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 2020  febbraio 27 Giovedì calendario

Biografia di Dino Zoff


Dino Zoff, nato a Mariano del Friuli, in provincia di Gorizia, il 28 febbraio 1942 (78 anni). Calciatore. Fu portiere dell’Udinese, del Mantova, del Napoli e infine della Juventus (dal 1972 al 1983). Portiere della Nazionale dal 1968 al 1983. Campione del mondo nel 1982. Campione d’Europa nel 1968. È l’unico italiano ad aver vinto entrambi i titoli • «Il più grande portiere che l’Italia abbia mai avuto» (Nino Materi, Il Giornale, 22/2/2016) • «Dino Zoff in Nazionale è un portiere eccezionale» • «Girava voce che avesse segnato perfino Zoff di testa su calcio d’angolo» (Il secondo tragico Fantozzi) • Con la Juventus sei scudetti (1973, 1975, 1977, 1978, 1981, 1982), due coppe Italia (1979, 1983) e una coppa Uefa (1977), perdendo due finali di coppa dei Campioni (1973 con l’Ajax, 1983 con l’Amburgo). Secondo nella classifica del Pallone d’oro 1973, 6° nell’81, 8° nell’82, 11° nell’80, 26° nel 1976. Da allenatore guidò la Nazionale olimpica raggiungendo imbattuto la qualificazione per Seul 1988, con la Juventus vinse nel 1990 coppa Uefa e coppa Italia, con la Nazionale maggiore conquistò il secondo posto agli Europei del 2000 (sconfitta 2-1 con la Francia al golden gol). È stato anche sulle panchine di Lazio e Fiorentina • «Zoff è Zoff, capitano e leader morale, il prolungamento in campo del “Vecio” Bearzot» (Paolo Condò, La storia del calcio in 50 ritratti, Centauria 2019) • «Il monumento. Il mito. Il moloch che al San Paolo chiamavano “Nembo Kid”. Il supereroe nazionale che a diecimila metri ballava con Pertini tra le insidie dello scopone scientifico non ha mai truccato il mazzo delle carte» • «Essendo uomo di sostanza più che di apparenza, badava al sodo. Non volava come Albertosi. Non si gettava tra i piedi dell’attaccante come Ghezzi. Non era istintivo come Castellini. Sembrava che fosse il pallone, deferente, a finire dalle sue parti. Per non farlo sporcare: cadere e tuffarsi, in fin dei conti, gli piaceva poco e poi lo facevano tutti. Zoff stava fermo. I suoi non erano balzi, ma passi impercettibili che lo portavano comunque a incontrarsi con il pallone» (Roberto Renga) • «“Con poca umiltà e forse con presunzione, nel mio campo d’azione mi sono sempre sentito unico. Mai umile, ma sicuramente autocritico. Anche l’autocritica in fondo è un sintomo di arroganza. Presuppone tigna, ricerca di miglioramento, voglia di essere il più bravo, di spostare con l’applicazione i confini del tuo talento”. Mario Soldati la definiva “cavaliere dell’800”. “Ma io mi sentivo artigiano o se preferisce operaio specializzato. Anzi, specializzatissimo”» (Malcom Pagani, Il Fatto Quotidiano, 5/10/2014).
Titoli di testa «Zoff, ma lei è piccolo. “Sono uno e 82, ho perso un centimetro con l’età. Ma nell’Italia del dopoguerra un ragazzo di uno e 83 era un gigante”» (Aldo Cazzullo, Corriere della Sera, 6/11/2016).
