24 febbraio 2020
Tags : Teo Teocoli
Biografia di Teo Teocoli
Teo Teocoli, nato a Taranto il 25 febbraio 1945 (75 anni). Attore. Comico. Ballerino. Presentatore televisivo • «Con Teocoli non ridi perché è uguale ai suoi personaggi, ridi perché è “più uguale” dell’originale» (Gualtiero Peirce, la Repubblica, 19/1/1999) • «Ha doti comiche naturali da vendere, gli basta accennare a un passo di danza per strappare l’applauso, gli basta un parrucchino per trasformarsi in Cesare Maldini, più vero del vero. È un grande, uno capace di cambiare faccia a ogni tipo di spettacolo» (Aldo Grasso, Corriere della Sera, 10/4/2019) • Ha lavorato per il cinema, per il teatro e per la televisione. Ha pubblicato otto dischi, ha scritto sei libri e ha recitato in una trentina di film • Ha lavorato come comico per Il poeta e il contadino (con Cochi e Renato, Secondo Programma, 1973), Drive In (Italia 1, 1986-88), Mai dire Gol (con la Gialappa’s Band, Italia 1, 1990-95) e Quelli che il calcio (Rai 3 e Rai 2, 1993-98). È stato ospite fisso a Che tempo che fa (Rai 3, 2005-6) e La domenica sportiva (Rai 2, 2006-10) e concorrente a Ballando con le stelle (Rai 1, 2004) • Ha presentato il festival di Sanremo assieme a Fabio Fazio e Luciano Pavarotti (nel 2000), ha condotto diverse edizioni di Scherzi a parte (su Canale 5 e Italia 1, tra il 1993 e il 2003) e una di Striscia la Notizia assieme a Gene Gnocchi (Canale 5, 1990-91) • «Ho sempre fatto il pagliaccio, mai stato in ufficio, in fabbrica. Sempre in scena. A quindici anni ho cominciato a girovagare in cerca di lavoro. La musica, gli anni del Derby e poi la tv. Cinema poco, essendo uno che non impara ero un pericolo: “Teo, tutte le volte che ritardi so’ milioni, lo vuoi finì sto film?”».
Titoli di testa «Ma è vero che di cognome in realtà fa Teocle? “Così mi hanno detto, pare che una volta in anagrafe l’abbiano deformato ed è rimasto questo. Così come il nome vero è Antonio, ma ho scelto Teo per assonanza. Sono solo cose burocratiche però. Io sono e mi sento Teo”» (Luigi Bolognini, la Repubblica, 25/2/2015)
Vita «Io non lavoro affatto, faccio quel che facevo fin da bambino quando facevo ridere tutta la classe. I prof mi davano del cretino, poi ridevano anche loro»» (Bolognini) • Teo nasce a Taranto per caso, i suoi sono di Reggio Calabria • «A quel tempo il Sud era Africa» • «Mamma veniva da una famiglia di giostrai, papà era andato in Marina sotto le bombe inglesi. Dopo la guerra siamo sbarcati a Milano, zona Niguarda-Fulvio Testi: a quei tempi quasi campagna. Mamma cuciva in sartoria, papà non lavorava e non si vedeva mai, meglio perché quando arrivava mi picchiava di brutto: il classico padre-padrone» • «Non parlavo l’italiano, solo il calabrese!» • «Ero un bambino allo stato brado» • «Appena usciva un po’ di sole diventavo scurissimo. Se entravo in un bar mi chiamavano in tutti i modi, terùn o negher. Poi però mi chiedevano cosa volevo e mi servivano con gentilezza: prima ti prendevano in giro, ma poi si dimostravano amici. Era davvero la Milano col cuore in mano, che oggi non esiste più» • «Il primo giorno di scuola gli altri mangiavano brioche, io un finocchio. A sentire il rumore che facevo si sono voltati tutti» • «La merendina costava e continuai ad andare con il finocchio. Sono cresciuto bene con le verdure!» • «Ero un disadattato: di fronte al bidello in divisa ho pianto per ore, facevo fatica a scrivere e leggere, non capivo nemmeno il concetto di proprietà. Mi chiamavano terun, africa, baluba, altro che non incazzarsi..!» • «Mio padre è stato disoccupato per molti anni […] però non sono mai stato depresso. Nel ‘61 la scuola ci portò in pullman a Genova per vedere l’eclissi, ma ci fu un incidente sulla Serravalle e rimanemmo bloccati per strada per ore. Allora