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 2020  febbraio 27 Giovedì calendario

Biografia di Filippo Timi


Filippo Timi, nato a Perugia il 27 febbraio 1974 (46 anni) • «Attore? Autore? Scrittore? Regista? Sceneggiatore? Pittore? Costumista? Doppiatore? Ballerino? Idolo delle femmine? Icona degli omosessuali? Eterosessuale? Gay? Bisex? Pansessuale? Balbuziente? Quasi cieco? Ex atleta? Ex zoppo? Complessato? Fobico? Ipercinetico? Ipocondriaco? La cosa buffa è che a tutte queste domande si può rispondere sì. E sicuri di non sbagliare» (Francesco Cevasco, Corriere della Sera, 27/6/2014) • «Alto, spalle larghe, barba e capelli arruffati, quarantasei di piede, Timi è un uomo ingombrante. Si racconta sempre divertito e, anche quando esita sulle sillabe, sdrammatizza» (Irene Maria Scalise, la Repubblica, 21/9/2010) • «Eccessivo, esagerato, provocatore. Scrive, recita, dipinge, sceneggia, fa regie. Se la posta in gioco è bassa, non ci si mette neanche. Al cinema è stato Mussolini con Bellocchio, padre-padrone nazistoide con Salvatores, orco pedofilo con Gaglianone. A teatro un Amleto vizioso e una casalinga americana anni ‘50 con i capelli cotonati» (Raffaella Grassi, Il Secolo XIX, 31/10/2014) • «Ha interpretato Satana, Mussolini, il frate, l’operaio, il pedofilo, l’alcolista, la guida alpina, Don Giovanni, il pornodivo… È andato in scena vestito da donna e fatto parlare Romeo e Giulietta in dialetto perugino» (Gloria Satta, Grazia, 18/10/2013) • «A teatro è dissacrante, al cinema commovente, in tv carismatico, leggere i suoi libri è uno spasso. Il talento di Filippo Timi è una fonte inesauribile di sorprese» (Rosa Maiuccaro, Vanity Fair, 22/4/2016) • Ha lavorato per il cinema, il teatro e la televisione. Tra i suoi film: Saturno contro (Ferzan Özpetek, 2007); I demoni di San Pietroburgo (Giuliano Montaldo, 2008); Come Dio comanda (Gabriele Salvatores, 2008); Vincere (Marco Bellocchio, 2009); La solitudine dei numeri primi (Saverio Costanzo, 2010); Vallanzasca – Gli angeli del male (Michele Placido, 2010); Quando la notte (Cristina Comencini, 2011); Com’è bello far l’amore (Fausto Brizzi, 2012); Un castello in Italia (Valeria Bruni Tedeschi, 2013); Asterix & Obelix al servizio di Sua Maestà (Laurent Tirard, 2013); Sangue del mio sangue (Marco Bellocchio, 2015) • Ha recitato, tra l’altro, in due serie tv: I delitti del Bar Lume (Sky Cinema, 2013) e Il candidato – Zucca presidente (Rai 3, 2014-2015). Sul piccolo schermo ha presentato Tadà (Nove, 2016) e Skianto Sanremo 67 (Rai 3, 2020).
Balbuzie «Ci sono giorni che perdo un treno perché non riesco a farmi capire quando chiedo il biglietto, poi la sera salgo in palcoscenico e recito senza intoppi un monologo di due ore. Una magia».
Cecità «Non vedo al centro dell’occhio. Ora non è preoccupante perché ho una visione periferica che mi permette di muovermi, anche se non posso guidare, ho difficoltà con le tastiere e a leggere i nomi delle strade. Per leggere uso un lentino, una fatica impressionante. Il palcoscenico me lo studio centimetro per centimetro prima dello spettacolo. Purtroppo è un morbo degenerativo che mi hanno scoperto a 21 anni, nella migliore delle ipotesi diventerò cieco. Pazienza».
Titoli di testa «Io l’ecstasy non l’ho mai presa. E sa perché? Perché ero troppo povero per comprarla» (Cevasco).
