la Repubblica, 5 gennaio 2020
I cinesi e l’assistenza Apple
Provate a rovesciare sbadatamente un bicchiere di rosso sulla tastiera del vostro fedele Mac. Provate, dopo esservi dato del pirla quanto basta, ad accorgervi che il Mac non dà più segni di vita. Provate a cercare con altro attrezzo i riparatori della Apple a Milano (ne compaiono una quindicina).
Provate a telefonare ai tre più vicini a casa vostra per chiedere se sono aperti così gli portate subito il Mac. Provate a sentirvi rispondere da tutti e tre «certo che siamo aperti, ma non ritiriamo niente senza prenotazione, deve scaricare una app o prenotarsi sul nostro sito».
Provate a prenotare sul sito, anche perché di scaricare app ne avete le scatole piene, ormai serve una app anche per soffiarsi il naso.
Provate a recuperare il vostro codice AppleId (il computer rotto non aiuta), a scoprire che non basta a entrare nel sito perché ci vuole un ulteriore codice che arriva via mail. Provate, una volta entrati ( eureka!) a cliccare sugli stessi tre riparatori che vi avevano detto «prenoti sul sito», e in tutti e tre i casi trovare la scritta “prenotazioni non disponibili”. Provate ad accorgervi che sono passate due ore e non avete cavato un ragno dal buco.
A questo punto provate a uscire dal tunnel della Apple, andare in Vespa nel quartiere cinese, entrare in una bottega aggiustatutto segnalata da un amico, avere finalmente di fronte esseri umani in carne e ossa, perfino sorridenti, consegnare il Mac moribondo, riaverlo in piena forma, e con spesa equa, due giorni dopo. A questo punto provate a chiedervi: è più nuova l’assistenza Apple o è più nuova la bottega aggiustatutto?