1 – LIBIA: RAID SU COLLEGIO MILITARE A TRIPOLI, DECINE DI MORTI, 5 gennaio 2020
TRIPOLI E TRIBOLI – ATTACCO AEREO CONTRO IL COLLEGIO MILITARE DELLA CAPITALE LIBICA: ALMENO 28 MORTI E 18 FERITI. IL GENERALE HAFTAR PRIMA RIVENDICA IL BOMBARDAMENTO POI SMENTISCE – NELL’ACCADEMIA CI SAREBBERO STATI I MILIZIANI SIRIANI CHE IL GOVERNO TURCO HA SPOSTATO IN LIBIA PER COMBATTERE CON SERRAJ – IL BAFFO FORTE DELLA CIRENAICA INVOCA LA JIHAD CONTRO ERDOGAN: LA MISSIONE DI DI MAIO IN EGITTO (AUGURI) E I RISCHI PER L’ITALIA, TRA FLUSSI INCONTROLLATI DI MIGRANTI E INSTABILITÀ -
Da www.ansa.it E' di 28 studenti morti e 18 feriti il bilancio provvisorio di un bombardamento aereo delle forze del generale Khalifa Haftar sul Collegio militare di Tripoli. Lo rende noto su Twitter l'operazione "Vulcano di rabbia" del governo di Tripoli pubblicando anche foto e un filmato dei momenti successivi al raid, con ambulanze sul luogo e persone in preda al panico. Altre fonti non verificate parlano di una quarantina di morti.
Le forze del generale Khalifa Haftar sostengono di aver causato almeno 70 vittime nel raid aereo contro l'Accademia militare di Tripoli. "In risposta al bombardamento turco" compiuto "all'alba, l'aviazione ha preso di mira un raggruppamento di cento miliziani presso l'Accademia militare che si preparavano a partecipare ai combattimenti in corso e almeno 70 fra loro sono stati uccisi", scrive la pagina Facebook della "Divisione informazione di guerra" delle forze del generale.
2 – LIBIA, IL GENERALE HAFTAR RIVENDICA L'ATTACCO CONTRO LA SCUOLA MILITARE: "ERANO MILIZIANI" Vincenzo Nigro per www.repubblica.it
Siamo stati noi, anzi no. Nel giro di poco più di mezz'ora è arrivata la smentita delle forze del generale Haftar alla rivendicazione dell'attacco aereo sulla scuola militare di Tripoli, che ha causato la morte di decine di cadetti. "I cadetti di quel college sono miliziani", avrebbe affermato Khaled Al-Mahjoob in una dichiarazione ad Alhurra TV, ripresa dal Libya Observer, e poi smentita dallo stesso Al Mahjoob: "Si tratta di una fake news".
La rivendicazione sarebbe coerente con le ricostruzioni fatte circolare sui siti vicino al generale Haftar, secondo cui nell'Accademia di polizia erano concentrati alcuni dei miliziani siriani che il governo turco avrebbe spostato in Libia per farli combattere dalla parte di Serraj. Quindi non cadetti di polizia, ma combattenti per il Governo di Accordo Nazionale.
In risposta all'attacco il Governo di accordo nazionale libico di Tripoli riconosciuto dalla comunità internazionale ha chiesto una riunione d'emergenza del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite "per discutere delle atrocità e dei crimini di guerra di Haftar". Lo riferisce il Libya Observer.
La situazione in Libia e gli scenari Nelle ultime ore l'aviazione di Haftar ha accelerato il ritmo delle sue operazioni, con un possibile effetto negativo sulla missione diplomatica che il 7 gennaio 4 ministri degli Esteri della Ue, sollecitati dall'italiano Luigi Di Maio, dovrebbero tenere a Tripoli. I ministri di Italia, Francia, Germania e Regno Unito assieme al rappresentante Ue Josep Borrell hanno in agenda una missione che ormai si dovrebbe tenere in una condizione di crisi sempre più intricata.
I punti di crisi sono questi: innanzitutto le operazioni militari sono molto pesanti. L'aeroporto di Tripoli è chiuso, da più di 48 ore il generale Haftar lo bombarda, non è chiaro se la sua milizia garantirà una tregua in tempo per effettuare le piccole riparazioni necessarie sulla pista che è stata danneggiata. Inoltre il bombardamento dell'Accademia di polizia è il più grave attacco aereo di Haftar dall'inizio dell'assedio a Tripoli, il 4 aprile scorso. Il generale non riesce ad entrare in città, le milizie alleate di Serraj riescono a tenere i suoi mercenari alla periferia. Ma Haftar bombarda pesantemente dall'aria.
Oltre a colpire con razzi Grad l'aeroporto "Mitiga" di Tripoli, il generale sabato ha compiuto anche un attacco con droni a una caserma della milizia "Nawasi" all'interno della base navale di Abu Sitta. È la base in cui è ormeggiata la nave della Marina Militare italiana che offre assistenza tecnica alla guardia costiera libica.
Secondo elemento: la sfida fra Turchia e Haftar. Proprio sabato il generale ha alzato i toni della sfida politica contro l'annunciato schieramento di soldati turchi dalla parte di Serraj: "Dichiaro jihad, guerra santa contro il colonizzatore ottomano", dice il generale in pensione. È arrivato a sfidare personalmente il presidente turco Erdogan, dicendo "questo stupido sultano turco ha scatenato la guerra in tutta la regione (...) È un colonialista brutale che vede la Libia come un'eredità storica".
