Libero, 4 gennaio 2020
Quelli che fanno l’amore con alberi e foglie
L’ultimo delirio ecologista prevede che per salvare il pianeta si debba far sesso con gli alberi, masturbarsi con le foglie e strusciarsi contro la sabbia lambita dalle onde del mare. Non è uno scherzo di cattivo gusto ma l’agghiacciante realtà di un movimento che si definisce ecosessuale e che, soprattutto all’estero, vanta migliaia di adepti. Resta solo da capire cosa ci sia di attraente in un tronco d’albero o in una bella foglia d’acero. E cosa c’azzecchi l’attenzione all’ambiente con una pratica che a conti fatti pare soltanto una bizzarra perversione. Senza scordare una questione importante: si sono mai chiesti questi signori se la tendenza in questione non sia per caso un esercizio di violenza anziché di amore incondizionato per la natura? Ma vediamo di che si tratta. Gli adepti del movimento si definiscono ecosessuali. Il loro orientamento nasce durante l’Ecosex Symposium di San Francisco del 2010, quando le artiste ed attiviste Annie Sprinkle ed Elizabeth Stephens presentano una mostra fotografica che intende preparare il mondo ad accogliere una realtà ancora poco conosciuta: quella di chi si percepisce così integrato con la natura da coinvolgerla nella sua dimensione carnale. Benché il tipico ecosessuale scelga sovente di condurre una vita a impatto zero perpetrando abitudini che contribuiscano all’equilibrio del pianeta, il suo approccio agli elementi naturali non ha nulla a che fare con questioni sociali o con la sensibilizzazione all’ambientalismo. Volgarmente parlando, egli vuole proprio “scoparsi” la natura, o in alternativa trovare il modo di includerla nella sfera erotica quale sfondo dei suoi amplessi col partner, in una sorta di atipico ménage à trois.
PARADOSSALE
I numerosi esponenti di questo “movimento” – che auspica d’essere riconosciuto quale disforia sessuale – sono ad oggi oltre centomila, e tra loro v’è pure chi afferma di sperimentare orgasmi multipli rotolandosi sulla sabbia, masturbandosi con una foglia di fico avvolta attorno al membro, carezzandosi la vagina sotto il getto di una cascata e concedendo a un tronco d’albero di fare le veci del partner amoroso. Benché tutto ciò suoni pressoché paradossale, non sono poche le nazioni che hanno deciso di manifestare comprensione verso gli ecosessuali, tanto da dedicar loro diversi spazi pubblici adibiti alle loro necessità: in Australia è nata una spiaggia in cui, agli avventori, è permesso di copulare all’aria aperta con “Madre Natura”. Anzi, pardon: questi inconsueti amici del creato non amano che il feticcio delle loro perversioni sessuali venga denominato “Madre”: la natura, piuttosto che nelle vesti di genitore, andrebbe vista quale amante, così da approcciare con essa nel totale rispetto del suo benessere. L’amore incondizionato di una madre è pronto a condonare ogni affronto, compreso il vilipendio della sua dignità; lo stesso non vale invece per un ipotetico compagno, il quale può rivelarsi disposto a boicottare il legame con l’altro in caso di inottemperanza ai bisogni reciproci. La dizione esatta con la quale appellare l’ambiente, per l’ecosessuale, potrebbe corrispondere a “Compagna Natura”, così da rammentargli la precarietà di un sodalizio che andrebbe coltivato giorno per giorno.
LE NOZZE?
I rapporti che nel tempo si rivelano abbastanza solidi da meritare il suggello potranno culminare nel matrimonio: non di rado gli ecosessuali inscenano infatti riti nuziali volti a sposarli con entità quali luna, sole, alberi, fiumi, oceani. Peccato che alla fatidica domanda: “Vuoi tu sposare…?” risponda solo una delle due metà. L’altra resta imperturbabile, mentre al suo mutismo viene dato il valore di silenzio-assenso.