21 febbraio 2020
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Biografia di Eduard Limonov
Eduard Limonov, nato a Dzeržinsk, nella Russia europea, il 22 febbraio 1943 (77 anni). Scrittore. Uomo politico • «Poeta, romanziere, intellettuale, volontario a fianco dei serbi e in tutte le guerricciole combattute da un impero che non voleva rassegnarsi a diventare solo un grande paese [...] un’esistenza avventurosa, dissipata, anarchica, su cui ha costruito la sua figura di intellettuale arrabbiato, dissidente globale, in un corto circuito tra realtà e finzione» (Andrea Pipino, Il Foglio, 11/3/2006) • «Nella vita ha fatto tutto e il contrario di tutto» (Rosalba Castelletti, la Repubblica, 13/7/2019) • «Personalità sovversiva e policentrica, resa nota al pubblico occidentale dalla biografia Limonov, di Emmanuel Carrère, che ha contribuito alla costruzione del suo mito» (Treccani) • «È stato teppista in Ucraina, idolo dell’underground sovietico, barbone e poi domestico di un miliardario a Manhattan, scrittore alla moda a Parigi, soldato sperduto nei Balcani; e adesso, nell’immenso bordello del dopo comunismo, vecchio capo carismatico di un partito di giovani desperados. Lui si vede come un eroe, ma lo si può considerare anche una carogna: io sospendo il giudizio» (Emmanuel Carrère, Limonov, Adelphi, 2012) • «Con quel libro ora mi conoscono anche in Giappone, fino in Brasile. Mi sento come uno scrittore morto che è stato resuscitato all’improvviso. Ma Carrère ha capito male molte cose, gli ho promesso di non riferirle mai, quindi non te le dirò ora» (a Michela A. G. Iaccarino, il Fatto Quotidiano, 22/3/2018).
Titoli di testa «Magro, il volto affilato, il famoso pizzo, l’orecchino, è tutto vestito di nero, pantaloni attillati e giubbotto senza maniche su golf a collo alto. Parla con una voce sottile, leggermente stridula. Ha modi molto miti e gentili, totalmente fuori tema con i furori che hanno segnato la sua vita. “Voi occidentali non state capendo nulla”, esordisce, mentre offre una tazza di tè» (a Paolo Valentino, La Lettura, 8/2/2015).
Vita «Io mi chiamo Savenko. Limonov è un nome d’arte e di battaglia» • «“Le mie origini sono a Dzeržinsk, sul fiume Volga. Il nome della città era l’omaggio a un pezzo grosso, un bolscevico, tra gli artefici della Ceka, la polizia politica nella quale fu arruolato a forza mio padre. Col tempo, il soldato Veniamin Savenko si guadagnò i gradi di tenente”. Lei ha cambiato nome. “Limonov è molto meglio”. Ed è nato durante la guerra. “Nel 1943. Che dire? Non ce la passavamo bene […] Faccio fatica a riordinare i miei primi anni di vita; ritengo siano stati una pura perdita di tempo. Non penso possa esistere un’infanzia felice”» (Antonio Gnoli, Robinson, 9/9/2018) • «Trascorre a Charkov, città dell’Ucraina russofona, gli anni dell’adolescenza, da teppistello» (Pipino) • «Tra una rapina e una rissa, Limonov trovava il tempo di scrivere e recitare poesie. In breve è a Mosca, dove inizia a frequentare un gruppo di letterati underground» (Giacomo Maria Arrigo, Intellettuale Dissidente, 25/11/2019) • «L’underground degli anni Sessanta è una rivolta esistenziale, non politica: ci si rifiuta di entrare in una delle tante carriere sovietiche, si disdegnano i funzionari dell’Unione degli scrittori, meglio leggere le proprie poesie nei vari circoli informali, ci si ubriaca, si organizzano delle serate musicali, si vive in un sottosuolo di “falliti” che non pubblicheranno mai, non incideranno dischi, non esporranno i propri dipinti in una vera mostra, ma si manterranno “integri e onesti”. Ha imparato a cucire pantaloni e tanto gli basta per sbarcare il lunario» (Massimo Boffa, Il Foglio, 29/10/2011) • Eduard vive con la sua compagna e scrive versi d’avanguardia. Pubblica cinque volumi di poesie a proprie spese. Poi decide di lasciare il Paese • «La vita moscovita comincia a stargli stretta e smania confusamente per qualcosa di diverso. Era appena stata approvata una legge che consentiva agli ebrei di espatriare e Eduard, che ebreo non è, come molti altri riesce a farsi confezionare dei documenti falsi» (Boffa) • «Perché ha deciso di andare a vivere a New York? “Avevo lo stato di rifugiato politico. E c’erano due soli posti dove poter andare. Uno il Canada, l’altro gli Stati Uniti. Ero con mia moglie Tanja, decidemmo per New York. Prima di partire nel 1974 passai un inverno a Roma”. Perché? “C’era la fondazione Tolstoj che aiutava i rifugiati con i visti per l’America. Sapevo che a Roma viveva Pasolini. Avevo visto alcuni suoi film. Ero incuriosito dalla sua vita. Lessi in francese una biografia su di lui […] Mi colpì la descrizione di una vita parallela”. Cosa