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 2020  aprile 10 Venerdì calendario

Biografia di Thomas Harris


Thomas Harris, nato a Jackson, nello stato del Tennessee, l’11 aprile 1940 (80 anni). Scrittore. Celebre per Il silenzio degli innocenti • «Tra gli scrittori dei nostri tempi dall’immaginazione più tenebrosa. Il suo famigerato serial killer Hannibal Lecter divora gli organi delle sue vittime dopo averli cucinati a puntino e in un caso ha divorato un uomo vivo, mangiando carpaccio di cervello con tartufi e capperi» (Alexandra Alter, New York Times, 18/5/2019) • «In America, appartiene al “club degli eletti”, nomi che si contano sulle dita di una mano e mezzo: Danielle Steel, Stephen King, Robert Ludlum, Jackie Collins, Sidney Sheldon, Nelson DeMille, Clive Cussler, Mary Higgins Clark. È gente che contratta un libro (quasi sempre in anticipo) a suon di miliardi» (Romano Giachetti, la Repubblica, 3/4/1992) • «È un gentiluomo del Sud dall’aria mite, modi cortesi, un filo di voce, gentilissimo sempre, e sempre chiuso in sé, che non ama parlare dei suoi libri, per questo non si fa intervistare (come Pynchon, come Corman McCarthy, naturalmente come Salinger), e che preferisce far parlare i suoi libri» (Stuart Applebaum, della casa editrice Bantam, 1992) • Fin da quando era ragazzino ritagliava dai giornali le notizie sui delitti. Dopo aver lavorato anni come cronista di nera, ha debuttato con il romanzo Black Sunday nel 1975. I quattro romanzi della saga di Hannibal Lecter li ha scritti tra il 1981 e il 2006. Non aveva più pubblicato nient’altro fino al 2019, quando è uscito Cari Mora • Ha smesso di presentare i suoi libri in pubblico e di rilasciare interviste nel 1981. «Man mano che la serie infinita di eventi, firma-copie e letture pubbliche procedeva, le domande diventavano via via più insistenti: come ha fatto un ex giornalista a venirsene fuori con un cattivo così ben caratterizzato, descritto fin nei minimi dettagli e moralmente ripugnante? Come ha scoperto che l’organo umano più appropriato per preparare le animelle è il pancreas? E nessuno rimase sorpreso quando, in un’intervista, gli chiesero se per tratteggiare un ritratto così efficace del male non fosse “un po’ psicopatico anche lui”. Fu a quel punto che l’autore decise che quel genere di cose non faceva per lui» (Jim White, The Mail on Sunday, 4/5/2019) • «Un giorno disse che il suo obiettivo era guadagnare un milione di dollari e non dover più parlare a nessuno. Missione decisamente compiuta» (Marco Giovannini, Panorama 2/9/1999) • Ha fatto un’eccezione solo per Alexandra Alter, del New York Times, che è riuscita a incontrarlo nel 2019, in concomitanza con l’uscita del suo ultimo romanzo. «Descrive la scrittura come un processo perlopiù passivo, qualcosa che gli succede, più che qualcosa che fa. I suoi romanzi iniziano con una scena che gli frulla in testa: da lì cerca di immaginare che cosa possa essere accaduto prima e cosa possa succedere dopo. Parla dei suoi personaggi come se esistessero davvero, nel mondo reale, e come se conducessero vite parallele indipendenti dai suoi libri» (Alter) • «Il personaggio di Hannibal mi viene in mente spesso e talvolta mi chiedo che cosa stia combinando».
Titoli di testa A un cronista del The Mail On Sunday nel 1999: «Sono stato giornalista anch’io. Capisco che la gente possa provare curiosità per me e per il mio lavoro, e lo apprezzo molto. Però preferisco non lasciarmi coinvolgere e vivere la mia vita con tranquillità. Lasciamo perdere l’intervista, va bene?».
