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 2020  gennaio 06 Lunedì calendario

Economisti si diventa (in una stanza d’albergo)

Fuori ci sono le palme, l’eterna primavera della California, le onde nella spiaggia di Coronado, una delle più’ famose di San Diego. Ma dentro lo sterminato hotel Marriott Marina il mondo esterno non entra, per tre giorni la metaforica torre d’avorio dalla quale gli economisti osservano il mondo diventa realtà. E, come ogni anno, in quella torre d’avorio si decidono destini e carriere nella versione accademica di una fiera campionaria. Gli aspiranti economisti li riconosci in coda all’ascensore: sono tesi e silenziosi, dopo quattro o cinque anni di dottorato i ragazzi si sono comprati una cravatta, le donne un tailleur, almeno per un giorno sono costretti a indossarli. L’accademia americana e i dipartimenti di economia in particolare hanno un loro codice di abbigliamento: le grisaglie sono bandite, prevalgono t-shirt o al massimo camiciole, più un professore e’ importante, meno deve sembrarlo. Premi Nobel come Richard Thaler, a Chicago, indossano soltanto jeans e felpe con la zip. Ma una volta all’anno, alla convention dell’American Economic Association, quella patina di egualitarismo svanisce, gerarchi e potere si palesano nel modo più’ tradizionale. C’è’ chi decide e chi aspetta le decisioni altrui.
Gianluca Russo, 30 anni, di Ostia, una laurea a Tor Vergata e un dottorato ormai concluso alla Boston University, e’ uno dei giovani economisti in fila all’ascensore. Ha passato gli ultimi mesi a mandare candidature a tutti i principali dipartimenti di economia delle universita’ di tutto il mondo: 250 candidature. Dopo aver partecipato al job market delle universita’ europee a novembre a Rotterdam, a San Diego gli toccano le interviste con quelle che hanno risposto, più alcune delle grandi società’ di consulenza economica che negli Stati Uniti si contendono gli studenti di dottorato, cui promettono stipendi allettanti, oltre 200.000 dollari per cominciare, nel tentativo di strapparli al prestigio dell’accademia. “Mi sono preparato abbastanza? Ho fatto tutto quello potevo?”, si chiede mentre aspetta l’ascensore che lo porterà’ alle interviste, circondato da una schiera di cinesi, concorrenti temuti perché fortissimi nelle competenze matematiche che sono al cuore della ricerca economica. Chi passa il primo colloquio, dovrà’ poi affrontare un’altra prova: il flyout, cioè un’altra intervista con l’intero dipartimento da cui vorrebbe essere assunto, presso la sede dell’università. I migliori diventeranno assistant professor.
La competizione tra economisti e’ diventata spietata: dopo la laurea, negli Stati Uniti il dottorato prevede due anni di esami, poi almeno altri due di ricerca. I professori consigliano spesso agli studenti di prendersene almeno uno extra, per arrivare sul “mercato” con lavori più’ completi da proporre ed essere dunque più’ competitivi. A differenza che per i laureati, contano solo le pubblicazioni, non il tempo impiegato per concludere il dottorato. Per mesi o anni i giovani economisti compiono un estenuante pellegrinaggio intellettuale tra seminari e conferenze, da un’università’ all’altra. Presentano il loro progetto, lo affinano, recepiscono obiezioni, aggiustano la metodologia in base alle critiche. L’obiettivo e’ arrivare a San Diego con un lavoro inattaccabile. Gianluca Russo, per esempio, ha studiato come la diffusione della radio negli Stati Uniti ha condizionato la scelta dei nomi che le famiglie assegnano ai figli, a dimostrazione della capacità pervasive dei mass media di condizionare perfino i comportamenti più privati degli utenti ben prima dei social network. Anni di lavoro vanno condensati in una presentazione di dieci-quindici minuti, senza neanche le slide che di solito accompagnano gli accademici in ogni intervento pubblico.
Tradizione e logistica impongono che i colloqui di lavoro si tengano nelle stanze di albergo: e’ l’unico modo per consentire alle università’ di testare decine di candidati in tre giorni e a questi ultimi di passare da un potenziale datore di lavoro all’altro in pochi minuti. E neppure strutture enormi come il Marriott di San Diego hanno abbastanza sale riunioni per ospitare centinaia di università e migliaia di candidati. C’è chi trova gradevole il clima informale che si crea, con intervistatori e intervistati che si siedono sul letto o si fanno spazio tra sedie e comodini. Altri trovano l’esperienza sgradevole perche’ costringe a un grado di intimità’ molto superiore a quello dei normali colloqui di lavoro. Specie per le donne, non e’ piacevole trovarsi chiuse in una stanza d’albergo con esaminatori uomini in una posizione di potere.
Nella stagione del MeToo, anche in un ambiente molto maschile e maschilista come quello degli economisti comincia a diffondersi – lentamente – una sensibilità’ per le questioni di genere Jennifer Doleac, economista della Texas A&M University, ha usato il seguitissimo hashtag #econtwitter per dare visibilità’ ai paper delle candidate donne, in vista della convention di San Diego: tutta la (ancora poca) ricerca in material dimostra che le aspiranti economiste donne vengono penalizzate durante gli anni del dottorato, con più critiche e domande ostili ai seminari rispetto ai colleghi uomini, nelle interviste per trovare lavoro e nella pubblicazione degli articoli sulle riviste accademiche. Ma almeno sugli aspetti cosmetici che non intaccano le gerarchie l’American Economic Association si dimostra molto progressista: e’ possibile integrare il badge dell’evento con la bandiera arcobaleno dei diritti LGBT o con il pronome di riferimento (qualcuno che per l’anagrafe e’ uomo, può preferire l’uso di “lei/sua” per indicare un’identità di genere femminile, prassi ormai diffusa nel mondo del lavoro Usa).
Non tutti a San Diego cercano lavoro. L’evento annuale dell’associazione raccoglie 13.000 partecipanti, 3000 economisti presentano i propri paper più’ recenti in oltre 550 eventi, spesso in contemporanea. È l’occasione per capire in che direzione si muove l’accademia. Il pranzo con i premi Nobel, per esempio, e’ stato dedicato a William Nordhaus (Nobel 2018) e come gli economisti studiano i cambiamenti climatici. La Clark Medal, il prestigioso premio per gli economisti under 40, e’ andato a una donna, Emi Nakamura dell’Università di Berkeley: e’ soltanto la quarta volta nella storia. Qua e là’ si intravedono dibattiti un tempo impensabili: Dani Rodrik di Harvard e Suresh Naidu di Columbia discutono di cosa c’e’ dopo il neoliberismo, Ted Miguel e l’italiano Stefano Della Vigna, entrambi a Berkeley, studiano come gli economisti tendano pubblicare soltanto i risultati che confermano la loro ipotesi di ricerca. I dottorandi che nei tre giorni di San Diego hanno mosso il primo passo nel mondo del lavoro accademico si confronteranno con un ambiente molto diverso da quello in cui hanno fatto carriera i loro professori.