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 2020  gennaio 21 Martedì calendario

Biografia di Beatrice Rana


Beatrice Rana, nata a Copertino, in provincia di Lecce, il 22 gennaio 1993 (27 anni). Pianista • «Una rivelazione del pianoforte: un nuovo talento nato nel nostro Paese» (Giorgio Vitali, Famiglia Cristiana, 2/12/2015) • «È una luminosa donna bruna, salentina, fiera di sentirsi “frutto della scuola italiana, eccellente e gratuita” e di aver intrapreso il cammino verso le sale da concerto di tutto il mondo […] partendo da Arnesano, alle porte di Lecce, “dove le bande del paese sono un’istituzione e le signore anziane sono tutte melomani: quando arrivavano i cantanti a prendere lezione dai miei genitori, si sistemavano con le seggioline di casa sotto le finestre e trascorrevano il pomeriggio a godersi le arie”» (Simona Antonucci, Il Messaggero, 11/2019) • È stata una bambina prodigio. Ha imparato prima a suonare il piano che a leggere. Primo concerto in pubblico a nove anni. Diploma di conservatorio a sedici. A diciotto ha vinto il primo premio al concorso internazionale di Montereal: è stata la più giovane vincitrice di sempre (e la prima italiana). A venti ha vinto la medaglia d’argento al concorso van Cliburn di Fort Warth, in Texas, cui partecipano, ogni quattro anni, 250 giovani tra i più promettenti del mondo. Ha suonato al Musikverein di Vienna, alla Filarmonica di Berlino, alla Scala di Milano, alla Tonhalle di Zurigo, alla Wigmore Hall di Londra, alla Canegie Hall di New York. Cinque album pubblicati tra il 2012 e il 2019, in cui esegue pezzi di Chopin, Ravel, Scriabin, Schuman, Bach, Tchaikovsky e  Stravinsky. Fondatrice e direttrice artistica di Classiche Forme, festival internazionale di musica da camera del Salento • «Suona con una sensibilità preternaturale, raffinatezza e controllo, insieme a un tocco di magia» (David Allen, New York Times, 2017) • «Ci sono Rana che sfamano e altri che lasciano a bocca aperta» (Rosario Tornesello, Quotidiano di Puglia, 1/6/2014) • «Una volta ha detto che le Variazioni Goldberg sono un’esperienza trasgressiva. Perché? “L’ascolto ti costringe a vivere con altre persone la stessa, potente, esperienza emotiva, in silenzio. Ottanta minuti senza social”» (Antonucci).
Titoli di testa «A Vasco onestamente preferisco Bach» (Chiara Beria di Argentine, La Stampa, 8/7/2017).
Vita «Essere nata a Lecce, con le sue preziosità nascoste, sicuramente ha innescato in me un senso della bellezza. Ho vissuto un’infanzia magnifica: la campagna dai nonni, il mare, un vissuto con la natura che mi ha reso solida» (a Grazia Lissi, Atlante Treccani, 5/7/2017) • Figlia di due musicisti, Vincenzo Rana e Maria Solazzo. Suo nonno materno, agricoltore, è appassionato di lirica. «Sapeva a memoria tutte le arie e fece studiare musica alle quattro figlie» (alla Beria di Argentine) • «Vedevo mamma insegnare ai bambini e papà suonare in casa; io ho iniziato a due anni» (Enrico Parola, Corriere della Sera, 14/1/2018) • «Con papà suonavo a quattro mani le colonne sonore dei cartoni animati Dinsey che vedevo in tv, da Bambi al Re leone. I miei così hanno notato che avevo orecchio e hanno deciso di mandarmi a scuola. Non certo da loro, però. E questo è stato un bene» (Pierachille Dolfini, Avvenire, 19/12/2015) • «Nostra figlia ha una mano pazzesca, una velocità di esecuzione incredibile, una memorizzazione fuori dal comune» (i genitori Rana) • «Ho iniziato a studiarlo seriamente in una scuola di musica. Avevo poco più di tre anni. Solo crescendo ho realizzato che la musica non era parte integrante della vita di tutti i miei compagni di scuola» (alla Lissi) • «Da bambina andai a trovare un’amica che in casa non possedeva un pianoforte e restai scioccata, pensavo che fosse indispensabile per vivere» (Leonetta Bentivoglio la Repubblica, 