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 2020  gennaio 06 Lunedì calendario

Ha traversato il Canale di Sicilia dalla Tunisia all’Italia su un windsurf a vela

«Ce la farò, finché non vedo la delusione sulle facce di tutti quelli che hanno scommesso sul mio fallimento», dice. Hamza Elawras, 20 anni ( ci aveva provato a far credere di essere minorenne), passeggia a Trapani nella tuta fornitagli dal centro di accoglienza, ma nel suo paese, la Tunisia, è già una star. Il video della sua impresa, la traversata del Canale di Sicilia, 40 miglia da Kelibia a Pantelleria, sulla sua tavola da windsurf sta impazzando sui social. Postato da un amico e rilanciato da tutti i media tunisini, è diventato virale. «Che Dio sia con te nella tua nuova vita», «Le parole di una rivoluzione: Dio ha nuotato in mare con te», «Complimenti per il tuo coraggio, bravo campione, e ora sii felice in Europa», gli scrivono. Niente trafficanti, niente barchini né gommoni, solo la sua fedele tavola a vela, una muta e il cellulare. Tanto coraggio ma anche tanta fortuna per il piccolo campione di surf che ha deciso di diventare migrante mettendo a frutto il suo talento. Ma adesso, denunciato per ingresso illegale in territorio italiano, difficilmente sfuggirà all’inevitabile rimpatrio.. «Amicooo…vado in Italia e adesso sono in mare», urla in arabo a squarciagola Hamza, la maglietta rossa con la bandiera tunisina sulla muta e una bandana in testa, mentre sfreccia sulle onde di un mare non proprio piatto la mattina di Capodanno. Quante ore ci abbia impiegato e come abbia fatto ad attraversare il tratto di mare che separa la Tunisia dalla Sicilia che i migranti affrontano su barchini e pescherecci, non è ancora chiaro. Se davvero è andata come lui ha raccontato ai carabinieri di Pantelleria (che però nutrono qualche dubbio), Hamza Elawras, giovane surfista di Kelibia, ha portato a termine un’impresa sportiva, innanzitutto, ma il cui vero obiettivo è quello di migliaia di giovani tunisini: approdare in Italia e cercare fortuna in Europa. Vela rossa e bianca su una piccola tavola color legno, uno starboard adatto ad affrontare un mare con condizioni meteo impegnative, quel che è certo è che Hamza è arrivato il pomeriggio di Capodanno a Pantelleria. E ha subito girato un video e scattato una serie di selfie da mandare sull’altra sponda dove in tanti, i suoi familiari ma anche i compagni del club sportivo in cui militava, aspettavano con il fiato sospeso notizie della sua traversata. E allora eccolo Hamza, in forma smagliante, appena infreddolito, sorriso a 32 denti, mentre fa il segno di vittoria con le mani o si batte il pugno sul cuore. E poi ancora, tre giorni dopo, nei suoi nuovi panni di migrante, alla stazione di Trapani, in tuta blu. La prova che gli basta a lanciare il guanto di sfida a chi gli aveva dato del matto per quella sua idea di attraversare il Canale di Sicilia con una tavola a vela, sfidando il mare, il vento, ma anche il freddo gelido. In Italia è arrivato solo con il suo surf, niente documenti e – inevitabilmente – per il giovane atleta tunisino è cominciata la molto meno esaltante impresa di trovare il modo di evitare l’inevitabile rimpatrio. Tanto per cominciare, ha provato a dichiararsi m inorenne ma è stato identificato e portato nel centro per i rimpatri di Milo, a Trapani giusto in tempo per la rivolta che venerdì ha portato all’ennesimo incendio di un padiglione. In Tunisia è una delle giovani promesse del surf più conosciute. E come altri compagni di club, non vedendo prospettive nel suo Paese, ha deciso di raggiungere l’Italia. «Un altro campione che lasciamo scappare a causa della mala gestione degli pseudo responsabili di associazioni sportive. Lo vogliono presentare come un fallito che voleva scappare clandestinamente, ma qualcuno che realizza una tale impresa può essere solo un grande sportivo con una mente di ferro (proprio come i due giovani del Meme Club del resto partiti 3 mesi fa)» scrive un suo amico. Ma per portare veramente a termine la sua impresa adesso a Hamza non resta che trovare un altro modo per continuare la sua fuga.

