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 2020  febbraio 10 Lunedì calendario

Biografia di Mary Quant


Mary Quant, nata a Londra l’11 febbraio 1934 (86 anni). Stilista. È l’inventrice della minigonna • «È lei la stilista very english, svaporata e festaiola, che sistemò in vetrina, […] nel 1963, quella mina vagante, nella sua boutique “Bazaar” di Kings Road. E la bomba esplose» (Emanuela Minucci, Tuttolibri, 5/10/2019) • «Sono state le ragazze a chiedermi di accorciare gli orli, loro volevano vestiti dentro i quali poter saltare, muoversi, correre. Le mie gonne erano già sopra il ginocchio ma loro mi dicevano: “Mary, più corte, più corte!”» • «Trasformò la perfida Albione nell’irresistibile cool Britannia, accorciando gli orli e riscrivendo i canoni della bellezza femminile, dagli anni ‘60 all’eternità» (Elena Banfi, Vanity Fair, 9/4/2019) • «Quella della minigonna è l’unica rivoluzione del Novecento che non sia finita in tragedia. E la sola ad aver mantenuto le sue promesse di liberazione. È fuor di dubbio, infatti, che quei pochi centimetri di tessuto zippati di provocazioni, allusioni, mutazioni, ribellioni, hanno potuto più di ogni manifesto femminista. Perché hanno tradotto il desiderio di emancipazione delle donne, occidentali e non solo, nel linguaggio del corpo. Il più concreto e universale, visto che non ha bisogno delle parole per farsi capire» (Marino Niola, la Repubblica, 23/3/2019).
Titoli di testa «L’Inghilterra puritana ebbe un sussulto, ma i giovani ebbero finalmente il loro stile e le loro icone. Si dice che suor Fiorella, una suora incaricata di controllare l’abito dei fedeli che entravano a San Pietro a Roma, rinunciò all’incarico per esaurimento nervoso» (Guide Routard, Londra, Touring Editore srl, 2016).
Vita Figlia di Jack e Mildred Quant, nipote di minatori gallesi • «Che cosa deve ai suoi genitori? “Tutto, anche se hanno sempre pensato che la stilista fosse un mestiere troppo incerto. Facevano gli insegnati. Erano molto intellettuali”» (Rosanna Greenestreet, The Guardian, 12/3/2006) • «I suoi genitori sono due professori gallesi che insegnano alla London University. Per la loro amata figlia sognano un tranquillo futuro d’insegnante» (Il Messaggero, 9/2/2019) • «Destinata a diventare a sua volta insegnante, rifiuta il tranquillo destino che la famiglia ha scritto per lei e a 16 anni va a vivere da sola a Londra. Qui conosce quello che diventerà suo marito, Alexander Plunket Greene, rampollo di una nobile famiglia inglese» (Banfi) • Lui è nipote di Bertrand Russel • «I due iniziano una vita bohèmien: mangiano quando hanno soldi, viaggiano come possono, si vestono come passa loro per la testa» (Il Messaggero) • «Sono dediti a vita matta e bizzarra fra piatti e lenzuola sudici e un alternarsi di fame nera e di quattrini a palate subito sperperati nei più lussuosi clubs notturni della capitale. “Mettevamo spaghetti a bollire col sale nell’acqua — racconta Mary […] - Poi li buttavamo in un piatto. Dopo di che, Alexander apriva una scatola di carne e la versava in cima agli spaghetti. Il grasso della carne conservata più o meno si scioglieva sugli spaghetti caldi. Era rivoltante, ma a noi pareva molto internazionale”» (Silva Pietro, Corriere della Sera, 5/11/1966) • Mary frequenta il Goldsmith’s College e si diploma in Arte. Poi diventa apprendista in un negozio di cappelli su Brook Street • «“La gente, dovunque  andassimo, ci guardava”, racconta Mary dei giorni in cui era scolara e viveva con Alexander, tra spaghetti e club notturni, e non pensava ancora a disegnar vestiti: “Ridevano di noi e ci  gridavano dietro: ‘Oh, Dio, questa Gioventù Moderna!.. Oh, Dio, questa Gioventù Moderna!..”; Sicché noi cominciammo ad autodefinirci: Gioventù  Moderna”. Ed è anche tipico dell’Inghilterra 1966 che i genitori di questa ragazza ciclone fossero insegnanti di scuola, grandi puritani, severi, ordinatissimi, figli di minatori inglesi, disperati d’aver figlioli simili. Sempre a predicare alla povera Mary: “Pensa al futuro, a una professione stabile, alla pensione: dedicati all’insegnamento... ”» (Pietro) • «Mary ha una predilezione per le gonne corte e gli stivaletti, Alexander si adatta. I due fanno amicizia con un ex avvocato diventato fotografo, Archie Mc Nair, e quando Alexander per il suo ventunesimo compleanno eredita dei soldi, decidono, con l’aiuto di Mc Nair, di comperare una casa» (Il Messaggero) • «Nello scantinato aprono un ristorante, al primo piano la