2/2/2019) • «Chi ha scelto per lei il pianoforte? “Non ho mai pensato ad un altro strumento. Quando mia sorella minore decise di suonare il violoncello provai un po’ di invidia per la sua scelta autonoma. Io e Ludovica abbiamo formato un duo; ho suonato spesso con amici ma l’emozione di suonare con mia sorella è unica. Fra noi c’è la complicità dell’infanzia, l’affetto, non ci sono barriere emotive, abbiamo gli stessi gusti musicali”» (Lissi) • «Ho imparato a suonare prima di imparare a leggere, con il metodo Yamaha, che ti faceva giocare con la musica» (Antonella Gaeta, la Repubblica, 23/1/2019) • A undici anni si iscrive al conservatorio di Monopoli: «È stata la mia seconda casa e tutto quello che mi conduce a questo luogo è accompagnato da belle sensazioni. Mi viene in mente la prima lezione, ero molto spaventata, ma consapevole di aver fatto quel che si dice il classico salto di qualità» (alla Gaeta) • «Papà mi veniva a prendere all’uscita di scuola, frequentavo le medie. In macchina trovavo la casseruola con i tortellini fatti da mamma e sul sedile di dietro il cuscino per fare il riposino che per noi del Sud è sacro. Un’ora e un quarto per mangiare e dormire prima di entrare al conservatorio […] dove mi aspettava il mio maestro di pianoforte, Benedetto Lupo: è da lui che ho imparato tutto» (alla Antonucci) • «All’inizio la musica per me era un gioco e per questo non l’ho mai vissuta come un peso o un’imposizione. Non sono mai stata una che studiava tanto, giusto il necessario. E non ho mai rinunciato a niente essendo sempre una ragazza immersa nel mondo. Questo è importante perché un musicista non deve perdere il contatto con la realtà» (Dolfini) • «Non si è dovuta mai fare la domanda: che cosa farò da grande? “E invece sì. Perché a un certo punto intuisci a che cosa andrai incontro. E lo devi fortemente volere. Ma la risposta è arrivata immediata: senza musica non sarei riuscita a sopravvivere”. Perché? “La stessa sensazione che potrebbe provare una persona che parla. E che poi diventa muta”» (Antonucci) • Nel 2009 Beatrice si diploma al conservatorio con lode e menzione. Due anni dopo ottiene la specializzazione. Nel frattempo frequenta il liceo scientifico: passa dal De Giorgi di Lecce al don Tonino Bello di Copertino, dove il preside ha istituito una classe apposta per campioni e artisti • Si iscrive al concorso internazionale di Montreal. «A 18 anni, alla vigilia della Maturità, supera le selezioni, entra nel novero dei 24 finalisti e vince tutto quel che c’è da vincere. Incluso un bel premio in denaro. […] La più giovane di sempre. La prima italiana. “L’abito lungo per la finale l’ho messo in valigia io. Lei neppure lo sapeva”, racconta la madre. Uno dei commissari va in sollucchero: “Mai visto nulla di simile. Vi presento un agente a Parigi”» (Tornesello) • Grazie a una borsa di studio del premio Arturo Benedetti Michelangeli si iscrive alla Hochschule für Musik, Theater und Medien di Hannover. Vive in Germania per quattro anni. «Fondamentali, certo. Anche per scoprire quanto sono italiana e meridionale. Che nel nostro Paese abbiamo tanti insegnanti preparati. E tanti musicisti eccellenti» • «Qual è la differenza tra la scena concertistica in Italia e all’estero? “L’Italia è un paese che amo tantissimo e che mi ha dato tante soddisfazioni. Ma c’è da dire che io sono dovuta andare fuori per iniziare il mio percorso. Qui non avrei avuto la possibilità di affermarmi. È bello tornare in Italia, ma paesi come Francia e Stati Uniti mi hanno dato tantissimo all’inizio. Francamente tornare nella mia Puglia ogni volta è una coltellata al cuore: anche l’orchestra della mia città, Lecce, sta chiudendo. Qui si può ascoltare musica classica solo su YouTube…”» (Il Fatto Quotidiano, 24/6/2015) • «Il Van Cliburn, eccolo: una storia a parte. Iscritti 250. Ammessi 30. I giovani