Vita «Sono nato a Ponte San Giovanni, a quindici chilometri da Assisi. A quindici chilometri da San Francesco» (a Cevasco) • «Un paese inutile» • Mamma infermiera, papà operaio • «“Sono cresciuto guardando la tv il pomeriggio. Poi I bellissimi di Rete4, Fantastico, imperdibile come Sanremo che seguivo con tutta la famiglia”. Mai stato snob? “Scherza? Bisogna essere pop e intellettuale insieme”» (Silvia Fumarola, la Repubblica, 26/11/2019) • Da ragazzino sogna di portare per merenda, a scuola, non pane burro e alici, ma un panino al prosciutto, come Giuseppe, il primo della classe. Convince la mamma, ma sa che è un’eccezione. Allora ha un’idea: mostra a tutti il panino, finge di mangiarlo e lo rimette in cartella. Così per giorni: «Purtroppo poi marcì e fui costretto a buttarlo» (a Terry Marocco, La Stampa, 3/6/2006) • «In un tema di quinta elementare scrissi che da grande mi sarebbe piaciuto essere una specie di Elvis Presley per avere tante ragazze che mi chiedessero l’autografo» (alla Scalise) • «Facevo parte del gruppetto degli sfigati, soffrivo anche di ernia e i medici avevano ordinato ai miei di non farmi piangere: mia sorella mi odiava perché mi vedeva come un privilegiato. Ero il classico “ciccio” che non ha mai avuto il motorino. Quel tipo di bambino che fa tenerezza agli adulti e che i coetanei sfottono» • I compagni di scuola non gli perdonano la passione per la poesia e il pattinaggio artistico e l’indifferenza per il calcio: «Ero perfetto per essere preso in giro. Dai sette ai quindici anni ho catalizzato l’aggressività dei miei amichetti. Poi ho fatto a botte per la prima volta e guai a chi mi toccava più» • «“Avrei voluto essere meno sensibile” […] Essere sensibili cosa vuol dire? “Sensibile vuol dire che permetti alle emozioni di coinvolgerti, che sei aperto al dialogo, agli altri. Purtroppo sono in pochi ad esserlo”» (HuffPost, 12/2/2020) • A 14 anni viene violentato da un compagno • «Ero un borghesuccio da paesetto, che suda e non ha la fidanzata perché è brutto. Puntai tutto sulla simpatia e sul fare ciò che nessuno faceva: raccoglievo le caramelle che gli altri lanciavano sulla superstrada, tra le macchine a duecentoventi all’ora. O mi mettevo gli spilli sotto le unghie» • «Facevo le scuole superiori all’istituto d’arte. Moda e costume, design. Mi piacevano ma non sapevo mica bene che cosa fossero. Mi piaceva Dalì. Ho anche dipinto una porta di casa, imitandolo» (a Cevasco) • «Il sedicenne Timi rinuncia a un possibile sesso perché teme di essere contagiato dall’Aids: si mangia le unghie, si crea microlesioni, il sangue che emette e che può ricevere da un eventuale partner lo terrorizza. Una brava psicologa lo rimetterà (più o meno) a posto nel cervello. E Filippo non avrà più paura della Morte Nera. Ma nel frattempo sono passati anni: “E quante occasioni ho perso….”» (Cevasco) • «Ho le balbuzie da quando compii 17 anni» • Appassionato di filosofia, si iscrive all’università, ma a 19 anni lo cacciano a un esame, lui abbandona gli studi: «Mi ero presentato con il rimmel blu elettrico sugli occhi. Volevo imitare Socrate che ai simposi si truccava con colori propiziatori. Il professore, alla quarta domanda a cui rispondevo con una domanda, mi mandò via» • «Sua madre voleva che facesse l’architetto oppure lo stilista, invece Timi prima di diventare attore ha fatto di tutto, anche il cubista nelle discoteche “con il perizoma, ma senza prendere droghe o bere alcol. Non potevo spendere i soldi guadagnati”. E poi fa il ballerino in un’opera di Mozart, il modello in una sfilata di Armani» (Marocco) • Arriva al mestiere d’attore per caso: «Accompagnai un amico a fare un’audizione al Centro di Pontedera e, data la carenza di attori maschi, presero anche me» • «Ero bello e insofferente» • «Senza aver frequentato nessuna scuola, Filo fa il primo provino con Giorgio Barberio Corsetti, il debutto è a fianco di Franco Citti in La nascita della tragedia. “Mi diceva: ‘Saresti andato a genio a Pasolini, sei così belloccio’”» • «Fu il mio vero debutto e l’inizio dell’amore artistico per Giorgio che mi accettò con tutta la mia energia da cavallo brado e mi fece entrare in compagnia» • • «Sentendomi ignorante, ho campato per anni di citazioni. Fu Corsetti a dirmi: “Abbiamo capito che hai studiato, mo’ basta. Tu che pensi?”