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 2020  gennaio 07 Martedì calendario

Sui giovani Usa lo spettro della leva obbligatoria

Il panico per una possibile guerra non preoccupa solo gli iraniani. Negli Usa è scoppiata la febbre del #WWIII, l’hashtag sotto il quale i giovani in età militare discutono con terrore l’ipotesi del ritorno della leva obbligatoria, e la possibilità di essere chiamati a combattere nel caso dello scoppio della terza guerra mondiale.
Alle 10:30 di ieri mattina si contavano già centinaia di migliaia di tweets, più di mezzo milione erano i messaggi su Instagram, e quasi un milione le visualizzazioni su Tok Tok. La leva è stata abolita negli Stati Uniti alla fine della guerra in Vietnam, seppellita dal mare delle proteste popolari, e dalla manifesta indisponibilità dei giovani a farsi reclutare per una missione rischiosa e poco condivisa sotto il profilo ideologico. Lo stesso attuale presidente l’aveva personalmente evitata negli ultimi anni del conflitto, con un certificato medico che lo dichiarava affetto da una crescita irregolare delle ossa del piede che gli impedivano di indossare gli scarponi militari. Da allora l’esercito degli Stati Uniti è fatto di soli volontari. I coloriti baracchini per il reclutamento sono sparsi un po’ dappertutto nel paese (ce n’è uno anche in Times Square al centro del distretto dei teatri a Manhattan), ma la topografia dei cadetti mostra un immagine molto più settaria e crudele della composizione dell’esercito. La mappa del reclutamento coincide con quella della povertà negli Stati Uniti, dove l’impiego nell’esercito è spesso l’unica garanzia di una paga stabile. 
L’ESERCITO DEGLI INDIGENTI
Questo bacino dell’indigenza fornisce agli Usa un contingente di 1,3 milioni di soldati distribuiti tra le quattro divisioni delle Forze armate, ai quali si aggiungono in caso di necessità 800.000 riservisti, impiegati più spesso in operazioni di soccorso civile. Nel primo gruppo c’è un 14% di donne, la cui presenza sale al 23% nel secondo. Al momento circa 200.00 dei marines in servizio sono dislocati all’estero, lo stesso numero impiegato durante la presidenza di Barack Obama. Donald Trump aveva promesso di ridurre drasticamente l’esposizione sui fronti fuori dal paese, ma in realtà i soldati sono stati spostati da una zona all’altra, senza alterare la somma algebrica.
Al compimento del diciottesimo compleanno, ogni maschio riceve una lettera dal dipartimento della Difesa che gli chiede di confermare i suoi dati, per i soli fini dell’anagrafe militare, anche se ormai tutti i corpi delle forze armate sono aperti alle donne. Ma le immagini che vengono filmate in questi giorni a Fort Bragg in Nord Carolina mostrano quasi sempre file di giovanissimi maschi che si apprestano a partire per le basi statunitensi in Kuwait, dalle quali saranno smistati a seconda della necessità. Il numero dei soldati in partenza supera di poco i 3.000, ma l’effetto sul resto della popolazione maschile, e soprattutto sulle loro mamme, è poderoso. 

PAURA E BATTUTE
Gli ultimi sedici anni di guerre sparse nel mondo ed «inutili», nella definizione dello stesso Trump, si sono lasciati dietro uno strascico di disillusione e di vera paura che in questi giorni trova sfogo nell’ironia auto dissacrante del web: da un giocatore di basket che dice di essere stato arruolato dai marine, prima gara a Teheran, al giovane che corre verso il riparo della frontiera canadese gridando: «Let me in!», fatemi entrare!