17 gennaio 2020
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Biografia di Pietro Parolin
Pietro Parolin, nato a Schiavon, in provincia di Vicenza, il 17 gennaio 1955 (65 anni). Cardinale di Santa Romana Chiesa. Segretario di Stato di Sua Santità • «Attuale numero due di Jorge Mario Bergoglio» (Antonino D’Anna, ItaliaOggi, 5/11/2019) • «In termini laici, è il presidente del consiglio o, se si vuole, il vicepontefice» (ItaliaOggi, 31/10/2019) • Successore, dal 2013, di Tarcisio Bertone, dimissionario per sopraggiunti limiti di età, è il segretario di Stato più giovane dal 1929, dai tempi di Eugenio Pacelli. La sua nomina è stata vista come una svolta: «Addio alla vecchia segreteria di stato cuore del potere politico del Pontefice Massimo, imbolsita dal tempo e incapace di stare al passo del Papa callejero allergico ai cerimoniali e alle burocrazie. Un passaggio epocale che Paolo VI aveva solo abbozzato […] È la fine del segretario di stato inteso come evoluzione del cardinale nipote, il fiduciario del Papa che ne curava affari e interessi. Una categoria nata nel Seicento quando il papato entra nel sistema degli stati moderni […] Più che entro le mura leonine getterà lo sguardo alle periferie esistenziali, geografiche e sociali su cui tanto insiste il Papa preso quasi alla fine del mondo» (Matteo Matzuzzi, Il Foglio, 23/11/2013) • Dal 2014 è anche uno dei nove membri del Consiglio dei cardinali, l’organo istituito da papa Francesco per coadiuvarlo nel governo della Chiesa e per mettere a punto una riforma della curia romana. Membro della commissione cardinalizia di vigilanza dello Ior. Prorettore della Pontificia accademia ecclesiastica, l’istituzione che forma i sacerdoti destinati al servizio diplomatico del Vaticano • Trent’anni di esperienza in diplomazia, ha lavorato in Nigeria e in Messico, è stato sottosegretario vaticano per i rapporti con gli Stati (dal 2002 al 2013) e nunzio apostolico in Venezuela (dal 2009 al 2013). Fautore della riconciliazione con il Vietnam comunista e la Cina Popolare • «Un diplomatico prudente come Montini, abile come Silvestrini, giovane come Pacelli» (Alberto Melloni, Corriere della Sera, 16/10/2013) • «Se c’è un tratto rintracciabile nel modus operandi di Parolin è quello riconducibile alla grande tradizione diplomatica vaticana: realismo, studio approfondito dei contesti e dei problemi da affrontare, ricerca delle soluzioni possibili» (Gianni Valente, La Stampa, 4/9/2013) • «Conosce e legge i dossier che Bergoglio non legge (perché non gli interessano). Inoltre sappiamo dai cablo di Wikileaks che incontrava i diplomatici americani, e l’America resta ancora il primo Paese per contributi alla Santa Sede. Naturalmente conosce molta gente in giro, nei posti che contano e nel futuro Conclave» (D’Anna) • Stile prudente e felpato. «Di solito, Parolin lascia parlare e andare avanti il suo molto più ingombrante datore di lavoro, tenendo la bocca cucita. Chi va avanti e si espone, sono gli altri, lui mai. E questo è sinonimo di estrema accortezza: quanta gente abbiamo visto passare come uomo di fiducia del Papa e poi bruciarsi?» (D’Anna) • Ha detto: «La diplomazia deve caratterizzarsi per la discrezione, non dico la segretezza come in passato, ma si fa di più con i contatti personali che con i grandi proclami. Mai avrei pensato di servire il papa e la Chiesa in questa veste. Speriamo che il Signore non si sia sbagliato!» (alla festa di Avvenire, a Potenza, 29/6/2019).
Titoli di testa «Mio figlio è una persona, semplice, umile, non ama mostrarsi con le insegne vescovili. In questo assomiglia molto a papa Francesco» (Ada Parolin, classe 1928, maestra elementare in pensione, a Enrico Santi, Giornale di Vicenza, 1/9/2013).
