francesco Merlo, Gq Italia, 7/2/2014) • Nel 2012, in diretta al Festival di Sanremo, Celentano lo definì «un deficiente che scrive idiozie sul Corriere della Sera». Per quella frase, nel 2015, il Tribunale di Milano ha condannato Celentano a pagare 30 mila euro di danni, più le spese legali (risarcimento che Grasso ha devoluto in beneficenza) • Già professore di Storia della televisione alla Cattolica di Milano, ha fondato il Centro di ricerca sulla televisione e gli audiovisivi. Tra il 1993 e il 1994, «nella breve stagione dei professori», ha diretto le tre reti radiofoniche della Rai • «La mia vita funziona così: io lavoro con il televisore acceso, di tanto in tanto registro qualche programma e poi, quando decido quale recensire, mi siedo dinanzi e lo guardo con un taccuino. È una vita un po’ d’inferno, senza pause o festività. I film sono un lusso: non dovendoli recensire sono costretto, per ragioni di tempo, a non vederli. Ho cercato di darmi una disciplina. Non conosco personalmente chi fa la televisione. Conosciute dal vero, tutte le persone sono buone. Io giudico dei fantasmi. La critica televisiva è un genere come quello letterario o cinematografico. Ha regole precise. Per essere efficace deve avere una sua virulenza. Io sono una delle persone più odiate d’Italia. E lo so. No, non mi dispiace. Né mendico comprensione» (da un’intervista di Alain Elkann).
Titoli di testa «Sei l’ultimo dei cattivi? “Cattivo o severo?”. La sottile differenza si chiama libertà? “Se critico Gerry Scotti sembro cattivo sia ai suoi amici che si rammaricano, sia ai suoi nemici che ridacchiano”. È fatale che disegnino la tua identità “contro” o “a favore”. “Non scrivo per essere letto da Gerry Scotti, Celentano, Fazio, la Clerici... Neppure per compiacere i loro nemici”. Ma conquisti tutti gli altri? “Di sicuro non li imbroglio”» (Merlo).
Vita «Sono di origine contadina e a Sale delle Langhe non c’era neppure il cinema» (Merlo) • Per il liceo va Savona, in un istituto dei padri Scolopi. Lì conosce Carlo Freccero e Tatti Sanguineti e assieme formano un cineclub. Poi si iscrive alla facoltà di Lettere moderne alla Cattolica di Milano: fa la tesi di laurea su Sergej Ejzenstejn • «Ero tra due fuochi. Da una parte impazzava l’Agia di sinistra: il primo cattedratico italiano di storia del cinema si chiamava Guido Aristarco, era un lucacksiano di riporto, i film non li andava a vedere o se li vedeva non li capiva, considerava Visconti un’icona intoccabile. Dall’altra parte impazzava la semiologia, allora di gran moda tra gli universitari» (a Marianna Rizzini, Il Foglio 18/5/2013) • «Mi capitò di leggere sull’Espresso un articolo di Alberto Arbasino. Mi si spalancò un mondo» • «Arbasino mi fece scoprire Carlo Emilio Gadda e Carlo Dossi, oltre a Gianfranco Contini: una linea lombarda opposta a Roma e al moravismo. Scoprii che si poteva parlar di cose serie con allegria, e che in Italia c’era almeno uno scrittore che non cercava di spiegarti il mondo, mentre i Quaderni Piacentini facevano le liste dei libri da leggere e da non leggere, guai a chi sgarrava» • «Ho imparato che per fare il critico non serve la metodologia, meno ancora l’ideologia che acceca. Serve la scrittura» • Nel 1976 gli chiedono di scrivere un saggio su Luchino Visconti per la rivista Bianco e Nero. Grasso mette in scena una finta intervista a Giovanni Verga, furioso per come il regista gli stravolge I Malavoglia, per «la lingua inesistente» del film La Terra Trema e perché nemmeno lo cita nei titoli di testa. Propone un sondaggio: «Senso tradisce il neo-realismo? Sì. No. Non so. Mettete una