12 febbraio 2020
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Biografia di George Segal
George Segal, nato a Great Neck, nello stato di New York, il 13 febbraio 1934 (86 anni). Attore • «Ha cominciato facendo trucchi di magia quando aveva dieci anni. Non ha più smesso di recitare» (dal sito della Hollywood chamber of commerce) • «È l’uomo dimenticato del cinema americano degli anni Settanta. Quando si pensa a un attore simbolo di quel periodo, a nessuno viene in mente lui. Se proprio qualcuno pensa a lui, probabilmente ricorda un attore simpatico, di seconda categoria, che interpretava il ruolo di protagonista quando i produttori non riuscivano a trovare un vero divo. Forse, per gran parte della sua carriera, è stato addirittura più conosciuto come il tizio un po’ scemo che si dava al cinema giusto per essere invitato allo show di Johnny Carson e tirare fuori il suo banjo» (Phil Nugent, The High Hat) • «Negli anni Settanta, tra i protagonisti maschili delle commedie romantiche, era il migliore. Era affascinante, bello, un po’ schizzato e con un pizzico di cinismo, per giunta» (Susan King, Los Angeles Times, 24/1/2011) • Israelita, all’inizio della carriera un agente gli suggerì di cambiarsi nome. «Era un ebreo anche lui, aveva pure un nasone molto sporgente, ma mi disse che avrei dovuto farlo se volevo avere qualche possibilità nel mondo del cinema». Rifiutò • «È bravissimo a interpretare il classico figlio ebreo assillato dalla classica madre ebrea» (Roger Ebert, critico cinematografico) • In Non si maltrattano così le signore (1968), è un poliziotto ebreo vessato dalla propria yiddishe mame, che lo costringe a finire la cena prima di correre ad arrestare un malfattore • In Senza un filo di classe (1970) è un avvocato ebreo che cerca così disperatamente di sfuggire alle premure della madre che, a un certo punto, indossa un costume da gorilla per spaventarla a morte • Ha lavorato per il teatro, per il cinema e per la televisione. L’unica volta che è stato candidato al premio Oscar è stata nel 1967 per Chi ha paura di Virginia Woolf?, dove recitava come attore non protagonista a fianco di Liz Taylor e Richard Burton. Dal 2017 ha una stella sulla Walk of Fame di Hollywood • Ha recitato in sessantacinque film, tra i quali: Il giorno più lungo (Ken Annakin, Andrew Marton, 1962); Squadra di emergenza (John Rich, 1964, Golden Globe alla nuova promessa maschile); La nave dei folli (Stanley Kramer, 1965); Qualcuno da odiare (Bryan Forbers, 1965); Chi ha paura di Virginia Woolf? (Mike Nichols, 1966); Né onore né gloria (Mark Robson, 1966); Il massacro del giorno di San Valentino (Roger Corman, 1967); Addio Braverman (Sidney Lumet, 1968); Senza un filo di classe (Carl Reiner, 1970); Il gufo e la gattina (Herbert Ross, 1970); La pietra che scotta (Peter Yates, 1972); Una pazza storia d’amore (Paul Mazursky, 1973); Un tocco di classe (Melvin Frank, 1973, Golden Globe al miglior attore); California Poker (Robert Altman, 1974); Rollercoaster – Il grande brivido (James Goldstone, 1977); Qualcuno sta uccidendo i più grandi cuochi d’Europa (Ted Kotcheff, 1978); Giorni di gloria… giorni d’amore (Mark Rydell, 1991); Amori e disastri (David O. Russell, 1996); Il rompiscatole (Ben Stiller, 1996); L’amore ha due facce (Barbra Streisand, 1966); 2012 (Roland Emmerich, 2009) • Dal 2013 interpreta Albert Solomon nella serie tv The Goldbergs.
Titoli di testa «Ah, guardi, per me è una cosa soprannaturale. Non ho mai capito come succede. A volte si tratta solo di essere al posto giusto al momento giusto, a volte sono loro che vengono a cercarti. È impossibile da spiegare. È come giocare d’azzardo, il lavoro di attore. È come giocare alla roulette, tu stai seduto al tavolo e aspetti che esca il tuo numero. Oppure è come essere un’auto usata in una rivendita di auto e aspetti che arrivi qualcuno a cercarti. Per farlo, devi essere pazzo» (a Will Harris, Av club, 23/9/2013).