. E io: “Come direbbe Deleuze...”, “Non Deleuze, tu!”» • «Poi l’incontro con “l’unica donna che ho amato veramente”, come chiama ridendo Carmelo Bene: “Cominciò ad elencarmi i nomi di filosofi contemporanei, dovevo studiare perché per lui gli attori sono estetica dell’anima”» (Marocco) • «A 23 anni mi sono accorto di avere il morbo di Stargardt, ho come un buco nel campo visivo. Forse non ci vedevo neanche prima, ma non ci avevo mai fatto caso. O forse non volevo vedere il centro dei miei desideri oscuri» (ibidem) • «Ho passato una notte a piangere sperando in un miracolo. La mia vita era senza via d’uscita, solo, senza soldi. Pregavo perché volevo le stigmate. Mi sono risvegliato tra schizzi di sangue dopo aver tentato di tagliarmi i polsi» (ibidem) • «“A ventiquattro anni, nel ’99, ho debuttato nel cinema con un film di Anna Negri. Un´esperienza indimenticabile”. Da quel momento molti registi lo scoprono e sembrano innamorarsi di questo ragazzone. Improvvisamente è ovunque. In memoria di me di Saverio Costanzo, in Saturno contro di Ferzan Ozpetek, ne I demoni di San Pietroburgo di Giuliano Montaldo, in Signorina Effe di Wilma Labate, in Come Dio comanda di Gabriele Salvatores. E naturalmente in Vincere di Marco Bellocchio. “Al cinema ho portato molto del teatro, soprattutto la forza espressiva del mio corpo, forse perché non mi fido della parola. Attraverso la parola spesso tradisci quello che vuole dire il personaggio, e proprio per costruire un ruolo credibile non mi baso mai su quello che il personaggio dice”» (Scalise) • «Una persona normale per parlare usa una trentina di muscoli, mentre un balbuziente ne usa 300, arriva a parlare muovendo i muscoli dei piedi, mette in moto energie in più. Io sono costretto a una presenza totale, quando recito. Tutto l’opposto di quando non sono a teatro: nella vita divento fragile, reagisco con eccessi, e le fidanzate mi dicono che sono troppo vulnerabile e geloso» • Nel 2013, nel film Un castello in Italia di Valeria Bruni Tedeschi, deve interpretare un aristocratico malato di Aids, personaggio ricalcato sul fratello di lei. Gli fanno perdere diciotto chili: «Come ha fatto a dimagrire tanto? “Mi sono affidato a un personal trainer crudelissimo che per prima cosa mi ha annunciato: soffrirai” E lei ha sofferto? “Come un pazzo. Per due mesi mi sono nutrito di bianchi d’uovo, insalata e nient’altro. Dopo un po’, ho cominciato a perdere la memoria, poi il nervo della gamba destra si è messo a battere sull’osso, bloccandomi il piede”» (Satta) • «Come è nato Skianto? “Ho una cugina handicappata, oggi una donna adulta con il cervello di una bambina di sei mesi. È nata con la scatola cranica senza fessure, senza cerniere, con il cranio sigillato, un unico pezzo. Il suo cervello non è potuto crescere. Abitava sopra casa mia, ero sempre con lei, la sognavo e ci parlavo, immaginavo che mi dicesse che faceva finta, che in realtà capiva tutto. Forse questo mio estremo bisogno di comunicazione è iniziato da lì, ho passato la mia infanzia con lei. Ho sempre voluto sapere cosa ci fosse “dentro” mia cugina. E ho scritto questo monologo, in cui provo a far sorridere e a far uscire tutta la rabbia compressa. A un certo punto mi trasformo anche in un pattinatore umbro» (Grassi) • «Sono soddisfatto del mio equilibrio, della capacità di non crearmi ansie. Ho smesso di chiedermi cosa ne sarà di me in futuro. Credo che la carriera di un attore si basi sui sì ma soprattutto sui no, sui film che facciamo e su quelli che non facciamo. In questo periodo faccio tanto teatro, lavoro in televisione. Insomma sono preso da altre cose e ho la fortuna di non stare mai con le mani in mano. Spero comunque che arriverà presto un nuovo ruolo al cinema, al massimo lo scriverò io!» (Maiuccaro).
Città «Perché ha abbandonato Roma per vivere a Milano? “Roma è magnifica per fare l’amore e guardare i tramonti, ma Milano si addice di più al mio ribollire creativo. Roma è una bella donna di trent’anni che ti si offre, Milano una quarantenne che ti chiede cosa hai da darle”» (Satta).
