La Stampa, 6 gennaio 2020
Biografia di Bettino Craxi
L’interesse che si è di recente riacceso attorno alla figura di Bettino Craxi (libri, articoli, testimonianze, un film di prossima uscita di cui già si annuncia un largo successo) non si spiega solo con l’avvicinarsi del ventennale della morte, il 19 gennaio 2000 ad Hammamet. La vicenda del leader socialista e la sua tragica conclusione rispecchiano in realtà contraddizioni e anomalie di un sistema politico impegnato da quasi mezzo secolo in una transizione di cui non si vede ancora la fine.
Di questa transizione Bettino Craxi è stato protagonista e insieme vittima. Quando, nel 1976, si affacciò per la prima volta sul proscenio politico nazionale, era per i più un perfetto sconosciuto, leader di una corrente minoritaria (quella degli autonomisti nenniani) di un partito (il Psi) anch’esso ridotto ai minimi termini col suo 9.6%. La sua ascesa alla segreteria fu vista come una soluzione provvisoria, un compromesso fra le due correnti maggiori (lombardiani e demartiniani). Nel giro di pochi anni, Craxi mostrò di che pasta era fatto. Sbaragliò con alcune mosse azzeccate i suoi rivali interni, lanciò una dura battaglia ideologica contro il Pci e contro la cultura comunista, si confrontò da pari a pari con la Dc, partito perno dell’intero sistema politico, sconfisse la Cgl nella battaglia della scala mobile del 1985. Nel 1983 riuscì persino a sfruttare la debolezza dei suoi alleati per conquistare la guida del governo; e la tenne per quasi quattro anni con notevole grinta e con efficienza non comune, grazie anche alla ripresa economica dei ruggenti anni ’80, non sfruttata peraltro per avviare il necessario risanamento dei conti pubblici. Sul piano internazionale si fece valere al cospetto dei grandi della terra, sfidando addirittura la superpotenza americana nel duro confronto di Sigonella.
A questa combinazione di successi mancava però un ingrediente, indispensabile in democrazia: i voti non arrivavano, o arrivavano col contagocce (il picco fu il 14.3% dell’87), in misura comunque non proporzionata alle ambizioni del leader, costretto a puntare tutto sulla posizione strategica del Psi, tassello indispensabile di ogni possibile maggioranza parlamentare (visto che, dopo la parentesi della solidarietà nazionale, il Pci era stato rigettato entro il recinto del «fattore K»). Craxi poteva anche far sfoggio di decisionismo, sfidando la satira dei vignettisti che lo dipingevano con indosso gli stivali del duce. Ma non poteva ignorare i dati di fatto: nei suoi ultimi governi, i dicasteri di maggior peso erano occupati da personaggi come Andreotti, Scalfaro e Visentini; e in Europa i suoi omologhi si chiamavano Thatcher, Mitterrand e Kohl, tutti con alle spalle partiti forti e solide maggioranze.
L’occasione per uscire dall’impasse si presentò nell’89 con la caduta del muro e la crisi dei partiti comunisti, compreso quello italiano. Craxi avrebbe potuto porsi alla testa dei novatori e cavalcare l’ondata referendaria. Non lo fece per almeno tre ragioni: l’irriducibile ostilità maturata nei suoi confronti dall’intellettualità di sinistra, che per anni lo aveva dipinto come una minaccia per la democrazia e per la pubblica moralità; la sua riluttanza ad abbandonare quella posizione arbitrale da cui aveva tratto larghi profitti politici; la radicata diffidenza nei confronti dell’ingegneria istituzionale. Il famoso invito agli elettori ad «andare al mare» nel giorno del referendum sulla preferenza unica (giugno ’91) non fu solo una (disastrosa) trovata tattica. Fu anche l’espressione di una convinzione non episodica. La verità è che Craxi era, e sempre sarebbe stato, un uomo della prima repubblica. Amava la repubblica dei partiti, la proporzionale, i congressi, le campagne elettorali, le manovre parlamentari. Non amava le teorie dei politologi e la democrazia referendaria e temeva, non a torto, le derive della «repubblica giudiziaria», che di lì a poco lo avrebbe abbattuto assieme a buona parte della classe dirigente nazionale. È forse per questo che nei palazzi della politica qualcuno oggi comincia a rimpiangerlo. —