Corriere della Sera, 8 gennaio 2020
Tom Hanks in lacrime e il plusmaterno
Daniele De Rossi ha dato l’addio al calcio, e lasciando dopo pochi mesi la squadra argentina del Boca Junior, ha addotto ragioni affettive per giustificare il suo ritorno in Italia: «Mi manca la mia famiglia e io manco alla mia famiglia, mia figlia ha 14 anni e ha bisogno di me». Ricevendo il premio alla carriera al Golden Globe, Tom Hanks in lacrime durante il discorso pronunciato davanti ai suoi cinque figli ha detto di essere un uomo fortunato: «Non sarei qui se la mia famiglia non avesse sopportato la mia assenza per mesi e mesi. Non posso spiegare cosa significhi per me il vostro amore». Il capitano romanista (sul campo un duro collezionatore di espulsioni per entrate «cattive») e l’attore di Forrest Gump, due personaggi diversi per cultura e generazione: impensabile qualche anno fa che uomini di successo come De Rossi e Hanks (di successo anche in quanto maschi) esprimessero pubblicamente, con tanta emozione, il loro «lato debole», l’attaccamento e la gratitudine verso la famiglia. Proprio ieri, nel leggere la notizia di quei due illustri padri che riconoscevano nell’assenza una colpa dolorosa, ci si poteva imbattere, scorrendo L’Avvenire, nell’intervista di Luca Miele alla psicoanalista Laura Pigozzi, che parlava del plusmaterno (per chi volesse approfondire, con questo titolo c’è un libro a più voci edito da Poiesis). Il neologismo indica un eccesso di materno «che si traduce nel suo fallimento»: troppa «pedagogia della protezione» nella famiglia attuale, uno sbilanciamento dall’asse madre-padre all’asse madre-figlio (o figlia), con l’autorità maschile marginalizzata, e peggio ancora se il padre diventa un «padre materno». Sarebbe questa, secondo Pigozzi, la mutazione genetica della famiglia che minaccia il futuro più della crisi ambientale. Difficile dire se le uscite di De Rossi e di Hanks confermino o smentiscano il trionfo del plusmaterno (magari anche nei padri?), se siano sintomi preoccupanti o rassicuranti, ma di certo documentano che una mutazione (gigantesca) c’è.