Vita Origini nel Veneto bianco, magnanimo e operoso. Il padre Luigi, cattolicissimo, gestisce un negozio di ferramenta, poi si occupa di vendita di macchine agricole. La mamma, Ada, insegna alle elementari • «Era un ragazzo molto vivace, alle elementari si era beccato anche qualche punizione» (la mamma) • «Quando Pietro ha dieci anni, la famiglia Parolin viene visitata dal dolore: il padre, mentre sta per rimontare sulla sua vettura, sulla strada tra Bassano e Vicenza, viene travolto da un’auto e muore sul colpo. Da quel momento i tre figli - Pietro, sua sorella e il fratellino che al momento della disgrazia ha solo otto mesi – sono testimoni ogni giorno dei piccoli ordinari eroismi compiuti dalla mamma maestra per farli crescere senza che manchi loro niente di importante. Pietro fa il chierichetto in parrocchia. Il parroco di allora, don Augusto Fornasa […] coglie e coltiva in lui la vocazione al sacerdozio […] a 14 anni, entra nel seminario di Vicenza. Dopo la maturità classica prosegue con gli studi di filosofia e teologia» (Valente) • «È il 1969, il Concilio è stato chiuso quattro anni prima da Paolo VI, ma il suo spirito, impetuoso, continua a soffiare. Lacerazioni e tormenti non risparmiano neppure i seminari, neanche quello di Vicenza […] Già qui si delinea il tratto caratterizzante del futuro segretario di stato: tenersi in disparte dall’occhio del ciclone, cercare il più possibile la mediazione» (Matzuzzi) • Piero prende i voti nel 1980, per due anni fa il viceparroco a Schio, nella parrocchia della santissima Trinità. Poi, «i suoi superiori decisero di mandarlo a studiare diritto canonico alla Gregoriana, a Roma. Sarà un buon funzionario del tribunale diocesano, s’erano detti. Ma nell’Urbe accade qualcosa di imprevisto» (Matzuzzi) • «Da Roma – dove don Pietro risiede al Collegio Teutonico di via della Pace – qualcuno chiede al vescovo di mettere quel giovane sacerdote discreto e lavoratore a disposizione della Santa Sede. Lui, come sempre, accetta di andare dove lo mandano. Coi sistemi di selezione “anonimi” che un tempo funzionavano nei Palazzi d’Oltretevere, finisce quasi per caso nell’orbita del servizio diplomatico vaticano, senza neanche sapere chi sia stato il suo primo talent scout» (Valente) • Nel 1983 entra nella Pontificia accademia ecclesiastica. Nell’86 si laurea in diritto canonico, poi parte per la sua prima missione. Per tre anni è in Nigeria, dove si occupa del dialogo con i musulmani. Dall’89 è a Città del Messico • «“Mi raccontava che là non poteva indossare neanche la talare”, tanto era forte l’anticlericalismo, ricordava la madre» (Matzuzzi). Don Parolin «dà il suo apporto alla fase conclusiva del lungo lavoro realizzato dal nunzio Girolamo Prigione che proprio nel 1992 porterà al riconoscimento giuridico della Chiesa cattolica e all’allacciamento di relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e la Nazione messicana. Si compirà attraverso quelle laboriose trattative diplomatiche l’affrancamento formale dall’impronta laicista e anticlericale che aveva connotato da sempre il Paese fin nel suo impianto costituzionale» (Valente) • Torna in Italia, Lavora come funzionario della segreteria di Stato • «Sono gli anni del wojtylismo ancora a forte proiezione geo-politica, alle prese con il collasso del blocco comunista e gli effetti della prima guerra del Golfo» (Valente) • Parolin si occupa un po’ di tutto, dall’Africa, all’Asia, all’America Latina. Accompagna il cardinale Etchegary nella missione in Ruanda nel ’93, subito dopo la guerra civile. Nel ’97 è all’Onu, nella delegazione guidata dall’arcivescovo Tauran, e partecipa alla sessione dell’assemblea generale dedicata a ambiente e sviluppo. Conosce cardinali