Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  gennaio 06 Lunedì calendario

La old economy è la vera regina di Wall Street

«Faang» è un acronimo orribile, ma racchiude il formidabile successo di Facebook, Apple, Amazon, Netflix e Google. Soprattutto in termini borsistici. Loro sono le regine di Wall Street. O, almeno, le punte di diamante costantemente sotto i riflettori dei media perché ritenute un modello vincente di business. Eppure, se si gratta un po’ sotto la superficie è possibile fare scoperte interessanti. Su tutte, una: quasi defilate, qualcuna con venature da old economy, altre che hanno combinato in una miscela sapiente vecchio e nuovo, esistono aziende che nell’ultimo decennio hanno dato agli azionisti soddisfazioni maggiori rispetto alle big four (Netflix è infatti fuori concorso, avendo guadagnato il 4.000%). E, soprattutto, piatti ricchissimi senza appartenere alla miniera d’oro dell’high tech.
Il periodo messo sotto la lente da S&P Global Market Intelligence abbraccia l’arco temporale che parte dalle rovine lasciate dalla crisi dei mutui subprime e arriva fino all’era Trump, quella scandita dall’abbattimento delle aliquote fiscale, dalla parziale deregolamentazione finanziaria, dalla guerra dei dazi con la Cina e dai continui record del mercato azionario Usa. Dieci anni di ceneri e rinascite, durante i quali i guadagni spesso a doppia cifra dello Standard&Poor’s 500 sono stati letteralmente surclassati da chi ha saputo capire in quale direzione tirava il vento degli affari. United Rentals, la più grande società mondiale di noleggio di attrezzature, ha per esempio saputo sfruttare non solo la ciclicità del proprio business ma anche adottare soluzioni tecnologiche per i prezzi, la logistica e l’efficienza nel caricamento e nella pianificazione di camion. Il risultato? Una spinta all’innovazione, in un settore maturo, premiata dagli investitori con un incremento di valore del titolo del 1.600% (dato al 20 dicembre scorso). Di tutto rispetto anche il +1.000% realizzato da O’Reilly Automotive, un rivenditore di ricambi per auto che è riuscito a respingere perfino la minaccia online di Amazon puntando sulla fidelizzazione del cliente attraverso un customer care efficiente e sull’allargamento dei punti vendita. E se MarketAxess Holdings ha saputo far leva sul controllo di circa l’85% del mercato del credito Usa negoziato elettronicamente per ottenere un +3.000% di rendimento, certo non può lamentarsi anche chi ha puntato sul biotech. Il produttore di apparecchiature cardiache Abiomed è cresciuto del 1.765%, ma ancora più sorprendente è il rialzo pari al 1.431% messo a segno Align Technology, (+1.431%), un produttore di scanner digitali 3D e di bite usati in ortodonzia. Inoltre, per quanto il colosso di Jeff Bezos abbia quasi sterminato i venditori al dettaglio, c’è anche chi sopravvive. E bene. Come Ross Stores (+1.095%), che ha scommesso su linee di abbigliamento low cost difficili da replicare in rete; o come Ulta Beauty (+1.294%), negozi di bellezza in passato dall’aspetto un po’ polveroso poi trasformati in ambienti raffinati.
Storie vincenti, insomma. Ma il successo non è per sempre. La concorrenza è là fuori. Pronta a sbranarti.