Libero, 5 gennaio 2020
Il cacciatore dei dinosauri
«I dinosauri li devi vedere con i tuoi occhi». È in questo momento della nostra chiamata che la voce di Federico sussulta un po’. È il fremito delle corde vocali di chi ha centrato il punto. «Li devi vedere e basta. Noti qualcosa in mezzo alla terra, delle ossa particolari che emergono. Ed è l’inizio di tutto», continua con il tono sempre più acceso. È la passione, questa volta, ad animare il racconto. Il suo è un mestiere che fa sognare e tra le incrinature della sua voce ci si perde nel suo sogno. «È come avere a disposizione una macchina del tempo». È un privilegiato e sa di esserlo. È uno dei pochi che può dire di fare il lavoro che sognava da bambino. Perché è iniziato tutto così per Federico. Nella sua cameretta di bimbo, ai primi anni di vita, tra le mani sottili e spensierate ciondolavano i giocattoli, i modellini di dinosauri dalle fauci spaventose, dai corpi straordinari, di così maestosi di così intriganti non esistono più nel nostro tempo. E ha sognato, come tanti altri bambini in altrettante stanzette, che un giorno quel mistero sepolto dalla storia sarebbe diventato il suo lavoro. Così per lui è stato, a differenza di tutti gli altri. Oggi, Federico Fanti, che ha 38 anni, è un paleontologo e geologo di successo con Dottorato di Ricerca in Scienze della Terra nel 2009 presso l’Università di Bologna ed è pressoché l’unico in Italia ad occuparsi di dinosauri. Di fossili di dinosauri, chiaramente. Li stana, li trova sotto la terra che li ha seppelliti e fa riemergere le storie e i misteri degli animali che milioni di anni fa popolavano il pianeta. Si è guadagnato il titolo di Emerging Explorer dalla National Geographic Society, con cui collabora ed è protagonista di una serie di documentari.
VOLONTARIO IN CANADA
«Ho iniziato sedici anni fa, come volontario di ‘bassa lega’ con una spedizione in Canada. Mi occupavo di ogni cosa, dal portare l’acqua alle mansioni meno invitanti. Ma ero lì, per la prima volta, su un giacimento di ossa di dinosauri e questo mi è bastato». Adesso è lui a coordinare gli scavi. Non c’è quasi nessun angolo della Terra in cui non sia stato. «Mi manca solo l’Antartide e il Sud America, poi posso dire di essere stato quasi dappertutto». Picconi, badili e pale per sollevare il terreno, sono gli strumenti semplici ma indispensabili. Condizioni precarie, montagne impervie, deserti sperduti lontani dal mondo civilizzato. Sono gli occhi a lavorare di più. «Serve l’intuizione, avere pazienza di cercare. Si va alla ricerca di nuovi giacimenti con un po’ di fiuto. Ed il momento più bello è la scoperta. Quando ti accorgi che proprio lì c’è uno scheletro, dei resti, c’è qualcosa che tu stai vedendo per la prima volta. Sei il primo, dopo almeno 200milioni di anni, a vederli». Solo per quell’attimo di adrenalina il gioco vale la candela. Non è per nulla facile andare in cerca di dinosauri, bisogna adattarsi a tutto, con piccole equipe di massimo dieci persone, in tenda, con abiti leggeri e pochi viveri. «Barche ribaltate, tempeste di sabbia, serpenti e persino orsi. In Alaska, ad esempio, eravamo sperduti: per raggiungere il villaggio servivano due giorni di viaggio in barca lungo il fiume e poi un altro giorno e mezzo ancora». In Italia è un mestiere sconosciuto. «Semplicemente perché di giacimenti qui c’è poco o nulla. Gli scheletri sono rarissimi. Bisogna essere disposti a viaggiare e spostarsi molto». Ora che è padre di due bambini, «cercherò di limitarmi. Sono un matto lo so, ma non posso farne a meno». Federico, come italiano, vanta al mondo scoperte di successo.
LE UOVA DI OVIRAPTOR
Come quella del 2007, quando fu lui a trovare sotto roccia e sabbia un esemplare di oviraptor fossilizzato nell’atto di covare una ventina di uova al centro del nido. «Sono rimasto impalato quella volta, come un bambino, come quando da piccolo giocavo con i modellini. Ho il privilegio di viaggiare nel tempo. Molti non capiscono l’importanza di questo lavoro. Invece è fondamentale per capire com’è cambiato il mondo e come i dinosauri hanno affrontato quel cambiamento: ci può essere d’aiuto anche oggi per sapere da che parte stiamo andando». Se per quanto riguarda il momento del ritrovamento il lavoro del “cacciatore di dinosauri” è rimasto inalterato, identico a dieci o vent’anni fa, «per il resto c’è la tecnologia che ha superato molti limiti. Una volta che le ossa sono state scoperte, possono essere sottoposte a studi che fino a qualche tempo fa erano impensabili. Lavori accanto al radiologo, si possono studiare i vasi sanguigni dei dinosauri». Così nuove scoperte ogni anno vengono alla luce. «Abbiamo la possibilità di conoscere comportamenti di questi animali che prima non si sapevano. Ad esempio che erano animali sociali. Si occupavano delle uova degli altri, vivevano in branco, comunicavano tra di loro. E siamo riusciti a capire che non si sono del tutto estinti: gli uccelli sono i discendenti di un gruppo di dinosauri sopravvissuti fino ad oggi».