Vita Secondogenito di due agricoltori • «Mamma Anna e papà Mario non facevano coccole, ma davano il buon esempio...» • «Non era un’epoca, quella, in cui i genitori si occupavano dei figli» • Il padre ha combattuto in Abissinia a metà anni Trenta ed è tornato con la nefrite. Poi si è fatto l’Albania e la Jugoslavia. Dopo l’8 settembre è finito in un campo di lavoro in Germania • «Aveva fatto tante guerre e cercava pace tra le rondini, il grano e il tinello di casa. Si informava. Era laico. Leggeva con lena Famiglia Cristiana e nei giorni di festa anche L’Unità» • «È vero che sua nonna Adelaide, a Mariano del Friuli, aveva ancora il ritratto di Francesco Giuseppe? “No, ma era nata austriaca, e la mentalità era quella. Se un giorno saltavi scuola, il giorno dopo dovevi andare accompagnato dai genitori”. Nella primavera 1945 lei aveva tre anni. Ha qualche ricordo? “Io che guardo alla finestra i tedeschi in ritirata, e mia madre che mi trascina via”» (Cazzullo) • «A casa mia le regole non erano scritte, ma scolpite. Si viveva di realtà e di concretezza, per scuse puerili e vittimismi non esisteva spazio» (a Pagani) • Suo padre gli ripete «La terra ti ripaga di ciò che le dai: se le offri amore, te lo restituisce» • «Cosa coltivavate? “Di tutto. Uva, granturco, frumento, patate, girasoli. E prugne. Mia nonna mi allenava tirandomele. Io le paravo con la canottiera bianca su cui la mamma aveva ricamato in rosso il numero 1”» (Cazzullo) • «Era solo un gioco. In realtà non lo so nemmeno io perché ho fatto il portiere, so solo che è stata una vocazione e come tale l’ho vissuta» (Silvia Nucini, Vanity Fair, 18/9/2014) • «Il portiere non è un ruolo, è un modo di essere. Implica una scelta iniziale molto difficile, quella di far parte di una squadra, sì, ma a distanza, da lontano. Da quella scelta ne discendono altre, ugualmente difficili: partecipare, ma solo nel momento cruciale, interrompere il gioco invece che continuarlo. Osservare il mondo in silenzio, come si osservano i campi, mentre le sementi crescono» • «Zoff si nasce o si diventa? “Avevo cinque anni e mi buttavo per strada con l’abito buono. Ero lo scemo del villaggio”» (Dotto) • «Non avevo idoli o modelli, la prima partita in tivù l’ho vista di straforo nel 1954. I grandi mi facevano giocare con loro, sapevano che ero bravino. Ma ero molto timido e ogni tanto mi facevano un po’ di bullismo, per esempio mi tiravano sempre dal lato in cui c’era più fango. Perché c’era tanto fango, dove giocavamo noi» • «Tre anni di avviamento, due di istituto tecnico-meccanico; poi sono andato a Gorizia a lavorare come motorista. Aggiustavamo jeep militari e giocavo nelle giovanili. Provai per la Juve, il Milan, l’Inter: capo del vivaio era Meazza. Non mi presero» (a Cazzullo) • «A 14 anni, quando viene tesserato dalla Marianese, non arriva a 160 centimetri. Per farlo crescere, sua nonna gli fa bere otto uova al giorno. L’esito è portentoso. Nel 1961, quando lo ingaggia l’Udinese e smette di fare il meccanico, è alto 182 centimetri» (Gherarducci) • Lo fanno esordire in serie A, ma alla sua prima partita prende cinque gol. In prima squadra ci torna solo tre volte • «Papà me lo diceva sempre: “Se sei bravo, continui, altrimenti ti scegli un lavoro vero”» • Dino è un ragazzo taciturno. «“Chi parla tanto, poco sa...”. Anche questo lo diceva suo padre? “Anche di lui si diceva che era un orso. Nulla di più falso. Lui era solo convinto che non è giusto parlare solo per aprire bocca. E io sono d’accordo. Non si inganna la vita con gli aggettivi”» (Materi) • «Una volta mi giustificai con mio padre per un gol preso: “Non me l’aspettavo”. Lui mi gelò: “Perché, fai il farmacista?”. Vengo da questa scuola, cruda ma vera. Mai cercare scuse» • Nel 1963 viene ceduto al Mantova, dove resta quattro anni. Spera di andare ai mondiali in Inghilterra, nel ’66, ma non lo convocano • Nel 1967 Gioacchino Lauro, figlio di Achille, lo porta a Napoli • «Zoff a Napoli, gli opposti si sono amati. “Ero un timido friulano in quel manicomio. I portieri dovevano salutare la curva. All’inizio ho cominciato con la manina furtiva, poi poco a poco mi sono adeguato. Sono un animale che sta nel suo mondo e prende il meglio di quello che ha attorno» (Dotto) • «In cinque anni Napoli mi ha arricchito della sua allegria» • Il 20 aprile 1968 debutta finalmente