Vita «Rich, un paesino del Mississippi, con un solo stop e nemmeno un semaforo, dove sopravvivono, più che vivere, 500 anime candide. È lì che si rifugiò mamma Harris durante la guerra, mentre il papà era al fronte, dopo aver dato alla luce il suo unico e voluminoso marmocchio. Rich è a un’ora di macchina da Memphis e a dieci minuti dal Mississippi. Fu lì sul ponte Yazoo Pass che Thomas superò a fatica l’iniziazione locale, che consisteva nello sparare ai serpenti e alle tartarughe con una calibro 22. Rimase il suo unico exploit fisico, perché anche nel gioco popolare di infilare coltelli nella corteccia degli alberi era una mezza frana. Non parliamo poi di basket, baseball e football. Risultato: niente amici e lunghi pomeriggi a casa a leggere. Forse per rivincita, si innamorò delle spacconate di Ernest Hemingway, che solo più tardi sostituì col più raffinato Tom Wolfe. Gli Harris non se la passavano molto bene: casa modesta e pochi ideali. La madre Polly, professoressa di chimica e biologia al liceo, il padre Thomas senior ex elettricista, trasformato dal dopoguerra in contadino, e orso come lui. Madre invece sin troppo presente, che oltretutto lo vestiva coi pantaloni alla zuava, come un inglesino. Una volta che il suo frugoletto aveva trovato finalmente il coraggio di presentarsi a un provino scolastico per la squadra di football, entrò come una furia in campo zompettando sui tacchi e gli intimò di togliersi subito “quell’uniforme da scimmia”. Mentre il mesto Thomas se ne tornava negli spogliatoi, sentì allenatori e mancati compagni ridere e dire che nella loro squadra non c’era posto per “mammoni”. Episodio puntualmente riportato nel suo primo romanzo, Black Sunday, dove il frustrato protagonista, cresciuto in un paesino del Sud, si mette ad architettare una strage di massa. Dopo essersi laureato in letteratura inglese in Texas, alla Baylor University, Harris ha cominciato la sua carriera creativa nel quotidiano di un paese, Waco, che sarebbe diventato anni dopo famoso per l’apparizione di una setta di fanatici e la conseguente strage. Faceva il reporter di notte, andava al lavoro in moto, calcava un cappellaccio grigio per darsi un tono e la sua laurea sul campo la ottenne indagando su una lurida storia di prostituzione minorile. I suoi colleghi di allora ricordano che aveva un debole per “i particolari macabri”» (Marco Giovannini, Panorama 2/9/1999) • La rivista Arogosymi gli chiede di recarsi al carcere di Nuevo León a Monterrey, in Messico, per intervistare tale Dykes Askew Simmons, 35 anni, bianco, un americano condannato all’ergastolo per l’omicidio di tre giovani, con sul viso i segni di una plastica mal eseguita sul labbro leporino. «All’epoca avevo ventitré anni, ed ero convinto che aver fatto un reportage su un turno di pattuglia della polizia in Texas mi avesse insegnato tutto ciò che c’era da sapere sul mondo» • Harris incontra Simmons e prende i suoi appunti. Conosce anche il medico della prigione, dottor Salazar, lo intervista e ha con lui un’amabile conversazione. «La guardia mi accompagnò fuori. Ringraziandolo, gli dissi che avevo apprezzato la collaborazione del dottore e gli domandai da quanto tempo lavorasse al carcere. “Hombre! Ma lei lo sa chi è quello?” “No. Abbiamo parlato solo di Simmons”. Sui gradini, la guardia si voltò verso di me. “Il dottore è un assassino, un chirurgo così bravo che riesce a inscatolare le vittime in contenitori minuscoli. Non uscirà mai di qui. È pazzo”. “Pazzo? Ma l’ho visto ricevere dei pazienti nell’infermeria”. La guardia alzò le spalle e aprì le braccia. “È pazzo, ma non con i poveri”. Tornato a casa, scrissi il mio articolo su Dykes Simmons. Una cosa portò a un’altra e mi ritrovai a occuparmi di crimini in altre zone del Messico, ma non vidi mai più il dottor Salazar”» • «Harris rovesciò la sua vita nel 1968, arrivando a New York, come redattore capo dell’agenzia Associated Press. Qui invece i suoi colleghi ricordano la sua lentezza e la sua pignoleria. Era sempre l’ultimo a consegnare i pezzi suoi o degli altri, pieni zeppi di cancellature. Nelle pause del lavoro, insieme a due colleghi, Sam Maull e Dick Riley, buttò giù la complicata trama di un romanzo, Black Sunday. Mentre gli altri due si occuparono soprattutto delle ricerche, fu Harris che trovò il coraggio di dimettersi per scriverlo