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 2020  gennaio 05 Domenica calendario

Lo sciopero dei ballerini a Parigi

Non solo metalmeccanici, macchinisti ferroviari e infermieri: anche i ballerini dell’Opéra di Parigi, con i suoi due prestigiosi palcoscenici, stanno incrociando le braccia da un mese esatto. È un fatto rarissimo nella lunga storia dell’istituzione, nata sotto il Re Sole: già 63 spettacoli sono stati annullati e 12,3 milioni di euro di entrate sono venute a mancare. Ad appoggiare il movimento c’è anche Alessio Carbone, premier danseur, che ha quasi 42 anni (li compierà il 27 gennaio), l’età pensionabile prevista dalle regole attuali. Lui ne potrà beneficiare, «ma chi entrerà all’Opéra dal 2022 dovrà adeguarsi al regime generale, 62 anni e, con la nuova riforma, 64 per avere una pensione piena. Non è giusto, il nostro è un lavoro davvero usurante». Una sorella che danza alla Scala, il padre che è stato direttore dei corpi di ballo di diversi teatri famosi, Alessio spiega: «Non avevo altra scelta, fare il ballerino».
Quando andrà davvero in pensione?
«In luglio. Il 23 novembre ho dato l’addio all’Opéra con un ultimo spettacolo, «Body and Soul» di Crystal Pite. Poi, prima di congedarci definitivamente, abbiamo diritto a sei mesi di formazione. Io ne sto seguendo una come produttore. Lo faccio già da tre anni con "Les Italiens de l’Opéra", che riunisce i danzatori italiani del teatro parigino. Organizziamo gala e io lì ballo ancora. Ma alla mia età non posso fare tutto. Di certo non "Il lago dei cigni"».
Perché considera il suo lavoro usurante?
«Le faccio il mio caso personale. Mi mantengo bene ma in realtà ho due ernie discali. Le ho curate ma sono ancora presenti nella colonna vertebrale. Quando vado in vacanza e mi rilascio, il dolore ritorna. Poi ho sofferto di una ventina di strappi muscolari e i polpacci hanno perso elasticità».
Non si considera comunque un privilegiato a diventare pensionato a 42 anni?
«In media riceviamo il 40% dell’ultimo stipendio, non è una grande cifra. Fra l’altro alla Scala vanno in pensione a 46 anni e mezzo e al Balletto reale svedese a 40».
E qui all’Opéra adesso il Governo cosa offre?
«Di allinearci sulle condizioni di tutti i francesi. E qualche contentino. Potrebbe essere un contributo al massimo di 50mila euro. A Parigi ci compri un posto auto. Propongono anche di allungare la formazione finale dai sei mesi a uno o due anni. Attualmente la pensione rappresenta solo una base e poi si deve trovare un’occupazione aggiuntiva. Con le nuove regole, bisognerà trovare un nuovo lavoro per mantenersi ancora una ventina d’anni».
Che occupazione può trovare un ex ballerino?
«Molti diventano maestri delle compagnie di ballo o docenti in scuole private o ancora produttori, come farò io. Ma ci sono troppi ex ballerini e non ci sono posti a sufficienza per tutti. Tanti devono trovare una soluzione alternativa. Un amico si sta formando come restauratore di mobili, ma poi non è facile. Si ritroverà in competizione con dei ventenni. E noi siamo più vecchi, ma mica abbiamo finito una vita. Io, ad esempio, ho una famiglia».
Come guarda a questi scioperi del suo corpo di ballo?
«Li approvo al 100%. Ma ho anche una sensazione di profonda tristezza. In genere si comincia uno sciopero e dopo si dialoga: i ballerini con la direzione e soprattutto questa con lo Stato. Ma noi siamo finiti nel pentolone delle manifestazioni generali e nel nostro caso il negoziato non è avvenuto, siamo stati dimenticati. Nel frattempo siamo andati avanti un mese, da un certo punto di vista inutilmente. E le perdite finanziarie per il teatro sono enormi».