Terzo elemento negativo: a Tripoli milizie e ambienti politici vicini alla Turchia stanno lanciando manifestazioni e contestazioni anti-italiane e anti-europee. Gli slogan dicono che "è tardi, non ci avete difeso per tempo, adesso è inutile che veniate a Tripoli". A questo si accompagnano le reazioni del Consiglio presidenziale guidato da Fayez Serraj. Il governo di Tripoli dice quello che con realismo nei giorni scorsi in Italia ha detto anche l'ex presidente della Camera Pierferdinando Casini. Ovvero "se la Ue si presenta adesso a Tripoli, dopo mesi di assenza, senza uno straccio di idea politica da proporre al governo Serraj, senza una vera iniziativa, allora il viaggio del 4 ministri è inutile".
In ogni caso il ministro degli Esteri Di Maio sta provando a moltiplicare gli sforzi. Innanzitutto, ha deciso di accettare per l'8 gennaio un invito del collega egiziano Sameh Shoukri: al Cairo parteciperà a un incontro a 5 anche con Francia, Grecia e Cipro. Subito dopo Di Maio ha chiesto incontri anche ai suoi colleghi tunisino e algerino. Volerà a Tunisi e Algeri il 9 e il 10 per rimettere la Libia al centro della politica estera italiana nel Mediterraneo.
Intanto il segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, ha messo in guardia la Turchia (senza farne esplicita menzione) dall'invio di truppe in Libia: "Qualsiasi sostegno straniero alle parti in guerra" nel Paese, ha affermato, "non farà che aggravare il conflitto e complicare gli sforzi per una soluzione pacifica". Guterres ha sottolineato in un comunicato che "le continue violazioni dell'embargo sulle armi imposto dal Consiglio di sicurezza non fanno che peggiorare le cose".
3 – HAFTAR CHIAMA: «GUERRA AI TURCHI» DI MAIO IN MISSIONE IN EGITTO Fiorenza Sarzanini per il “Corriere della Sera”
La chiamata alle armi del generale Khalifa Haftar che invoca «il jihad e la mobilitazione generale» contro l' intervento militare turco, alza al livello massimo la tensione in Libia. E fa inevitabilmente salire anche la minaccia per l' Italia, sia per l' arrivo di barconi carichi di migranti, sia per la possibile offensiva fondamentalista. Un rischio tanto elevato da convincere il ministro degli Esteri Luigi Di Maio a intensificare i contatti con alleati e Unione Europea, ma soprattutto con i possibili partner in Africa e Medio Oriente.
La linea è dunque tracciata: cauti nelle critiche agli Stati Uniti e a Donald Trump per l' attacco in Iran, cooperanti con i Paesi che hanno un ruolo attivo nella negoziazione con i libici. Un doppio binario che Di Maio indica chiaramente: «Se vogliamo provare a raggiungere un risultato bisogna usare anche la testa, non solo il cuore. E soprattutto non bisogna perdersi: la priorità è la Libia, soprattutto per i nostri interessi geostrategici e per la minaccia terroristica che abbiamo a poche centinaia di chilometri, col rischio di nuovi flussi incontrollati verso l' Italia».
Adesso l' obiettivo per il ministro degli Esteri è «far riacquistare all' Italia il ruolo naturale di riferimento nel Mediterraneo. Perché il dossier libico è quello più importante, la partita su cui ci giochiamo la faccia». Sulla Siria, e ora in particolare sull' Iraq e l' Iran, Di Maio rimane convinto che sia «necessario coinvolgere tutti gli attori». Ma lascia intendere che quando si parla di Tripoli nel «tutti» ci sono soprattutto sia Ankara, sia Mosca.
«Perché bisogna fare una triangolazione e su questo anche gli Stati Uniti concordano», ripete, sottolineando di averne parlato con il segretario di Stato americano Mike Pompeo al ritorno dal Libano e di aver ricevuto «il massimo sostegno per la nostra azione nel Mediterraneo». Ecco perché martedì volerà in Libia per una nuova missione e poi si sposterà al Cairo per partecipare all' incontro organizzato dal collega egiziano Same Shoukry con Grecia, Cipro e Francia. Ma già domani sera incontrerà a Roma il rappresentante dell' Unione Europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza Josep Borrell e il collega tedesco Heiko Maas. Incontro riservato per mettere a punto una strategia comune che possa servire a mediare tra le forze in campo in Libia.
Durante la visita a metà dicembre, Di Maio aveva avuto colloqui sia con il generale Haftar, sia con il premier Al Serraj in un tentativo di collaborazione che però difficilmente potrà adesso portare frutti. Anzi. Dopo l' annuncio di Erdogan sull' intervento militare e la reazione di Haftar, l' Italia dovrà giocare una nuova partita diplomatica e certamente non potrà farlo da sola.
Di Maio appare però scettico sulla possibilità che un risultato possa arrivare dalla Conferenza di Berlino prevista nelle prossime settimane.
«Su questo - dice - sono d' accordo con Pompeo. Le "foto opportunity" non servono, noi dobbiamo puntare sulla missione Ue». Hanno già annunciato la propria partecipazione francesi e britannici «e dobbiamo coinvolgere anche gli altri Paesi africani» vicini al popolo libico «ma ignorati dalla conferenza di Berlino». Per questo subito dopo Il Cairo Di Maio andrà in Tunisia e in Algeria: «Siamo in prima linea, dobbiamo avere un ruolo attivo. Bisogna mettere da parte la propaganda». È convinto «di dover dare il massimo perché di terreno se ne è perso fin troppo, ma come Italia dobbiamo provare a recuperare. Non ho la bacchetta magica né la verità in tasca, ma so cos' è il sistema Paese». Ma è consapevole che la crisi internazionale di queste ore, e quella altrettanto grave in Libia possono avere conseguenze drammatiche per il nostro Paese.