importanti. Frequenta Agostino Casaroli, leggendario segretario di Stato, in carica fino al 1990, protagonista della Ostpolitik della Chiesa negli anni 80. Grazie ad Achille Silvestrini, dal ’96 al 2000 Parolin diventa anche direttore di Villa Nazareth, il collegio di merito per ragazzi meritevoli ma poveri. Collabora con Sodano, Lajolo, Bertone e Mamberti, tutti alti prelati con posizioni chiave • Nel 2002 Parolin viene nominato sottosegretario della seconda sezione della Segreteria, deve occuparsi dei rapporti con gli Stati. È come se fosse vice-ministro degli Esteri del Vaticano • «È qui che il giovane diplomatico vicentino si metterà in mostra. Sul suo tavolo passeranno alcuni dei dossier più delicati, dalle questioni giuridiche aperte con Israele alle relazioni diplomatiche con il Vietnam. Bussola per orientarsi, la massima di Casaroli: partire da ciò che unisce piuttosto che da ciò che divide» (Matzuzzi) • Asceso al soglio pontificio, Benedetto XVI, nonostante i mugugni della curia, nomina segretario il cardinal Bertone, canonista e salesiano. È la prima volta da un secolo e mezzo che ai vertici del Vaticano non c’è un diplomatico di carriera. Di lui, stando ai documenti svelati da Wikileaks, gli americani dicono: è uno che «non parla inglese, è piuttosto diretto e abbastanza egotista». Mentre Parolin è efficiente, disponibile, «ben informato e cautamente schietto», «è da lungo tempo il nostro migliore interlocutore nella politica estera» • «Su 888 documenti che riguardano il Vaticano, ben 124 si occupano di monsignor Parolin, un numero decisamente superiore a quello dei file su Bertone (86) o sullo stesso ministro degli Esteri della Santa Sede, Dominique Mamberti (48 cablo). Parolin batte tutti. E nel segreto delle corrispondenze diplomatiche, gli americani non fanno mistero della grande considerazione che hanno delle sue capacità […]: è “uno che si è dimostrato un vaticanista dalla mente aperta e che è stato formato in modo da essere in grado di assumere incarichi di maggiore responsabilità”» (Stefania Maurizi, L’Espresso, 13/9/2013) • A Washington interessa il Vaticano, lo Stato più piccolo del mondo, ma in grado di condizionare un miliardo e 300 milioni di fedeli, di mettere in campo 400 mila sacerdoti, 750 mila suore, 75 mila monaci, che gestisce 3 milioni di scuole, 5 mila ospedali, e con rapporti diplomatici diretti con 188 nazioni. Quando Bush, nel 2005, vuole far approvare alla commissione Onu sui diritti delle donne un controverso documento contro l’aborto, contatta Parolin, e quello si rivolge agli ambasciatori di Slovacchia, Repubblica Dominicana, El Salvador, Honduras, Costa Rica, Panama, Nicaragua, Gabon, Guatemala, Paraguay, Filippine, Australia e Cile, per sostenere l’iniziativa • Eppure, Parolin non è schiacciato sulle posizioni americane. Non vuole che l’Iran venga isolato, né che il regime di Assad venga rovesciato • «La Siria è difficilmente un regime ideale, benché si comporti in modo ragionevolmente buono con i cristiani, ma c’è un’alternativa al regime? Sarebbe sventato destabilizzare il regime siriano fino a quando non appare all’orizzonte qualcosa di più stabile per rimpiazzarlo. Serve più dialogo, un tentativo progressivo per migliorare la situazione» (nel 2006, da un documento pubblicato da Wikileaks) • E quando gli americani vogliono equiparare Hamas a Al Qaeda, risponde «Il terrorismo non è monolitico. Non riuscite a trovare una formula creata su misura per Hamas, in modo che rinunci alla violenza, senza che gli sia richiesto di abbandonare completamente le sue posizioni? Dobbiamo essere creativi e ricordare il bisogno degli arabi di salvarsi la faccia» • «Dal Medio Oriente a Cuba, dalla Cina a Timor Est e