a nome suo (ma gli incassi furono divisi per tre). Da allora non si è più fermato. Aumentando la sua pignoleria» (Giovannini) • Nel 1981 pubblica Il delitto della terza luna, che nel 1984 diventa il film Manhunter – Frammenti di un omicidio. È la prima volta che compare il personaggio di Hannibal Lecter • Due anni più tardi compleata il romanzo che lo renderà un fenomeno della cultura pop: «In una vecchia casa di Sag Harbor con il pavimento sbilenco, scrissi queste parole: “Il silenzio degli innocenti”. In quel momento mi resi conto di aver finito il romanzo, ma non solo: avevo trovato il titolo. Sopraffatto dalla felicità, mi staccai dalla scrivania, andando a sbattere contro la parete con lo schienale della sedia» • «Ha venduto milioni di copie e nel 1991 è diventato un film con Jodie Foster e Anthony Hopkins. La pellicola ha vinto cinque premi Oscar. Per anni, Harris non lo ha mai guardato. Poi una sera, due anni dopo la razzia di Oscar, ha acceso la televisione per vedere le previsioni del tempo ed è capitato su un canale via cavo. “Ho sentito un dialogo che mi è parso subito familiare” dice. “Così ho continuato a guardarlo e l’ho trovato un film stupendo”. Col passare del tempo, i fan hanno iniziato a stancarsi del cannibale. Hannibal Lecter. Le origini del male è stato un insuccesso sia commerciale che di critica. Nel 2006, l’editore ne ha ordinato una prima tiratura di un milione e mezzo di copie, ma il romanzo ha venduto soltanto 300 mila libri nell’edizione cartonata. Un adattamento televisivo di Hannibal è diventato un fenomeno cult per un ampio seguito di spettatori, ma dopo tre stagioni è stato cancellato dalla Nbc. Negli anni, i giornalisti e i biografi hanno elaborato varie teorie sul perché Harris ha smesso di parlare in pubblico del suo lavoro. Lui dice di averlo deciso perché non gli piaceva e non ne aveva bisogno. “Sono fortunato, i miei libri hanno sempre trovato tanti lettori senza che io dovessi promuoverli, e preferisco che le cose rimangano così”» (Alter).
Vita privata È stato sposato con una sua compagna di università, che gli ha dato una figlia. Ora convive con Pace Barnes, che una volta lavorava nell’editoria, ma non si è più risposato.
Curiosità • Ha una villa con vista sull’oceano a Miami Beach e passa l’estate a Sag Harbor, negli Hamptons • «In casa teneva tutte le cose che deve avere un americano ricco: un cavallo cinese in terracotta, un bellissimo kilim, un quadro astratto... A un certo punto mi avvicino alla libreria e vedo un libro italiano, della De Agostini, intitolato Grandi armi da taglio. Era quello il suo chiodo fisso» (Gian Arturo Ferrari, a Paolo Di Stefano, Corriere della Sera, 3/9/2008) • Gli piace cucinare: ha frequentato Le Cordon Bleau, scuola d’arte culinaria a Parigi • Guida costose auto sportive • Fa volontariato in un ospedale per animali feriti • «Quasi tutti i giorni, Thomas Harris inizia a lavorare attorno alle otto e mezza di mattina. Scrive ininterrottamente fino alle 14 o alle 15, quando pranza e schiaccia un pisolino. Ci sono giorni in cui scrive un unico paragrafo. Quando si sente bloccato su un brano particolarmente difficile, scrive a mano» (Alter) • Nel 1994 si presentò tra il pubblico al processo di Pietro Pacciani. Riconosciuto, disse di essere lì «perché mi interessa questa vicenda criminale». «Alla domanda se fosse interessato alla vicenda per scrivere un libro ha risposto di non “saperlo ancora”. Poi Harris, sotto l’incalzare delle domande, ha tagliato corto e ha detto: “Io non ho mai concesso interviste, amo Firenze e ci vengo spesso. Tutto quello che devo dire su vicende criminali lo scrivo nei miei libri”» (Adnkronos) • «I suoi conoscenti talvolta gli chiedono come faccia a immaginare storie così terrificanti. Quando gli chiedo una riposta, Harris mi fissa, come se fosse ovvia. “Rispondo che non invento proprio nulla. Basta guardarsi attorno, sono tutte cose accadute sul serio”. E, a questo punto, mi rivolge un sorriso un po’ tirato, a labbra strette, come per farmi capire, cortesemente, che è tutto quello che ha da dire in proposito» (Alter).
Titoli di coda In Il delitto della terza luna, un giornalista impiccione finisce legato a una sedia a rotelle, mutilato alle labbra e dato alle fiamme. «Forse è meglio continuare a lasciare che i suoi libri parlino per lui» (White).