2 aprile 2020
Tags : Milan Kundera
Biografia di Milan Kundera
Milan Kundera, nato a Brno il 1° aprile 1929 (91 anni). Scrittore. Spesso considerato papabile al Nobel per la Letteratura. Autore del romanzo L’insostenibile leggerezza dell’essere, scritto nel 1982 e pubblicato nel 1984, che lo rese famosissimo • «Negli anni Ottanta è diventato per la Cecoslovacchia quello che Gabriel García Márquez fu per l’America latina degli anni Sessanta e Aleksandr Solgenitsin per la Russia degli anni Settanta. Ha portato l’Europa orientale all’attenzione dell’opinione pubblica occidentale, e lo ha fatto con una sensibilità letteraria di valore universale» (Olga Carlisle, New York Times, 19/5/1985) • «È stato il Grande Esule, l’ultimo di una generazione che si ribellò al “socialismo reale”» (Mario Baudino, La Stampa, 16/11/2018) • Scappato dalla Cecoslovacchia comunista nel 1975, si trasferì in Francia, ne prese la cittadinanza e cominciò a scrivere in francese • «Scrive una cinquantina di opere tra romanzi, saggi, drammaturgie: ciascuna di esse va letta come un continuo dell’altra, un capitolo aggiunto di una nuova letteratura» (Marco Missiroli, La Lettura, 30/9/2018) • «Crea intorno ai personaggi una fitta tramatura di riflessioni e pensieri, un clima quasi evanescente dove essi si sfaldano, casuali silhouettes in un gioco in cui tempo e oblio, memoria e nostalgia sono i veri protagonisti» (Luigi Forte, Tuttolibri, 1/6/2001) • «Ci sono autori i cui libri sembrano esistere allo scopo di essere sottolineati, scarabocchiati, chiosati sfrenatamente, a costo di ridurli in pezzi. Milan Kundera è tra questi: ogni capoverso, ogni paragrafo ha il potere di schiudere spazi nuovi e autosufficienti, monadi testuali con cui baloccarsi selvaggiamente» (Alessandro Piperno, Corriere della Sera, 28/3/2019).
Titoli di testa «Debbo avvisarla che non sono la persona giusta per essere intervistata. Non voglio parlare di me, né della mia vita, né tantomeno della condizione della mia anima. La mia discrezione rasenta livelli patologici, e non c’è niente che possa farci. Se per lei va bene, vorrei parlare esclusivamente di letteratura» (alla Carlisle).
Vita «Sono nato un primo aprile. Questo non può non avere un impatto sul piano metafisico» (Leonardo Martinelli, La Stampa) • Suo padre, Ludvik Kundera, è un pianista. Ha una passione per le avanguardie - Stravinsky, Bartok e Schoenberg - è stato anche allievo del compositore Leoš Janáček • «Mio padre suonava in sale da concerto semi-vuote. Da ragazzino odiavo il fatto che il pubblico si rifiutasse di ascoltare Stravinsky e applaudisse solo Tchaikovsky o Mozart. È stato così che mi sono appassionato all’arte moderna, per una specie di fedeltà a mio padre, però mi sono rifiutato di intraprendere la carriera di musicista. La musica mi piaceva, ma non mi piacevano i musicisti. Al solo pensiero di passare la vita tra i musicisti, mi mancava il respiro» (Carlisle) • Milan sceglie la letteratura. Scrive tre volumi di poesia, un testo teatrale, un saggio letterario, un volume di racconti. Poi decide di iniziare il suo primo romanzo: «Ho cominciato a scrivere Lo scherzo verso il 1961, più o meno sicuro che sarebbe stato pubblicato. Durante gli anni sessanta, molto tempo prima della Primavera di Praga, il realismo socialista e tutta l’ideologia ufficiale erano già morti, avevano ormai solo una funzione di facciata che nessuno prendeva più sul serio. Terminato nel dicembre del 1965, il manoscritto rimase circa un anno negli uffici della censura che, alla fine, non pretese nessun cambiamento. Il romanzo fu pubblicato nella primavera del 1967 ed ebbe in rapida successione tre edizioni che raggiunsero globalmente una tiratura di 117.000 copie» (in Massimo Rizzante, Un dialogo infinito. Note in margine a un massacro, Effigie, Milano, 2015) • La trama: «Nella Cecoslovacchia socialista del