Corriere della Sera, 9 gennaio 2020
In coma etilico già a 12 anni
A volte è birra, più spesso rum, vodka, cocktail... È sempre più frequente che al Pronto soccorso arrivino ragazzini che hanno in corpo più bicchieri che anni di vita. Quando va bene straparlano fra nausea e capogiri, barcollano o, nei casi più gravi, sono stesi sulla barella privi di conoscenza, cioè in coma etilico, con rischi di danni neurologici permanenti. Hanno 14, 13, perfino 12 anni.
A Bolzano, per dire: fra la mezzanotte del 31 dicembre e le 8 del giorno dopo, all’ospedale San Maurizio sono stati ricoverati nove minorenni per grave abuso di alcol. Fra loro una ragazzina di 12 anni in coma etilico. «Spaventoso», è il commento del primario del Pronto soccorso, Mario La Guardia. «Avevano tassi alcolici fino a cinque volte superiori ai limiti di legge». Che poi: i limiti in questione si riferiscono a persone adulte, non certo a ragazzetti che non sono in grado di metabolizzare nemmeno un bicchiere di vino.
In Sardegna, sempre pochi giorni fa, è stata una tredicenne a finire in coma etilico, a Cagliari. L’hanno trovata per terra, in stato di incoscienza, circondata da altri coetanei il più sobrio dei quali era quantomeno alticcio. Aveva un anno di più un’altra adolescente soccorsa al Policlinico di Pavia dove è arrivata senza sensi, sempre a capodanno. E ancora: Terni. Coma etilico per tre minorenni di 14, 15 e 16 anni.
A Napoli per la prima volta l’arrivo di un nuovo anno è stato salutato con più ricoveri per l’eccesso di alcol che per le ferite da petardi o botti. E anche stavolta molti sono adolescenti. Fiorella Paladini, responsabile del pronto soccorso del Cardarelli dice che «se in passato vedevamo diverse giovani vittime delle droghe, oggi ce li troviamo qui, ubriachi, dopo una serata in discoteca». I suoi colleghi Luigi Sparano e Corrado Calamaro, medici di medicina generale, sono convinti che a Napoli il binomio alcol-giovanissimi «sotto i 16 anni» sia «ormai una vera emergenza sociale. Ogni fine settimana – dicono – ne arrivano negli ospedali sul filo del coma etilico rischiando perfino di non cavarsela».
La percezione del problema è arrivata chiara anche alle famiglie che tre giorni fa hanno messo in piedi un «Comitato genitori no alcol», gruppo facebook che ha già raccolto centinaia di adesioni e che è capeggiato dall’avvocato civilista Gerardo Avallone. Lo scopo è organizzare ronde o, per dirla con l’avvocato, «controlli all’esterno dei locali: due genitori per ogni locale che ha la fama di vendere alcolici ai minori». Chi lo fa forse ignora che la legge (art.689 del codice penale) prevede l’arresto e fino a un anno di reclusione.
Nell’ultima relazione al Parlamento del ministero della Salute – quella che riguarda i dati 2018 – c’è scritto che dei 38 mila intossicati dall’alcol arrivati al Pronto soccorso, il 17 % ha meno di 14 anni. E che fra i 15 e i 17 sono in crescita i casi di «binge drinking», l’abbuffata alcolica finalizzata a ubriacarsi. Finiscono in ospedale più spesso le ragazze dei ragazzi perché gli enzimi del fegato femminile hanno meno capacità di metabolizzare l’alcol. E comunque la non-metabolizzazione comporta rischi elevati (anche a fronte di piccole quantità di alcol) almeno fino a 21 anni, perché fino a quell’età (su un fisico non ancora formato) l’alcol non assorbito circola così com’è e causa intossicazioni. Interagisce con i neuroni e ne pregiudica il funzionamento, per esempio, con possibile perdita di memoria e orientamento.
Se gli si chiede perché i giovani e giovanissimi arrivano a bere così tanto, Emanuele Scafato – direttore dell’Osservatorio nazionale alcol dell’Istituto superiore di Sanità – risponde che «molto dipende dalla struttura della famiglia», che per gli adolescenti spesso «l’alcol ha valore disinibente», che alcuni (specie chi si sente a disagio in gruppo) lo vede come una sorta di pozione magica per migliorare le capacità di interazione e seguire quel che fa il gruppo. Maurizio Tucci, presidente di Laboratorio Adolescenza di Milano, spiega che «in effetti il condizionamento del gruppo è molto più forte per l’alcol che per il fumo e lo è di più per le ragazze che per i maschi». Ancora il dottor Scafato: «Tutte le evidenze ci dicono che più si è giovani nell’avvinarsi all’alcol più si rischia di sviluppare dipendenza. Quando si dice “perdere il controllo” si intende perdere razionalità, coordinamento, pianificazione. Significa diventare impulsivi e inconsapevoli. Ecco. L’alcol fa tutto questo perché stacca la corteccia prefrontale, quella, appunto, della razionalità e del controllo. No razionalità uguale no percezione del rischio. E quindi, per dirne una, vado a 150 km orari dove dovrei andare a 50».
Il ragazzo che l’altra notte, ubriaco, ha ucciso sette turisti tedeschi in Valle Aurina aveva un tasso alcolemico nel sangue pari a 1,97 contro lo 0,50 di livello massimo consentito per mettersi alla guida. Quattro volte tanto. Ne aveva di più la dodicenne in coma etilico di Bolzano: 2,65.