Corriere della Sera, 8 gennaio 2020
La tecnologia dell’Ottocento? Molto più ricca
La classifica degli uomini più ricchi del mondo con cui si è aperto emblematicamente il nuovo decennio 2020 può sembrare a prima vista la migliore rappresentazione della modernità tecnologica: Jeff Bezos (116 miliardi), Bill Gates (113), Bernard Arnault (106), Warren Buffet (89) e Mark Zuckerberg (79). La supremazia del software sull’hardware, come aveva predetto Italo Calvino, si è compiuta. Eppure a prendere come riferimento la stessa classifica di fine Ottocento le cose sembrano più interessanti. I primi tre super ricchi dell’epoca erano innanzitutto molto più ricchi di quelli attuali. È stato calcolato che solo Jp Morgan, Andrew Carnegie e John Rockefeller possedessero l’equivalente di mille miliardi di dollari al valore di oggi. Per raggiungere la stessa cifra dobbiamo sommare il patrimonio dei primi tredici, uomini e donne, più ricchi del mondo. Bezos and Co, insomma, paiono dei poveracci al confronto. Inoltre è evidente dai nomi come anche alla fine dell’Ottocento la ricchezza fosse catalizzata da tecnologia e finanza. Jp Morgan ereditò in effetti il patrimonio iniziale dalla famiglia ma lo fece crescere immensamente investendo su una tecnologia al tempo rivoluzionaria come l’attuale internet: la luce elettrica nelle case. Fu lui il grande finanziatore di Thomas Edison nonostante le critiche conservatrici del padre che non vedeva nulla di nuovo nel business della corrente. Carnegie controllava un’altra tecnologia, l’acciaio, che permise a Manhattan di diventare quella che oggi conosciamo, la città dei grattacieli. Mentre anche quella di Rockefeller poteva essere considerata una tecnologia emergente visto che ancora a metà Ottocento l’industria dell’olio di balena di Nantucket, l’isola a pochi chilometri a Est di Boston, alimentò la prima aristocrazia operaia facendo diventare ricche le vedove e i figli dei balenieri. Oggi anche se a spiccare sono i nomi dei fondatori di Amazon, Microsoft e Facebook (la finanza rimane ben difesa da Buffet), la vera anomalia è quella di Arnault che in un mondo dominato da un vistoso pessimismo analogico nei confronti di tutto ciò che si può toccare riesce ad essere il terzo uomo più ricco del mondo dalla sua roccaforte Naid fatta di borse, profumi e champagne. Forse il lusso è a prova di digitalizzazione.