intende? “Una vita che si muoveva su una costante distanza da quella reale. È come se la sua morte avesse congiunto le due rette”» (Gnoli) • A Roma «la doccia si faceva una volta la settimana, c’era il lucchetto al telefono, e si mangiava solamente “pasta e poi ancora pasta, e pomodoro, e aglio, aglio, aglio…”. A New York, dove arriva nel 1975, si scopre dissidente della dissidenza, prende a odiare l’America, vive in uno spaesamento comune a molti emigrati russi» (Pipino) • «Di loro due, Limonov e Tanja, circola in rete una foto che li ritrae in una posa singolare, lui in piedi, lei ai suoi piedi, nuda e gracile» (Arrigo) • «Quella foto Eduard l’ha sempre conservata […] se l’è portata dietro dappertutto, e l’ha appesa come un’icona alla parete di ogni suo alloggio di fortuna. Quella foto è il suo talismano. Quella foto dice che, qualsiasi cosa accada, per quanto in basso possa cadere, un giorno lui è stato quell’uomo. E ha avuto quella donna» (Carrère) • «A New York, però, dopo i primi tempi di euforia i due si lasciano, Limonov non ottiene la notorietà che si aspettava, al diavolo il sogno americano! Cade in disgrazia, inizia a vagabondare e ad avere alcune esperienze omosessuali in cerca di un po’ di affetto. Diventa il domestico di un ricco imprenditore» (Arrigo) • «Sono gli anni del punk e Limonov li vive con partecipazione e intensità: significano scoperta dell’estremo, luoghi sordidi e pessime frequentazioni, alienazione ed estraneità, disillusione. L’arma di difesa è la parola. Scrive molto: il suo primo romanzo, Sono io, Ediãka – storie di bisessualità, marginalità – è uno shock per l’ambiente letterario russo ma ha successo. Ed è tradotto anche in italiano, seppure dal francese, con l’azzardato titolo Il poeta russo preferisce i grandi negri. Dal tradimento americano comincia il suo percorso di riavvicinamento all’Europa e alla Russia. Si trasferisce a Parigi» (Pipino) • «Scrive quasi un libro all’anno, tra cui il bellissimo L’adolescente Savenko, romanzo autobiografico di formazione ambientato nella provincia sovietica […] Si guadagna da vivere collaborando con il giornale L’idiot international, accanto a rompiscatole di talento come Jean-Edern Hallier e Michel Houellebecq» (Boffa) • «Lavorò nel quotidiano comunista L’Humanité e nel nazionalista Le Choc du mois, simpatizzando con gli estremisti di destra» (Treccani) • «Io sono un estremista» • Diventa cittadino francese. Conosce l’ambiente degli scrittori, frequenta Jean-Edern Hallier e Gabriel Matzneff • «Carrère l’ho conosciuto negli anni ’80 perché aveva recensito un mio libro. Io ero un delinquente e i francesi amano molto i delinquenti» • «Si cominciava a bere vodka alle dieci del mattino e si finiva all’alba del giorno dopo. […] Nella vita, pensava Eduard, bisogna avere un gruppo, e a Parigi non ce n’era uno più vivace» (Carrère) • «Si getta a capofitto nella tormentata storia d’amore con la cantante Natasha Medvedeva, sorta di Amy Winehouse russa, morta anni dopo per overdose […] Edichka è infatti anche un grande seduttore. La sua vita è costellata di passioni ardenti e patetiche, senza contare le decine di ragazze, sempre più giovani, che entrano ed escono dal suo letto, soddisfacendo per qualche tempo la sua inesauribile brama di affetto, lasciandolo poi invariabilmente solo a contemplare il proprio ego ferito» (Boffa) • «Non ho paura delle donne difficili. Le scelgo apposta» • «Prende a fare avanti e indietro con Mosca. Fino al 1992, quando decide di tornare in Russia. Vuole fare la rivoluzione, come Lenin nel 1917, ma a differenza di Lenin non ha un partito, non ha militanti: solo l’illusione di essere al centro della Storia. Nel delirio rivoluzionario che lo spinge a farsi fotografare mentre spara con un mitragliatore serbo in direzione della Sarajevo assediata, Limonov mescola nazionalismo, suggestioni panslave e sogni imperiali, per davvero e per gioco non importa» (Pipino) • «Ha detto che Gorbaciov andrebbe ghigliottinato. E poi è stato amico di un criminale di guerra come Karadzic. Conferma? “Ghigliottina o fucilazione, scegliete voi. Gorbaciov meriterebbe di essere punito per quello che ha fatto lasciando sgretolare un impero e facendoci perdere la dignità. Quanto a Karadzic era un uomo mite e colto, sono fiero di essere stato suo amico. Un giorno sarete costretti a rivalutarlo”. Anche il boia Zeljko Arkan? “Ho combattuto al suo fianco. Aveva un passato criminale ma era un guerriero che lottava per la sua patria”. Carrère teme che nella ex Jugoslavia lei abbia sparato sui civili. “Mai. Gente in divisa ne ho vista cadere mentre sparavo. In guerra è così”» (Lombardozzi) • «Siete mai andati