Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  gennaio 08 Mercoledì calendario

Il flop della Lotteria Italia

ROMA – Mannaggia il “delay”. Tutti lì con gli occhi appiccicati al televisore a transistor ad aspettare l’estrazione della Lotteria Italia, i boomers : questa mi sa che è la volta buona, magari stavolta si cambia vita davvero… Poi è arrivato il delay, la percezione del troppo tempo da aspettare tra quando giochi e quando scopri se hai vinto – che sciagura, nell’epoca digitale del clicca e via! – e “La regina delle lotterie” ha perso corona e scettro. Trenta milioni di biglietti venduti negli anni Novanta, 6,7 milioni quest’anno. Undici anni fa, nel 2008, erano ancora 18,5 milioni; poi addio, le vendite sono crollate del tutto. «Questo è il tempo dell’immediatezza nello scoprire la vincita – spiega il Monopolio, il grande biscazziere di tutti i giochi a soldi con cui l’erario incassa nove miliardi l’anno – per questo la lotteria, che gioco forza ha un delay di due o tre mesi tra l’acquisto e l’estrazione, non piace più». La crisi è inarrestabile: il mordi e fuggi del “Gratta e vinci” e del “10eLotto”, il tutto e subito delle slot machine e delle scommesse si sono portati via il banco. Erano dozzine, le lotterie nei tempi d’oro: macché, tutto finito. La lotteria di Viareggio e quella di Agnano, quella del Giro d’Italia, del gran premio di Monza o del Carnevale di Viareggio si sono spente una ad una come le lucciole nei prati. L’ultima se n’è andata via un paio d’anni fa: si chiamava lotteria Braille, il lumino s’è spento dal 2018 per «anti economicità, la raccolta non bastava neanche a pagare i premi promessi». «La chiusura della vendita dei biglietti in coincidenza con le festività di fine anno, con estrazione il giorno dell’Epifania, fa sì che per la lotteria Italia ogni anno il numero dei biglietti venduti si aggiri intorno ai 25-30 milioni», spiegava un vecchio libro autoprodotto dai Monopoli negli anni Novanta. Invece, sebbene dal decreto Dignità in poi sia rimasto l’unico gioco a premi di cui sia lecito fare pubblicità – e l’unico direttamente gestito dallo Stato – quest’anno ha venduto mezzo milione di biglietti meno della lotteria di Viareggio del 1990. Davanti alla tv – con Amadeus nella parte del mattatore abbinato che per dieci volte fu di Raffaella Carrà, per nove di Pippo Baudo e per otto di Antonella Clerici – c’erano 5,7 milioni di spettatori, e chissà se pure lo sconosciuto fortunello era lì: si porterà a casa cinque milioni per il tagliandino comprato in una tabaccheria di via San Donato a Torino. E forse c’era anche chi ha vinto coi tre biglietti comprati a Ferno, 7mila anime in provincia di Varese: premi da 20mila euro l’uno, numeri di serie contigui P474343, P474346 e P474348. Una sequenza incredibile anche se a Ferno c’è il terminal 1 dell’aeroporto di Malpensa. Il bottino totale – 5 superpremi, 20 di II categoria da 100mila euro, 180 di III da 20mila euro più i 75 premi da 10mila euro quotidiani vinti dal 30 settembre con la trasmissione abbinata “Soliti Ignoti” – da pagare con un incasso di 33.586.345 euro, il più basso in una lunga storia iniziata nel 1956. Lo Stato paga in premi 16,85 milioni, e ne trattiene per sé come utili il 30%: una decina di milioni. Un’inezia, nell’oceano di banconote che incassa con gli altri giochi in concessione: dieci miliardi l’anno, su cento giocati. Cinque solo da quei tritasogni legalizzati delle slot machine: quasi due Lotterie Italia al giorno.