presi il microfono dell’autista e cantai Come sinfonia di Pino Donaggio, seguito da tutti i miei compagni. Alla domenica andavo al cinema Istria, era strapieno. Durante l’intervallo mettevano delle canzoni, erano gli anni di Nel blu dipinto di blu e quando arrivava il ritornello “Volareeee...” tutta la sala si metteva a cantare a squarciagola» • Teo conosce Adriano Celentano. Per due anni lo aspetta sotto casa tutte le sere. «L’ho tampinato da quando avevo 14 anni, con lui che mi diceva “non venir qui tutte le sere che mi viene lo sbattimento”. Siamo diventati amici-amici e tra noi mai state ragazze di mezzo, anche perché lui è serio, monogamico, io un po’ meno…» (Anna Bandettini, la Repubblica, 2/3/2019) • «Ricordo ancora adesso il mio primo bacio in camporella: la ragazzina mi ha sfiorato con le labbra e ho sentito la punta della lingua. Sono svenuto per la felicità. Avevo 15 anni» • Per fare conquiste si veste così: «Blue jeans rigorosamente Lee, col risvolto alto, catena lungo i passanti della cintura, camicia e giacca della festa. Ero un gran ballerino, a 15 anni già facevo le gare di boogie woogie nelle bocciofile. Se fossi nato in America sarei diventato famoso come John Travolta. Tony Manero ero io» (a Raffaele Panizza) • Dice: «Penso che l’erotismo sia da praticare» • «Abitavamo nelle case popolari. Il primo obiettivo per tutti è sempre stato evadere da quel ghetto. Adesso si fatica a crederci, ma allora con le 600 truccate facevamo le gare da fermo in corso Buenos Aires» • «È un miracolo che sia arrivato a ragioneria perché non ho mai studiato niente, giuro. M’intortavo le prof, facevo ridere anche loro» • «Nel 1965 stavo in una band che si chiamava I Quelli, sa Una bambolina che fa no no no, Per vivere insieme... Poi li mollai e pam! diventarono la Pfm. Mi girano ancora se ci penso» • «Milano non è mica Roma. Non c’è niente, gh’è nient. Se ti affacci al balconcino dello Zelig, ti trovi di fronte un palazzo di dodici piani. Lì, o ti inventi tu da ridere oppure che fai? Il cabaret milanese è nato per questo, perché a Milano non c’è niente» • «L’uomo che mi ha cambiato la vita e la carriera è stato Enzo Jannacci. Non ho mai più incontrato uno come lui, mi ha insegnato tante cose, prima di tutto la modestia, io che ero un po’ spaccone» (a Maria Volpe, Corriere della Sera, 6/10/2013) • «Mi prese per lo spettacolo Saltimbanchi si muore. Io, Boldi, Cochi e Renato fummo i suoi primi pazienti quando aprì l’ambulatorio medico» • «Quando ho incominciato, con il cabaret al Derby, ero diverso dagli altri, facevo fatica a far ridere, non avevo il physique du rôle come ad esempio un Beruschi. Non avevo una faccia da pirla da esibire, arrivavo sul palco e pensavano “ma che ci fa qui questo playboy”. A risolvere è stato proprio il trucco» • Teo lavora al Derby per 17 anni, dal 68 all’85. «Finita la serata i colleghi andavano nelle trattorie sui Navigli, locali che per esempio si chiamavano “La fogna”. Allora i Navigli erano male illuminati, poco raccomandabili, frequentati dai malavitosi, ma noi artisti eravamo benvenuti e protetti. Si andava con Enzo e Renato, facevamo cantare i malavitosi che li ispiravano. Io andavo anche al Nepentha e al Charlie Max, frequentati dall’alta borghesia, per esempio i Moratti, di cui ero grande amico” Il Derby era il locale più ruggente di Milano... “Era un tipo di pubblico più attempato. Io spiccavo perché non è che ci fossero delle gran bellezze. Una sera una signora anche piacente mi avvicina e davanti a tutti mi fa: ‘Vorrei che lei venisse a letto con me’. Mi sono imbarazzato, io che non mi imbarazzo mai. Un’altra volta un marito mi prende da parte: devi ciulare mia moglie, è innamorata di te e non so più cosa fare. […] Andavamo anche al Capolinea, in fondo