Amori «Io vorrei fare sesso sempre con tutto il cast» (ad Annalia Venezia, Panorama, 8/4/2011) • Ha amato uomini e donne • «Direi che sono scisso: sessualmente, una chimera. Non so esattamente dove mi trovo, ma intendo approfondirlo» • «Quando mi chiedono se sono gay, etero o bisex, rispondo che sono tutto» • Nel 2016 a Manhattan ha sposato Sebastiano Mauri, artista e scrittore, discendente della stirpe editoriale dei Mauri, suo fidanzato da tempo.
Denari Quando la madre lo vide per la prima volta in tv, dalla Bignardi, gli chiese un bonifico: «Me lo fai un regalino, Filì? Pensa che chiunque passa dentro la scatola della tv sia ricco. Non fu facile convincerla del contrario» • «Sa come me li godo i miei soldi? Ci ho rifatto i termosifoni e le finestre nella casa dei miei genitori. E il regalo l’ho fatto a me, non a loro. E l’altro regalo l’ho fatto sempre a me: ora vado al supermercato e mi compro la pasta; prendo il primo pacco che trovo costi quel che costi. Prima andavo a comprare la pasta con una lente d’ingrandimento, come quella di Sherlock Holmes, lo sa che io quasi non vedo?, e grazie alla lente scoprivo quella pasta che costava meno» (Cevasco).
Scrittura Autore di tre romanzi: Tuttalpiù muoio (2006) scritto con Edoardo Albinati, E lasciamo cadere queste stelle (2007), Peggio che diventare famoso (2008), i primi due per Fandango, il terzo per Garzanti. Nel 2009, sette suoi racconti sono stati pubblicati da Mindgard nell’ambito del progetto Racconti Perugini.
Politica Dice di intendersene poco, solo insistendo gli si riesce a far dire qualcosa • «Sono sinistroide. Ma gli estremisti sbagliano. Come i religiosi integralisti. Di tutte le chiese. Mi piace l’ideologia della tolleranza» (a Cevasco) • «Il teatro è tutto politico, anche se fai Medea o Amleto, la politica passa attraverso l’arte. Provo la mia rivoluzione con i mezzi che ho, la scrittura, un film, uno spettacolo» (alla Grassi).
Curiosità «Mia madre si agita come una bambina appena legge un articolo che mi riguarda sul Corriere dell’Umbria» • Da giovane è stato campione regionale di pattinaggio • Ha un cane di nome Petra, una femmina di Shiba Inu • Ha avuto delle erezioni sul palco: «“Mi è capitato due volte, mentre facevo Tiresia in Metamorfosi: mi sono buttato nel laghetto che faceva parte della coreografia. L’altra volta ero Danton e successe all’ultima scena, prima della capitazione. Avevo pantaloni bianchi, leggeri”. Imbarazzante? “No, perché? Sono cose belle, il corpo non è imbarazzante. E poi il pubblico mica se n’è accorto”» (a Marina Cappa) • Con il suo problema agli occhi non ha potuto prendere la patente: «Ogni tanto penso a quanto mi piacerebbe guidare» • «Con il computer mi sono abituato a usare i caratteri quaranta e grazie all´iPhone riesco a inviare anche i messaggi» • Ha doppiato il mammut Manfred nell’Era glaciale 4 e nell’Era glaciale 5 • Dipinge a olio. Ha iniziato una volta che era in vacanza in Argentina • Gli piace Fred Buscaglione • «Credo nell’aldilà perché ho il terrore di disperdermi totalmente e ineluttabilmente» • Elio Germano, subito dopo aver vinto la Palma d’oro a Cannes, al telefono gli ha detto: «Ahò, Filì, sto vicino a Javier Bardem: ma lo sai che siete identici!» • «Quando esagero penso: chi credi di essere? Tu fai la cacca come tutti gli esseri umani. Sei come gli altri. Sogna pure che un giorno qualcuno con il suo accento americano, al Dolby Theatre di Los Angeles con una statuetta in mano, quella dell’Oscar, dirà di te: the winner is… “Failippi Taimi”. Chi se ne frega se storpiano il mio nome, ma ho vinto l’Oscar. No, Filippo, torna indietro: pensa che fai la cacca come tutti gli altri» (a Cevasco) • «Che cosa è rimasto del ragazzino obeso, quasi cieco e sfigato? “Tutto, anche ora che sono un contadino rifatto con le scarpe buone. Quel bambino ci sarà sempre”» (Satta).
Titoli di coda «Si è abituato all’idea di essere un sex symbol? “Se lo sono io, c’è speranza per tutti!”» (Satta).