11 febbraio 2020
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Biografia di Costa-Gavras alias Kostantinos Gavras
Costa-Gavras alias Kostantinos Gavras, nato nel villaggio di Loutra-Iraia, in Grecia, il 12 febbraio 1933 (87 anni). Regista. Sceneggiatore. Produttore cinematografico • «È uno dei registi francesi più celebrati nel mondo, avendo realizzato una ventina di film in più di 45 anni» (Maya Jaggi, The Guardian, 4/4/2009) • «Nato da una famiglia molto povera […] in Arcadia, e vissuto per gran parte della sua vita in Francia dove è stato anche Presidente della Cineteca dal 1982 al 1987 e di nuovo dal 2007» (Marcello Sorgi, La Stampa, 1/8/2009) • «Si è imposto come autore a livello internazionale con Z (1969; Z ‒ L’orgia del potere), film politico, ma anche spettacolare e d’effetto, che nel 1969 ha vinto un premio della giuria al Festival di Cannes e nel 1970 l’Oscar per il miglior film straniero. Ha continuato a lavorare per un cinema di denuncia e d’impegno» (Alessandra Levantesi, Enciclopedia del cinema, 2003) • «Forse più che in ogni altro regista, l’indignazione di Costa-Gavras emerge con tale durezza sulla celluloide che si può quasi vedere, guardando i suoi film; tanto che, tra le altre cose, è stato definito un “agente provocatore del cinema”» (Judy Klemesrud, New York Times, 22/4/1973) • Tra i suoi film: Vagone letto per assassini (1965); Il 13° uomo (1967); La confessione (1970); L’Amerikano (1973); L’affare della sezione (1975, miglior regista a Cannes); Missing – Scomparso (1982, Oscar per la miglior sceneggiatura non originale); Betrayed – Tradita (1988); Music Box – Prova d’accusa (1989, orso d’oro al festival di Berlino); Mad City (1997); Amen (2002, premio César alla miglior sceneggiatura, Golden Globe per il miglior film europeo); Verso l’Eden (2009); Adults in the Room (2019) • «Un’opera che è cresciuta assieme alla mia percezione delle cose, con l’età e con l’esperienza» (La Croix, 22/9/2019) • «Il potere e la resistenza al potere m’hanno sempre affascinato. Il potere è dappertutto. Tutto sta in come lo utilizziamo: serve a rendere gli altri felici o infelici? Se faccio film politici, è perché il potere politico si rivela molto spesso il più forte, il più violento, il più inaccettabile» (a Frédéric Theobald, la Vie, 7/11/2019).
Titoli di testa «Penso che nei miei film ci sia la rabbia greca mischiata al razionalismo francese» (alla Klemesrud).
Vita «Credo sia tutto merito di mia madre, Panaiota, che vuol dire “tutta santa”. Sapeva a malapena scrivere ma continuava a ripeterci: “Bisogna studiare, bisogna studiare”. E nostro padre ha avuto l’intelligenza di darle retta. Non ci ha cresciuto “alla greca”: per un giovane, il massimo della prospettiva era sposare una ragazza con una buona dote e diventare funzionario. Questa era tutta la vita. Mio fratello Apostolos, che chiamavamo Tolios, era molto brillante […] Gli bastava leggere un manuale di diritto per sapere tutto a memoria. È diventato avvocato. Mio fratello Hakos, medico, ha scritto un articolo di cardiologia e lo hanno chiamato da un ospedale molto famoso a Glasgow, in Scozia”» (Béatrice Gurrey, Le Monde, 3/11/2019) • «Quando ero un ragazzino ricordo che mi aggrappavo dietro all’autobus perché non avevo abbastanza soldi per pagare il biglietto. Poi, di colpo, si fermava, l’autista veniva da me e mi colpiva in faccia per costringermi a scendere. Non avevo il denaro per prendere l’autobus, sicché dovevo decidere se camminare per tre chilometri o aggrapparmi al retro dell’autobus e essere umiliato. Oggi, mi oppongo con forza a ogni tipo di umiliazione. È la cosa che mi fa arrabbiare più di tutte» (alla Klemesrud) • «Dalla madre ricevette un’educazione religiosa greco-ortodossa, ma fu il padre, originario di Odessa (Ucraina) e militante nella Resistenza durante la Seconda guerra mondiale, a influire sulla sua vocazione di cineasta di thriller politici» (Levantesi) • «Nel