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 2020  febbraio 03 Lunedì calendario

Biografia di Luciano Gaucci

Luciano Gaucci (1939-2020). Imprenditore. Figlio di piccoli proprietari terrieri, primi soldi con il business dei cavalli, reinvestiti in un’impresa di pulizie battezzata La Milanese («dà un’idea di efficienza») ma con sede a Roma: «Un appalto dopo l’altro, l’aziendina arriva a tremila dipendenti e produce abbastanza utili per consentire a Gauccione di tentare la scalata al mondo del calcio» (Alessandro Gilioli). Già socio della Roma di Dino Viola, grazie all’appoggio della Banca di Roma (poi Capitalia e infine Unicredit) comprò il Perugia, il Catania ecc. segnalandosi per «l’allenatore femmina (Carolina Morace, poi cacciata come un uomo qualsiasi), il fantasista giapponese (Nakata, però bravo), lo stopper iraniano (Rezaei), il figlio di Gheddafi, persino la promessa di ingaggiare una donna come numero nove del Perugia, una “centravanta” che i regolamenti non avrebbero ammesso, al contrario della vena provocatoria di Gaucci, sempre eccessivo, sovente ridicolo, a volte profetico. Prima di darsi alla macchia, il faraone di Perugia ne ha combinate di tutti i colori. Ha vinto un Arc de Triomphe con Toni Bin (i cavalli e il ciclismo le sue grandi passioni, a parte il sushi di allenatore). Si è messo con una compagna di scuola del figlio, la biondissima Elisabetta Tulliani, la Betti (poi lasciata a Gianfranco Fini). Ha sostenuto la campagna elettorale di George W. Bush appendendo surreali striscioni negli stadi di Perugia e Viterbo (“George Bush for president”) e ottenendo in cambio una lettera del collega (“Dear Luciano, il mio cuore è pieno di gioia”) più un invito a cena alla Casa Bianca, lui, la Betti e Anthony Scalia, capo della Corte Suprema, il quale non poteva immaginare di dividere il desco con un famoso, futuro bancarottiere. Nel 2003 Luciano Gaucci è stato protagonista della più lunga serie di ricorsi che la storia del pallone ricordi. Alla fine ottenne che il pilatesco governo del calcio intruppasse una serie A con venti squadre e una B con ventidue solo per fare posto a lui e al suo Catania» [Maurizio Crosetti, Rep]. Nel febbraio del 2006 i figli Alessandro (Roma 20 febbraio 1973) e Riccardo (Roma 3 dicembre 1976) furono arrestati con altre cinque persone per il fallimento del Perugia. Gaucci senior, già a Santo Domingo, evitò l’arresto. Il 24 marzo 2007 i tre Gaucci e altre sette persone sono stati rinviati a giudizio per reati tributari, truffa, bancarotta fraudolenta, favoreggiamento, riciclaggio e diffamazione a mezzo stampa (il crac è stimato in oltre cento milioni di euro). Latitante a Santo Domingo (dove si fidanzò con una donna più giovane di 42 anni e aprì un’azienda) dopo che nei suoi confronti era stato chiesto l’arresto per bancarotta fraudolenta, nel novembre 2008 ottenne dal gup del Tribunale di Perugia, Paolo Micheli (con il parere favorevole del pubblico ministero Antonella Duchini ) la revoca dell’ordinanza di custodia cautelare. Nel marzo successivo rientrò in Italia. Ha patteggiato tre anni di reclusione (coperti da indulto), i figli un anno e otto mesi ciascuno. In collegamento telefonico da Santo Domingo, a Chiambretti Night, disse: «Con Calciopoli hanno dato solo una spolveratina ma c’era tanta immondizia che non è stata spostata. Hanno colpito solo gente come me, i grandi sono ancora al loro posto». I suoi rapporti con la Libia non si limitarono alla presenza di Gheddafi junior nel Perugia: attraverso la libica Ubae si fece finanziare una società, concedendo ai libici un pegno sul 100% del capitale societario, e l’acquisto di un appartamento a Roma. Appassionato di Mercedes, secondo il suo ex collaboratore Ermanno Pieroni, «perché avevano i tasconi laterali enormi e lì poteva sistemare pacchi di banconote con cui poi si ingraziava burocrati, ministeriali, uomini di sport». Finita la relazione con la Tulliani, ha avviato un contenzioso legale per alcune proprietà immobiliari (cinque appartamenti a Roma, fra cui tre a Via Veneto), gioielli, quadri (fra cui un De Chirico e un Guttuso) e una vincita dell’Enalotto da 2 miliardi e 204 milioni di lire, tutti beni che Gaiucci sosteneva di aver affidato ai Tulliani perché non finisse nelle mani del Fisco e dei creditori. Nell’aprile 2013 il Tribunale civile di Roma ha dato torto a Gaucci, stabilendo che non ci sono prove, non avendo Gaucci «depositato alcun documento» che attesti l’assegnazione dei beni per evitare guai giudiziari. Dal 23 febbraio 2009 era sposato con Yayaira, ex croupier, da cui ha avuto due figli: Christian e Beatrice. È morto a Santo Domingo dopo una lunga malattia.