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 2020  gennaio 09 Giovedì calendario

Intervista a Pasquale Tridico

Il vezzo del potere sono due gemelli verdi che nascondono un braccialetto di corda arcobaleno. L’intervista nell’enorme ufficio dell’Eur non è ancora iniziata e Pasquale Tridico si infervora. «Dicono che mi sono aumentato lo stipendio. È falso».
Falso?
«Finché non verrà ricostituito il consiglio di amministrazione dell’Inps io e il vicepresidente dobbiamo dividerci il compenso del mio predecessore: 103mila euro lordi l’anno. A me vanno 62mila, al numero due 41mila».
E quando verrà nominato il consiglio cosa accadrà? 
«Una norma prevede che con i risparmi interni vengano suddivisi 450mila euro sia all’Inps che all’Inail. Ma dovranno bastare per cinque persone. (Nonostante siano passati mesi dalla sua nomina, manca ancora l’organo di governo del più importante ente pubblico del Paese, ndr). 
Presidente Tridico, partiamo dal reddito di cittadinanza, scritto da lei. Cosa risponde a chi chiede di abolirlo?
«La povertà purtroppo non è abolita, ma la misura sta dando ottimi risultati e ossigeno a milioni di italiani sfortunati».
Lei ha sostenuto che il reddito ha ridotto la povertà del 60 per cento. Lo conferma?
«In questo momento il reddito è distribuito fra poco più di un milione di nuclei familiari. Se a questi si aggiungono quelli previsti dalla relazione tecnica della legge, a regime raggiungeremo tre dei cinque milioni di persone considerate povere dall’Istat: il sessanta per cento». 
Che è cosa ben diversa dal sostenere che la povertà si è ridotta del 60 per cento. O no? 
«Nel misurare la soglia di povertà l’Istat non valuta i patrimoni mobiliari e immobiliari. Si può discutere se sia un metodo corretto, ma non dipende da me. Ciò detto, ci sono un paio di dati incontestabili: il parametro che valuta il livello di disuguaglianza - il cosiddetto coefficiente di Gini - è sceso dell’1,2 per cento. Così come l’intensità del tasso di povertà, calato dal 38 al 30 per cento».
Gli esperti sostengono che il reddito potrebbe essere distribuito meglio. La norma in vigore non tiene conto dell’andamento del costo della vita ed è penalizzante per chi ha molti figli.
«Per tenere conto del costo della vita bisognerebbe calcolare la variazione del costo degli immobili e dei servizi non solo tra Nord e Sud, ma persino tra quartieri della stessa città. E poi, mi scusi, se è vero che al Sud si vive meglio con meno, si può sostenere che ciò avvenga a parità di servizi pubblici? Stiamo parlando di un reddito minimo, una misura di equità, non dipende dalla produttività».
E per quanto riguarda i figli? Le pare giusto che un single riceva fino a 780 euro e una famiglia di sei o più persone non più di 1.380?
«È vero, su questo si potrebbe intervenire, magari rimodulando il sostegno all’affitto e abbassando quello monetario. Oggi si danno ad un single 500 euro più 280 se senza casa. Ma sia chiaro che per avere miglioramenti sostanziali e coprire ad esempio la soglia di povertà Istat in una città del Nord per una famiglia con quattro componenti, bisognerebbe salire a 2.029 euro: non accade nemmeno in Svizzera. Le risorse a disposizione (7,2 miliardi l’anno, ndr.) non sarebbero sufficienti, anche riducendo il sussidio per un single».
Non crede che il reddito sia un disincentivo al lavoro, in particolare al Sud? 
«Il reddito è anzitutto un sostegno contro la povertà. La parte delle politiche attive potrà essere efficace se ripartono la crescita e gli investimenti. I percettori del reddito non sono lavoratori particolarmente qualificati, e far decollare il sistema di inserimento al lavoro non è facile. Tuttavia è stato fatto il più grosso investimento degli ultimi anni nei centri per l’impiego. Un correttivo a cui il ministero del Lavoro sta pensando è una norma che sospenda il reddito fino a tre mesi agli stagionali, riprendendo lo stesso reddito a conclusione del lavoro temporaneo».
Il ministro del Tesoro Gualtieri ha annunciato che il primo gennaio sarebbe partito il superbonus per pagare l’asilo nido di chi ha redditi inferiori ai 40mila euro l’anno. Ci conferma che è così? 
«Per chi già ne gode, il sistema è operativo. C’è però uno scarto di sessanta giorni fra godimento del beneficio ed effettiva erogazione. Questo mese verrà distribuito il bonus di novembre, a marzo arriverà quello di gennaio maggiorato fino a trecento euro». 
Lei è favorevole al superamento di Quota 100 nel 2021, introducendo però un sistema di pensionamento flessibile. Dall’alto dei suoi quarantaquattro anni alle nuove generazioni ci pensa mai? 
«Sono favorevole alla introduzione di una pensione di garanzia, un fondo che riempia i periodi di precarietà di chi non matura contributi stabili fino ai trenta-trentacinque anni».
Altro deficit. O no? 
«Sono scelte che spettano al legislatore». 
Ha proposto anche un fondo integrativo pubblico che investa in titoli di Stato e imprese italiane. Non è un’idea di sapore autarchico? 
«(Tridico sbuffa). I fondi investiti all’estero non hanno rendimenti mediamente più alti di quelli in Italia. Ciò detto, la mia proposta permetterebbe di versare contributi anche a chi non sta lavorando, come avverrebbe con qualunque strumento assicurativo». 
La accusano, in assenza di un consiglio di amministrazione, di aver aumentato il numero delle direzioni Inps. Cosa risponde?
«Ho solo separato uffici che a mio parere erano mastodontici, come l’informatica e l’organizzazione, la formazione dal personale. E ne ho introdotti due nuovi: contro le frodi e la povertà, abolendo al contempo incarichi di studio senza direzioni». 
Lei era stato indicato come ministro Cinque Stelle durante la campagna elettorale, poi si sottrasse quando Di Maio scelse come alleato Salvini. Dica la verità: all’Inps lo fa comunque.
«Il ministro c’è, Nunzia Catalfo, con la quale c’è una eccellente sintonia. In quanto al presidente dell’Inps: ha un ruolo di indirizzo politico. Ho il diritto-dovere di dire quel che penso. Non mi pare che Tito Boeri si comportasse in maniera diversa».