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 2020  aprile 02 Giovedì calendario

Biografia di Miguel Bosé


Miguel Bosé, nato a Panama il 3 aprile 1956 (64 anni). Figlio del torero Luis Miguel Dominguín e dell’attrice Lucia Bosé. Il suo vero nome è Luis Miguel Luchino Gonzalez Borloni • «È uno che ha vissuto molte vite in una sola: cantante con venti dischi all’attivo per milioni di copie vendute nel mondo, attore in più di trenta film, svariate esperienze televisive» (Francesca Martelli e Claudia Rossi, Il Fatto Quotidiano, 8/2/2015) • «Occhi bistrati, sguardo luciferino, ironia a mille… Ex divo delle ragazzine anni ’80» (Stefano Crippa, il manifesto, 2/2/2015) • «Tutto, in lui, suggerisce tranquillità, eleganza, sicurezza. Il corpo abbondante, che evidentemente non viene più stremato dalle diete ayurvediche. I modi signorili di chi è cresciuto in mezzo ad artisti e intellettuali come Salvador Dalì, Andy Warhol, Ernest Hemingway. I capelli brizzolati raccolti in una coda. E le risposte ponderate, ironiche, mai banali» (Gloria Satta, Grazia, 18/2/2015) • Come cantante ha debuttato in Spagna nel 1977 con l’album Linda. Due anni più tardi si è imposto anche in Italia e in Spagna con Chicas (2017). Tra i suoi film: Suspiria (Dario Argento, 1977), Tacchi a spillo (Pedro Almodóvar, 1991), La regina Margot (Patrice Chéreau, 1994) e Peccato che sia femmina (Josiane Balasko, 1995) • «Al cinema si travestiva da donna, sul palco baciava il chitarrista, in pubblico si definiva trisessuale» (Satta) • «A quasi sessant’anni oggi vive a Panama, dove è nato, in una casa sul Pacifico insieme ai suoi quattro bambini, e quando è tempo di concerti o di promozione gira il mondo come adesso, salvo stabilirsi qualche mese in qualche Paese a fare il coach in qualche talent show televisivo, come nel 2012 in Messico per La Voz e negli ultimi due anni in Italia per Amici - naturalmente facendo salire gli indici d’ascolto. Se ormai non lo si dicesse di chiunque, ci sarebbe da definirlo un’autentica icona pop» (Sandro Veronesi, La Lettura, 8/2/2015) • Di sé ha detto: «Il fenomeno Miguelito è diventato Miguel. Grazie al suo pragmatismo si è costruito una corazza e ha imparato a vivere. Ma se lo sguinzagli, ne combina ancora di tutti i colori».
Titoli di testa Vanessa Incontrada, che da giovane lo intervistò: «“Non so se hai presente chi è Miguel Bosé per gli spagnoli”. Una super star? “Di più. È più di Francesco Totti per i romani. Tremavo. Alla fine dell’intervista Miguel mi diede un bacio sulle labbra. Puoi immaginare come stavo”» (Vittorio Zincone, Sette, 19/4/2013).