dopoguerra, la Grecia finì nella sfera di influenza occidentale e dopo la guerra civile, con la sconfitta dei comunisti nel 1949, suo padre, funzionario del Ministero delle Finanze, perse il lavoro e finì in prigione. “Chiunque avesse fatto la resistenza nelle formazioni di sinistra veniva considerato comunista, diventammo molto poveri”» (Jaggi) • Sua madre inizia a fare la donna delle pulizie • «Ero una vittima della guerra fredda. È stato il peggior periodo della storia greca dai tempi dell’occupazione turca» • A Costantino non è permesso di iscriversi all’università. Va a lavorare ad Atene per mettere da parte qualche soldo. Per un po’ fa anche il ballerino • «Ho scoperto un lato della società che non avrei mai scoperto altrimenti» • «Ci sono un sacco di se, nella mia vita. Il primo: se non avessi sentito, un giorno, mia madre dire a mio padre, pensando che io non sentissi. “Non c’è posto per lui, qui”. “Qui” voleva dire in Grecia, non c’era futuro» (alla Gurrey) • Vorrebbe andare negli Stati Uniti, ma c’è il maccartismo e non gli danno il visto • «La mia generazione era molto vicina al comunismo. Mi ricordo quando, da bambino, durante la guerra, mio padre ci ha detto: “I comunisti hanno battuto Hitler! Stalingrado non è caduta”. Era straordinario. Tornata la pace, l’Urss rappresentava un futuro meraviglioso, soprattutto per chi viveva in un Paese come la Grecia, dove non c’era nessuna speranza» (a Theobald) • «E così sono partito per la Francia. Sono arrivato a Parigi nell’ottobre 1955, a 22 anni» (alla Gurrey) • Costantino arriva alla Gare de Lyon. Ricorda «il tempo tetro, gli edifici scuri e il modo in cui ti guardava la gente se non parlavi francese. Il mio primo impulso fu di risalire sul treno e tornarmene a casa» • In tasca ha tre franchi e sei soldi • «In Francia “scoprii cosa significa essere liberi - leggere, discutere, tutte cose impossibili in Grecia”, sotto la censura. Abituato ai film d’azione di Hollywood che guardava ad Atene, la Cinémathèque Française, a due passi dalla Sorbona, è una rivelazione. Rapacità di Erich von Stronheim lo colpì con la forza di “un’antica tragedia greca. Scoprii che il cinema era capace di produrre capolavori - non erano solo i buoni che sconfiggono i cattivi» (Jaggi) • «Il primo film di Fellini che vidi, I vitelloni, così poetico e così realistico nello stesso tempo, ebbe su di me un effetto illuminante» • Prende una laurea in Lettere alla Sorbona. Studia cinema all’Idhec. Fa qualche esperienza giornalistica, poi diventa assistente regista • «Ho avuto un’offerta per un tirocinio di quindici giorni, l’ho accettato con una gioia che non si può nemmeno immaginare. Ero lo stagista che aiutava il primo assistente, Claude Pinoteau, sul set di Peccatori delle Hawaii di Yves Allégret» (alla Gurrey) • Pinoteau, dopo due settimane, decide di tenerlo anche per la terza. Poi lo assume come secondo assistente. «È lui che mi ha aperto la strada verso grandi registi come René Clair, René Clément, mi ha fatto conoscere Giono» (alla Gurrey) • «Comincia un’incredibile epopea di incontri uno più propizio dell’altro […] diventa assistente dei cineasti degli anni Cinquanta e Sessanta (Jean Becker, Henri Verneuil, …) e amico intimo della coppia Signoret-Montand» (Isabelle Potel, Figaro Madame, 4/5/2018) • La prima volta che il suo nome compare nei titoli di coda, si sbagliano e scrivono Costa Gavras. Lui decide di adottarlo come pseudonimo • È rimasto un uomo di sinistra • «“In Francia, i comunisti si opponevano alle guerre coloniali. Ma a poco a poco, si iniziava a capire che qualcosa non funzionava”. Nel 1957, alla scuola di cinema, studenti ungheresi gli svelano l’altra faccia del paradiso rosso. […] Poi ci sono le discussioni con gli amici, Simone Signoret, Yves Montad, Jorge Semprún, Chris Marker… “Parlavano di politica senza fanatismo”. Ed è proprio quest’impostazione critica, questo rifiuto del manicheismo che Costa Gavras non smetterà di applicare al proprio cinema» (Theobald) • «Esordì nel 1965 con un solido noir, Compartiment tueurs (Vagone letto per assassini), tratto da un romanzo poliziesco di S. Japrisot e prodotto grazie all’appoggio degli amici Yves Montand e Simone Signoret, che ne furono protagonisti. Un homme de trop (1967; Il 13° uomo), ambientato durante l’occupazione nazista, fu poco apprezzato dalla critica, ma C.