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 2020  gennaio 05 Domenica calendario

1. IRAK, CERCASI MINISTRO DEGLI ESTERI - ANNUNZIATA RISPEDIREBBE DI MAIO A VENDERE BIBITE AL SAN PAOLO E GIGINO REPLICA INFILZANDO IL CAMALECONTE, CARO AI TWEET DI TRUMP 2. LUCIA: “SE QUESTO FOSSE UN PAESE NORMALE, E IL NOSTRO FOSSE UN GOVERNO EFFICIENTE, E I CAPI DEI PARTITI FOSSERO RESPONSABILI, OGGI NOI DISCUTEREMMO DELLE POSSIBILI DIMISSIONI DEL MINISTRO DEGLI ESTERI LUIGI DI MAIO” – GIGINO REPLICA SUL BLOG DELLE STELLE: “IL PRIMO ED UNICO MESSAGGIO SUL RAID USA È GIUNTO IL 3 GENNAIO DAL MINISTRO LUIGI DI MAIO E DA NESSUN ALTRO ESPONENTE DI GOVERNO…” (CAPITO 'GIUSEPPI' CONTE?)

Lucia Annunziata per www.huffingtonpost.it Se questo fosse un Paese normale, e il nostro fosse un Governo efficiente, e i capi dei partiti fossero responsabili, come pure ripetono di essere, oggi noi discuteremmo delle possibili dimissioni del ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Questione non di punizione, per carità, ma di opportunità e sicurezza.

Il segretario di Stato Mike Pompeo, poche ore dopo l’assassinio del generale Qassam Soleimani, ha parlato, per spiegare le ragioni americane, con i ministri degli Esteri di diversi paesi alleati, europei inclusi. Ma ha escluso l’Italia. Un’omissione che nelle drammatiche circostanze di queste ore appare come una scelta gravissima, qualcosa che somiglia a un incidente politico. O no? La versione che informalmente arriva dalla Farnesina è che Pompeo ha chiamato i paesi con una rappresentanza nel Consiglio di sicurezza dell’Onu, ma rimane comunque inspiegabile perché un alleato dell’importanza dell’Italia non sia stato contattato neanche informalmente - neanche Palazzo Chigi - né sia stato considerato nelle ore e nel giorno successivo.

Qui le domande diventano tante. Come mai non siamo entrati nella lista di Pompeo? Certo non sarà un svista – queste telefonate sono accuratamente preparate, persino nell’ordine in cui vengono fatte. Se non è una svista, sarà frutto di un incidente diplomatico occorso con gli Usa, di cui non sappiamo molto? In un caso del genere avremmo comunque avuto almeno un segnale dagli Usa. Né può essere stata una scelta di campo della Washington di Trump contro un Governo che considera non simpatizzante, visto che questo è il Governo sdoganato questa estate proprio da un caloroso tweet del presidente Trump in cui lodava “Giuseppi”.

Domande tante e non una risposta è arrivata da una classe politica rimasta in un silenzio quasi totale. Salvo una breve comunicazione del ministro della Difesa Lorenzo Guerini sul fatto che per i nostri soldati all’estero “sono state innalzate le misure di sicurezza”. C’è poi un appello attribuito da fonti di Palazzo Chigi al Premier Giuseppe Conte “alla moderazione, al dialogo, al senso di responsabilità  delle parti”, e un identico appello “al dialogo e alla responsabilità” del ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Quest’ultimo, fotografato in attesa di un volo per tornare in Italia, ma non preoccupatevi, non ha rotto le regole M5S perché ha preso un volo di linea. L’universo politico che ci informa con interviste permanenti, nelle ultime 24 ore non ha trovato il tempo o le idee per dire qualcosa di meglio agli Italiani, non fosse altro per rassicurarli.

È questo dunque, davvero, il punto in cui siamo? Siamo stati esclusi dalle consultazione di Washington alla vigilia di una nuova fase drammatica in Medio Oriente, dove abbiamo qualche migliaia di uomini e dove abbiamo contato non pochi morti, e dobbiamo accettare di non sapere come intendiamo muoverci? Dobbiamo accettare che gli interessi che abbiamo in Iran siano una tomba anche della nostra inquietudine? O più semplicemente dobbiamo immaginare come inevitabile che saremo parte di questo conflitto senza che nessuno ci spieghi esattamente nemmeno quali sono le forze in campo, qual è la differenza fra sciiti e sunniti, e fra sciiti e sciiti, fra interessi da una parte o dall’altra?