Vita Suo padre, Luis Miguel Dominguín, è il torero più famoso del mondo. Ha ammazzato più di duemila tori, sul corpo ha 143 cicatrici. Campione della Spagna franchista, vive come un attore di Hollywood. Compagno di caccia di Francisco Franco, amico di Picasso e di Ernest Hemingway. Amante di attrici, nobildonne, ballerine: ha avuto, tra le altre, Lauren Bacall, Romy Schneider, Brigitte Bardot, Lana Turner, Deborah Kerr, Lola Flores. Dopo essere stato a letto con Ava Gardner, le ha detto: «Scusami, ma devo andare a raccontarlo ai miei amici» • «Mio padre è stato il più classico esempio di macho spagnolo, un modello di approccio e comportamento con le donne che grazie a Dio si sta estinguendo come il rinoceronte bianco» • Sua madre, Lucia Bosé, già commessa in una pasticceria di Milano, miss Italia nel 1947, è una delle prime maggiorate del cinema italiano. Ha lavorato per Antonioni, Soldati, Emmer, Fabrizi, Buñuel • «“Mi era antipatico. Aveva un’aria da padreterno, mi dava sui nervi. Io lo guardavo e mi scocciavo: ma chi si crede di essere questo?" Tuttavia capitolò sotto il maglio di una corte da romanzo. Sette giorni dopo averla conosciuta lui la chiese in moglie. Era il ’55: lei aveva 24 anni, lui 29. “Fece di tutto per conquistarmi, finse persino di essersi rotto una gamba. Finalmente una settimana dopo c’è riuscito. È stato allora che ho perso la mia verginità. Abbiamo fatto l’amore per tre giorni di seguito”» (Laura Laurenzi, la Repubblica, 9/5/1996) • Lucia ha otto gravidanze: 4 aborti spontanei e 4 figli, fra cui uno morto piccolissimo. Miguel è l’unico maschio che sopravvive • «Fin dall’inizio ha avuto una marcia in più, genitori celebri, Visconti, Picasso, Hemingway come amici di famiglia... “Immagini di essere in Kenya e di vedere un gruppo di elefanti, grandi, imponenti, con le loro zanne. Se sei uno di loro, non ne sei consapevole. Quando cresci con Picasso che ti porta al cinema, quando lo vedi in slip, per te resterà sempre e solo Pablo, un elefante come gli altri”» (Fulvia Caprara, La Stampa, 19/6/2016) • «Pablo amava molto avere bambini intorno e spesso, quando lavorava, teneva me e i suoi figli con sé. Quando gli chiedevano come gli sarebbe piaciuto dipingere lui, che era nato “accademicamente perfetto”, rispondeva “come un bambino!” e forse per questo gli piaceva vederci disegnare. Qualche volta ci lasciava aggiungere una pennellata color verde chiaro o rosa “chicca soave” a un suo quadro: erano semplici tratti messi nell’angolo in basso, nel punto in cui spesso poi metteva la sua firma. Era un gioco fra noi, una complicità» (a Rossi e Martelli) • Suo padre, per educarlo, ha idee all’antica. Lo ammonisce: «Tu avrai un’istruzione privilegiata, ma non perdere di vista la strada, cresci anche lì e capirai tante cose della vita», poi lo affida a un precettore. «Lui non c’era mai. Quando andava a fare le corride in America, stavo anche mesi senza vederlo» (alla Satta) • «Lei, però, a 4 anni è stato portato da Picasso a lezione di danza e in seguito, quando era ragazzo, ha studiato balletto: tutto questo contro la volontà di suo padre... “Ho avuto un’educazione molto rigida, che è stata la base su cui ho costruito tutto. Nella mia famiglia non ci sono stati consigli per me, si usavano poche parole perché contavano i comportamenti, gli esempi da seguire. Ero l’unico figlio maschio di un torero dal carattere duro e intransigente, da lui ho ereditato la forza del mastino. Mentre mia mamma, Lucia, ha il dinamismo di un labrador. Il campione della corrida e l’attrice milanese, ecco il mio pedigree”. Luchino Visconti come padrino di battesimo, Picasso ed Hemingway ospiti fissi alle cene dei suoi: sono queste le figure che hanno popolato la sua infanzia... “Ricordo anche le persone normali, come il mio professore di latino. E una contadina che lavorava a casa nostra e che mi diceva: ‘A tutti tocca servire gli altri prima o poi, e allora meglio farlo con allegria’. Una frase che mi è stata più utile di 500 libri, con la gente comune spesso s’impara più che a scuola”» (Angelo Sica, Grazia, 15/11/2012) • «E poi ho imparato tanto dalla mia nonna lombarda, Francesca, una contadina-contadina-contadina, coi piedi per terra e un innato senso di pace. Era la donna più bella del mondo: mia madre al confronto