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 2020  gennaio 05 Domenica calendario

L’impatto del conflitto su petrolio e oro

Commodity protagoniste sui mercati finanziari in questi primi giorni del 2020. Il raid Usa all’aeroporto di Baghdad di venerdì scorso con l’uccisione del generale iraniano Soleimani ha fatto schizzare il greggio di oltre il 3% ai massimi da maggio (Wti) e al top da settembre (per il Brent). Forti acquisti anche sull’oro. 
Quanto accaduto conferma la centralità della variabile geopolitica per i prezzi delle commodity. Le tensioni nell’area Mediorientale hanno un impatto immediato sui prezzi del petrolio, la materia prima più importante per le economie occidentali. Gli sviluppi geopolitici saranno uno dei fattori chiave da monitorare nelle prossime settimane e nei prossimi mesi. Evoluzioni al momento imprevedibili. Per capire cosa potrebbe accadere quest’anno sul fronte delle commodity il team di Mps Capital Services ha provato nelle settimane scorse a delineare uno scenario: secondo gli esperti il 2020 dovrebbe essere un anno con performance positive per le materie prime legate al ciclo, almeno nella prima metà dell’anno quando potrebbe esserci un certo ottimismo per la ripresa della domanda cinese e ad una stabilizzazione del rallentamento economico globale. Nella seconda metà potrebbe invece manifestarsi un forte aumento della volatilità, ipotizzando che gran parte delle buone notizie siano prezzate a partire dall’accordo Usa-Cina. 
Nel 2019 l’indice Crb, che sintetizza le principali commodity, ha guadagnato circa il 10%. Alla luce di queste prospettive non sarà facile replicare la performance dello scorso anno a partire dal petrolio (Wti) balzato del 35% circa, seguito dall’oro che ha messo a segno un ragguardevole +17%. Le possibilità di nuovi rialzi di alcune commodity sembrano concentrati nella prima parte dell’anno e da qua a luglio il panorama andrà lentamente delineandosi.
Le materie prime più legate al ciclo (petrolio, rame, etc) potranno quindi trarre maggiore giovamento mentre l’oro, tradizionalmente più difensivo, potrebbe avvantaggiarsi da una seconda parte dell’anno maggiormente volatile. Resta sempre l’incognita geopolitica come dimostra quanto accaduto nei giorni scorsi con l’oro sugli scudi anche in questi primi giorni del 2020. Per quanto riguarda le materie prime agricole, il fattore da monitorare sarà quello dei raccolti con alcune eccezioni, rileva Mps Capital Services, come ad esempio soia e cotone più sensibili anche agli sviluppi commerciali.
Oltre a fattori geopolitici a sostenere il prezzo del greggio ci sono gli interventi dei produttori dal lato dell’offerta. La decisione di tagliare ulteriormente la produzione nel primo trimestre da parte dei membri dell’Opec+ dovrebbe limitare i cali del greggio nel breve periodo, sottolineano da Mps Capital Services, nonostante rimangano le attese di surplus globale di produzione nei primi due trimestri dell’anno. 
È probabile che i paesi produttori continueranno attivamente a sostenere i prezzi del petrolio anche successivamente al 31 marzo e questo spiega perché nella prima parte dell’anno le dinamiche dei fondamentali dovrebbe dare sostegno al prezzo del greggio. Non bisogna poi dimenticare che a metà gennaio è attesa la firma del primo accordo tra Cina e Usa sui dazi e che successivamente partiranno i negoziati per la seconda fase: tutti fattori che sulla carta possono spingere il greggio. 
Uno dei settori maggiormente avvantaggiati dalla distensione Usa-Cina è quello dei metalli non ferrosi. La percezione del miglioramento del quadro macro e la ricostituzione delle scorte cinesi, fanno notare da Mps Capital Services, daranno sostegno ai prezzi. In particolare sotto i riflettori il rame, sostenuto anche dalle problematiche in Cile con possibili ripercussioni dal lato dell’offerta. 
Nella seconda parte dell’anno l’eventuale riacutizzarsi delle tensioni tra Usa e Cina potrebbe far aumentare fortemente la volatilità sulle quotazioni, rischiando di dar luogo a correzioni violente dei prezzi. Riflettori puntati infine sull’evento politico clou del 2020: le elezioni presidenziali Usa. Due dei principali candidati democratici sono contrari alla «fratturazione idraulica», alla base della produzione di shale oil. Una eventuale loro vittoria (ad oggi poco probabile) potrebbe alimentare rialzi sul greggio. Una riconferma di Trump invece rappresenterebbe un sostegno alla produzione Usa e quindi potrebbe avere un effetto calmierante sui prezzi.