secondo Dopoguerra, uno studente provoca una ragazza che lo trascura per i corsi di partito. “L’ottimismo è l’oppio dei popoli! Lo spirito sano puzza di imbecillità! Viva Trockij!” scrive Ludvík a Markéta. La sua cartolina non ha alcun significato politico: è un messaggio privato, la battuta pretestuosa di una scaramuccia d’amore. Ma nel nuovo regime non c’è posto per questo registro, e lo studente cade in disgrazia. Viene espulso dal partito e dall’università, sconta il servizio militare in un villaggio minerario, conosce il carcere. La sua esistenza è rovinata da un gesto frivolo, sentimentale e umoristico, compiuto in un paese che non sa più stare allo scherzo. Molti anni dopo, contro i propri persecutori, Ludvík progetterà una vendetta che passa specularmente per una sorta di machiavellismo erotico» (Matteo Marchesini, Il Foglio, 21/9/2019) • «“Nella primavera del 1968 il libro ottenne il premio dell’Unione degli scrittori cecoslovacchi. Dal romanzo ricavai in seguito una sceneggiatura per il mio amico Jaromil Jireš, il quale ne fece un film che non ho mai smesso d’amare. La critica letteraria si occupò poco dell’aspetto politico del libro, mettendo in evidenza invece la sua matrice esistenziale [...] Come vedi, agli inizi del mio percorso di romanziere mi sono sentito perfettamente compreso in patria. Ma fu un momento di breve durata. Un anno dopo, nel 1968, l’invasione russa instaurò di nuovo uno stalinismo antidiluviano e intellettualmente oppressivo. Fu allora che Lo scherzo sparì dalle librerie e dalle biblioteche”. E fu allora che l’avventura internazionale del tuo romanzo ebbe inizio... “Nel 1967, subito dopo la pubblicazione del romanzo, la mia casa editrice praghese, euforica per il successo del libro, propose il romanzo a Gallimard. Qui il manoscritto fu consegnato, come di regola, a un lettore, un ceco che viveva a Parigi. Questi trovò il romanzo privo di ogni interesse e la faccenda finì lì. Il caso volle che un intellettuale praghese, Antonín Liehm, una sorta di emissario dell’arte non ufficiale ceca all’estero, parlasse del romanzo ad Aragon che, a quell’epoca, mostrava una grande solidarietà nei confronti degli intellettuali dei paesi comunisti che si opponevano ai loro regimi […] Senza neppure conoscere il testo ceco, egli lo raccomandò a Claude Gallimard, il quale decise di pubblicarlo. A questo punto il caso intervenne di nuovo: Lo scherzo uscì i primi giorni di settembre del 1968, cioè esattamente tre settimane dopo l’invasione russa della Cecoslovacchia! Fu sotto lo choc provocato da quell’avvenimento che Aragon, probabilmente di getto e all’ultimo momento, scrisse la sua prefazione al romanzo, diventata poi celebre”» (Rizzante) • «Il libro ha natura, diciamo, crittografica, nel senso che dice meno cose di quante ne sottintenda, e non sembra che il suo illustre prefatore, lo scrittore francese Louis Aragon, si sia gran che preoccupato di renderne i significati nascosti» (recensione del Corriere, 1969) • «Per tutti io ero soprattutto un soldato giunto a bordo di un carro armato e tutti elogiavano il coraggio con il quale avevo lottato contro il totalitarismo. Ma quando stavo scrivendo Lo scherzo io non mi sono mai sentito particolarmente coraggioso. La mia sfida non era politica, ma esclusivamente estetica» (in Rizzante) • «Il regime mise al bando i suoi libri nel 1970. Kundera, che insegnava alla Scuola di cinema di Praga, ne venne allontanato. Sopravvivrà, fino all’ esilio, facendo oroscopi sotto pseudonimo in riviste per ragazzi. E, visto che sapeva suonare il pianoforte, venne ingaggiato in un’orchestrina che si esibiva nelle taverne di una regione mineraria» (Martinelli) • Nel 1975 gli concedono un visto per andare a insegnare all’università di Rennes, nel 1977 glielo rinnovano. Ma dopo la pubblicazione del Libro del riso e dell’oblio e di un’intervista a Le Monde