non era niente. Mi insegnava a cucinare e mi raccontava storie. Insisteva moltissimo sul fatto che il dolore non insegna, non serve a nulla, che dobbiamo sotterrare quello che è accaduto sennò non si va avanti. Ricordo che volevo studiare il tedesco e mamma: “In questa casa il tedesco non si dovrà sentire mai” (aveva le sue ragioni, visto che era cresciuta a Milano sotto i bombardamenti…). Nonna la riprendeva: “Lascia che impari quel che vuole. Coltivare la rabbia danneggia”. E ripeteva: “Bisogna allearsi al tempo, che mette a posto le cose, cura”» (Maria Laura Giovagnini, iO Donna, 31/3/2016) • «Nella mia parte italiana ci sono due cognomi: i Bosé e i Borloni. I Bosé erano contadini, gente simpatica, vitale, creativa: da loro posso aver ricevuto un patrimonio di idee. Ma ho preso molto di più dai Borloni: svizzeri, e dunque cultori dell’ordine, della disciplina, della responsabilità, sono andati a contrastare la componente spagnola, che avrebbe potuto divorarmi» (Veronesi)  • Intanto, i suoi si separano: «Fu un matrimonio assai affollato, raccontava Lucia Bosé: “Speravo sempre che cambiasse. All’epoca, la famiglia era tutto. E io ogni anno ero incinta […] Luis Miguel tornava a casa e mi raccontava che si era trovato le donne negli armadi e sotto il letto e che non s’era potuto sottrarre. Mi tradì con donne famose e no e con tutte le mie amiche. Io continuavo a frequentarle e facevo finta di nulla. Se no, non sarei più andata in nessuna casa. Ogni volta che ce n’era una nuova, pensavo che sarebbe passata. Il tradimento era una cosa che le mogli mettevano in conto”. Lei invece non poteva neanche uscire da sola. Luis era gelosissimo, le controllava i centimetri di pelle scoperta ogni volta che usciva. Divorziarono nel 1967. Nel mondo stava arrivando un vento nuovo, a casa Dominguín era arrivata una cugina: “Era venuta ad abitare con noi e Luis si era messo con lei, decisi che era troppo. Non volli concedergli neanche l’annullamento della Sacra Rota. Avevo giurato su dei sacramenti soprattutto perché lo voleva lui: doveva assumersene le conseguenze”. Lui si risposò, lei no. Tornò a recitare, e gli inizi furono duri: “Per il bene dei figli, restai a vivere in Spagna, in un paesino di 50 abitanti, e lì, a una donna divorziata, chiudevano porte e finestre”» (Candida Morvillo, Corriere della Sera, 23/3/2020) • «Quando ero piccolo c’era Franco e non si poteva guardare la tv. L’unica via era immaginare un mondo a parte, io avevo la fortuna di avere in casa una biblioteca immensa grazie a mia madre. Mio padre quasi non sapeva scrivere ma era un uomo molto intelligente. Poi ho studiato in Francia ed è stato un periodo importante, lì ti formano come libero pensatore» (a Crippa) • «Quando si è reso conto che la sua vita era eccezionale, rispetto a quella degli altri? “Nel periodo in cui tra i miei compagni di scuola cominciò ad andare di moda l’Anorak, il giubbotto impermeabile col cappuccio, e io non ho mai potuto averne uno. A me avevano comprato un loden, che era meglio, sì, ma era anche un segno di differenza che mi faceva soffrire”» (Veronesi) • «Per me bello era chi poteva superare la bellezza che avevo intorno, e siccome non c’era possibilità di immaginare qualcosa di più bello di mia madre o di mio padre, finiva che non mi guardavo nemmeno allo specchio» • Quando è adolescente Luchino Visconti gli propone di interpretare Tadzio in Morte a Venezia, ma suo padre glielo vieta • «Che lei ricordi, qual è stata la prima determinazione autonoma che ha concepito? Qualcosa che non risentisse in nessun modo dell’influenza dei suoi familiari, o che andasse contro di essa? “La decisione di partire per Londra […] L’hanno saputo quando lo stavo facendo. Sono partito a diciassette anni, nel ’73, ma la decisione l’avevo presa tre anni prima, a quattordici”. La storia della tauromachia in Spagna è rigidamente dinastica, patrilineare. C’è stato un momento della sua vita in cui si è pensato che lei, unico figlio maschio del grande Luis Miguel Dominguín, e nipote del leggendario Domingo Dominguín, potesse fare il torero? “No, mai. Anzi, la famiglia intera si è preoccupata che in casa non ci fosse nulla, proveniente dalla corrida, cui potessi affezionarmi. Tutti i miei cugini spagnoli, in effetti, sono toreri, ma di me torero