in giro per una città in carro armato, assieme a giovani belve? Il ferro delle armi si infiamma sui corpi. No, non ci siete andati? Be’, allora siete delle mezze seghe, niente di più» • «Il crollo dell’Urss è la svolta della sua esistenza […] nel 1989, mentre tutti salutavano la primavera dei popoli, ha preferito scrivere un toccante testo sui piccoli gesti d’amore che Elena e Nicolae Ceausescu, mano nella mano, si scambiano nel celebre filmato del loro processo farsa seguito dalla fucilazione» (Boffa) • «Sono questi gli anni in cui la confusione tra finzione letteraria e vita reale diventa inestricabile» (Pipino) • «I caotici anni di Boris Eltsin, la miseria, l’ascesa degli oligarchi, l’umiliazione della grande potenza e delle sue gloriose memorie gli appaiono una catastrofe insopportabile e decide di buttarsi in politica» (Boffa) • Conosce l’ideologo Aleksandr Dugin e fonda il partito nazional-bolscevico • «Perché un nome così contraddittorio? “Marketing. Serve solo ad attirare l’attenzione e a risvegliare antiche energie”» (Lombardozzi, la Repubblica, 27/1/2013) • Pubblica un giornale che si chiama Limonka («Granata»), si crea una bandiera nazista con la falce e martello al posto della svastica • «I “nazbol” sono qualche centinaio di giovani, forse un migliaio o due, e Limonov li guida in manifestazioni patriottiche per le strade di Mosca e San Pietroburgo; non sono i vecchi nostalgici del comunismo, sono ragazzi inquadrati secondo uno stile militare e punk, che manifestano tutta la loro avversione contro i nuovi ricchi e contro la politica filo occidentale del paese» (Boffa) • «Siamo un partito di duri» • Nel 2001 finisce in prigione: «Due anni trascorsi in cella per una accusa che ha del grottesco: l’aver organizzato con uno sparuto gruppo di militanti del Partito nazional bolscevico l’invasione del Kazakistan. Fu arrestato, Limonov, durante un viaggio nelle montagne dell’Altaj, ai confini con la Mongolia, mentre era alla ricerca, con gli altri congiurati, di un luogo per fondare una comune, nucleo del sogno eterno – e più che mai velleitario – di una nuova Russia, questa volta imperiale, eurasista, comunitaria, socialista» (Pipino) • «Fui arrestato una mattina di aprile del 2001. Eravamo in otto in una casetta di legno sui monti dell’Altaj. All’alba una squadra speciale ci circondò. Erano soldati. Una settantina. Ci trascinarono fuori uno a uno. Ero convinto che ci avrebbero sgozzati e invece ci portarono in galera» (a Gnoli) • Viene condannato a 14 anni per terrorismo e eversione. Il suo partito viene messo fuori legge. Alla fine sconta 15 mesi in un carcere militare, e altri dieci in un carcere normale • «“Ho scritto sette libri durante la mia detenzione”. Glielo consentivano? “Sì, il problema semmai era farli uscire. Avevo la libertà di leggere e scrivere. Non quella di comunicare i contenuti all’esterno […] Diversamente da quella vissuta dalla gran parte dei galeotti, che vi vedevano un ambiente ostile e violento, il carcere è stato per me l’incontro con un luogo mistico, di purificazione» (Gnoli) • «A me è piaciuto starci, è un luogo in cui l’uomo si incontra con il caos ultraterreno. In carcere sono diventato più intelligente e saggio. […] Ho detto “adesso vivo qui”, e mi sono messo a vivere, anche in carcere» • «Quando è uscito cosa ha fatto? “Andai a vivere in un appartamento ampio e caotico di un palazzo a sei piani nella zona industriale di Syry. Nel quartiere, poi gentrificato, c’erano personaggi stravaganti, musicisti falliti, ex poliziotti, scrittori di mezza tacca e branchi di cani da cui guardarsi per non essere assaliti”» (Gnoli) • «Negli anni di Putin, Limonka e il Partito dei naz-bol sono stati chiusi, ai sensi della legge sull’estremismo. Ora l’attività politica di Edichka ha cambiato timbro, è diventata più “rispettabile”: insieme a Garry Kasparov, è uno degli animatori di Strategia 31, il movimento che, il trentunesimo giorno del mese, organizza manifestazioni per la libertà di espressione a Mosca sotto il monumento di Majakovskij e in altre città della Russia. In quelle occasioni, capita che finisca un paio di giorni in cella, poi esce e ricomincia. E’ avversario di Putin senza riserve, e vorrebbe sfidarlo alle prossime elezioni presidenziali. La cosa a Carrère pare bizzarra» (Boffa) • «“Il successo che cercavo non era quello del denaro o dei premi letterari. Volevo una vita di questo genere. L’ho avuta. E non è ancora finita”. Carrère le fa dire: “Una vita di merda”. “Questo lo pensa lui che è un borghese. Io sono fiero di non essere finito come tanti miei coetanei persi nell’alcol in una periferia di fabbriche e discariche”» (Lombardozzi).