Vita Figlio di George Segal senior, commerciante di malto e luppolo, e di Fannie Banche Bodkin • I suoi quattro nonni sono tutti immigrati ebrei, arrivati in America dalla Russia. I nonni materni si sono cambiati cognome da Slobodkin a Bodkin per sembrare più americani • «La sua era una famiglia osservante? “Per niente. Erano socialisti. Un mio bisnonno da parte di padre si era persino candidato come governatore del Massachusetts. E nella famiglia di mia madre era lo stesso: mia nonna gestiva una pensione per anarchici» (Curt Schleier, Forward, 18/9/2013) • La sua è una famiglia perfettamente integrata. George non fa nemmeno il bar mitzvah • «Una volta sono andato a celebrare Pesach a casa di Groucho Marx. Lui continuava a chiedere: “Ma quand’è che arriva il vino?” In pratica tutta la mia formazione religiosa è stata quella. Ora che ci penso, l’unica volta che ho messo piede in sinagoga è stato per il bar mitzvah di un mio amico (a Schleier) • La madre di George, Fanny Blanche Bodkin, non è la classica mamma ebrea dello stereotipo • «Era una specie di signora vittoriana, molto composta, molto riservata» (a Naomi Pfeffermann, Jewish Journal, 28/8/2013) • Aveva avuto due aborti, ma, prima di George, era riuscita comunque a dare alla luce due maschi e una femmina. Greta, però, era morta di polmonite che aveva sei anni • «Era come se in casa nostra ci fosse un lutto perenne. Quando andavo a cena dai miei amici, loro erano contenti di stare assieme. Da noi non era così. Dev’essere dura perdere una figlia. Penso mia madre volesse un’altra femmina quando sono nato io» (alla Pfeffermann) • Il padre di George, invece, è sempre in viaggio per lavoro e così lui cresce senza troppo affetto • Quando ha tre anni, uno dei suoi fratelli lo porta nell’autorimessa di casa a Great Neck e lo fa recitare davanti ai vicini in uno spettacolino. «Mi vestirono come un barbone, mi dettero il mozzicone di un sigaro e una bombetta» • Esibirsi gli piace. Suo padre gli regala alcuni giochi di prestigio. Basta che ci siano due o tre persone e fa sparire le monetine • Poi a nove anni lo portano al cinema a vedere Il fuorilegge di Frank Tuttle con Robert Preston: «C’era questo tizio con un impermeabile e una pistola, e Veronica Lake era pazza di lui. Lì qualcosa deve essere scattato nella mia testa. Mi sono reso conto che quello era un lavoro. E ho cominciato a volerlo fare anch’io» • A tredici anni si procura un banjo e impara a suonarlo • «Quando ero in seconda media, Art Linkletter [presentatore di House Party sulla radio della CBS, ndr] cercava cinque ragazzini. Vennero nella mia scuola e chiesero chi volesse provare. Mi misero su un pullman assieme a altri quattro miei compagni e partimmo per la città. Ero spaventato a morte. Gli altri rispondevano sempre in maniera brillante. Prima che lo spettacolo iniziasse, qualcuno venne da me a mi disse: “Quando il signor Linkletter dice così dovete mettervi a ridere”» (a Schleier) • Ai suoi importa così poco dell’eredità ebraica che decidono di mandarlo in una scuola quacchera in Pennsylvania • «Una di quelle scuole progressiste dove non ci sono esami, si fa un sacco di teatro e dove la disciplina è sostituita dall’idea ottimistica di cooperare per il bene comune» (Sally Vincent, The Guardian, 7/7/2001) • Poi studia alla Columbia University di New York e si diploma in recitazione • Servizio militare nell’esercito • Sia durante gli studi, sia sotto le armi, nel tempo libero suona in un gruppo jazz • «Ero un ragazzo timido e con i brufoli» • Ma stare sul palcoscenico gli piace e trova lavoro come attore di riserva a Broadway, nello spettacolo The Iceman Cometh di Eugene O’Neill. Quando l’attore principale si ammala, lui deve sostituirlo • «“La mia prima volta sul palco mi sono sentito ispirato. La seconda è stato mesi dopo, avevo invitato a vedermi un sacco di persone e pure un agente. Ero paralizzato dalla paura”. La sua interpretazione nel primo atto è un disastro. “Durante l’intervallo ero disperato, e così mi sono messo in ginocchio e ho detto ‘Dio, se riesci a farmi arrivare alla fine del secondo atto non reciterò mai più’. Non lo avevo mai pregato prima. Sono arrivato alla fine dello spettacolo e mi sono rimangiato la promessa”. A Dio sembra non sia importato più di tanto» (Pfeffermann) • Nel 1960 partecipa a What’s my Line?, un quiz della CBS in cui i concorrenti sono bendati e devono indovinare l’identità dell’ospite. «Qualcuno mi chiese “Reciti