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 2020  gennaio 08 Mercoledì calendario

Biografia di Joan Baez


Joan Baez, nata a New York il 9 gennaio 1941 (79 anni). Cantante e compositrice di musica leggera • Detta «la regina del folk» • Detta anche «l’usignolo di Woodstock», perché cantò quattordici canzoni al famoso concerto del 1969 • «È stata fra il 1960 e il 1966 la maggiore interprete di canzoni folcloristiche americane e scozzesi. I brani da lei interpretati […] divennero gli inni delle manifestazioni pacifiste degli studenti americani» (Treccani) • Tra i suoi pezzi più famosi: Banks of Ohio (1959), There but for fortune (1964), It ain’t me babe (1964), It’s all over now, baby blue (1965), A hard rain’s a-gonna fall (1965), Where have all the flowers gone (1967), Here’s to you (1971), Love song to a stranger (1972), Diamonds&Rust (1975)«Quasi tre generazioni di fan, tutti uniti da canzoni che allora sembrava davvero potessero cambiare il mondo. “Forse non l’hanno cambiato, ma hanno dato una coscienza a molta gente, hanno fatto capire molte cose”» (Andrea Morandi, la Repubblica, 11/3/2015) • «Scoperta giovanissima al festival Folk di Newport nel 1959, ottiene di incidere prontamente per la prestigiosa Vanguard una raccolta di tipiche canzoni tradizionali (House of the Rising Sun, Little Moses), dove, più che il repertorio, spicca la sua splendida e caratteristica voce […] L’impostazione vocale, il repertorio e anche il look costituiscono fonte a cui si abbeverano tutte le cantautrici del decennio prendendola come modello […] Nel 1962 è unanimemente considerata, nonostante la giovane età, la regina del folk revival. Ovvio che finisca per incontrarsi con quello che ne sta diventando il re, Bob Dylan […] In breve dividono i palcoscenici di mezza America, schierandosi apertamente con il movimento per i diritti civili» (Dizionario del Pop Rock, a cura di Enzo Gentile e Alberto Tonti, Baldini&Castoldi, 1999) • «Tutti hanno questa idea romantica di noi, perché sembravamo una coppia magica, e per un po’ lo siamo stati» • Premio Grammy alla carriera nel 2007. Venticinque album pubblicati tra il 1959 e il 2018, più sei dal vivo. Ventitré raccolte di canzoni. Quasi 340 mila seguaci su Spotify (a gennaio 2020) • «Cantò nel 1963 alla Marcia su Washington, quando 250 mila persone si riunirono di fronte al Lincoln Memorial per esigere gli stessi diritti per gli afro-americani. Quaranta anni dopo, a San Francisco, è sullo stesso carro. Quello che la fa andare avanti, oltre ad uno strambo senso dell’umorismo, è che sa perfettamente chi è e in che cosa crede. Non è pedante, è coerente. Non è un’ideologa, è un’idealista. Lungi dall’essere anti-americana, è stata e rimane assolutamente, profondamente americana, una che dissente, che ha le sue convinzioni, che si aspetta che il governo rifletta gli ideali e i sogni del suo popolo. Quaranta anni fa, accompagnata in un tour da Bob Dylan, trasformò la sua tranquilla carriera di cantante folk di successo nella carriera di una cantante politica, qualcosa che tuttavia non le ha mai impedito di vendere dischi e di aggiudicarsi redditizi contratti» (Mark Simon, San Francisco Chronicle, 22/2/2003) • Negli anni 80 è stata assieme a Steve Jobs. «Oggi l’unica cosa che sembra interessare è la fama. Mi chiedono: “ma si rende conto che lei è l’unica che ha visto Bob Dylan e Steve Jobs nudi?” E allora? Sì ho avuto due relazioni con loro, e allora sono una celebrità?» (a Emanuela Audisio, la Repubblica, 17/7/2016) • «Voglio essere ricordata innanzi tutto come attivista politica e sociale e poi come cantante».
Titoli di testa «Martin Luther King e Bob Dylan, Pete Seeger e l’era Kennedy, il Vietnam e Woodstock: Raccontare Joan Baez […] significa raccontare mezzo secolo di storia americana» (Morandi).
