Il Sole 24 Ore, 8 gennaio 2020
Elisabetta mette all’asta i fondali per le turbine eoliche
Brighton, la città che per gli inglesi incarna l’idea di estate e spiaggia, dal lungomare si vedono, al largo, decine di pale galleggianti: è una delle tante “wind farm“(campi eolici) che disegnano (o deturpano, a seconda dei punti di vista) la costa britannica. Il mare costellato di turbine è destinato a diventare un paesaggio comune nel Regno Unito perché la Regina va (via) col vento.
La Regina vende il mare
Elisabetta II ha deciso che l’Inghilterra diventerà un paese “verde”, alimentato dall’energia più antica del mondo, quella che spinse Argo, la prima nave che solcò i mari. Come ricompensa a questo spirito ambientalista, il dio greco Eolo farà ancora più ricca la sovrana: nelle casse della Corona entreranno centinaia di milioni di sterline. Buckingham Palace sta per lanciare una gara pubblica per vendere i fondali marini: è la prima asta di concessioni eoliche pubbliche negli ultimi dieci anni. Più in generale, tutto il paese ha imboccato la strada dell’elettrico. Mentre Sua Maestà incorona le turbine eoliche, dal 10 di Downing Street, la sede del governo, hanno da tempo abbracciato la partita dell’auto elettrica, con un’appendice anche in Italia (si veda altro pezzo in pagina).
A tutto vento
Attualmente i fondali marini inglesi sono di proprietà del Crown Estate, il fondo che gestisce il patrimonio immobiliare della corona (terreni e tenute, palazzi e case, come l’intero quartiere di Mayfair a Londra), la cui ricchezza è stimata in 13 miliardi di sterline. Ogni anno il fondo, coi proventi che arrivano dagli affitti e dalle rendite, stacca un assegno a favore della real casa. Ma non sarà solo Elisabetta a guadagnarci: il surplus di ricavi di quella che è una sorta di “privatizzazione” saranno girati al Tesoro. È attesa una battaglia a suon di rilanci in gara: le società energetiche inglesi sono tutte smaniose di mettere le mani sull’industria eolica, settore in forte crescita e dove si concentrano sempre più interessi. Per realizzare campi eolici in alto mare serve accesso ai fondali dove si fissano i cavi di trasmissione, che vengono posati a un metro di profondità, e dove vengono ancorati i pali di fissaggio per le pale, gli accumulatori e i trasformatori: ecco perché tutto passa dalla Regina, titolare ultima dei mari inglesi.
Campi eolici sorgeranno al largo di quasi tutte le coste inglesi: si calcola che gli investimenti per costruire gli impianti muoveranno circa 20 miliardi di sterline e daranno un lavoro stabile a 9mila persone, oltre che ridurre le emissioni di anidride carbonica. Al momento non risultano aziende italiane in gara. Già oggi i campi eolici off-shore della Gran Bretagna producono 8,5 Gigawatt di energia elettrica, coprendo quasi il 10% del fabbisogno annuale del paese. La «vendita dei mari» non serve solo a far incassare un tesoretto a Buckingham Palace, la cui costosa corte è in continuo aumento, ma è un tassello di un più ambizioso piano energetico del paese: l’Inghilterra vuole diventare carbon neutral, ossia a emissioni zero, nel 2050. L’asta regale per l’eolico in mare aperto consentirà di produrre altri 7 Gigawatt di elettricità “verde”, una quantità tale da poter alimentare più di 6 milioni di case. Entro il 2030 il Regno Unito punta a produrre 30 Gigawatt dal vento. Il doppio della produzione attuale e un terzo dei consumi attuali.
Inghilterra sempre più elettrica
Sul finire dell’anno, mentre tutti erano distratti dalle elezioni e dalla Brexit, il Regno Unito ha battuto un record: per la prima volta il numero di colonnine elettriche di ricarica per auto hanno superato quello delle pompe di benzina. Se nel Dopoguerra la motorizzazione di massa fu favorita dalla costruzione delle autostrade, oggi sono i punti di ricarica l’infrastruttura strategica, la scintilla che porterà la gente ad abbandonare l’auto tradizionale per quella elettrica. Ma soprattutto quella delle colonnine è una prateria ancora da conquistare. Chi arriva per primo, si prende fette di territorio libero. L’anno scorso il governo inglese ha lanciato il CIIF, un fondo misto, privato ma alimentato anche da soldi pubblici, per finanziare la transizione alla mobilità elettrica. Il private equity Zouk è stato scelto dal Governo come unico soggetto autorizzato, e dunque finanziato, per gestire il fondo e dunque costruire le colonnine nel Regno Unito. L’obiettivo del fondo CIIF è portare la Gran Bretagna a emissioni zero tra 20 anni. Un grosso contributo lo danno i taxpayer inglesi: i cittadini di Sua Maestà finanziano il CIIF, che ha una dotazione di 400 milioni per mettere in piedi la rete. Il 2019 è stato l’anno più “verde” per il Regno Unito: per 137 giorni, su 365, le energie rinnovabili hanno superato il petrolio e i combustibili fossili.