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 2020  gennaio 08 Mercoledì calendario

Quasi 4 donne su 10 senza conto corrente

È davvero stravagante il neo-femminismo che si è imposto in Italia. Si occupa di cosa accade a Hollywood, dove le star si piegano ad avances sessuali in cambio di ruoli da protagoniste nei film, e non di cosa accade in casa nostra. Conduce la battaglia volta alla femminilizzazione di un linguaggio reputato machista imponendo le astine alle vocali e si dichiara turbato nonché indignato dall’esposizione della carne, quantunque ognuno del suo corpo possa fare ciò che gli pare, eppure non si cura delle reali drammatiche condizioni in cui versano le abitanti della penisola, la cui emancipazione è ostacolata dalla diffusa dipendenza dal portafoglio di mariti e compagni. I dati della ricerca Episteme “Le donne e la gestione familiare” parlano chiaro. Quasi 4 signore su 10 (37%) non hanno un conto corrente a loro intestato. Tra coloro che hanno interrotto gli studi dopo avere conseguito la licenza media addirittura nessuna lo possiede. Alle laureate va meglio, tuttavia i numeri suscitano sbalordimento: 17 dottoresse su 100 di età compresa tra i 25 e i 44 anni non possiedono un conto in banca o, allorché ce l’hanno, non possono gestirlo da sole. Tocca loro domandare il permesso al partner. La situazione è ancora più spaventosa nel Mezzogiorno, in cui il 46% delle donne, ossia quasi la metà, è del tutto privo di autonomia economica, dipendendo in maniera totale dal coniuge. Inoltre, quasi una su due in Italia ha un reddito più basso del marito o del convivente. Insomma, pur sgobbando le stesse ore e nelle medesime posizioni siamo pagate meno del genere opposto. Secondo il Gender Gap Report 2019, realizzato dall’Osservatorio JobPricing con Spring Professional, nonostante tra il 2016 e il 2018 la differenza retributiva sia diminuita del 2,7%, il gap è di 2.700 euro lordi, pari al 10% in più in favore dei lavoratori maschi. Per cui in Europa il Belpaese è al 17esimo posto su 24 per ampiezza del gender pay gap nel settore privato (Eurostat). Come se non bastasse, in Italia solo il 29% dei ruoli dirigenziali è ricoperto da persone di sesso femminile e ciò ci pone agli ultimi gradini della classifica dell’Eurostat sulle donne manager. Persino allorché lavorano, le italiane non gestiscono in maniera libera il denaro, è come se dovessero ancora abituarsi all’autosufficienza economica. Da un’indagine di Eumetra per conto della società di credito al consumo Agos emerge che le signore amministrano soltanto le spese quotidiane per la famiglia, a tutto il resto provvede la dolce metà: investimenti, pagamento di bollette, assicurazioni, rate del condominio, tasse, eccetera. Molte mogli ignorano persino dove il coniuge depositi i soldi. Diversa la condizione delle single, le quali non si affidano a nessun uomo per la gestione finanziaria, a meno che non si tratti del loro commercialista. Facile dare la colpa di questa realtà alla società, al mondo del lavoro che sbarrerebbe le porte al gentil sesso, o agli uomini. La verità – ed è bene che la ammettiamo se vogliamo davvero che le cose cambino – è soprattutto nostra: ci accontentiamo, rinunciamo, ci disinteressiamo. Se al Sud quasi il 50% di noi non ha soldi propri ed è costretto a contare sulle tasche di chi gli sta accanto è perché nel Meridione più che nel Settentrione resiste la visione del matrimonio come unico obiettivo esistenziale delle ragazze, le quali fin da piccole vengono indotte, da un lato, a coltivare il sogno del principe azzurro con cui vivere per sempre felici e contente; dall’altro, ad accantonare le proprie potenzialità, i propri talenti ed interessi, i quali, se adeguatamente sviluppati, possono costituire una fonte di reddito, trasformandosi in un mestiere di successo. Le fanciulle devono sbarazzarsi dell’idea pericolosa che debba giungere un principe azzurro a salvarle sposandole ed iniziare a coltivare obiettivi professionali e di realizzazione individuale. Questa è la strada maestra che può portarle alla piena indipendenza materiale che si traduce in indipendenza pure emotiva, affettiva e mentale. Se una donna è obbligata a chiedere, non è libera. Se è legata al portafoglio di lui, stenterà a lasciarlo, sebbene il compagno la maltratti. Ecco perché l’unico modo efficace di combattere la violenza sulle donne non sono le manifestazioni in piazza e gli scioperi in occasione dell’8 marzo, bensì quello di favorire l’emancipazione finanziaria del nostro genere, partendo da noi stesse ed incitando le nostre figlie, qualora le abbiamo, non a racimolare un uomo che le mantenga bensì a mantenersi da sole.