in Nazionale proprio al San Paolo • Due mesi più tardi si giocano gli Europei e, per la prima volta dopo la guerra l’Italia vince: «Si rividero i tricolori per strada. La notte della finale dormii con Gigi Riva in un alberghetto accanto alla stazione Termini, che ora non esiste più. Si sparse la voce e i tifosi ci circondarono, dovemmo affacciarci alla finestra per salutare. Eravamo imbarazzatissimi» (a Cazzullo) • Zoff sposa Annamaria, bella ragazza mantovana che gli dà un figlio • «In maglia azzurra è ormai divampata la rivalità tra Zoff e Albertosi, che torna titolare al Mondiale del ’70. “Ci restai molto male ma rispettai la scelta di Valcareggi, che aveva puntato sul blocco del Cagliari, fresco di scudetto”. Due anni più tardi Allodi porta Zoff alla Juve, che lo paga 330 milioni più Carmignani e Ferradini. Comincia la lunga avventura bianconera di Super Dino» (Gherarducci) • «Nel 1973, primo anno alla Juve, si trovò sulla strada Crujff: arrivò secondo dopo di lui al Pallone d’Oro, perdeste con l’Ajax la finale di Coppa Campioni. “Crujff l’avevo incontrato già nell’inverno del 1969 in Coppa Uefa, con il Napoli ad Amsterdam. La partita era stata rinviata per una tempesta di neve. Giocammo sul ghiaccio, con le scarpe da riposo per non scivolare. Ai supplementari ce ne fecero quattro. Fuori dallo stadio c’era un teatro tenda dove facevano Hair. Si capiva che il mondo stava cambiando”» (Cazzullo) • Con la Juve gioca undici stagioni senza mai saltare una partita, 330 presenze consecutive: «Vengo da una terra per cui il lavoro è sacro e per me il calcio era un lavoro» • «Volevo giocare sempre, anche quando non stavo bene. Mi sforzavo nella ricerca della perfezione, sino a violentarmi» (Cazzullo) • «Ho la sindrome del campione, se non vengo fuori come Dio comanda mi ritengo una pippa. Non posso farci niente» (a Dotto) • «Com’era con voi l’Avvocato? “Veniva negli spogliatoi nell’intervallo e non faceva nulla di quello che fanno di solito i presidenti: non incitava, non urlava; prendeva il caffè con noi. Un distacco presente. Faceva molte domande, tutte giuste. Capiva di calcio» (Cazzullo) • Nel 1974 ci sono di nuovo i mondiali. La rivista Newsweek lo mette in copertina sotto la scritta: «The world’s best», il migliore del mondo • «Fummo eliminati» • «Vi prendeste la rivincita in Argentina. “La più bella Italia di sempre. Bettega era al suo massimo: classe e cattiveria”. Gli olandesi la infilarono due volte da lontano. “Se avessi giocato meglio quella partita saremmo arrivati in finale, ma avremmo perso comunque. Quel Mondiale era segnato. L’Argentina si era esaltata”» (Cazzullo) • Ai mondiali di Spagna ’82 Zoff ha ormai quarant’anni. È portiere, capitano e portavoce della squadra alle conferenze stampa • «Una pressione pazzesca. Per fortuna in finale fece tutto la squadra; io di birra non ne avevo più» (a Cazzullo) • Al 90˚ blocca una violenta conclusione del brasiliano Oscar. Per una volta anche lui perde la testa • «Forse per la prima e unica volta, mi sono lasciato andare: ho baciato Bearzot, stavo per baciare anche la Regina di Spagna. Per fortuna mi hanno fermato» (alla Nucini) • «Il suo grande amico era Scirea. “Dopo la finale dovetti fermarmi per la solita conferenza stampa, tornai in ritiro con il furgone dei magazzinieri. Erano andati tutti a far baldoria. In camera trovai Gaetano: era rimasto ad aspettarmi. Festeggiammo con una sigaretta» (Cazzullo) • «Quella notte in Spagna è stata la più bella della sua carriera? “Niente, nella vita, ti dà le stesse gioie di una vittoria. Niente. Neanche la nascita di un figlio, che è una gioia, certo, ma più diluita. Invece lo sport è così: una bomba che ti scoppia dentro. E quindi sì, è stata la più bella”» (alla Nucini) • Pertini fa salire tutta la squadra sul volo di Stato. «Abbiamo fatto coppia a scopone sul volo di ritorno dalla Spagna. E abbiamo perso. Subito ha detto che era colpa mia, poi mi ha scritto una lettera: “sono stato io a sbagliare”» • «La dignità ti permette di non avere mai paura, di poterti sentire alla pari con tutti, anche con il presidente della Repubblica» • Il 2 giugno 1983, commosso, annuncia il suo ritiro: «Non posso parare anche l’età» • «Ho smesso di giocare a quarantun anni e quel giorno ho sentito che la parte più bella della mia vita, forse la giovinezza stessa, era finita».