-G. stava già mettendo a punto quel suo modo peculiare di coniugare impegno e cinema spettacolare che, con Z, gli avrebbe assicurato il successo internazionale. […] Z si ispira al romanzo di V. Vassilikos sull’affare Lambrakis, un professore universitario e deputato di sinistra, morto nel 1963 investito da un’auto. Sull’incidente, non certo casuale, si aprì un’inchiesta, ma il processo si risolse in un nulla di fatto» (Levantesi) • «Non ho mai dimenticato le mie radici. Il mio sentimento di grecità rinacque dopo la presa del potere nel 1967 da parte dei colonnelli, la mia resistenza personale fu girare Z» (a Valerio Cappelli, Corriere della Sera, 27/9/2019) • «Solo in Italia c’è questo sottotitolo L’orgia del potere, lo volle un distributore imbecille» (Cristiana Paternò, Cinecittà News, 26/11/2016) • «Il film stentò a trovare finanziamenti e venne realizzato grazie al coraggioso appoggio dell’attore Jacques Perrin, interprete di questo e dei precedenti lavori del regista. Nella sceneggiatura, scritta con Jorge Semprún, C.-G. mascherò i fatti cambiando i nomi dei personaggi e ambientando la vicenda in un immaginario Paese mediterraneo, ma la significativa dicitura iniziale suggeriva che “ogni riferimento a fatti reali e persone morte [era] volontario”. Per l’appassionato spirito civile e la tesa suspense, sottolineata dalla musica di Mikis Theodorakis (in quel momento chiuso nelle prigioni greche), Z conquistò il pubblico di tutto il mondo, ottenendo numerosi riconoscimenti» (Levantesi) • «Lei crede al cinema come arma politica? “Dipende dal senso che si dà al vocabolo arma. Il cinema può essere, questo si, un mezzo di informazione e di formazione di idee che, con l’aiuto dello schermo, riescono più agevolmente a viaggiare da un paese all’altro. Un film non può però cambiare il mondo e nemmeno sostituirsi alla rivoluzione”» • Nel 1970 gira La confessione, storia di Arthur London, ebreo comunista, viceministro degli Esteri cecoslovacco, arrestato nel 1951, poi processato e condannato all’ergastolo dalla repressione stalinista. «Girato diciotto mesi dopo l’invasione sovietica di Praga […] rappresentò per il regista, per Semprún e gli interpreti, Yves Montand e Simone Signoret, una sorta di lacerante ripensamento sulla propria militanza comunista: C.-G. infranse il tabù secondo cui criticare la sinistra significava fare il gioco della destra e l’accoglienza entusiasta al film dimostrò che i tempi erano ormai maturi» (Levantesi) • Nel 1973 realizza L’amerikano, storia di un funzionario della Cia rapito a Montevideo dai Tupamaros • «Costa-Gavras insiste nel dire che il film non è anti-americano. “Criticare una certa politica non vuol dire darne la colpa a tutti gli americani”» (Klemesrud) • «Il film venne accolto con riserve: molti critici reputarono che Yves Montand nel ruolo del cattivo fosse poco credibile e che le riflessioni sulla lotta di liberazione nel Terzo mondo appesantissero l’azione senza arricchire lo spessore della storia. Le stesse debolezze furono riscontrate in Section spéciale (1975; L’affare della sezione speciale), in cui C.-G. condannava il regime di Vichy. L’insuccesso del film bloccò il regista per quattro anni, inducendolo a cambiare momentaneamente registro con Clair de femme (1979; Chiaro di donna), dramma intimista interpretato ancora da Yves Montand e da Romy Schneider. Dopo un nuovo, lungo periodo di inattività, sono stati gli studi hollywoodiani a offrire a C.