LAURA ANELLO SULLA STAMPA
Dal video in cui sorride felice al porto di Pantelleria, la vela nelle mani, la bandana sulla testa, la t-shirt con la bandiera tunisina bagnata e attaccata al torace da sportivo sembra già passata una vita. Adesso Hamza Elawras ha indosso i vestiti del centro di accoglienza per minori stranieri di Trapani, i capelli raccolti in una coda, lo sguardo incerto di tutti i migranti che non sanno cosa li aspetta nel futuro.
Certo è che la sua impresa ha dell’incredibile: quaranta miglia di mare attraversate sul suo windsurf dalla città tunisina di Kelibia fino a Pantelleria, la prima porta d’Europa sulla rotta. Settanta chilometri, percorsi il giorno di Capodanno con il mare imbizzarrito e temperature intorno ai dieci gradi. Troppo, per gli increduli che ritengono che possa essere stato portato su un barcone a metà strada o più; un’impresa alla portata di uno sportivo eccezionale per coloro che credono alla sua versione. Quaranta miglia, inseguendo le onde e il sogno di arrivare. Il video che ha realizzato da solo sulla sua tavola lo ritrae così, sfrecciare sull’azzurro increspato di bianco, ma dura solo pochi secondi e potrebbe essere un frammento della traversata. "Amico, vado in Italia e adesso sono in mare", grida lui al vento.
Di sicuro c’è che, il primo dell’anno, intorno alle quattro del pomeriggio, Roberto Belluso, un giovane di un bar del porto di Pantelleria che si chiama Tikirriki, se lo è visto arrivare, davvero bizzarro migrante. Il tempo di prendere il telefonino e di girare il video dei primi minuti dell’approdo: «Nice to meet you», piacere di conoscerti, ripete più volte Hamza Elawras mentre armeggia con la vela davanti agli occhi increduli del testimone. «Impresa incredibile, è arrivato qui dalla Tunisia in windsurf», scandisce quell’altro mentre la voce si sparge sull’isola. Non è esausto, non è provato, non è disidratato, non è assiderato. Ha davvero fatto tutto da solo?
La notizia arriva sull’altra sponda del Mediterraneo, a fare il giro dei social e delle radio. «Un altro campione che lasciamo scappare a causa della mala gestione degli pseudo responsabili di associazioni sportive – scrive un giovane tunisino su Facebook - Lo vogliono presentare come un fallito che voleva scappare clandestinamente, ma qualcuno che realizza una tale impresa può essere solo un grande sportivo con una mente di ferro, proprio come i due giovani del Meme Club (il Memes è una squadra di calcio tunisina, ndr) del resto partiti tre mesi fa. Vergogna a voi banda di irresponsabili».
Peccato che per la legge quel ragazzo tutto muscoli e gioia di vivere – e senza un documento di identità addosso - sia un clandestino alla pari degli sventurati piegati dal dolore che arrivano sui barconi fai da te o sulle navi umanitarie. Così passare dall’ammirazione degli astanti alla sede della vicina Guardia costiera e da lì alla caserma dei carabinieri dell’Isola è stato un attimo. E altrettanto rapidamente è scesa la sua età presunta: dai venti-ventidue anni attribuitigli all’arrivo dai primi testimoni ai diciassette che ha dichiarato nel momento in cui è stato trasferito a Trapani su una nave di linea, dopo una notte passata alla caserma Barone di Pantelleria. Minorenne, quindi non rimpatriabile. Minorenne, quindi accolto in un centro fino all’accertamento della sua età (impresa sempre molto difficile) e alla definizione del suo status. «Certo, ha rischiato grosso il ragazzo – dice Antonio Maria Gutterez, assessore alla Migrazione del Comune di Pantelleria - in mezzo al mare il segnale non c’è, se non per i telefoni satellitari, e non si vede più la terra da nessuna parte». È un campione o un migrante? Entrambe le cose, parrebbe. Un campione migrante.