Vita «È nata a Staten Island […] da padre messicano e madre scozzese. Seconda di tre figlie, ha passato la giovinezza tra l’Est e l’Ovest degli Stati Uniti, poiché il padre, un professore di Fisica, si spostava frequentemente» (Lia Del Corno e Alessandra Chiappano, dal sito Enciclopediadelledonne.it) • Albert Baez è uno scienziato importante, è considerato uno dei primi ad applicare i raggi x a microscopi e telescopi. Pacifista, si rifiuta di collaborare alla costruzione della bomba atomica. Visto che sono i più radicali nel rifiuto della violenza, si converte alla Chiesa Quacchera. Nel 1951 l’Unesco lo manda ad aprire un laboratorio di fisica a Baghdad e tutta la famiglia Baez per un anno vive in Iraq • «Mio padre doveva spostarsi di continuo, da una sede all’altra. Per noi figlie era difficile ambientarci: non riuscivamo a farci degli amici perché passavamo da un trasloco all’altro» • A scuola, poi, la prendono in giro, perché è mezza-ispanica e ha la pelle scura • «La mia infanzia è stata piena di musica classica, country, rhythm and blues, e dell’hit parade. Quando avevo 16 anni mia zia mi portò a vedere un concerto di Pete Seeger. Mia mamma invece portò a casa un disco di Harry Belafonte. Nonostante non fosse nemmeno lontanamente meraviglioso quanto Harry, Pete si impegnava già allora a realizzare cambiamenti sociali. Pagò un prezzo molto alto per aver tenuto fede ai suoi principi. Da Pete ho imparato quale fosse il significato di correre un rischio. La Guerra fredda stava prendendo piede, dando inizio a un periodo vergognoso in questo paese. All’epoca la mia famiglia […] era socialmente e politicamente attiva. L’influenza che Pete ebbe su di me fu come un buon vaccino, e così spostai la mia attenzione verso la musica folk e l’attivismo politico» (dal suo discorso a New York, quando fu inserita nella Rock ‘n Roll Hall of Fame, 7/4/2017) • «Lei quando ha capito di saper cantare così bene? “Ci sono stati diversi momenti. Quando avevo quindici anni mi sono resa conto di avere una bella voce. Ma già quando avevo tredici anni cercavo di lavorarci: stavo davanti allo specchio facendo “Ah, ah, ah” perché volevo riuscire a fare il “vibrato”. E poi a un certo punto arrivò. Da solo, senza sforzo”» (Luca Valtorta, la Repubblica, 24/6/2018) • «Il primo concerto? “A 15 anni, alla festa del liceo. A un certo punto mi hanno passato una chitarra così grande che mi arrivava alle ginocchia e non avevo idea di come regolarla per poterla suonare più comodamente. Ho ancora la foto”» (Andrea Laffranchi, Corriere della Sera, 27/2/2018) • I Baez si trasferiscono a Boston. Lei si iscrive a un corso di laurea, ma non è lo studio la sua vocazione. «Il mio primo lavoro nel mondo della musica fu al Club 47 di Harvard Square, il martedì sera, dove cantavo in tre sessioni per quindici dollari a serata, il tutto mentre venivo allegramente bocciata all’università. Devo i miei esordi agli amici e agli artisti folk da cui ho preso gli accordi, le melodie, il modo di suonare con le dita e il mio primo repertorio» (a New York, 7/4/2017) • Joan si specializza in lunghe e tristi ballate, riprese dal patrimonio folk americano • Joan quando sale sul palco ha paura. «Prima di suonare mi sentivo come una medusa, senza ossa. Non riuscivo quasi a reggermi e dovevo chiedere a qualcuno di buttarmi sul palco. Col tempo è passata» • Nel 1959 il cantante Bob Gibson la invita al festival folk di Newport e lei diventa famosa • Joan è già una star una delle prime volte che incontra Bob Dylan, allora un ragazzo che prova a farsi un nome nei locali del Greenwich Village di New York. Lui, a dire il vero, all’inizio è colpito da sua sorella Mimi. «Prova anche a invitarla fuori, ma è la sorella maggiore, Joan appunto, a non darle il permesso. “Ero un po’ gelosa del suo interesse verso di lei, ma me la cavai ridendo e prendendolo in giro. Lui sembrava piccolino e molto giovane. Io avevo sei mesi più di lui, ma mi sentivo sua madre” [… ] Il momento in cui scocca la scintilla fra i due è stato immortalato da Joan in una delle canzoni che ha dedicato a Dylan. “Ora ti guardo mentre stai in piedi / foglie marroni che ti cadono attorno / e la neve fra i tuoi capelli / Sorridi guardando Washington Square dalla finestra di quell’hotel fatiscente”» (Diamonds&Rust, 1975)» (Andrea Laffranchi, Corriere della Sera, 30/7/2013) • La loro storia segna una generazione. Prima ancora di John Lennon e Yoko Ono, cantano contro le diseguaglianze razziali, l’ingiustizia sociale, la bomba atomica, la guerra in Vietnam • «Joan Baez non è mai stata solo chiacchiere: nel 1964 si rifiuta di pagare più della metà delle sue tasse come disobbedienza civile contro le spese militari. Prende parte alla nascita del movimento