Tecnico Ha allenato i portieri della Juve, la nazionale olimpica, la Juventus, la Lazio, la Nazionale maggiore • A un suo giocatore che si lamentava disse: «Tu ti senti stanco? Dici che non ce la fai più? Pensa ai militari che tornavano dalla Russia a piedi per migliaia di chilometri, nel fango e nella neve. Sai perché ce la facevano? Perché avevano la testa e il coraggio, le due cose che servono sempre nella vita» (a Walter Veltroni) • Il giocatore più godibile da allenatore: «Ero innamorato di Gascoigne, il mio contrario. Mi ha fatto disperare da morire e morire di felicità. Un artista. Una volta, in ritiro a Roma con la Lazio mi fa: “Mister, devo andare a casa, è venuta la mia donna”. “Vai pure, ma domani non giochi”. La mattina dopo, siamo lì nella sala da pranzo dell’albergo, prima della partita, si apre la porta ed entra lui completamente nudo, nudo totale, e mi fa: “Mister mi hanno detto che mi voleva, non ho fatto in tempo a vestirmi”. L’ho cacciato ma l’ho amato» (a Dotto) • Gli offrirono di guidare l’Italia dopo Cesare Maldini. «Potrebbe essere il coronamento di una carriera straordinaria, che festeggia conquistando la qualificazione per l’Europeo. In Olanda l’Italia si spinge sino alla finale con la Francia, arriva a un passo dal titolo ma si fa raggiungere sul pareggio al 90° per poi regalare la vittoria ai francesi, lanciati da un golden-gol di Trezeguet» (Gherarducci) • «Perdemmo il trofeo per venti maledetti secondi. Andò tutto a puttane in un istante» • Berlusconi: «Sono veramente dispiaciuto e anche indignato. Si può lasciare uno come Zidane libero di diventare l’iniziatore di tutte le azioni francesi? Anche un dilettante l’avrebbe visto, figurarsi un professionista. Lo spettacolo è stato indegno. Evidentemente l’acutezza e l’intelligenza uno ce l’ha o non ce l’ha» • «Volli ascoltare e verificare quel che aveva detto, poi, trascorsa una notte in bianco a riflettere sulla mia dignità, invece di reagire con una piazzata, decisi di dimettermi. Scelsi l’istinto anche se cosa sia l’istinto, se derivi dal sapere o meno, ancora non l’ho capito» • «Non posso prendere lezioni di dignità dal signor Berlusconi» • «Hanno scritto che mi ero dimesso dalla Nazionale per la critica tecnica, la storia di Zidane. Figuriamoci! Berlusconi disse una cosa molto pesante sulla persona, che ero indegno di guidare la Nazionale... Indegno io che ho più croci sul petto dei generali russi!» • «Con Berlusconi vi siete mai chiariti? “Mai”» (Cazzullo) •
Amori «Che squadra tifa? “Tifare non è nella mia natura, è una cosa poco obiettiva e io sono troppo tecnico per tifare”. Ce l’avrà una squadra del cuore! “La Juve, il Napoli e la Lazio, quelle in cui sono stato”.  Una sola moglie e tre squadre: non è possibile. A proposito, che marito e padre è stato? “Marco è cresciuto bravissimo, senza l’aiuto di nessuno. Come marito credo di essere stato discreto, non straordinario, forse un po’ troppo assente fra trasferte e allenamenti”. Dice che in casa non ha mai saputo fare niente. Adesso che è in pensione una mano a sua moglie la dà? “La mia idea è che ognuno fa il suo lavoro: io ho fatto il portiere e mia moglie ha fatto la moglie e la mamma, un lavoro molto più impegnativo del mio. Questo discorso lei fa ancora fatica a capirlo, ma nel frattempo io sono un po’ migliorato. Se mi chiede un bicchiere, forse riesco a trovarlo”» (Nucini).