in cui critica il partito, gli tolgono la cittadinanza e lui diventa apolide • «L’oppressione può distruggere completamente la cultura. La cultura ha bisogno di dibattito pubblico, di libero scambio di idee; le servono libri, mostre, dibattiti e confini aperti» (alla Carlisle) • Nel 1981, dopo l’elezione di François Mitterrand a presidente della Repubblica, la Francia gli concede la naturalizzazione. Nel 1984 esce L’insostenibile leggerezza dell’essere e diventa famosissimo. «Subito smise di concedere interviste: prima di lui, dovevano “parlare” le sue opere» (Martinelli) • «Nessun protagonista nei miei romanzi è un auto-ritratto, e nessuno dei miei protagonisti è la trasposizione di una persona vera. Non mi piacciono le autobiografie sotto mentite spoglie. Odio i pettegolezzi degli scrittori. Per me, essere indiscreti è un peccato capitale. Chiunque riveli la vita intima del prossimo dovrebbe essere frustato. Viviamo in un’epoca in cui la vita privata è stata distrutta. La polizia l’ha distrutta nei Paesi comunisti, i giornalisti la minacciano nei Paesi democratici, e poco per volta la gente perde l’idea stessa che la vita privata sia importante. Vivere senza potersi nascondere dallo sguardo altrui è l’inferno. Chi vive sotto un regime totalitario lo sa, ma quel sistema non fa che amplificare, come una lente d’ingrandimento, le tendenze della società moderna. La devastazione della natura; il declino del pensiero e delle arti; la burocratizzazione, la spersonalizzazione; la mancanza di rispetto per la vita privata. Senza riservatezza, niente è possibile – non l’amore, e nemmeno l’amicizia» • Philip Roth, negli anni Ottanta, riporta queste sue parole: «Quando portavo i pantaloni corti, sognavo di avere una pozione magica che mi rendesse invisibile. Poi, diventato adulto, ho cominciato a scrivere, e volevo avere successo. Ora che ho successo, vorrei di nuovo avere quella pozione e diventare invisibile» • «Dal romanzo La lentezza Milan Kundera ha trovato la sua patria nella lingua francese. È diventato leggero, sobrio, conciso. Il terreno della sua prosa resta il conte philosophique, il romanzo di idee tenute insieme spesso da un’esile trama, un gioco di specchi in cui s’inseguono realtà, sogno e fantasia. Ma la lingua ora è più rarefatta, vagamente astratta. Concreti restano invece i suoi interrogativi: l’esilio, il tempo, la memoria. È come se la lingua francese lo riportasse alla sua sperduta identità ceca, ai temi esistenziali radicati in una frattura originaria, che gli attraversa anima e corpo: una patria da riattivare nei ricordi con un idioma straniero che è mite distanza, elaborazione del lutto. Così come la fredda geometria dei viali parigini lo rimanda per contrasto alle viuzze tortuose, a saliscendi, di una Praga priva di ogni enfasi magica» (Forte).
Vita privata Sposato con Vera Hrabanková. Non hanno avuto figli.
Curiosità Gli piacciono i film di Fellini e la musica jazz • Detesta la retorica e le cerimonie • «Non sono mai stato un credente, ma dopo aver visto i cattolici cechi perseguitati durante il terrore staliniano, ho provato per loro la più profonda solidarietà. Quel che ci separa, la fede in Dio, era secondario rispetto a quel che ci univa» • Ha riavuto la cittadinanza ceca solo nel 2019, ma ha deciso di rimanere in Francia • Abita con la moglie a Parigi, dove conduce una vita riservatissima, non partecipa a eventi e non concede interviste. Ha casa in rue du Cherche-Midi, nel sesto arrondissement • La sua ultima intervista a un giornale risale al 1986 • «Chi lo frequenta dice che è spiritoso e sarcastico» • «Lo si può ancora vedere in giro per il centro di Parigi a braccetto con Vera» (Martinelli).
Titoli di coda «Riservato, in realtà nelle foto anche recenti, scattate talvolta suo malgrado, sorride, con quella bella faccia d’anziano, un naso da pugile e gli occhi azzurri».