di libertà di parola all’Università della California, a Berkeley e un anno dopo co-fonda l’Istituto per lo studio della nonviolenza vicino a casa sua, a Carmel Valley» (Marie Claire, 21/3/2019) • «Noi siamo scesi in strada, abbiamo subìto gli interventi della polizia, siamo finiti in prigione. Per il Vietnam, anzi contro la guerra, per i diritti civili, contro il razzismo. Ci siamo messi in gioco» • «La prima volta che sono andata in strada a manifestare, mio padre era fra gli organizzatori della protesta. A 16 anni, ho sentito per la prima volta parlare Martin Luther King» • «Era estremamente divertente, ma non poteva essere spiritoso in pubblico perché veniva attaccato su tutto» • «Il suo discorso in chiesa a Selma, davanti a un sacco di ragazzi. Mi misi a piangere dall’emozione. Erano tempi straordinari. Potevamo contare uno sull’altro, sapevamo dove volevamo andare. Non c’è lotta rispetto ad oggi, anche se ci sono parecchi motivi per manifestare» • «Ha mai avuto paura negli anni delle marce e delle proteste? “Alcune volte sì, altre volte avrei dovuto ma ero troppo stupida per preoccuparmi. Però ho fatto quello che andava fatto”» (Barbara Visentin, Corriere della Sera, 15/7/2019) • Nel 1969, a Woodstock entra nella leggenda • Chi c’era vide «arrivare nella piccola cittadina di Bethel, per quello che in partenza sarebbe dovuto essere uno dei tanti festival musicali dell’epoca, una fiumana di star: Richie Havens, Ravi Shankar, Joan Baez, Santana, Janis Joplin, The Who, Jefferson Airplane, Creedence Clearwater Revival, Joe Cocker, Crosby, Stills, Nash and Young, Jimi Hendrix, solo per citarne alcuni» (Salvo Toscano, Il Foglio, 16/3/2019) • «Ha coinvolto un’intera città e se anche la polizia avesse voluto arrestare chi fumava spinelli, non avrebbe saputo dove metterli. E così è finita che alcuni poliziotti hanno lasciato le pistole in macchina e sono venuti ad arrostire hot dog e ascoltare musica. È stato unico. Non avevo mai visto niente di simile e non ho più visto niente di simile dopo». 
Battaglie Con Martin Luther King nel 1958, con gli studenti di Berkeley per i diritti civili nel 1963, in marcia da Selma a Montgomery per il diritto degli afroamericani a iscriversi alle liste elettorali nel 1965, contro la guerra in Vietnam dal 1964 al 1972, contro il governo comunista di Hanoi nel 1979, per i cileni, per le madri dei desaparacidos in Argentina, per Sacharov e sua moglie Yelena Bonner, per Vaclav Havel per i boat people della Cambogia negli anni 80, contro il governo cinese dopo piazza Tienanmen nel 1989, per i diritti delle persone LGBT nel 1990, contro il disboscamento delle sequoie nella foresta di Headwaters, in California, nel 1999, contro la guerra in Iraq nel 2003, contro la pena di morte nel 2005, in favore di Barack Obama nel 2008, in favore delle proteste contro il regime in Iran nel 2009, con Occupy Wall Street nel 2011, contro Trump nel 2016, per l’indipendenza della Catalogna nel 2018.
Amori Un tale Michael New, conosciuto al college alla fine degli anni 50 • Bob Dylan, tra alti e bassi, tra il 1963 e il 1965 • Il giornalista Furio Colombo, negli anni Sessanta • Il giornalista David Harris, conosciuto nel 1967 nel carcere di Santa Rita, in California (protestavano contro la guerra in Vietnam). Vissero assieme in una comune, si sposarono nel 1968 a New York (in una chiesa piena di cartelli pacifisti), ebbero un figlio, divorziarono nel 1973 • Steve Jobs, quando lui aveva 27 anni e lei 41. «Siamo stati fidanzati per due anni e mezzo negli anni Ottanta, era un ragazzo dolce. Aveva bisogno di essere guidato. È stato unico, un genio, un non rivoluzionario che ha creato una rivoluzione» • «Eravamo una coppia strana. Lui era totalmente parte sinistra del cervello, che io invece non ho. Si litigava spesso. Non so se ero innamorata, forse ne ero solo affascinata. C’erano dei miei amici che mi dicevano: “Sposalo! Sposalo e non avrai mai più problemi di soldi nella tua vita”. Ma io non ce l’ho fatta» (al New York Post) • Documenti della Cia la identificano come una della amanti di Martin Luther King • «“Credo che alla fine della mia vita mi ricorderò del mio primo amore, quando avevo 18 anni”. Non si ricorderà di Bob Dylan? “No”» (Alessia Baudi di Selve, iO Donna, 1/6/2012) •
Famiglia Ha vissuto con la madre fino alla morte di lei, nel 2013 • Suo figlio, Gabriel Harris (n. 1969), fa anche lui il musicista • Suo cugino, John Baez, ha un dottorato in Fisica al MIT di Boston • «Una volta, quando fui riconosciuta e avvicinata da un fan per strada, una mia amica mi disse: “Dai, ammettilo: ti piace un sacco”. Le dissi che non c’era niente da ammettere. Era un dato di fatto. Il mio pubblico è una sorta di famiglia» (a New York, 7/4/2017).