Certo in tutto questo non c’è una colpa del ministro Di Maio. Abbiamo un problema di irrilevanza del paese che risale nel tempo di almeno un paio di decenni, mentre il ministro è entrato in carica solo a settembre, e gli Esteri non sono davvero il suo mestiere. Ma non si può nemmeno accettare che un ministro di primissimo piano, nonché capo politico di uno dei due maggiori partiti di governo, non assuma la responsabilità piena del suo incarico. 

L’esclusione di Pompeo è uno smacco per il nostro paese, ci piaccia o meno. È il risultato, uno dei tanti, dell’instabilità e della inaffidabilità che ha contraddistinto il nostro ultimo anno e mezzo di due governi. Ma Luigi Di Maio, a sua volta, in questi suoi primi tre mesi di incarico non può vantare grandi contributi.

L’Italia ha dato segnali di recupero in Europa, ma il dossier europeo è fuori dalle mani se non della Farnesina, certo del ministro, gestito com’è nei fatti da una sorta di Troika Italiana, composta da Paolo Gentiloni, Roberto Gualtieri e David Sassoli.

Il rapporto con l’America di Trump è passato nelle mani di Palazzo Chigi e del Quirinale. Per quel che riguarda gli Stati Uniti, i primi due viaggi di Di Maio, uno a novembre del 2017 appena nominato capo politico e l’altro a marzo del 2019, si sono distinti soprattutto per la mancanza di incontri rilevanti. Solo al seguito della visita del presidente Mattarella, nell’ottobre scorso, è riuscito a entrare alla Casa Bianca.  

Sulla Cina ricordiamo, a parte le gaffe, che il tema più divisivo, Huawei e il 5G, non è nelle mani di Di Maio, ma di Palazzo Chigi e dei Servizi. Della Libia meglio non parlare. Nel carniere del ministro degli Esteri, dunque, non ci sono grandi successi, e in un paese in cui la collocazione nei confronti degli Usa è stata alle radici di fortune e sfortune di politici, dalla caduta di Giulio Andreotti a quella di Bettino Craxi, un bilancio del genere avrebbe costituito una volta un epitaffio su una carriera.

È inutile girarci intorno. Il capo politico dei 5 stelle non è preparato per la Farnesina che, del resto, come ben si sa, è stata chiesta per lui dal Movimento 5 stelle per “rafforzare” il suo ruolo politico. La politica estera è una specializzazione e Di Maio non ha avuto né il tempo, né forse la vocazione, per specializzarsi. In politica, l’uomo sa fare bene quello che serve al suo partito. Impara presto e sa combattere. Non a caso il suo ruolo più rilevante è quello di capo politico M5S.  E infatti è il lavoro a cui si dedica indefessamente: oggi si è visto con Nicola Zingaretti per decidere sulla verifica di governo, e martedì affronterà la questione delle espulsioni dal Movimento.

Ma, e questa è la domanda, in tempi che ogni giorno diventano sempre più complicati e difficili, con altre guerre all’orizzonte, ci possiamo permettere di tenere alla Farnesina un uomo che non è tagliato, né formato, per quell’incarico, e soprattutto che non lo esercita a tempo pieno? La risposta la conosciamo: nessun ministro si può toccare in questo Governo, meno di tutti Di Maio, pena una crisi interna.

Ma speriamo che nel suo cuore il Governo sappia la verità: che mettere le ragioni interne di un Governo davanti alla responsabilità di come viene condotta la Farnesina in epoca di scontri internazionali costituisce un grave errore politico.

2 – CERCASI GIORNALISTA Da www.ilblogdellestelle.it

Potrebbe cominciare con la parafrasi del suo stesso fondo, giusto per riordinare le idee a chi da tempi non sospetti mostra di confondere l’arroganza con l’intelligenza, la presunzione con la sapienza. E allora cominciamo così, cominciamo dal titolo: cercasi Lucia Annunziata. Perchè non più di 24 ore fa, proprio la direttrice di Huffington Post ha pubblicato un articolo sul suo blog dal titolo “Cercasi ministro degli Esteri a tempo pieno” nel quale, piuttosto goffamente, responsabilizza di ogni colpa mondiale Luigi Di Maio, sottolineando però al contempo che di colpe il ministro degli Esteri in fondo non ne ha poi molte. Un modo straordinariamente articolato per giungere alla banale conclusione che il ministro Di Maio non è in grado di svolgere il ruolo che ricopre alla Farnesina.