in commedie o in film drammatici?” Dissi “Film drammatici”. Non sapevo che avrei preso la strada della commedia» (alla King) • Recita in alcune serie tivù • Nel 1961 firma un contratto con la Columbia Pictures e passa al cinema. Debutta in Giorni senza fine. Il suo primo film da attore protagonista è Qualcuno da odiare, che vince l’Oscar. Recita in La nave dei folli, versione televisiva di Morte di un commesso viaggiatore • Gira moltissimi film, sembra avviato al successo. Ottiene la sua prima candidatura all’Oscar per Chi ha paura di Virginia Woolf? Non sa che rimarrà anche l’unica • Diventa famoso. Compra case e automobili. Va a Londra e passeggia con Sean Connery, Charlie Bronson e Lee Marvin, tutte leggende all’epoca • «È proprio una strada stramba, questa di cercare di diventare un divo nel mondo del cinema. Non c’è una direzione vera e propria, non c’è un piano B dove andare a riparare, non hai certezze, hai niente di concreto. Hollywood è ingegnerizzata apposta per non farti tenere i piedi per terra» (alla Vincent) • Per tutti gli anni Settanta e Ottanta continua a lavorare: «Mi sentivo una ciambella con la glassa» • Poi cominciano a non chiamarlo più così spesso • Tra un film e l’altro si sente insicuro, pensa solo a recitare e quando non recita non sa cosa fare. Comincia a sperperare tutti i suoi guadagni. Suona il banjo e va da un analista • Frequenta gli stessi psicologi di Leonard Bernstein e Jack Nicholson • Prova la cocaina e gli piace. «Senti, se non ci fosse un lato positivo, la gente non lo farebbe. Non serve a nulla far finta che non sia così. Non ha senso dire “Basta dire di no”, come se fossimo tutti un gregge di pecore che la provano solo perché gli amici insistono. […] Quando la provi ti senti il re del mondo. Poi scopri che la cocaina è una droga senza pietà, che ti distrugge, per un po’ continui a inseguirla, poi ti fermi» (alla Vincent) • Comincia a soffrire di ansia e di attacchi di panico. Si ritrova sdraiato a terra in posizione fetale. Divorzia • Negli anni Ottanta ormai non lo chiama più nessuno. «Cary Grant, che l’aveva sentito dire da Adolph Menjou [un altro attore americano, ndr], diceva che lavorare nel cinema è come prendere l’autobus: sali davanti e ti siedi subito dietro l’autista. Poi comincia a salire altra gente, che a poco a poco ti spinge verso il fondo finché arrivi così in fondo da cadere giù. E allora non ti resta che andare alla prima fermata, provare a risalire a bordo sperando che nessuno si accorga che sei già passato di lì» (Vincent) • Segal viene spinto giù dall’autobus da una nuova generazione di attori, da gente come Robert De Niro e Chevy Chase. Pensa di tornare a fare teatro. Suona il banjo al Johnny Carson Show sulla NBC • «Sono fuori dall’industria del cinema. Lavoro per il teatro e la televisione» • E invece lo riscoprono. Lo prendono per fare Just shoot me!, una serie tv che va avanti per sette stagioni e gli vale pure una candidatura al Golden Globe • Dal 2013 interpreta Albert Pops Sullivan, l’eccentrico nonnetto ebreo donnaiolo della serie della ABC The Golbergs • «È la cosa più divertente che abbia mai fatto. È come Senza un filo di classe per il 2013» • In scena suona spesso il banjo.
Vita privata È stato sposato tre volte. Il primo matrimonio (1956-1983), con Marion Freed è finito con un divorzio. Dal 1983 al 1996 è stato sposato con Linda Rogoff, che faceva la manager delle Pointer Sister, un gruppo rythm and blues, e che lui conobbe alla Carnegie Hall di New York mentre si trovava lì per suonare il banjo. Poi lei è morta e lo ha lasciato vedovo. La sua terza moglie è Sonia Schultz Greenbaum, una sua vecchia compagna della scuola quacchera in Pennsylvania. Sono sposati dal 1996 • Dalla prima moglie ha avuto due figlie: Elizabeth (n. 1962) e Polly (n. 1966).
Curiosità È alto 1 metro e 79 • Ha un patrimonio di dieci milioni di dollari • Ha doppiato sé stesso in un episodio dei Simpsons • Suo nipote, figlio di suo fratello, ha provato a fare l’attore ma, vista la mala parata, ha fondato una società finanziaria che fa investimenti in proprietà immobiliari ed è diventato molto ricco • Non è parente del George Segal scultore • Come musicista ha registrato tre album dal 1967 al 1987 • Ha detto: «L’allevamento è una forma legale di schiavitù».
Titoli di coda «Ecco, ho finito il tempo, mi tengo il resto per il funerale» (l’attore e comico David Spade, quando hanno inaugurato la sua stella a Hollywood).