non si è mai nemmeno vagamente parlato. L’Italia mi ha protetto. Mia madre mi ha protetto”» (Veronesi) • «Quando – nel 1978 – iniziò a sedurre il mondo, non era solare come pareva? “Devo essere sincero: ho cominciato a 19 anni con la cover in spagnolo della canzone dei Pooh, non per amore o vocazione, ma per rendermi economicamente indipendente dalla famiglia. L’esercizio che ho dovuto compiere è stato immenso: ero timidissimo, in pratica monosillabico. La professione mi ha insegnato ad abbattere le barriere. Avevo pure paura di volare, per esempio. Poi però ho capito che del guadagno non mi importava: la musica era la mia strada. Bandido, nel 1984, è stato l’album spartiacque: da lì ho intrapreso la carriera d’autore”. “E stare in piedi è quasi una magia” diceva in Bravi ragazzi. Come è riuscito a rimanere saldo con uno tsunami come i trionfi di Super Superman e Olympic Games? “Non dimenticate che ero pre-allenato: sono nato in una famiglia di persone pubbliche, avevo visto di tutto”» (Giovagnini) • «Da allora la carriera di Miguel Bosé è stata accompagnata da un consenso popolare veramente universale - il che significa successo clamoroso, internazionale, superiore anche a quello dei suoi celeberrimi genitori» (Veronesi) • «Lo sa che una sua amica di lunga data, Amanda Lear, ha di recente dichiarato in una trasmissione televisiva che le ha “strappato” la verginità? “Non voglio smontare le convinzioni di Amanda…”. Ci racconti almeno com’è nato il “colpo di fulmine” della vostra amicizia. “In qualche modo è stato Salvador Dalí a farci incontrare. Ero su una barca di un amico di famiglia e lei arrivò a nuoto dalla spiaggia. Era in topless, aveva sulla testa una corona di spine e il pittore surrealista le aveva dipinto due uova fritte sulle palpebre. Quando è salita sulla barca, ha iniziato a sbattere le palpebre e ha detto: “El señor Dalí è lieto di invitarvi a pranzo...”» (Sica) • Le ragazzine impazziscono per lui: «Oh, quella è stata un’epoca eccessiva e necessaria. Avevo un’energia selvaggia, un fuoco che mi ha permesso di diventare il musicista di oggi» (alla Satta) • «Che cosa prova quando si rivede sulle copertine dei suoi vecchi dischi, un sex symbol di cui persino Andy Warhol aveva fatto il ritratto? “Nessuna nostalgia, perché subito mi torna in mente che folle tsunami sono stati quegli anni. Dovevo surfare su un’onda sempre più alta. Mi basta e avanza, se ci ripenso mi sento un sopravvissuto. Oggi non ho paura di invecchiare. Posso aggiungere un commento su Andy Warhol, visto che l’ha nominato?”. Prego. “Era un insetto. Con una grande consapevolezza del potere del marketing: nulla in lui era spontaneo”» (Sica) • «In alcune interviste che ha rilasciato ho letto che lei ha vissuto anche periodi di vita ritirata. Ora le cito Proust: Longtemps, je me suis couché de bonne heure. Che rapporto ha avuto, nella sua vita, con l’andare a letto presto? “Sono stato quasi sempre un essere notturno, per la verità. Dormo poco, ho sempre dormito poco: cinque-sei ore, non di più. Da ragazzo leggevo, per ore, sotto le coperte con una torcia. E nell’88, in seguito a un disamore, ho deciso di frequentare fino in fondo la notte e mi ci sono buttato. È la mia zona oscura. Vivevo di notte, solo di notte. È durata tre anni, dopodiché ho smesso e ho ricominciato a vedere la luce del giorno. E ora, sì, je me couche de bonne heure, e mi alzo alle 5 del mattino. È un momento fantastico della giornata, quello, magico, mentre tutti gli altri dormono: organizzo il lavoro della giornata, rispondo alle mail, leggo, faccio le salse, faccio meditazione. E se è inverno, a un certo punto vedi albeggiare, e diventa un’esperienza veramente vitale”» (Veronesi) • «Oggi che cos’è per lei la trasgressione? “La buona educazione, il senso etico, il rispetto dei valori. Tutte cose che non sono più di moda”» (Satta) • «Lei sogna di continuare la sua attività artistica a oltranza, come Aznavour, o sogna di smettere, un giorno? “Oh no, a oltranza no. Anzi, ho espressamente chiesto ai miei amici di farmi ricoverare se a settant’anni volessi salire su un palco a cantare Bandido. La mia musica non può essere fatta oltre una certa età, io non sono come Aznavour o Frank Sinatra. Però continuerò sempre a scrivere musica: è aria, per me» (Veronesi).