Per carità, opinione personalissima di Lucia Annunziata. La rispettiamo come tale. E oggi, mai ci saremmo ritrovati a scrivere se non fosse stato per la scivolosa ambizione della giornalista a spiegare agli altri ciò che lei stessa purtroppo ancora non ha capito. Tutto il suo editoriale contro Luigi Di Maio si regge infatti su una domanda amletica e da un milione di dollari: perché il segretario di Stato Mike Pompeo subito dopo il raid Usa in Iraq ha informato Francia, Regno Unito, Cina, Russia, Germania e non ha chiamato anche l’Italia?

Perché Mike Pompeo ha dunque avvisato mezzo mondo e mezza Europa e non ha fatto un colpo di telefono al nostro Paese? “Ci piaccia o meno per noi è uno smacco”; ha accuratamente scritto Lucia Annunziata nel suo fondo; domandandosi, ancora: “Come mai non siamo nella lista di Pompeo? Non può essere una svista, quelle sono telefonate preparate. Un incidente diplomatico? Avrà chiamato Chigi? Il Quirinale?”.

Bene. Lungi da noi voler sentenziare la libera opinione di una professionista, ma ci rincresce doverle rimproverare stavolta di aver fatto il passo più lungo della gamba. Ci rincresce ricordarle – malgrado il suo passato da corrispondente – anche le basi della più elementare politica internazionale, dei protocolli, delle liturgie e della forma.

Il segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, non ha informato mezzo mondo e mezza Europa tranne l’Italia. Il segretario di Stato americano ha informato in prima battuta i Paesi del P5+1. Appunto: i 5 membri permanenti del Consiglio di Sicurezza Onu (vale a dire Cina, Francia, Russia, Regno Unito; più la Germania, che per il biennio 2019/2020 è anche membro non permanente del Consiglio). Gli stessi Paesi che il 14 luglio 2015 a Vienna raggiunsero l’accordo sul nucleare iraniano, poi sfumato.

Allora, a guidare la diplomazia italiana non c’era Luigi Di Maio, bensì l’ex ministro Paolo Gentiloni che, a parere di Lucia Annunziata, formidabile giornalista che si distingue per non dire niente di intelligente ma per dirlo bene, insieme a “Roberto Gualtieri e David Sassoli” oggi avrebbe sottratto il dossier europeo dalle mani di Di Maio dando finalmente “segnali di recupero” dell’Italia in Europa.

Sia chiaro, questo non vuole, neppure indirettamente, apparire come un processo all’attuale commissario per gli Affari Economici e Monetari dell’Ue, che il governo sostiene con convinzione. Al contrario, tutto ciò mette perfettamente a nudo lo stato confusionale di una giornalista che ha evidentemente perduto il senso analitico della storia, sopraffatta dal pregiudizio e da una ingiustificata supremazia morale.

Preferiamo invece non commentare “le possibilità” elencate dalla Annunziata circa l’ipotesi che Mike Pompeo abbia potuto informare Palazzo Chigi o il Quirinale, perché anche un praticante è a conoscenza del fatto che esiste una silenziosa grammatica istituzionale secondo cui un segretario di Stato o un ministro non interloquiscono (quasi) mai direttamente con un presidente eletto di un Paese estero.

Nondimeno, a Lucia Annunziata sarebbe bastato alzare la cornetta del telefono per verificare di persona la notizia. Non lo ha fatto, auguri. Come non ha verificato neanche la sequenza delle agenzie battute nelle ultime 48 ore, visto che il primo ed unico messaggio sul raid Usa è giunto il 3 gennaio dal ministro Luigi Di Maio e da nessun altro esponente di governo.

Quanto alle presunte “rassicurazioni” a cui allude sempre Lucia Annunziata e che Di Maio avrebbe dovuto fornire agli italiani, siamo fortunatamente ben lontani, noi, da confondere il servizio per il Paese con la propaganda. In un quadro del genere non ci sono molte rassicurazioni da fare. La storia ci ha insegnato che l’uso della forza ha sempre finito per alimentare la minaccia terroristica e ulteriori flussi migratori, come ha ribadito lo stesso Luigi Di Maio nella sua nota stampa.

Non starà a noi giudicare se il nostro capo politico è preparato a ricoprire l’incarico di titolare della Farnesina. Lo ammettiamo, saremmo di parte. Spetterà ai cittadini trarre le conclusioni opportune, sulla preparazione di Luigi Di Maio e, adesso, anche su quella di Lucia Annunziata.