crocetta». Poi scrive una «recensione passe-partout» utilizzando esclusivamente parole astratte: «Il discorso della narrazione rincorre il discorso della storia e tutti e due rischiano di cadere nella forma cava del mito» • «Il divertissement mi costò caro. Non era il tipo di saggio che aspettavano da un giovane intenzionato a far carriera universitaria». Molti dei bersagliati siedono nelle commissioni del concorso • Nel frattempo «sul crinale tra gli anni Settanta e gli Ottanta del secolo breve, la centralità del cinema come medium cruciale lasciava il posto allo strapotere della tivù» (Maurizio Crippa, Il Foglio, 20/5/2019) • «Gli intellettuali hanno sempre snobbato la televisione, Pasolini, Sciascia, Manganelli, Ceronetti… “Un grande può anche permettersi di non guardare la televisione. A lui concedo tutto. Ma la schizzinosità dell’intellettuale medio che non capendo la televisione si rifiuta di vederla è intollerabile. Se uno vuole svolgere fino in fondo il suo ruolo di intellettuale non può permettersi di non guardare la televisione” La sinistra per esempio… “…ha temuto per molto tempo quell’atteggiamento aristocratico che non poteva permettersi, proprio perché operava nei settori della massa. Questo è un errore che ha pagato perché poi è arrivata alla tv nel peggiore dei modi, con la lottizzazione”» (Claudio Sabelli Fioretti, Sette, 1/1/2003) • «Studiare televisione era quasi di per sé sconveniente» Lui invece ci vede un terreno inesplorato • «Quella nuvola di elettroni che ci gira attorno, che ci attrae come un magnete e costruisce e determina gli avvenimenti del mondo molto più di quanto faccia finta di raccontarli, il rettangolo magico “che ci fa tanto feroci”, direbbe Dante: nel trash urlato, che abita ai piani bassi del popolo televisivo, nel magheggio della politica che occupa il mondo di mezzo […], o nelle costruzioni di senso che vengono disegnate nei piani altissimi del potere, dove regnano i veri grandi influencer: da Trump in giù. Ecco. Di tutto questo, senza esagerare, Aldo Grasso è il capostipite degli studiosi, in Italia. Il primo che ha messo in ordine i fatti, i testi e i paratesti, la storia dell’industria e quella delle idee, e che ha avuto la capacità paziente, come un vignaiolo delle Langhe, di scavare e preparare il terreno» (Crippa) • I primi articoli li scrive per Il Secolo XIX. Poi passa al Corriere della Sera • «Il tuo primo nemico? “Forse Aldo Biscardi, il più simpatico di tutti”. Ti rispondeva in trasmissione? “Si, ma sempre in termini accettabili, pertinenti. Quello che è intollerabile è quando ti rispondono usando argomenti che non c’entrano niente” Per esempio? “Cose personali: quello non dorme la notte, quello è pieno di pregiudizi, quello fa male agli studenti” Altri nemici? “Minoli. Avevo scritto che il suo è un giornalismo patinato e anche vacuo. Contestavo quelle sue interviste in cui seguiva la scaletta delle domande senza ascoltare le risposte, per seguire un presunto ritmo televisivo a discapito del mestiere del giornalista. E poi scrissi che la sua era una trasmissione narcisistica con la sua faccia sempre in primo piano”. E lui? “Ha reagito andando sul pesante. E poi Costanzo”. Che cosa avevi scritto su Costanzo? “L’avevo accusato di essere l’inventore della televisione del dolore”. E lui? “Per tre volte, durante la sua trasmissione, ha attaccato il mio libro sulla storia della televisione, dicendo che era pieno di falsità”. Minoli dice che tu, come anche altri, vi siete convertiti sul caso Funari senza riconoscere a lui di essere stato il suo inventore… “Ma Minoli inventò il Funari