Conoscevi già Amadeus?
«Mai visto prima. Super gentile, mi è piaciuto molto e gli auguro grande successo, nonostante quel che è accaduto, perché l’ho trovato sinceramente impegnato a mettere al centro del palco dell’Ariston, oltre alle canzoni, anche una questione drammatica come la violenza sulle donne. Gli ho raccontato del mio viaggio in Arabia Saudita dove ho incontrato Loujain Alhathloul, stuprata perché rivendicava il suo diritto di voto e di guidare l’automobile. Gli ho parlato della mia amica yazida Nadia Murad, premio Nobel, coinvolta insieme a me dal presidente francese Macron in un Comitato per l’uguaglianza.
Abbiamo progettato di coinvolgere Michelle Obama o in alternativa Oprah Winfrey per parlare di questi temi…».
E lui non si è spaventato?
«Al contrario. Era entusiasta, mi ha incoraggiato, felice di portare a Sanremo queste donne meravigliose. Con lo staff della direzione artistica ho cominciato a raccogliere i dati Onu e a preparare il monologo che avrei dovuto presentare nella serata inaugurale. Ho disdetto altri impegni e mi sono messa a lavorare sodo».
Ne hai parlato anche con la direttrice di Rai 1, Teresa De Santis?
«No. Ho capito che insorgevano delle difficoltà quando l’Ufficio scritture della Rai ha iniziato a tergiversare sul contratto e a rinviare le prenotazioni dei voli. Ma la direzione artistica mi tranquillizzava, andiamo avanti!».
Ed ecco che la notizia della tua partecipazione a Sanremo viene anticipata da Dagospia.
«Già. Sarebbe interessante sapere da dove gli è arrivata la notizia, con timing perfetto. Spiegherebbe tutto quel che è successo dopo. Gli attacchi, le insinuazioni, l’accusa di essere niente meno che una persona che odia e denigra il paese di cui sono cittadina. Mentre Sanremo sarebbe stata un’occasione ideale di apertura al mondo su tematiche che non sono né di destra né di sinistra».
Quando è arrivato il no definitivo della Rai?
«Sabato scorso mi hanno telefonato pregandomi di fare io il passo, di rinunciare spontaneamente. Mi sono rifiutata. Gli ho mandato un messaggio scritto: se volete censurarmi dovete essere voi ad assumervene la responsabilità. Ma, voglio ripeterlo, Amadeus non ha nessuna colpa. Mi auguro che riesca a portare avanti il suo bellissimo progetto».
Come ti spieghi la campagna ostile di cui sei stata oggetto?
«Evidentemente qualcuno si è spaventato che venisse offerta una ribalta a italiani nuovi, a persone diverse come me che appartengono a un’Italia inclusiva, tollerante, aperta al mondo, impegnata in missioni di dialogo e di pace».
Dipenderà dal fatto che sei araba, che hai la pelle scura? Ricordo quando il ministro Calderoli ti apostrofò come “signora abbronzata dal nome impronunciabile”. E l’anno scorso Salvini protestò contro il voto della giuria in favore di Mahmood.
«Salvini? Non so, non posso dirlo, sono sotto choc. Certo in Rai c’è un brutto clima e gli attacchi sono partiti da persone a lui vicine. Trasmettono un’immagine chiusa, vecchia dell’Italia. Cosa vuol dire essere italiani? Avere tutti la pelle dello stesso colore e le stesse idee? L’Italia che noi sogniamo per i nostri figli è un paese collegato al resto del mondo. È un’Italia in cui c’è posto per Salvini ma anche per Liliana Segre e, se permettete, per Rula Jebreal. Io ho solidarizzato con Giorgia Meloni quando ha subito insulti misogini. Non vorrei che donne prestigiose e testimoni di violenza si sentissero allontanate dalle nostre manifestazioni più importanti. Mia madre si è suicidata dopo aver subito uno stupro. Penso sempre a lei quando visito i paesi in guerra. Sono stata la prima donna inviata dal New York Times in Siria dopo lo scoppio del conflitto».
So che collabori a testate giornalistiche importanti, che hai lavorato alla Cnn e ora alla Msnbc. Credo però che qui da noi ti vengano addebitati come una colpa il profilo glamour, la frequentazione del jet set.
«Chiedo solo di essere giudicata per il mio lavoro, è troppo? All’Università Americana di Roma per nove mesi ho seguito la borsa di studio assegnata a cinque giovani siriane vittime di guerra. All’Università di Miami ho l’incarico per un Phd intitolato “Persuasione, propaganda genocidio”. È vero. In Italia ho avuto una figlia da un artista bolognese. Poi c’è stata la relazione con il regista Julian Schnabel e ho sposato il banchiere Arthur Altschul, tra parentesi, entrambi ebrei. Ma non mi sono mai rilassata, ho continuato a impegnarmi nel lavoro».
A proposito. Ricordo la tua partecipazione alle mie trasmissioni con Amos Oz e David Grossman. Come definiresti il tuo rapporto di donna araba con Israele?
«Ma io amo Israele, esattamente come loro! Vado a votare, credo in un Israele multiculturale, anche arabo, perché la democrazia è fatta di diversità. Sono cresciuta leggendo Haaretz, critico le politiche governative esattamente come i miei illustri concittadini che hai citato».
E di fronte all’accusa di denigrare l’Italia, descrivendola come un paese razzista, cosa rispondi?
«Resto allibita. Sono grata all’Italia, e dopo quel che è successo intensificherò le mie presenze qui, non solo per venire a trovare mia figlia. Impegnarsi contro la xenofobia e la violenza sulle donne non deve essere né di destra né di sinistra. Se qualcosa devo rimproverarmi, è di non avere spiegato meglio quel che stavo facendo all’estero anche per onorare la mia cittadinanza italiana».
Niente Sanremo. Ti aspettano altri impegni?
«Ero in vacanza. Ma oggi volo a New York perché Msnbc vuole che partecipi alle sue trasmissioni sulla crisi Usa-Iran. Con i miei migliori auguri a Amadeus».