a Ludovico il Moro, dove suonavano i jazzisti, cantavano i crooner. L’ultimo appuntamento era verso le quattro e mezza-cinque all’edicola di via Orefici ad aspettare il giornale. C’erano i camerieri che avevano appena smontato, i musicisti dei locali, le entraîneuse con i pupazzi alti tre metri che gli avevano regalato i clienti, costavano tre milioni l’uno. Eravamo ottanta-cento persone che chiacchieravano, tiravano tardi... Ricordo una notte, ero sulla Giulietta Sprint, mi sono seduto dalla parte del passeggero, con un ginocchio muovevo il volante, con un piede pigiavo sull’acceleratore e andavo in giro per Milano deserta facendo finta che non ci fosse nessuno alla guida, un vero cretino... Allora Milano non era una grande metropoli, non c’era paura di girare di notte» (Piero Degli Antoni, Il Giorno, 31/7/2017) • «C’erano Cochi Ponzoni, Renato Pozzetto, Enzo Jannacci, Lino Toffolo, Guido Nicheli. Una sera eravamo a casa di Cochi e, dopo aver mangiato cinque chili di cassoeula in quattro, abbiamo iniziato a comporre il brano E la vita, la vita» • «Sono stati gli anni più belli della mia vita» • «Quella era felicità. Poi l’incanto si è rotto. Ricordo la bomba di piazza Fontana, eravamo a Torino io, Cochi e Renato, Toffolo, Jannacci: restammo sconvolti, così come eravamo rimasti sconvolti dopo la rapina di via Osoppo per la sua brutalità» • Teo diventa amico di Massimo Boldi: «Sono stato la sua unica vera spalla, dandogli lo spazio che serviva al suo talento. Anzi, un giorno la spalla gliela ruppi anche, dandogli una manata troppo forte. Ma il mio più grande amico è stato Guido Nicheli, sa il cumenda Zampetti: vendeva whisky nei night, immagini che vita mi ha fatto fare per anni» (a Bolognini) • «Ha incontrato molti malavitosi? “Allora io e Boldi eravamo quelli che facevano più ridere ed eravamo diventati i beniamini di Francis Turatello. Una volta abbiamo fatto una serata al Covo di Santa Margherita, un successone. Alla fine ci portano in un angolo e arriva Turatello. Ci fa i complimenti, dice che lo abbiamo fatto ridere un sacco, e quando allunga il braccio per stringermi la mano vedo che sotto la giacca aveva la mitraglietta...”» (Degli Antoni) • «Ho fatto la spalla a tanti colleghi come Lopez, Albanese, Gnocchi […] Di certo sono sempre stato me stesso: con i balordi del Giambellino, con gli alto-borghesi di Milano o in Costa Azzurra a casa di Brigitte Bardot, Salvador Dalì, Gilbert Becaud» • «Ricordo un anno a Saint-Tropez: Brigitte Bardot era fidanzata con il mio amico, il famoso playboy Gigi Rizzi, mentre io broccolavo con la segretaria dell’attrice. Una sera restammo soli a casa, io e B. B. giocammo a dadi. Non ebbi il coraggio di fare niente e a un certo punto lei mi disse: “Ma sei un po’ sfigato” e si chiuse così» • «“Gli anni ’70 erano sesso, droga e rock and roll, atmosfera pazzesca, libertà, niente senso del peccato”. Neanche per la droga? “Va be’, gli spinelli non li contiamo, uno dei più belli con Califano l’abbiamo fumato dopo Italia-Germania 4-3. Ho provato la metedrina, usata ai tempi da molti studenti sotto esami per studiare di notte. C’era talmente tanto da fare, come si poteva dormire? Risultato, occhi spalancati tre giorni di fila e da lì mai più”. Cocaina? “La prima pista ci ho starnutito su come Woody Allen in Io e Annie e m’hanno guardato storto. Poi ho imparato a non starnutire ma dire che m’abbia preso seriamente sarebbe una bugia. Fra l’altro la roba che circolava era meno pericolosa di quella di oggi. Comunque non ne vado fiero”» • «Gli anni d’oro quando sono terminati? “Nel 1985. Sono successe tre cose: ho mandato al diavolo Berlusconi con la frase: ‘Lei faccia il geometra che io faccio l’artista’. Il Derby ha chiuso. E sono andato a vivere con quella che sarebbe