detestabile, quello di Aboccaperta. È stato Carlo Freccero a trasformarlo”. Però Minoli è l’uomo di Mixer… “Appunto. È anche fortemente privilegiato perché è riuscito a mantenere una testata per tantissimi anni senza che abbia mai fatto qualcosa di realmente clamoroso, che abbia fatto opinione, che abbia anticipato tendenze…” Una volta hai criticato Frizzi… “…e quella sua trasmissione tremenda che era I fatti vostri. Anche lui ci marciava con la televisione del dolore. Io scrissi che camminava sui bambini. Lui minacciò di querelarmi…” Sgarbi una volta ti ha risposto pubblicamente in trasmissione… “Lo feci un po’ arrabbiare quando criticai la sua incontinenza salivale quella volta che sbavò durante l’Istruttoria di Ferrara”. Ferrara ti piace? “Ferrara l’ho criticato più volte, ma gli ho anche riconosciuto molti meriti. Ma non si è mai permesso di rispondermi in televisione. È un modello esemplare di come dovrebbero essere i rapporti tra i critici e gli uomini della televisione”. Ma ti piace? “Ha talmente stile, è talmente raffinato quando scrive che a volte sembra inspiegabile la sua televisione sciatta. Ma credo di avere una spiegazione…” Cioè? “Per lui la televisione è un gioco. Sarebbe capacissimo di fare grandi programmi, ma è pigro, non ha voglia di impegnarsi in cose faticose. Si diverte di più così”» (Sabelli Fioretti) • «Il rimprovero che ti fanno più spesso è di essere stato cacciato dalla radio. “La Moratti, appena arrivata alla presidenza, sistemò un direttore in quota An”. Era Paolo Francia, biografo del Fini di allora. “Io ero stato nominato dai cosiddetti professori”. In che quota? “Macché quota. Insegnavo alla Cattolica e avevo scritto qualcosa...”. Era l’epoca dei tecnici. “Con Zanetti, che dirigeva le news, avevamo un bel progetto ma in sei mesi abbiamo potuto fare molto poco. Però La barcaccia e Il ruggito del coniglio durano ancora”» (Merlo) • «Hai rapporti personali con le tue “vittime”? “No […] Beniamino Placido fu il primo a consigliarmi di non abitare a Roma. Lì, mi diceva, ‘ti capita spesso di incontrare Marzullo o Minoli e di accorgerti che sono simpatici, o complessi, o con il dramma umano”» (Merlo).
Vita privata Sposato con Anna Foa, figlia del fondatore della Adelphi. Una figlia, Benedetta (1987), che vive a New York e lavora per la Pixar come sceneggiatrice.
Curiosità Tifa Torino • Appassionato di ciclismo • «Possiedo una piccola vigna, faccio il vino, sono un cultore del dolcetto di Dogliani. Voglio però chiarire una cosa: il mio vino non è in commercio, non lo si trova da nessuna parte; serve, appena appena, al consumo familiare e ai regali per gli amici. Non è in vendita, quindi ne posso parlare. È una specie di promessa fatta a mio padre, morto sognando di avere una sua vigna» • «Posso testimoniare che non è un bacchettone come capita ai Catoni. Gli piace mangiare, bere, ha l’aria sana e allegra. Ma è timido, come vuole la tradizione della critica da Cecchi a Borgese, da Moravia a Saviane» (Merlo) • Sa il francese • Il suo primo libro, dedicato a Ejzenstejn, uscì lo stesso anno del Secondo tragico Fantozzi, quello con la scena della corazzata Potëmkin • Sa citare a memoria l’incipit di La bella di Lodi di Arbasino • Secondo Libero nel 2006 prendeva 87 mila euro l’anno dal Corriere e 19 mila dal Corriere Magazine • Sulla sua tomba vorrebbe fosse scritto: «To be continued».
Titoli di coda «La televisione è un fiume in piena che entra dentro casa. Il telecomando è quella cosa che ti fa sentire con i piedi per terra. Appena l’onda di piena si fa troppo alta, cambio canale e scappo via» (a Sabelli Fioretti).