più promettenti dell’intero pianeta. Finale ogni quattro anni. Un evento. Trampolino di lancio verso la gloria. Zona ricchissima, Texas, Dallas. Sue Ellen e J.R. Cappello da cowboy e zampilli di petrolio. Reminiscenze televisive. […] 100 dollari per il biglietto della finale. Qualità altissima sul palco e cura maniacale dei dettagli, incluse le caramelle per chi entra in sala nel caso venisse da tossire. Beatrice arriva seconda, medaglia d’argento, 22.500 dollari di premio, passaporto statunitense riservato alle star, tre anni di concerti oltreoceano. Ma per il pubblico è prima: l’Audience Award è suo. Tre minuti di standing ovation. Quattro ritorni in scena per raccogliere gli applausi. Prima donna italiana a salire su quel palco. In passato solo tre uomini, tra cui il suo maestro. Ma mai così in alto» (Tornesello) • «La mia vita non è cambiata nonostante il successo. Anche se la parola successo nell’ambito della musica classica è un po’ troppo impegnativa, a volte persino esagerata» (Dolfini) • Dopo quattro anni di studi in Germania decide di trasferirsi a Roma. «Sono severa con me stessa, disciplinata. Ma ora credo di meritare un po’ di bellezza» (alla Bentivoglio) • «A cosa ha rinunciato? “Spesso mi fanno questa domanda; il punto non è a cosa ho rinunciato ma se ne è valsa la pena, perché per fare le cose bene, in quanto la musica è disciplina, costanza, studio, devi per forza rinunciare a qualcosa. Ma posso dire che sì, ne è valsa la pena perché la musica prima che un lavoro per me è una compagna di viaggio, e non saprei cosa fare senza. È la quotidianità, qualcosa di essenziale, e se ho sacrificato qualcosa sono ben contenta di averlo fatto”» (Gaeta) • «Ha mai paura prima di suonare? “Se avessi paura dovrei cambiare lavoro. Adrenalina, sì”».
Vita privata «Trova tempo per l’amore? “Sì. Il tempo si trova sempre se si considera un rapporto, un amore o un’amicizia, importante”. Un uomo che la sta accanto non teme di essere considerato una figura in secondo piano? “Le donne che hanno vissuto accanto a uomini importanti spesso sono state nell’ombra. Chissà, forse nel Terzo Millennio succederà il contrario”» (Antonucci) • «La mia giornata è così piena di note che quando ho un po’ di tempo libero preferisco il silenzio, o la musica di qualità. Questo non vuol dire che non vado in discoteca con i miei amici a ballare, sono pur sempre una ragazza di 26 anni» (alla Gaeta).
Curiosità Mattarella l’ha nominata cavaliere della Repubblica • Appassionata di astronomia. «Da piccola mi facevo regalare libri che raccontavano di stelle e pianeti» • I suoi nonni fanno il vino • Dice che, essendo donna e essendo giovane, avverte una certa «distanza» quando suona l’Appassionata di Beethoven, da lui composta quando era vecchio, scontroso, e ormai quasi sordo • «Ascolti musica pop? “Sì, io ascolto di tutto. Ovviamente è un ascolto distratto, perché sono concentrata sulla classica. Ma categorizzare la musica è sbagliato. Per esempio, Beyoncé ha fatto una canzone che io definisco ‘classica’. E allora perché Beyoncé è una cantante da milioni di ascoltatori e Rachmaninoff è per pochi eletti?”» • «Faccio un ascolto molto poco concentrato degli altri generi e non sempre apprezzo la musica dei giorni nostri, ma non vorrei apparire snob» (alla Gaeta) • «Confesso: non sono mai stata alla notte della Taranta. Oltretutto la bolgia mi spaventa» (al Fatto) • In camerino, prima dei concerti, si mangia un panino col prosciutto • «Se lei non fosse diventata musicista? “Avrei fatto il medico. Ma la musica è dentro di me, integrata nella mia persona. Mi dicono che quando dormo muovo le mani. Mi sveglio esausta, dicendo: mamma mia quant’ho studiato”» (Bentivoglio).
Titoli di coda «Cosa pensa della trap? “È la prima volta che sento nominare questa parola, mi dispiace non so cosa risponderle”» (Gaeta).