al Venezuela, non c’è uno scacchiere in cui monsignor Parolin non dimostri di sapersi muovere e di sapere ragionare sui grandi scenari» (Maurizi) • Parolin riesce a riallacciare relazioni diplomatiche con il Vietnam, arriva a un accordo con Hanoi per la nomina dei vescovi: il Papa sceglierà un nome tra una terna proposta dal governo vietnamita. Nel 2008 guida la delegazione vaticana nei colloqui con Israele. «È sempre lui che dal 2005 lavora all’allentamento della tensione con la Cina. Viaggia, almeno due volte si reca a Pechino, guida la delegazione della Santa Sede nel gigante asiatico. E’ in quel contesto, dai rapporti su quelle missioni, che nasce la lettera ai cattolici cinesi inviata nel giugno del 2007 da Benedetto XVI […] Un successo dopo l’altro che lo avvicina anche alla promozione a importanti diocesi italiane. Qualcuno, per lui, pensa anche alla cattedra milanese, visto che il cardinale Dionigi Tettamanzi è in scadenza di mandato per raggiunti limiti d’età. Ma l’opera paziente di semina con la Cina non a tutti era piaciuta, nei corridoi della curia. E nel 2009, seppur mitigato dall’elevazione all’episcopato per imposizione delle mani di Benedetto XVI, arrivava il più classico dei promoveatur ut amoveatur: via da Roma con l’incarico di nunzio in Venezuela» (Matzuzzi) • Per quattro anni deve vedersela con Chávez, il bolivariano. Ma tutto cambia nella primavera del 2013. «Quel giorno eravamo stati invitati al ristorante dai vescovi ausiliari della capitale. In macchina avevamo fatto commenti sul nome del nuovo Papa - era uscito anche quello di “Francesco”, ma l’avevamo subito scartato […] Appena arrivati, ci telefonano le suore della nunziatura per informarci che dal comignolo della Sistina stava uscendo fumo bianco. Accendemmo la televisione. Subito non capii il nome dell’eletto e, quando finalmente mi resi conto, fu una grande sorpresa. Non pensai nulla, ma mi prese una grande emozione. Il clima era di festa per il primo Papa latinoamericano» (a Paolo Rodari, la Repubblica, 12/3/2018) • Bergoglio lo ha incontrato una sola volta, in Argentina. Molti lo sconsigliano, perché Parolin ha solo 58 anni, ma il nuovo papa, come braccio destro, vuole proprio lui. «Si trattò di una grande sorpresa, la seconda di quel 2013. Fu, da parte del Papa, un gesto di fiducia, di cui gli sono vivamente grato» (a Rodari) • «C’erano tutti, quel giorno, ad attendere il prescelto per l’incarico. C’era Francesco, c’erano monsignori, sostituti, officiali e funzionari vari. Al canonista e salesiano Tarcisio Bertone succedeva il diplomatico Pietro Parolin. La rivincita di Angelo Sodano, sussurrava maliziosamente qualcuno; un premio al miglior prodotto della storica e nobile diplomazia della Santa Sede, sottolineava convinto qualcun altro» (Matzuzzi) • «A conquistare Francesco, si dice, è stato il basso profilo di Pietro Parolin, e il fatto che sul suo nome non si sia scatenata quella guerra tra bande e correnti che tanto ha minato l’ultimo tratto del pontificato ratzingeriano» (ibidem) • «C’è un altro punto, oltre alla preparazione diplomatica, che ha convinto il Papa. […] Nel volo di ritorno dal Brasile, citava a modello il cardinale Casaroli che andava a trovare i giovani detenuti di Casal del Marmo e Giovanni XXIII che gli diceva, al ritorno da una missione internazionale: “Non li abbandoni mai”. Il pastore deve avere l’“odore delle pecore”, dice Francesco, e il diplomatico Parolin non ha mai rinunciato a fare il sacerdote. Ci sono condomini di Roma dove ancora se lo ricordano mentre andava a trovare anziani e persone che avevano bisogno di una guida spirituale, senza magari sospettare che quel prete in clergyman fosse già allora ai vertici della Santa Sede».
