Corriere della Sera, 8 gennaio 2020
Domande e risposte sulla guerra in Libia
1 Che cosa sono le operazioni «Dignità 2» e «Vulcano di rabbia»?
La prima è la campagna militare lanciata il 4 aprile dal generale Khalifa Haftar, che comanda la Cirenaica: è sostenuto da Russia, Francia, Egitto, Emirati Arabi e Arabia Saudita e al comando dell’Esercito nazionale libico (Lna) controlla i pozzi orientali della Libia. Riprende il nome dall’operazione «Dignità», che lo stesso Haftar fece partire nel 2014 a Est del Paese, e punta direttamente a scalzare da Tripoli il Governo di accordo nazionale (Gna) del premier Fayez Al Serraj, riconosciuto dall’Onu e appoggiato da Qatar, Turchia, Italia e da gran parte dell’Ue. «Vulcano di rabbia» è la controffensiva lanciata dalle milizie di Misurata, le sole in grado di contrastare Haftar, unite nel sostegno a Serraj.
2 Perché c’è stata un’accelerazione militare proprio in questi giorni?
L’assedio di Tripoli, di bassa intensità, ha fatto in nove mesi un migliaio di morti. Ma la decisione della Turchia d’entrare in campo a difesa di Serraj, con l’approvazione di due memoranda sulla fornitura di armi e uomini, ha spinto Haftar a chiedere rinforzi ai suoi alleati. La caduta di Sirte in tre ore, oltre che dovuta ai tradimenti di alcuni miliziani salafiti passati coi cirenaici, dimostra che altre armi sono arrivate in Libia, nonostante dal 2011 sia in vigore un (inutile) embargo Onu: già a maggio, il Gna mostrava in tv 40 veicoli ruotati protetti Bmc Kirpi di fabbricazione turca, assieme a droni, missili anticarro e mitragliatrici bulgari; negli stessi giorni, Haftar si vantava di decine di blindati 8x8 al-Mareb e 4x4 al-Wahsh prodotti in Giordania e finanziati dagli Emirati. Solo Abu Dhabi e i sauditi avrebbero dato 200 milioni di dollari per l’avanzata del generale.
3 Perché ora la chiave militare può diventare Misurata?
Vista l’impossibilità di conquistare Tripoli, Haftar ha deciso di aprire un secondo fronte a Sirte. Questo soprattutto per costringere le milizie della città-Stato di Misurata, le sole in grado di difendere la capitale, a spostare combattenti e risorse: Sirte è un luogo simbolico, da dove i misuratini nel 2016 hanno cacciato l’Isis, ed è una città troppo vicina perché possa finire nelle mani cirenaiche. A Sirte c’è Ghardabyia, una delle basi militari più grandi di tutta la Libia.
4 Che cosa rischiano gli italiani di stanza a Misurata?
Ci sono circa tre-quattrocento italiani nella città. In costante contatto con l’ambasciatore Giuseppe Buccino, a Tripoli, sono in una situazione di relativa tranquillità. Militari, carabinieri, ma anche medici e infermieri che fanno funzionare l’ospedale da campo italiano. Qualche polemica li ha investiti, perché i misuratini vorrebbero che i nostri camici bianchi assistessero anche i loro soldati feriti negli scontri a Sirte, un po’ come accadeva nel 2016 durante la battaglia contro l’Isis. Ma le condizioni stavolta sono diverse, c’è la necessità di restare neutrali.
5 Perché per la Libia è importante il vertice Putin-Erdogan, in agenda a Istanbul?
Se in Siria i russi e i turchi hanno trovato un accordo, in Libia ora si trovano su fronti contrapposti. Putin ha sempre sostenuto la Cirenaica del generale Haftar: a novembre, il New York Times ha rivelato la presenza di 200 mercenari di Wagner, una società russa che s’occupa di sicurezza. Erdogan ha da poco sposato la causa del governo di Tripoli, dando l’ok a un primo contingente di mille uomini. Tre giorni dopo l’inizio dell’assedio della capitale, lo scorso aprile, Mosca ha bloccato una risoluzione delle Nazioni unite che chiedeva a Haftar di fermarsi.