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 2020  gennaio 05 Domenica calendario

Di Battista parte per l’Iran

«Dibba vuole andare in Iran? Vada pure, tanto ormai preferisce fare il turista per caso che fare politica». Un po’ imbarazza i 5 stelle la trovata di Di Battista, che è in partenza per Teheran ed è tutto contento perché è il momento in cui lo si nota di più, e un po’ fanno spallucce i suoi compagni di movimenti, perché non lo considerano più uno dei loro. 
Il viaggio in Iran del Dibba, per fantomatici reportage sul tipo non indimenticabile di quelli che vergò dalle amache sudamericane in compagnia della fidanzata Sarah e del figliolo Andrea, era stato deciso da tempo ma mai come adesso fa comodo alla visibilità del personaggio: «Mi farò sentire anche da lì», promette. E per Di Maio la promessa è una minaccia. Avere per M5S, che cerca una sua presentabilità internazionale e detiene la guida della Farnesina un Dibba laggiù non è il massimo e tantomeno lo è il fatto, imbarazzante, di essere sempre stata una forza politica tutt’altro che antipatizzante verso il regime di Teheran. Sui social, il mondo grillino è quello più indignato di tutti contro l’attacco di Trump e l’anti-americanismo dilaga. 
Del resto l’anima del movimento parteggia per Teheran. E non da adesso. Se rivolti dall’altra parte del mondo apprezzano Chavez e poi Maduro, rivolti da questa parte trovano la stella brillante dell’Iran. Di cui anche per motivi familiari Beppe Grillo – sua moglie è iraniana, e si chiama Parvin Tadjik – è entusiasta. «Un giorno – ha detto Grillo in una intervista al quotidiano israeliano Yedioth Ahronot – ho visto impiccare una persona a Teheran. Ero lì. Mi sono chiesto: cos’è questa barbarie? Ma poi ho pensato agli Usa. Anche loro hanno la pena di morte: hanno messo uno a dieta, prima d’ucciderlo, perché la testa non si staccasse. E allora: che cos’è più barbaro?». E il suocero è una delle fonti geopolitiche di Grillo: «Mi spiega sempre un sacco di cose su quel mondo. E quando parlava Bin Laden e sembrava dire cose terribili, mio suocero mi spiegava che le traduzioni erano sbagliate». Dunque Osama, che comunque con l’Iran non c’entra, non sarebbe stato un cattivone. 
Ed è forte la corrente iraniana in M5S. C’è il Dibba che l’uccisione del super-generale Soleimani la vede così: «Un attacco vigliacco quello di Trump e anche pericoloso e stupido». E almeno sull’Iran il suo ex amico Di Maio, ministro degli Esteri, è sempre stato più o meno sulla stessa linea e a novembre ha detto alla Camera: «L’Italia vuole mantenere il dialogo con l’Iran». 
Il vice ministro degli Esteri, Manlio, Di Stefano vanta a sua volta buoni rapporti con Teheran. Ed è stato elogiato dalla stampa iraniana per l’atteggiamento di «concordia» mostrato nei suoi contatti con l’ambasciatore a Roma, Hamid Bayat, nello scorso novembre. E alla Camera i 5 stelle hanno organizzato un convegno invitando sue esperti di iraniani di un centro studi noto per aver promosso conferenze negazioniste dell’Olocausto. E ancora: la Dda di Napoli ha indagato sugli incontri di Angelo Tofalo, da sottosegretario grillino alla Difesa, con una coppia di coniugi arrestata con l’accusa di aver trafficato armi con la Libia e con l’Iran. Il sottosegretario si discolpò, presentandosi in Procura nel 2017. E querelò Renzi che in tivvù aveva detto: «L’esperto di sicurezza di M5S è andato a trattare con la parte sbagliata». 
Naturalmente non c’è niente di male ad interessarsi, e a intrecciare rapporti con l’Iran: figuriamoci, è un grande Paese, assai interessante e stratgico. L’importante è che l’attrazione legittima per questa nazione di antica cultura non sia dovuta a pregiudizi ideologici anti-occidentali e sia la coperta sotto cui nascondere e da cui fare filtrare il più vetusto anti-americanismo cresciuto nella cultura di sinistra e continuato a lievitare in quella grillesca che le è parente.