diventata mia moglie. La fine di un’epoca”» (Degli Antoni) • «Ero ad Antenna 3, mi voleva a Drive In. "Berlusconi chi?" dissi con notevole preveggenza. Fui l’ultimo ad andare da lui, anche se devo dire che non se l’è legata al dito e ha sempre voluto che lavorassi nelle sue tv» (a Bolognini) • Inizia a lavorare in televisione. Fa Drive In, Una rotonda sul mare, Emilio, il Gioco dei Nove. È Teo Bauscia nella sit-com Gino e Michele. Negli anni Novanti fa Striscia la notizia, poi Scherzi a parte, quindi Mai dire gol • Teo si inventa personaggi che lo rendono popolare: il vecchio milanista Peo Pericoli, il tifoso del Torino Gianduia Vettorello, quello del Napoli Felice Caccamo: «Caccamo […] era la perfetta, irresistibile, rappresentazione di “certi” napoletani, anche se l’imitazione, il dialetto, l’accento, tutto sommato non erano impeccabili. Caccamo non era “uguale” a un napoletano, ma raccontava il carattere partenopeo, più di un esercito di sosia» (Peirce) • Diventa Maldini, Cossutta, il sindaco Albertini • «C’è stata un’epoca in cui Teocoli gestiva in pratica l’immagine pubblica del calcio milanese. Imitava Galliani, Peppino Prisco, Cesare Maldini e quando si annoiava faceva scendere le scale del Festival di Sanremo al sindaco Albertini in mutande. Supportato, anzi istigato da Fabio Fazio all’epoca della massima cattiveria, Teo costringeva un sacco di gente per bene a una specie di corvée, la domenica pomeriggio non si usciva finché non finiva la trasmissione» (Antonio Dipollina, 9/2003) • Teo diventa uno dei comici più famosi d’Italia. Ma ha un carattere difficile: litiga con un sacco di gente. Nel 2002 pianta Paperissima dopo solo due puntate: «Non ero in sintonia con il programma e me ne sono andato. Mi hanno “licenziato” e chiesto molti soldi». Non è contento nemmeno di Ballando con le stelle: «Un incubo, 4 ore di prove al giorno e poi votazioni a capocchia» • Lui ha sempre una spiegazione. Quella volta che ha rimbrottato il pubblico all’anteprima di Restyling Faccio Tutto? «Avevo ragione, alle anteprime venite gratis ma state zitti, mica si cazzeggia con i vicini!». Con Albanese che l’accusava d’improvvisare troppo? «Ma va’, con Antonio la verità è che gli ho dato una sberla non prevista e lui l’ha presa male ma è finita lì. M’è successo anche con Elio delle Storie Tese». Con Celentano che pretendeva 35 milioni per una canzone da mettere in un film? «Siamo amici da 57 anni, anzi con un cappellaccio e gli occhiali io sono Adriano, come potrei litigare? Il guaio è che di quelle cose lì si occupa Claudia...». Con Paola Ferrari alla Domenica sportiva? «Stavo parlando di Ronaldo e sul più bello lei m’interrompe! Feeling zero, ho lasciato subito lo studio» • «Io sono fatto così, non mi adatto: pago dei prezzi alti, nessuno mi ha mai fatto sconti. Qualche volta bisogna avere le palle. D’altra parte sono passionale e terrone» • L’unico con cui va sempre d’accordo è Fabio Fazio: «Con Fazio non puoi litigare, è di gomma» • «E lei adesso che ha in testa? “Faccio il mio spettacolo da maggio e poi dove mi chiamano, anche in balcone se serve. E giuro che una volta l’ho fatto”. Alla televisione non pensa più? “Il varietà è morto e trasmissioni non ce ne sono» (Bandettini) • «Mi chiamano per fare il giudice nei talent, ma io dico no perché voglio fare il mio mestiere che è far ridere la gente» (alla Volpe) • «Il fatto è che la televisione è cambiata. Se ti vuoi suicidare guardala dalle 2 alle 6 del pomeriggio» • «Nel mio quartiere, Niguarda, una fanciulla che si metteva con un 40enne dava scandalo perché stava con un vecchio. Adesso io ne ho quasi il doppio e mi sento un ragazzetto» • «Sono un intrattenitore, non un comico, e gli intrattenitori passano e vanno, a parte Walter Chiari» (a Bolognini).