boutique Bazaar. Situata sulla King’s Road, propone dapprima capi che la Quant compra all’ingrosso. Ma ben presto, delusa da quello che offre il mercato, decide di creare lei stessa la moda per le sue clienti» (Banfi) • «Seguire […] la vita del Bazaar passo per passo, ogni svolta della carriera di Mary, la passione quasi inconscia con cui questa ragazza lavorava febbrilmente, fra un disordine caotico e un’inesauribile allegria, ai suoi vestiti per minorenni, vendendoli il giorno stesso e comprando stoffe l’indomani col denaro incassato ieri, è per i lettori una lezione. “In principio, i clienti in negozio ci facevano una paura tremenda...” racconta. La grande donna di successo è in fondo timida e incerta. Senza inibizioni […] eppure ricca di freschezza» (Pietro) • Un giorno Mary prende l’autobus e per poco manca la fermata. Si rende conto che l’intralcio della gonna limita libertà e movimenti • Quando torna in negozio sforbicia le gonne fino a cinque centimetri sopra il ginocchio. Poi sale fino a dieci • «A ispirare la stilista inglese fu l’auto Mini Minor, creata qualche anno prima dal designer Alec Issigonis che voleva svecchiare le quattroruote adeguandole a un modo di vivere giovane, informale, disinibito» (Niola) • Il successo è immediato • «Gli uomini inglesi di mezza età sbattevano contro le finestre urlando “È osceno, è disgustoso”. Straordinario non è vero?» (a Alexandra Schulman, Vogue Uk) • Al Bazaar, oltre alla minigonna, vende anche miniabiti in jersey e pull aderenti a coste: «i celebri skinny-rib sweaters, che la Quant ideò dopo essersi infilata per gioco il pull di un bambino di otto anni» (Banfi) • «I suoi capi erano in netto contrasto con quelli dei couturier: erano facili, indossabili, giovani, avevano prezzi accessibili e tinte shock. E permettevano alle ragazze di distinguersi, finalmente, dalle proprie madri» (ibidem).
Reazioni A Parigi l’alta moda è scandalizzata. Coco Chanel: «La negazione della femminilità e dell’eleganza» • La scrittrice Louise de Vilmorin: «Sono sempre le ragazze più brutte che portano la minigonna» • Françoise Giroud, ministro francese alla condizione femminile: «I vestiti dovrebbero mettere in risalto il viso della donna, specchio dello spirito e non, come fa la minigonna, le parti meno nobili del corpo» (1967) • Adolfo Rivelis, scienziato: «È una delle cose più dannose per la salute che siano mai state inventate. Le donne saranno tutte piene di reumatismi, artrosi, artriti» (giugno 1966) • Il prefetto di Parigi sostiene che le gonne corte fanno aumentare il numero di stupri e di incidenti stradali. Lancia una campagna: «Signorine, non tentate il diavolo con il vostro abbigliamento» (1967) • Luigi Casale, preside di un istituto tecnico di Vigevano, munito di metro pieghevole, non fa entrare in classe chi ha la gonna troppo corta • «Gennaio ’68: presso Torino, un barista infuriato spara una fucilata alla figlia quindicenne in minigonna; giugno ’69, a Napoli una ragazza di 16 anni rimproverata per la minigonna si getta dal terrazzo e muore; marzo ’71, a Bergamo uno sconosciuto in motorino prende a coltellate nelle gambe le ragazze a gambe nude» (Natalia Aspesi, Festival e funerali, Il Saggiatore, 2011) • Idi Amin espelle dall’Uganda tutte le ragazze in minigonna. In Afghanistan sparano contro le gonne corte. In Grecia i colonnelli le mettono al bando • Lin Biao, primo vicepresidente del partito comunista cinese: «Questo sconveniente indumento è un vessillo del decadentismo borghese. Bene fanno le guardie rosse che lo strappano di dosso alle ribelli che osano indossarlo» (1968) • Nanni Loy, regista: «È il primo tangibile simbolo della libertà femminile. Una conquista che mi auguro eterna. Si può forse tornare indietro dal paradiso?» (1967) • «Una passione dilagante, che in poco tempo arrivò in passerella, al cinema e alla Tv: Gene Roddenberry immaginò in minigonna l’equipaggio al femminile del telefilm cult Star Trek» (Antonella Rossi, iO Donna, 8/3/2019) • «Zazzere o no, capelloni o no, se hanno coraggio, qualità, energia, innocenza, bisogna rispettarli, questi ragazzi (“O Dio! questa Gioventù Moderna!”) che in un clima cosi tradizionale hanno saputo rinnovarsi;  prendiamoli sul serio; loro e i loro vestiti» (Pietro) • Claudia Cardinale è ricevuta in Vaticano con un modello tagliato venti centimetri sopra il ginocchio. Paolo VI è indulgente: «Usi bene i suoi talenti» • La Pravda: «Tra i prodotti del capitalismo la minigonna non è il peggiore».