Vita privata «“Cosa vuol sapere?” La donna più importante? “Probabilmente Natalija Medvedeva. È morta il 2 febbraio 2003. Ero disponibile ed esposto al suo giudizio; volevo stupirla, renderla orgogliosa di me e che mi considerasse il suo eroe”. La donna più bella? “Katja che soprannominai ‘l’attrice’. Ci conoscemmo a un vernissage per un mio amico pittore. Mi sembrò arrivata dal cielo. Delicata come lo stelo di un fiore. Era lì ad attendere un amico oligarca. Che non venne. Fui io a prendere il suo posto. Ci siamo sposati. Abbiamo avuto due figli” […] La donna più trasgressiva? “Natasha, una spogliarellista che ribattezzai Lola Wagner. Le chiesi di venire a convivere con me. Arrivò con i suoi bagagli da Pietroburgo. Scoprii che scriveva poesie. La notte usciva per andare a ballare ai night. Rincasava all’alba. Le dedicai dei versi. Mi resi conto che era una ragazza negativa, una bad girl. Pensai che, se la nostra storia fosse proseguita, prima o poi avrebbe passeggiato sul mio cadavere. Le diedi il benservito. Lei disse: ‘Sei crudele’. ‘La vita è crudele, darling’ risposi» (Gnoli) • «Ho sempre lottato per mettere su una famiglia che fosse solida e unita. Non ci sono riuscito. Ogni volta che ho tentato ho fallito. Le famiglie nelle mie mani si sbriciolano come biscotti secchi. Cosa faccio allora? Vivo in buona solitudine. Incontrando qualche ragazza disposta a passare un po’ di tempo con un vecchio poeta» (ibidem).
Colleghi «Figuratevi se invidio gente come Bulgakov […] Il Maestro e Margherita è un’operina banale infarcita di intellettualismi da quattro soldi. Ma il suo capolavoro è Cuore di cane, zeppo di ripugnante razzismo sociale e di un disgustoso disprezzo per la classe operaia» • «Vogliamo parlare di Venedikt Erofeev e del suo Mosca-Petuski? Una robetta presuntuosa senza alcun valore letterario» • «Se mi si chiedesse il modello di uno scrittore veramente serio, direi Giulio Cesare: ha fatto cose molto interessanti e ne ha scritto sulla base della propria esperienza» (Boffa)
Curiosità «Mi piacerebbe che facessero un film su di me. Tarantino sarebbe l’ideale» • «Ovviamente credo in Dio, anche se non sono né cattolico né ortodosso» • Detesta gli scacchi • Dice che del libro di Carrère ha letto solo le prime quaranta pagine, poi si è stufato: «Io su di lui cosa avrei potuto scrivere?» • «“Sono contento per Carrère, starà facendo un sacco di soldi. Ha costruito un mito e lo ringrazio. Ma mi raccomando: non è tutto vero, il mito non deve essere mai autentico” […] Che fa, rinnega le parti più scabrose? Per esempio quella in cui sodomizza sua moglie sulla colonna sonora di un discorso di Solgenitsin? Oppure quando si fa possedere da un ragazzo di colore a Central Park? “Carrère ha saccheggiato i miei libri. Ha riportato cose che avevo scritto io in prima persona, ma sotto pseudonimo” Dunque sono tutte invenzioni? “Ripeto: sono i miei libri. Ci sono cose che ho fatto, cose che avrei solo voluto fare e cose che forse non avrei fatto mai. Ma non vi dirò mai quali”» (a Lombardozzi).
Titoli di coda «Ecco tre giudizi tratti dalle innumerevoli critiche a Limonov: “Un fascista”, “Un genio assoluto”, “Un perfetto stronzo”. Quale le sembra più corretta? “Bellissime tutte e tre, ma assieme. Separate non vale”» (Lombardozzi)