Famiglia Tre figlie dalla moglie Elena Facchini: Anna Adele Letizia (1989), Paola (1991), Chiara (1993) • «Un uomo e quattro donne in casa non è semplice, eppure eccoci qua: tre figlie bellissime, una moglie bella e giovane, di più non si può chiedere» • «M’è sempre piaciuto far ridere le ragazze. Il guaio è che quando fai la faccia severa faticano a riconoscerti».
Politica «Sono sempre stato apartitico e non ho mai fatto satira politica».
Tifo Milanista: «Il grande amore mi prese insieme a cinque ragazzini del mio quartiere il giorno di Milan-Santos [12 maggio 1963, ndr] quando Trapattoni fermò il mitico Pelé. Il Milan, Pelé, la prima grande partita in notturna... Ci andammo in taxi: eravamo in sei, quattro sui sedili e due sdraiati a terra. Andammo all’avventura e tornammo tutti innamorati di Rivera, del Trap... e di Pelé» • «Per più di vent’anni aspettavo la domenica per il rito dello stadio con gli amici. Il miei idoli erano Rivera e Prati. Andavamo presto, prima al bar Cicala, in piazzale Lotto, gestito da interisti che ogni volta ci dicevano “ma non potete andare da un’altra parte?”, poi guardavamo lo stadio che si riempiva ed era già uno spettacolo» (a Gabriella Mancini, Gazzetta dello Sport, 25/2/2015).
Scrittore «Sia chiaro: i libri che vede in giro sono di mia moglie e delle mie tre figlie. Io non solo non leggo. Non scrivo neanche. Mai».
Curiosità Alto un metro e 86 • Pesa 82 chili • «Rifarei la stessa vita» (a Bolognini) • Ha avuto diversi incidenti in moto: uno nell’estate del 2007 in Spagna, un altro nel settembre 2008 e un altro ancora nel giugno 2009, a Ibiza. In tutti e tre ha riportato solo escoriazioni e qualche lieve frattura: «Da oggi in poi, andrò solo in auto, lo giuro! Me ne farò portare una da Milano. La moto l’ho regalata al giardiniere!» • Appassionato di automobili. Ha guidato: una 500 che gli prestava un amico, una Giulietta Spider, una Morgan Bianca, una Bmw che gli han rubato, una Porsche cabrio bianca con il tettuccio nero: «È dall’83 che ce l’ho. Ogni tanto le faccio fare un giretto a Milano quando non ci sono i divieti. A Milano la domenica mattina è pieno di Porsche, Jaguar, Ferrari storiche che prendono un po’ di aria...». • «Oggi i ragazzi scoprono il sesso su internet a 10 anni, fumano a 11, le droghe a 12. Ho letto che tra pochi anni ci saranno più depressi che persone equilibrate, per forza!» • «Oggi a Milano non si ride più» • «Per fortuna a teatro reggo due ore e mezza tranquillo e la gioia di tornare a casa a notte fonda mangiando un panino in auto è sempre indescrivibile. Il lavoro mi tiene in forma. Se solo sapessi che lavoro faccio...».
Titoli di coda «Comunque in 17 anni di Derby non ho mai litigato».