Soldi Patrimonio da 11 milioni di dollari.
Pensione «Quando avevo trent’anni ho chiesto al mio primo vocal coach: “Quando pensa che dovrò smettere?”. “Sarà la voce a dirglielo”, mi ha risposto» (a Valtorta) • «Con questo mestiere non ti accorgi di invecchiare. E poi so di essere stata di grande ispirazione per tanta gente, so che devo continuare a fare qualcosa» • «Sotto la doccia, non canto più, la voce è un dono prezioso, ma non dura in eterno, io la proteggo e non voglio abusarne. Anche se tutti mi incoraggiano: Joan tu devi cantare per sempre. Non ci penso proprio, ragazzi» (Audisio) • Ha annunciato il ritiro dalla scene nel 2018 e ha tenuto il suo ultimo concerto a Madrid il 19 luglio 2019.
Trump «La differenza tra lui e Hitler è che lui non vuole conquistare il mondo, vuole fare solo soldi».
#MeToo «Grazie a questo movimento molte donne non si sono più sentite sole e hanno trovato il coraggio di parlare di violenze, molestie o ingiustizie subite».
Curiosità È alta 1 metro e 66 • La sua è una voce da soprano • Una volta a Parigi, non avendola riconosciuta, non la fecero entrare in un locale perché non aveva i tacchi alti • «Cosa fa una pasionaria di settantacinque anni a casa? “Mi arrampico sugli alberi e li abbraccio. Vivo nella California del nord, ho un cane. Dipingo, passeggio, leggo un po’ meno. E mi costringo a non fare niente. A non riempirmi di cose e di pensieri”» (Audisio) • «Continua a dormire nella sua capanna sull’albero in giardino? “È diventata vecchia, non ci dormo da mesi, la devo ricostruire. Ma ogni tanto, se c’è la luna piena, passo la notte nel patio. Anche quando sono in hotel di notte prendo la scala di sicurezza e vado in giardino. Una volta ero in un albergo sul mare, la gente mi ha trovato che dormivo in spiaggia alle 6 del mattino e ha pensato che fossi pazza”» (Marco Molendini, Il Messaggero, 23/5/2018) • Buddhista • Ha realizzato una sfilata di ritratti che va da Bob Dylan al Dalai Lama, dalla attivista Emma Gonzales a Martin Luther King (guardali qui). Dice che dipingendo Dylan si è accorta di non provare più rancore nei suoi confronti. I proventi dei quadri sono andati a un’associazione che aiuta gli immigrati • «È tra le rare star internazionali che canta canzoni italiane nella lingua originale, come la famosa C’era un ragazzo (che come me amava i Beatles e i Rolling Stones) di Gianni Morandi (che ha fatto conoscere in tutto il mondo)» (Audisio) • «Sa parlare in italiano? “Oh, no, solo qualche parola”» (Valtorta) • Parla inglese e spagnolo • «La tecnologia è eccezionale. Io ho cantato in farsi una strofa di We Shall Overcome che è finita in Iran, si raccolgono in fretta migliaia di firme per le petizioni, anche io uso lo smartphone. Certo non come la mia giovane nipote che ha sempre la testa e pure gli occhi bassi, ma alla fine mi chiedo: non è meglio guardarsi in faccia e tenersi per mano?» • «Usare la mia voce nella battaglia contro le ingiustizie ha dato alla mia vita un significato profondo e un piacere infinito» • «Negli anni Sessanta venivano scritte decine di canzoni di protesta, oggi invece ne ascoltiamo sempre meno. Perché? “Oggi è tutto più confuso. Ascolto spesso brani meravigliosi, ma che non hanno un obbiettivo preciso, non c’è più quello spirito. Quel periodo è irripetibile, gli anni Sessanta non torneranno, e non ci saranno mai più un altro Dylan o un altro Lennon. Eppure sono convinta che la musica possa arrivare in modi molti diversi alle persone e sensibilizzarle su temi difficili che, altrimenti, non prenderebbero in considerazione”. […] Ha qualche rimpianto? “No, no. A cosa servono i rimpianti? Quello che è fatto è fatto, non serve ripensarci”» (Morandi).
Titoli di coda «Voglio che mia nipote sappia che ho combattuto contro una corrente di malvagità e che le masse sono state dalla mia parte. Quando tutto questo è accompagnato dalla musica, di qualsiasi genere, la battaglia per un mondo migliore, un passo alla volta, non diventa solamente sopportabile, ma anche possibile e meravigliosa. Grazie» (a New York, 7/4/2017).