Vita privata Ha amato donne e uomini. Per anni è stato legato allo scultore spagnolo Nacho Palau, ma si sono lasciati nel 2018 • «Ho avuto delle grandi passioni, non lo nego, ma la musica è sempre stata più importante. La razionalità, in me, ha sempre prevalso sulla parte emotiva» • «Scusi, lei non è mai stato innamorato? “Non credo. Il vero amore è quello che provo oggi per i miei bambini. Mi domando: ma dove lo tenevo nascosto, prima che nascessero?”» (Satta) • Ha due coppie di gemelli, Diego e Tadeo, e Ivo e Telmo, avuti da madri surrogate • «Portano i miei due cognomi, Bosé e Dominguín, e sono soltanto miei» • «È al centro delle critiche per la mercificazione del corpo della donna. “E certo, voi avete il Vaticano… Se migliaia di persone che - per ragioni diverse - non riuscivano ad avere una famiglia, grazie a queste pratiche ci riescono, non è un progresso? E i bambini saranno molto amati perché molto desiderati, molto cercati”» (Giovagnini) • «Quando hai quattro maschi alfa devi imporre delle regole: se uno trasgredisce, gli altri lo seguono. I miei figli crescono liberi di esprimersi, ma devono rispettare gli orari. Alle sei del mattino siamo tutti in piedi, alle 7.30 si va a scuola, alle 18.30 si cena. E il momento della tavola è sacro. Sono un papà molto amoroso, ma ho preso tardi la decisione di avere dei figli, e di farlo da single: sento la responsabilità di forgiare il loro carattere. Voglio che da grandi siano felici» • Lucia Bosé: «L’ho sempre appoggiato. Ha la raffinatezza e l’intelligenza machiavellica italiana e il senso dello spettacolo spagnolo. Suo padre era all’antica, avrebbe avuto una reazione dura, ma i tempi cambiano ed è un bene» • «Le mie due sorelle all’inizio erano un po’ gelose: quando sono nati i loro figli, nostra mamma non si faceva vedere spesso, era distaccata. Gliel’ho fatto notare e mi ha risposto: “Una diva non può diventare nonna a 55 anni. È un’offesa. Solo ora che ne ho 81 posso dedicarmi ai nipoti”» (a Sica, nel 2012).
Politica «Ho le mie idee politiche, che sono idee di sinistra e attiviste, ma non credo più nel sistema. Mi ero iscritto al partito radicale di Marco Pannella e Emma Bonino quando era una forza extra-parlamentare: nel momento in cui hanno avuto qualche seggio in Parlamento tutto è imploso» (a Rossi e Martelli).
Curiosità Ha la cittadinanza italiana e quella colombiana • «Quante lingue parla? “Spagnolo, italiano, francese, inglese, portoghese: cinque”» (Veronesi) • «Si sente minacciato dai nuovi fenomeni musicali che esplodono su internet? “No, bisogna accettare senza paura le nuove regole del mercato e la comunicazione sempre più veloce. I bambini nascono già adattati alle nuove tecnologie”» (Satta) • Amico di Javier Bardem e Penélope Cruz • Gli piace il calcio • Nonostante abbia ancora parenti che fanno i toreri, lui è contrario alla corrida • Sua madre è morta durante l’epidemia del coronavirus del 2020. Abitavano ancora assieme, a Panama, in una casa sul mare. «È tornato là dove tutto partì. “Non capivo perché sono nato qui: mia madre accompagnava mio padre in tour “taurino” nell’America centro-meridionale, poteva accadere ovunque… Adesso prende un senso. Stando a Madrid soffrivo quando dovevo lasciare i piccoli per le tournée, invece Panama è equidistante dalle capitali d’America (dove ho il grosso del lavoro): posso rientrare spesso”» (Giovagnini) • «Ho costruito una carriera stupenda senza essermi alzato una sola mattina pensando che andavo a lavorare. Ho imparato a godere delle piccole cose, a capire l’importanza dei segni. Non ho rimpianti, mi sono fabbricato la vita che volevo e sono felice di mantenere uno spazio nel cuore della gente. Gli sbagli e i dolori li ho dimenticati» (alla Satta).
Titoli di coda «Come vorrebbe che fosse l’ultimo giorno della sua vita? “Superato il secolo di vita, in buona lucidità mentale, discreta salute, in condizioni di indipendenza fisica ed economica, vado a letto dopo cena e non mi sveglio più”» (Veronesi).