Periferie Secondo Parolin la diplomazia vaticana deve puntare a tre cose: la ricerca della pace, dell’ordine e della giustizia; attenzione alle periferie, perché «sono le periferie che aiutano il centro a capire il Mondo»; essere presenti nei luoghi difficili, prevenire le crisi, anziché reagire • «Prima c’era una visione eurocentrica, il Papa cerca di introdurre una prospettiva diversa» (alla festa di Avvenire). I cattolici in Europa sono 270 milioni, quelli fuori dall’Europa più di un miliardo • Questa filosofia sta dietro i viaggi del Papa in Giappone, nei Paesi arabi e del Sud del mondo • Nel settembre 2018, a Pechino, monsignor Antoine Camilleri e il viceministro degli Esteri cinesi Wang Chao firmano un «accordo provvisorio sulla nomina dei vescovi» • Parolin: «La speranza è che si arrivi a non dover più parlare di vescovi “legittimi” e “illegittimi”, “clandestini” e “ufficiali” nella Chiesa in Cina, ma ad incontrarsi tra fratelli» (a Gianni Valente, La Stampa, 21/1/2018) • Padre Antonio Spadaro, gesuita, direttore della Civiltà Cattolica: «La chiesa cattolica è chiamata a ridefinire il suo ruolo e le sue relazioni con il Partito comunista e con la sua ideologia. Questo non significa che la chiesa debba essere sempre d’accordo con la politica e i valori del partito, ma piuttosto che essa deve trovare soluzioni per continuare la sua missione e il suo ministero in Cina […] poiché la Cina ha caratteristiche proprie, la chiesa cattolica cinese è chiamata a essere pienamente cattolica e pienamente cinese» • Il cardinal Joseph Zen, vescovo emerito di Hong Kong: «Com’è triste vedere i nostri figli picchiati, umiliati, arrestati e perseguiti. […] In tutti questi mesi di manifestazioni, il Vaticano non ha pronunciato critiche nei confronti di Pechino. Questo è deplorevole, ma non dovrebbe essere una sorpresa. La linea seguita dal Vaticano negli ultimi anni quando ha affrontato il minaccioso colosso cinese è stata quella di una pacificazione a tutti i costi. Il cardinale Pietro Parolin […] crede chiaramente che una tale posizione sia necessaria per aprire una nuova via per l’evangelizzazione dell’immensa nazione cinese. Ho forti dubbi. Nel 2018 la Cina e il Vaticano hanno firmato un accordo ‘segreto’ provvisorio sulla nomina di vescovi, che il governo cinese ha cercato di controllare. Perché era segreto? Ovviamente, perché era un pessimo accordo» (al Washington Post) • Parolin: «Le finalità proprie della Santa Sede rimangono quelle di sempre: la salus animarum e la libertas ecclesiae. Per la chiesa in Cina ciò significa la possibilità di annunciare il Vangelo di Cristo e di farlo in una cornice sociale, culturale e politica di maggiore fiducia» • Ancora Parolin: «“Se a qualcuno viene chiesto un sacrificio, piccolo o grande, deve essere chiaro a tutti che questo non è il prezzo di uno scambio politico, ma rientra nella prospettiva evangelica di un bene maggiore» • «Non c’è il rischio di un colpo di spugna sulle sofferenze del passato e del presente? “Anzi, è proprio il contrario. Tanti cristiani cinesi, quando celebrano i loro martiri che hanno patito persecuzioni ricordano che essi hanno saputo affidarsi a Dio. Ora, il modo migliore di onorare questa testimonianza è affidare al Signore anche la vita attuale delle comunità cattoliche in Cina”» (Valente) • Il cardinale Zen, a giugno 2018, è a Roma: «Il Santo Padre mi ha invitato a una cena in presenza di Parolin, che non ha detto una parola. Alla fine della cena, non c’è stata discussione e il Santo Padre disse: “Esaminerò la questione”. Sono passati cinque mesi e sto ancora aspettando una parola da Papa Francesco”» (al Washington Post) • Parolin: «È legittimo avere opinioni diverse. Detto ciò, penso che nessun punto di vista personale possa essere ritenuto come esclusivo interprete di ciò che è bene per i cattolici cinesi. Ci vuole più umiltà e spirito di fede. Ci vuole più cautela e moderazione per non cadere in sterili polemiche che feriscono la comunione e ci rubano la speranza di un futuro migliore».
Curiosità Parla francese, inglese, spagnolo • Ha assunto l’incarico di segretario di Stato solo 45 giorni dopo la nomina. Lo avevano operato al pancreas nella divisione di chirurgia epatobiliare dell’ospedale di Padova • D’estate va in vacanza sulle Dolomiti: «È sempre una grazia poter fare le vacanze» (a Diego Andreatta, Vita Trentina, 27/8/2019) • Fino al 2019 è stato il più giovane tra i cardinali italiani viventi. Poi il primato gli è stato soffiato dall’arcivescovo di Bologna Matteo Maria Zuppi • Suo fratello Giovanni è diventato pm, lavora alla procura di Vicenza. Sua sorella Maria Rosa è maestra elementare a San Massimo, quartiere di Verona • «Quando Ratzinger lo ha ordinato vescovo, nel 2009, ha scelto come motto le parole della lettera di San Paolo ai Romani: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo?”» (Vecchi).
Titoli di coda «Domenico Tardini, “ministro degli esteri” di Pio XII e poi Segretario di Stato di Giovanni XXIII, a chi gli diceva che quella vaticana è la prima diplomazia del mondo replicò: “Figuriamoci la seconda”» (Vecchi).