Politica «Ho ricevuto tante offerte di candidatura, ma schierarmi per un partito non mi ha mai convinto. Amo vedere le cose da più prospettive e credo in una sola politica. Quella dei piccoli gesti individuali che sommati contribuiscono quotidianamente alla dignità di un popolo. La politica del fare le cose come Dio comanda».
Pensione «Mi chiede se mi sarebbe piaciuto dare una mano al calcio italiano di oggi? Onestamente sì, sa cosa mi ha fregato? L’età. Sono vecchio» (a Pagani) • «Oggi il calcio è cambiato, ci sono telecamere ovunque, tribunali mediatici, ossessione generalizzata. Non puoi neanche più permetterti di tirare giù una Madonna in santa pace che subito arriva il plotone di esecuzione» • «Se uno dopo un gol mi avesse fatto i balletti, alla prima uscita l’avrei sderenato. E sarei stato espulso» • «Oggi ci sono mogli di calciatori che rimproverano l’allenatore. Robe da matti» (Cazzullo) • «Mi dicono che sono entrato nella Storia, che sono un monumento. Mi viene da ridere. Parlano di coppe e di trionfi, ma quelli sono solo miei e dei miei compagni di squadra. Come campione ho fallito la mia missione. La Storia è un’altra cosa» • «Sopra i monumenti c’è sempre il rischio che i piccioni ci facciano la cacca» • «Sono vecchio ed è giusto che viva da vecchio e lasci spazio ai giovani. Ho una moglie, un figlio, due nipotini, posso fare altre cose. Però certo c’è qualcosa di violento nella fine delle carriere, solo il contadino si stacca con gradualità dalla terra, facendo quello che può fino all’ultimo, vedendo crescere la pianta che ha seminato» • «Il mondo ti dice non servi più, ne prendo atto. Non la vivo come una sconfitta. La vita è una sconfitta. Alla fine vince sempre quello che mette il sigillo sulla bara» (Dotto).
Curiosità Nuota, gioca a tennis e a golf • Fuma • Ascolta Guccini • Ha casa a Roma da più di cinquant’anni. «Vorrei tornare alle mie radici, ma sento che ormai la mia vita è qua. All’inizio avevo paura di questa città, ma poi ci ho vissuto benissimo. Non sono adattabile, ma so prendere il meglio da ogni situazione, e l’ho fatto anche qui» (alla Nucini) • Ha incontrato Gheddafi («Mi ospitò sotto la sua tenda») e papa Wojtyla («Un collega. Mi disse di aver giocato in porta quand’era giovane») • Lui e la moglie furono aggrediti e rapinati sotto casa: «Mi hanno preso alle spalle in garage, pensavo a uno scherzo di mio figlio. Mi sono girato e ho visto il passamontagna. L’istinto è stato quello di liberarmi dalla morsa, Mi sono detto: “che cazzo di portiere sei? Possibile non hai percepito prima il pericolo?” Erano in quattro, mi hanno buttato per terra, uno mi teneva, un altro mi puntava un cacciavite sul collo. Lì ho avuto paura... Se mi buca, è un casino...» (a Dotto) • Nel 2015 è stato ricoverato per un’encefalite virale: «Una bella botta. Ma ora sto bene» • «Nei momenti difficili la fede in Dio può aiutare? “Certo. Ma io ho pudore a parlare di religione”» (Materi) • «Non pensa che certe parate siano dei miracoli? “Andrei piano coi miracoli: ne hanno fatti pochi anche i santi”» (Nucini) • Secondo lui la Juve sbaglia a rivendicare i due scudetti revocati, ma che il secondo non andava assegnato all’Inter • Non sopporta i simulatori • Non gli piacciono nemmeno i tatuaggi: «Roba per esibizionisti» • Una volta, alla Zanzara, un finto Zoff telefonò a Berlusconi e lui giurò che le sue critiche erano considerazioni solo calcistiche. «Ma non ci credo. Sono sicuro che si fosse accorto dello scherzo» • «Maradona o Messi? “Messi è un campione. Maradona è un fenomeno. Uno cui il Signore ha messo una mano sulla testa, cui viene perdonato tutto, anche la sospensione della morale”. Zoff o Buffon? “Gigi è esploso prima, io sono maturato col tempo. Ma certo non mi sento inferiore”» (ibidem).
Titoli di coda «Sono preoccupato per cosa uscirà fuori da questa intervista, ma ho provato piacere a farla. E non mi sono nemmeno sentito tanto stupido» (a Dotto).