la Repubblica, 5 gennaio 2020
Bombe e omicidi. Cosa succede a Foggia?
«Ora iniziano i boom e i baam». Per capire qualcosa della mafia foggiana – «la più pericolosa perché la meno conosciuta in Italia» parole del procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero de Raho – è necessario seguire l’eco di una bomba scoppiata l’altra notte in periferia. Un ordigno che ha fatto saltare in aria un Suv, una Range Rover Discovery, devastato sei autovetture parcheggiate accanto, lasciando sull’asfalto uno scenario di guerra. Una bomba, quella di Foggia, lunga due anni. Nel 2017, infatti, intercettati dalla polizia, due mafiosi locali parlavano di una casa di cura per anziani della città. E di un manager che non voleva sottostare alle regole di questa terra: quelle del pizzo. I poliziotti ascoltarono in diretta la telefonata e poche ore dopo convocarono il dirigente dell’azienda in Questura. «Che succede?» gli chiesero. E quello raccontò tutto.
«Un atto rivoluzionario, per questa provincia» dice oggi il prefetto Raffaele Grassi. E non lo dice a caso. Quelle parole – che hanno contribuito a una trentina di arresti, e a un’indagine considerata storica a Foggia, perché per la prima volta qualcuno aveva avuto il coraggio di denunciare – le aveva pronunciate Cristian Vigilante, il manager a di una casa di riposo cui l’altra notte hanno fatto saltare in aria la macchina. Da qualche ora è sotto protezione, misura disposta con urgenza dal prefetto Grassi che sa che quello accaduto l’altra notte in via d’Aragona, nella zona del cimitero, poteva essere davvero una strage. «Eravamo in casa abbiamo sentito questo boato fortissimo che ha fatto tremare tre palazzine» racconta Antonio, un residente del complesso di palazzine dove è esplosa la bomba. L’uomo aggiunge che immediatamente prima della esplosione stava uscendo di casa con la sua bambina di sette mesi, ma di essere tornato indietro perché la piccola aveva un malore. «Altrimenti – racconta – l’esplosione ci avrebbe colpiti in pieno».
Un’esplosione che impressiona se si legge al passato e al presente. Al passato, visti gli atti dell’indagine sulla tentata estorsione a Vigilante. A lui si era rivolto un mafioso locale che conosceva di vista. «Proprio per quella loro conoscenza si era proposto di parlargli prima che iniziassero “i boom ed i baam” – si legge negli atti – in tal modo alludendo a possibili esplosioni presso la Residenza sanitaria». Davanti al no «gli porgeva – ricostruiscono ancora i magistrati – il suo telefono cellulare e diceva di chiamare il 113 e sporgere denuncia, tanto se fosse stato arrestato sarebbero tornati da lui altre decine di persone con le medesime richieste».
Due anni dopo, quelle parole assomigliano a una promessa. E fanno ancora più paura se si leggono contestualizzandole con quanto accaduto a Foggia e in provincia negli ultimi tre giorni. In 72 ore sono saltati in aria una macchina e due bar in città. Uno anche a San Giovanni Rotondo e un centro estetico a Lucera. A questo deve aggiungersi anche un omicidio: quello di un commerciante d’auto, Roberto d’Angelo, 53 anni, piccoli e soprattutto vecchissimi precedenti, affiancato mentre era in auto da killer a bordo di una moto e freddato la sera del 2 gennaio. Un omicidio che nonostante le modalità al momento non sembra avere una matrice mafiosa. Ma che preoccupa tanto, tutti.
Il prefetto Grassi – un passato da capo del Servizio centrale operativo, uno dei più importanti poliziotti italiani – che, seppur davanti a dati sui reati in calo, firma interdittive antimafia coraggiose contro imprenditori di primo livello. E chiede ai cittadini «di stringersi e di fidarsi dello Stato». Il sindaco, Franco Landella, che invita i suoi cittadini «a non arretrare di un millimetro». E il procuratore Ludovico Vaccaro che utilizza parole precise. «Oggi abbiamo davanti una trappola: la trappola della paura. Lo scopo di questi atti intimidatori è quello di generare un clima di paura e di assoggettamento. I cittadini hanno soltanto un modo per vincere questa guerra: denunciare. E non avere paura». A proposito: il processo Decima Azione, quello in cui sono imputati gli estorsori di Vigilante, è cominciato da qualche mese. Nessun imprenditore si è costituito parte civile.