Epilogo Mary teorizza: «La mini è morale perché, obbligando a usare il collant, cancella automaticamente il repertorio di mossette sexy del passato» • «Arrivano soldi e successo, Mary Quant investe in un secondo negozio nella snob Brompton Road a Knightsbridge, imponendosi così come l’icona della swinging London» (Banfi) • «Avere denaro è come essere bionde. Più divertente, ma non vitale» (a Laura Laurenzi, la Repubblica, 28/9/2002) • «Nel giro di dieci anni la Q. divenne proprietaria di una sorta di impero della moda giovane che produceva abiti, accessori e cosmetici. […] La definitiva consacrazione della minigonna ebbe luogo nel 1966, quando la Q. la indossò a Buckingham Palace, in occasione della cerimonia con la quale le fu conferito l’OBE (Order of the British Empire). Alla fine degli anni Settanta la Q. cedette il marchio, pur continuando a occuparsi della linea cosmetica e a collaborare con altre case di moda» (Treccani) • «Sì, la moda non può influenzare le opinioni, ma rispecchia quello che c’è nell’aria. Rispecchia quel che la gente legge, pensa e ascolta, l’architettura, la pittura, il modo di affrontare il successo e di vivere nella società» (a Alison Adburgham, The Guardian, 14/5/2005).
Primogenitura «In realtà il riconoscimento di maternità della gonnella inguinale non avvenne senza colpo ferire. Il celebre stilista André Courrèges si attribuì a lungo la paternità dell’indumento fatto a immagine e somiglianza del Novecento: un capo corto per il secolo breve» (Niola) • Lei dice: «Non siamo stati né io né Courrèges a inventare la minigonna; sono state le ragazze».
Vita privata «Cosa o chi è stato il più grande amore della sua vita? “Mio marito Alexander Plunket Greene – è morto nel 1990. L’ho incontrato all’università, era un uomo molto intelligente e di spirito: era alto un metro e 88, sembrava Mick Jagger e Paul McCartney mischiati assieme. Cosa si può volere di più?”» (Greenstreet) • Lui era suo socio in affari. Si sono sposati nel 1957 • Nel 1970 nacque Orlando Plunket Green, loro unico figlio, che le ha dato tre nipoti.
Curiosità Oltre alle minigonne ha progettato anche stivali antipioggia in polivinilcloruro, pantaloncini cortissimi, una bambola chiamata Daisy, collants coloratissimi, mascara a prova di pioggia, trucchi e rossetti • È dama dell’impero britannico, l’equivalente femminile del titolo di sir • A Londra hanno messo una targa dove aprì il suo primo negozio • La persona che ammira più di tutti è la regina Elisabetta • Il suo libro preferito è Piccole donne • Ha scritto due autobiografie (una nel 1966, l’altra nel 2011) e tre libri in cui dà consigli su come vestirsi o come truccarsi Immobili a parte, la cosa più costosa che abbia mai acquistato è una Jaguar E-Type argento • Va pazza per i Lindor rossi • Come salvaschermo del computer ha una foto dei suoi nipoti • La sua parola preferita è «sì» • Al suo funerale vuole che sia suonata la canzone We’ll meet again, la canzone che si sente anche nel Dottor Stranamore portata al successo da Vera Lynn nel 1939 • «Se potesse modificare qualcosa del suo passato, cosa farebbe? “Niente di che, mi sono divertita”» (Greenstreet).
Titoli di coda «“La pornografia è grande solo se è buona” Quale sarebbe la pornografia buona? “La buona pornografia è erotica ma bella. Solo la bruttezza è oscena”» (Adburgham).