-G. nel 1982 l’occasione di un rilancio di carriera» (Levantesi) • Gira Missing, sulle responsabilità americane nella dittatura cilena; Hanna K., in cui un’avvocatessa ebrea cade in crisi dopo aver assunto la difesa di un terrorista palestinese; Consiglio di famiglia, una commedia sulle contraddizioni della piccola borghesia; Tradita, requisitoria contro il Kkk e Music box, la storia di un’avvocatessa che scopre che suo padre ha un passato nelle milizie ungheresi filonaziste • Nel 1993, con La piccola apocalisse, prende in giro la sinistra europea. «Ironizza sugli ex giovani leoni di quel certo maggio [1968, ndr][…]. Ormai hanno pancia e capelli bianchi. La nevrosi distrugge sesso e notti. Ma non sono “adulti”, solo adolescenti sciupati dal tempo. Basta ascoltare le loro battute: “Che fine hanno fatto gli ideali dei nostri vent’anni? Mio caro, sono andati a puttane, ma ce la siamo cavata”. Le loro donne li insultano: “Poveri ex maoisti nevrotici, depressi e divorziati”. Lavorano per la Tv e l’editoria: “Contribuisco all’abbrutimento dell’umanità più di quanto non abbia fatto con il mio impegno politico”, “Quello è un ex trozkista esperto in comunicazioni di massa”» (Paolo Conti, Corriere della Sera, 30/5/1993) • Il suo ultimo film, Adults in the room (2019), è tratto dal libro di Yanis Varufakis e parla di come l’Europa ha gestito la crisi economica greca • «Non si dimentica mai il Paese in cui si è nati, specialmente quando è un Paese come la Grecia» • «Quello che […] è […] evidente è come negli stessi anni l’Europa non sia diventata un continente coeso, ma un impero non liberale, oltretutto mal gestito e mal diretto. Così, ciò che ho voluto narrare nel mio film è in primis una tragedia umana, il potere che imprigiona delle persone, non lascia loro alcuna via d’uscita e infine, nello schiacciarle, ne provoca la divisione. Una tragedia nel senso antico del termine, ma recitata sul palcoscenico della modernità compiuta» (a Stenio Solinas, Il Giornale, 1/2/2019) • Viene criticato perché il governo di Tsipras gli ha coperto un terzo delle spese con 630 mila euro • «Sullo schermo, persino il ministro delle Finanze tedesco, colui che boccia ogni possibile alleggerimento del debito greco, è ritratto con delle sfumature. “È un uomo onesto”, lo giudica Costa-Gavras […] “Tutti hanno le loro ragioni. È il principio della tragedia greca: ciascuno ha ragione, ma le varie ragioni non si accordano l’una con l’altra…”» (Theobald).
Vita privata Sposato nel 1968 con Michèle Ray, nizzarda, ex modella, divorziata e madre di un bambino, giornalista, poi produttrice cinematografica • Fu catturata dai vietcong. La tennero prigioniera per venti giorni • Tre figli: l’attore e regista Alexandre Gavras (n. 1969), la regista Julie Gavras (1970), il regista Romain Gavras (n. 1981) • «Girare un film è come una storia d’amore».
Politica «I populismi ci fanno tornare indietro di decenni, agli anni ’20 e ’30 del Novecento, con conseguenze catastrofiche, a partire dai rigurgiti di razzismo. Spero vivamente che le cose cambino con la nuova presidenza europea, che l’Europa possa vivere un’altra epoca» • «Oggi c’è bisogno di sinistra e c’è la filosofia della sinistra, ma non ci sono le persone capaci di metterli assieme»
Curiosità Anche se è molto di sinistra, non gli piace Jean-Luc Mélanchon • Ha conosciuto Giorgio Napolitano • «Anni fa pensò di girare un film sul sequestro del leader democristiano Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse, ma poi il progetto sfumò per la sua difficoltà a capire le oscure trame che lo circondarono» (Stefano Arduino, Vita, 15/7/2002) • Abita a Parigi nel quartiere latino, in una casa rosa con un cortile nascosto dietro boulevard Saint-Michel • Non gli piace Netflix • Suo fratello, il medico, riuscì ad andare negli Stati Uniti. Lo chiamarono a lavorare a Boston e a New York.
Titoli di coda «Non bisogna mai fare film per calcolo o per reazione, ma solo per passione».